Acquisizione sanante a costo zero
Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), sentenza n. 218 del 12 gennaio 2022, su acquisizione sanante a costo zero
MASSIMA
a) Il provvedimento di acquisizione ex art. 42-bis cit. ben può essere emanato per imporre ex post una servitù, richiedendo a tal fine come presupposto, inter alios, che il fondo sia in atto utilizzato dall’Amministrazione (come nella fattispecie in esame);
b) il medesimo provvedimento può essere emanato anche solo per formalizzare l’intervenuto passaggio della titolarità del bene alla mano pubblica, in tal caso senza pagamento di indennizzo (Cons. Stato, Ad. plen. n. 5 del 2020; C.g.a., n. 125 del 2021; sez. IV, n. 3234 del 2017, allo scopo, ad esempio, di assicurare la certezza del diritto o di evitare che il proprietario sia sottoposto a gravami fiscali);
c) affinché la pretesa possa ritenersi manifestamente infondata occorre che il trasferimento della proprietà risulti da un giudicato, da un contratto, da un provvedimento di natura espropriativa, id est che sia esaurito il rapporto (cfr. Ad. plen. n. 6 del 2021), potendosi legittimamente dubitare che a tanto sia sufficiente l’iscrizione di una strada vicinale privata nell’elenco delle strade ad uso pubblico (come dedotto nel caso in esame);
d) tale conclusione è l’unica coerente con la consolidata cornice di tutele delineata dalla Corte EDU (Corte europea dei diritti dell’uomo, 3 giugno 2014, Rossi e Variale; 14 gennaio 2014, Pascucci; 5 giugno 2012, Immobiliare Cerro; 22 dicembre 2009, Guiso; 6 marzo 2007, Scordino; 12 gennaio 2006, Sciarrotta; 17 maggio 2005, Scordino; 30 maggio 2000, Soc. Belvedere alberghiera; 30 maggio 2000, Carbonara e Ventura) e fatta propria dalla Corte cost. (n. 71 del 30 aprile 2015), dalle sezioni unite della Corte di cassazione (n. 735 del 19 gennaio 2015; n. 22096 del 29 ottobre 2015) e dalla adunanza plenaria del Consiglio di Stato (n. 2 del 9 febbraio 2016, successivamente nn. 2, 3 e 4 del 20 gennaio 2020, n. 6 del 2021), secondo cui solo un provvedimento espropriativo, un contratto, una sentenza (ovvero l’accertamento dell’usucapione) possono fare cessare un illecito permanente quale è l’occupazione sine titulo di un bene immobile.
SENTENZA
N. 00218/2022REG.PROV.COLL.
N. 01622/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1622 del 2021, proposto dai signori OMISSIS, rappresentati e difesi dall’avvocato Antonio Cambò, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
la Autorità idrica Toscana, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Paola Diani e Carmine Podda, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Valerio Tallini in Roma, via Luigi Luciani, n. 1;
la società Acque s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Luigi Bimbi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
il Comune di Poggibonsi, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sez. III, n. 59 del 14 gennaio 2021, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Autorità idrica Toscana e della società Acque s.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 dicembre 2021 il consigliere Alessandro Verrico;
Viste le istanze di passaggio in decisione depositate in data 17 dicembre 2021 dagli avvocati Antonio Cambò, Paola Diani, Carmine Fodda e Luigi Bimbi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’oggetto del presente giudizio è rappresentato dalla domanda – proposta con ricorso r.g. n. 853/2020 dinanzi al T.a.r. per la Toscana - di accertamento della illegittimità del silenzio serbato dal Comune di Poggibonsi, dalla società Acqua e dall’Autorità idrica Toscana, sulla diffida inoltrata dai signori OMISSIS in data 5 giugno 2020, nella qualità di comproprietari di due strade – la prima interpoderale denominata via dell’Acqua Ghiaccia, la seconda vicinale denominata Maremmana o della Sorgente, nel tratto ubicato in località Fontana, gravate nel sottosuolo da condotte idriche e fognarie – per ottenere alternativamente, il rilascio e la riduzione in pristino dei beni occupati da tali infrastrutture ovvero l’emanazione del provvedimento ex art. 42-bis t.u. espr.
2. Il T.a.r. per la Toscana, sez. III, con la sentenza n. 59 del 14 gennaio 2021:
i) ha dichiarato inammissibile il ricorso nella parte relativa alla via dell’Acqua Ghiaccia perché la società Acque aveva risposto alla diffida con nota in data 24 giugno 2020;
ii) ha respinto il ricorso nella parte relativa alla via della Sorgente in quanto ha ritenuto che la strada, in quanto ad uso pubblico, possa essere legittimamente utilizzata per la installazione di infrastrutture quali le reti idriche; da ciò l’inesistenza dell’obbligo di rispondere con un provvedimento espresso alla richiesta di restituzione delle aree o della loro acquisizione, essendo già nella titolarità della mano pubblica;
iii) ha condannato i ricorrenti alle spese di lite, nella misura di euro 2.000.
3. Gli originari ricorrenti hanno proposto appello, per ottenere la riforma della sentenza impugnata e il conseguente accoglimento integrale del ricorso originario, articolando tre autonomi motivi: con il primo motivo (da pag. 14 a pag. 19 dell’atto di appello) hanno contestato il capo della sentenza che ha respinto il ricorso relativo alla via della Sorgente; con il secondo (da pag. 20 a pag. 25 dell’appello) e con il terzo motivo (pagg. 25 e 26 dell’atto di appello) è stato impugnato il capo relativo alla via dell’Acqua Ghiaccia.
3.1. Si sono costituiti in giudizio la società Acque e l’Autorità idrica Toscana.
3.2. Gli appellanti e le parti appellate hanno depositano memorie (in data 11 marzo 2021 gli appellanti; in data 22 marzo 2021 l’Autorità idrica Toscana; in data 23 marzo 2021 la società Acque).
3.3. Con ordinanza n. 1568 del 26 marzo 2021 è stata accolta la domanda cautelare ai soli fini della fissazione della discussione del merito, nei seguenti termini: “Considerato che: a) il secondo e terzo mezzo di gravame non appaiono assistiti da una adeguata previsione di accoglimento alla stregua delle risultanze documentali in atti e della applicazione dei principi giurisprudenziali resi sul punto controverso (cfr. ex plurimis e da ultimo Cons. Stato, sez. IV, n. 7323 del 2020), in forza dei quali la nota della società Acqua non è un atto meramente soprassessorio tale da far permanere l’obbligo di provvedere sulle istanze dei privati; b) il primo mezzo di gravame, viceversa, giustifica l’approfondimento proprio della fase di merito; c) il bilanciamento dei contrapposti interessi è salvaguardato dalla fissazione della udienza pubblica di discussione ex art. 55 comma 10 c.p.a.”.
3.4. Con memoria del 22 aprile 2021 l’Autorità idrica Toscana ha nominato un secondo difensore (avv. Podda).
3.5. La camera di consiglio del 7 ottobre 2021, cui era stata originariamente fissata la causa per la definizione nel merito, è stata differita al 21 dicembre c.a.
3.6. Le parti hanno depositato ulteriori memorie e documenti (gli appellanti due memorie, rispettivamente, in data 18 e 30 novembre 2021; l’Autorità idrica Toscana memoria e documenti, rispettivamente, in data 29 novembre e 3 dicembre 2021; la società Acque documenti e memoria, rispettivamente, in data 25 novembre e 3 dicembre 2021; gli appellanti memoria di replica in data 7 dicembre 2021; la società Acque memoria di replica in data 9 dicembre 2021).
4. All’udienza del 21 dicembre 2021 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
5. L’appello è parzialmente fondato e deve pertanto essere accolto in parte.
6. Preliminarmente, il Collegio:
a) respinge l’eccezione (sollevata dalla difesa degli appellanti con la memoria del 30 novembre 2021 e ribadita con la memoria del 7 dicembre 2021) di tardività della produzione documentale effettuata dalle parti intimate (in data 25 novembre 2021 da parte della società Acque s.p.a. e in data 29 novembre 2021 da parte dell’Autorità idrica Toscana) successivamente alla fissazione della camera di consiglio del 7 ottobre c.a. “in quanto la violazione dei termini perentori sanciti dall’art. 73, co.1, c.p.a. deve essere verificata in relazione all’udienza in cui effettivamente l’affare viene trattenuto in decisione, sicché il differimento dell’udienza impone di computare i termini a ritroso sanciti dal menzionato art. 73 in relazione alla nuova data” (cfr. in termini Cons. St., sez. V, 6 dicembre 2012, n. 6261; ex multis, sez. III, 31 maggio 2018, n. 3477; sez. V, 19 luglio 2013, n. 3940; sez. V, 12 giugno 2012, n. 3439);
b) respinge l’eccezione (comune ad entrambe gli intimati) di difetto di giurisdizione in relazione al primo motivo di appello (ovvero alla domanda di accertamento del silenzio inadempimento sulla istanza relativa a via della Sorgente), in quanto tale questione non è stata sottoposta al Consiglio di Stato mediante appello ex art. 9 c.p.a.;
c) respinge l’eccezione di inammissibilità della proposizione dell’azione ex art. 117 c.p.a., perché volta a tutelare il diritto soggettivo di proprietà, in quanto il privato vittima dell’occupazione, in caso di inerzia dell’amministrazione sollecitata a valutare la possibilità della emanazione di un provvedimento ex art. 42-bis t.u. espr., ha come rimedio prioritario quello stabilito dagli artt. 34 e 117 c.p.a. (Ad. plen. n. 2 del 2016 § 5.4.; Ad. plen. nn. 2, 3 e 4 del 2020, Corte cost. n. 71del 2015, § 6.6.3.);
d) respinge l’eccezione di inammissibilità dell’appello per violazione del divieto dei nova sancito dall’art. 104 c.p.a. perché in appello è stata criticamente riproposta la domanda di accertamento del silenzio inadempimento serbato dalla pubblica amministrazione.
7. Nel merito, il Collegio rileva l’infondatezza del secondo e del terzo mezzo di gravame, come visto aventi ad oggetto il capo di sentenza relativo alla via dell’Acqua Ghiaccia, dovendosi osservare al riguardo che:
a) la nota della società Acque del 24 giugno 2020 esprime nitidamente la volontà provvedimentale di ritenere non dovuta sia la restituzione che l’acquisizione ex art. 42-bis cit. per la dirimente circostanza che le condutture ivi presenti apparterebbero ai privati e non alla mano pubblica;
b) il provvedimento non ha natura soprassessoria (sul tema, cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 7323 del 2020), potendo ravvisare in esso una valenza decisoria ed espressiva di una volontà di chiusura del procedimento;
c) ai fini del presente giudizio, avente ad oggetto esclusivamente l’azione avverso il silenzio che (ad avviso dei ricorrenti) avrebbe illegittimamente serbato l’Amministrazione interpellata, è del tutto indifferente che la società Acque sia priva di competenza ovvero che sia errato il presupposto da cui muove la stessa, in quanto tali deduzioni configurerebbero vizi di legittimità dell’atto, emanato per evadere la diffida dei privati, da far valere in via ordinaria (in termini, Cons. Stato, sez. IV, 23 novembre 2020, n. 7323 cit.).
8. Per converso, il Collegio ritiene fondato il primo motivo, inerente alla strada vicinale denominata Maremmana o della Sorgente, in quanto, a fronte del comportamento inerte dell’Amministrazione, non emerge la manifesta infondatezza della pretesa posta a base della diffida, unica situazione che legittimerebbe il silenzio amministrativo (Cons. Stato, sez. IV, n. 1680 del 2020, n. 1339 del 2020, sez. V, n. 273 del 2015; cfr. Cons. Stato, sez. IV n. 7316 del 2020, con specifico riguardo alla questione dell’ammissibilità dello speciale rito sul silenzio in relazione all’adozione di atti amministrativi generali, anche in considerazione dell’ampiezza del potere discrezionale in concreto esercitabile).
8.1. A tali conclusioni, del resto, conducono i principi elaborati dalla giurisprudenza sul punto controverso in forza dei quali:
a) il provvedimento di acquisizione ex art. 42-bis cit. ben può essere emanato per imporre ex post una servitù, richiedendo a tal fine come presupposto, inter alios, che il fondo sia in atto utilizzato dall’Amministrazione (come nella fattispecie in esame);
b) il medesimo provvedimento può essere emanato anche solo per formalizzare l’intervenuto passaggio della titolarità del bene alla mano pubblica, in tal caso senza pagamento di indennizzo (Cons. Stato, Ad. plen. n. 5 del 2020; C.g.a., n. 125 del 2021; sez. IV, n. 3234 del 2017, allo scopo, ad esempio, di assicurare la certezza del diritto o di evitare che il proprietario sia sottoposto a gravami fiscali);
c) affinché la pretesa possa ritenersi manifestamente infondata occorre che il trasferimento della proprietà risulti da un giudicato, da un contratto, da un provvedimento di natura espropriativa, id est che sia esaurito il rapporto (cfr. Ad. plen. n. 6 del 2021), potendosi legittimamente dubitare che a tanto sia sufficiente l’iscrizione di una strada vicinale privata nell’elenco delle strade ad uso pubblico (come dedotto nel caso in esame);
d) tale conclusione è l’unica coerente con la consolidata cornice di tutele delineata dalla Corte EDU (Corte europea dei diritti dell’uomo, 3 giugno 2014, Rossi e Variale; 14 gennaio 2014, Pascucci; 5 giugno 2012, Immobiliare Cerro; 22 dicembre 2009, Guiso; 6 marzo 2007, Scordino; 12 gennaio 2006, Sciarrotta; 17 maggio 2005, Scordino; 30 maggio 2000, Soc. Belvedere alberghiera; 30 maggio 2000, Carbonara e Ventura) e fatta propria dalla Corte cost. (n. 71 del 30 aprile 2015), dalle sezioni unite della Corte di cassazione (n. 735 del 19 gennaio 2015; n. 22096 del 29 ottobre 2015) e dalla adunanza plenaria del Consiglio di Stato (n. 2 del 9 febbraio 2016, successivamente nn. 2, 3 e 4 del 20 gennaio 2020, n. 6 del 2021), secondo cui solo un provvedimento espropriativo, un contratto, una sentenza (ovvero l’accertamento dell’usucapione) possono fare cessare un illecito permanente quale è l’occupazione sine titulo di un bene immobile.
8.2. Invero, nel caso di specie, non è possibile affermare che la destinazione al pubblico transito della strada privata vicinale ricomprenda ex se la possibilità di occupare il sottosuolo della stessa con infrastrutture del servizio idrico, in assenza - a monte - di un provvedimento, una sentenza o un contratto che accertino tale diritto, non potendo questa situazione integrare la nozione di “manifesta infondatezza” rilevante, per quanto detto, ai fini di cui all’art. 2 l. n. 241 del 1990 e agli artt. 31, 34 e 117 c.p.a.
8.3. In ragione di tali considerazioni, l’appello risulta pertanto fondato in parte qua.
9. In conclusione, l’appello deve essere accolto in parte e, per l’effetto, in parziale riforma della impugnata sentenza, deve essere accolto l’originario ricorso limitatamente all’impugnazione del silenzio serbato dall’Amministrazione in ordine alla via denominata Maremmana o della Sorgente. Resta ferma la statuizione di inammissibilità della domanda avanzata in relazione alla via dell’Acqua Ghiaccia.
9.1. Il Collegio, pertanto, ai sensi dell’art. 117, co. 2 e 3, c.p.a.:
a) ordina al Comune di Poggibonsi, alla società Acque s.p.a. ed all’Autorità idrica Toscana - ciascuno per quanto di competenza - di rispondere formalmente all’istanza dei privati, ferma restando la piena libertà dell’esito a fronte di una pluralità di opzioni tutte in astratto possibili (a titolo meramente esemplificativo: motivato diniego [con indicazione di eventuali atti di occupazione o di espropriazione o di titoli diversi se esistenti - attuale proprietario o utilizzatore o gestore delle opere idrauliche], restituzione in pristino, emanazione di un provvedimento di esproprio ordinario, adozione di un provvedimento ex art. 42-bis cit. con valenza costitutiva ovvero anche solo dichiarativa della intervenuta acquisizione del diritto di servitù) entro il termine perentorio di sessanta (60) giorni decorrenti dalla comunicazione o dalla notificazione, se anteriore, della presente sentenza;
b) nomina, sin da ora, il prefetto di Siena o suo delegato, affinché, scaduto il termine di cui alla precedente lettera a), quale commissario ad acta provveda in luogo degli enti citati;
c) fissa per il commissario ad acta un ulteriore termine di sessanta (60) giorni, per l’espletamento dell’incombente, decorrente dall’insediamento e riserva la liquidazione dell’eventuale compenso - che pone sin da ora a carico dei detti enti in solido tra loro - alla presentazione di apposita istanza nel rispetto dei criteri e dei termini sanciti dal t.u. sulle spese di giustizia di cui al d.P.R. n. 115 del 2002, in particolare art. 71, ferma restando la possibilità che tali enti agiscano anche dopo la nomina e l’insediamento del commissario (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., n. 8 del 2021).
10. Le spese del doppio grado di giudizio devono essere compensate tra le parti, tenuto conto della parziale reciproca soccombenza e della novità e complessità delle questioni in fatto e in diritto.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello (r.g. n. 1622/2021), come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.
Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 21 dicembre 2021, con l’intervento dei magistrati:
Vito Poli, Presidente
Alessandro Verrico, Consigliere, Estensore
Silvia Martino, Consigliere
Michele Pizzi, Consigliere
Emanuela Loria, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Alessandro Verrico
Vito Poli