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Applicazione provvedimento 42-bis: Cons. Stato 12 febbraio 2018

Pubblico
Martedì, 13 Febbraio, 2018 - 09:16

Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), sentenza n. 876 del 12 febbraio 2018, sul danno da occupazione illegittima. Fissa i criteri di quantificazione. 
 
N. 00876/2018REG.PROV.COLL.
N. 09701/2015 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9701 del 2015, proposto da: 
Presidenza del Consiglio dei Ministri - Unità Tecnico-Amministrativa di cui all’art. 5 del d.l. 10 dicembre 2013, n. 136 convertito, con modificazioni, nella legge 6 febbraio 2014, n. 6, in persona del Capo della medesima, rappresentata e difesa ex legedall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli uffici della medesima domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12; 
contro
omissis, rappresentato e difeso dall’avv. Paolo Centore, e elettivamente domiciliato in Roma, alla via Tuscolana n. 16 (presso lo studio legale Caravella), per mandato a margine dell’atto di costituzione nel giudizio d’appello;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, Sezione 5^, n. 1886 del 1° aprile 2015, resa tra le parti, con cui è stato accolto in parte il ricorso in primo grado n.r. 698/2011, proposto per la condanna al risarcimento di danni rivenienti da occupazione illegittima, con declinatoria di giurisdizione in ordine al pagamento dell’indennità relativa al periodo di occupazione legittima
 
 
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Michele Palladino;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 luglio 2017 il Cons. Leonardo Spagnoletti e uditi l’avvocato dello Stato Giancarlo Caselli per l’Autorità statale appellante e l’avv. Paolo Centore per l’appellato Michele Palladino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
 
FATTO e DIRITTO
1.) OMISSIS, nella dichiarata qualità di proprietario di suoli estesi complessivi mq. 16.799, assoggettati a occupazione d’urgenza in data 10 aprile 2000 per la realizzazione, a cura della concessionaria Fisia Italimpianti S.p.A., di un impianto di combustibile da rifiuti (C.D.R.) con decreto del Presidente della Regione Campania nella qualità di commissario delegato per l’emergenza rifiuti nella Regione Campania n. 19 del 15 febbraio 2000, sul presupposto della decorrenza del termine quinquennale di occupazione e della mancata emanazione del decreto di esproprio, conveniva in giudizio l’Autorità Commissariale dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere per ottenere il risarcimento del danno connesso all’occupazione e irreversibile trasformazione, nonché dell’indennità di occupazione per il periodo legittimato.
Con sentenza n. 1003 dell’8 giugno 2007 il Giudice Unico del Tribunale adito, accogliendo eccezione subordinata della costituita Autorità Commissariale, declinava la propria competenza territoriale in favore del Tribunale di Napoli, dinanzi al quale era riassunto il giudizio risarcitorio.
Con sentenza n. 11382 del 15 novembre 2010 il Giudice Unico del Tribunale di Napoli, a sua volta accogliendo eccezione principale della costituita Autorità Commissariale, declinava la giurisdizione, considerando che il comportamento illecito, connesso alla protrazione dell’occupazione in difetto dell’emanazione del decreto di esproprio, era ricollegabile, sia pure mediatamente, all’esercizio di poteri pubblici espropriativi, in presenza di legittima dichiarazione di pubblica utilità e di legittima originaria occupazione.
Con ricorso in primo grado n.r. 698/2011 l’interessato ha riassunto il giudizio dinanzi al T.A.R. per la Campania, insistendo per la condanna al risarcimento del danno da occupazione e irreversibile trasformazione, quantificato in € 1.093.170,89 oltre rivalutazione e interessi dalla data di scadenza dell’occupazione legittima (10 aprile 2005) e sino alla sentenza da emanare, nonché interessi legali sino al soddisfo, salva diversa determinazione in corso di causa, nonché per la condanna al pagamento dell’indennità da occupazione legittima relativa al quinquennio 10 aprile 2000 - 10 aprile 2005, a determinarsi secondo il valore di mercato, oltre a interessi legali per ciascuna annualità e sino al saldo.
Nel corso del giudizio, nel quale non si è costituita l’intimata Autorità Commissariale, il T.A.R. con ordinanza n. 3949 del 15 luglio 2014, ha disposto consulenza tecnica d’ufficio intesa ad accertare lo stato dei luoghi, le opere ultimate, “…quantificare il danno da occupazione illegittima secondo i criteri di cui all’art. 42-bis, comma 3, ultimo periodo, del d.P.R. n. 327/2001 e s.m.i., partendo dalla iniziale occupazione dei fondi…(e)… quantificare l’indennizzo spettante al ricorrente, a titolo di danno patrimoniale o di danno non patrimoniale, ai sensi dell’art. 42- bis, commi 1 e 3, del d.P.R. n. 327/2001, ai fini della eventuale emanazione del decreto di acquisizione sanante”.
2.) Con sentenza n. 1886 del 1° aprile 2015, il T.A.R., ritenuta l’occupazione illegittima, ha:
ordinato al Presidente della Regione Campania, nella qualità di Commissario di Governo per l’emergenza rifiuti nella Regione Campania “…di provvedere alla restituzione al ricorrente dei fondi illegittimamente detenuti, previa necessaria riduzione in pristino, con salvezza degli ulteriori provvedimenti di cui all'art. 42 - bis T.U. espropri”;
condannato la medesima Autorità Commissariale “…al risarcimento del danno da occupazione illegittima in favore del ricorrente, da quantificarsi, ai sensi dell’art. 34, comma 4, c.p.a., nella misura pari al 5% annuo del valore venale dei beni illegittimamente detenuti…” come determinato dal C.T.U. in € 1.161.650,85 per il danno patrimoniale e in € 223.330,17 per il danno non patrimoniale, “…da liquidarsi a partire dalla data della cessazione di efficacia del decreto di occupazione d’urgenza (10 aprile 2004) fino al momento della restituzione del bene occupato o della adozione del provvedimento di acquisizione sanante”:
declinata la giurisdizione in ordine “…alla domanda di condanna al pagamento dell’indennità di occupazione legittima, la cui cognizione deve ritenersi devoluta al giudice ordinario”;
condannato l’Autorità Commissariale al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in € 2.000,00 oltre accessori e del compenso del C.T.U., determinato in € 3.000,00 oltre rimborso spese e accessori.
3.) Con appello spedito per la notificazione a mezzo raccomandata il 16 novembre 2015 e depositato il 24 novembre 2015, la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Unità Tecnico-Amministrativa di cui all’art. 5 del d.l. 10 dicembre 2013, n. 136 convertito, con modificazioni, nella legge 6 febbraio 2014, n. 6, ha impugnato la sentenza.
Premessa l’inapplicabilità dei termini dimidiati e del rito accelerato ex art. 119 c.p.a., sono state dedotte, in sintesi, le seguenti censure:
1) Violazione dell’art. 112 c.p.a. (decisione ultra petitum) - Difetto di legittimazione passiva dell’Amministrazione Statale rispetto alla restituzione del bene - Violazione dell’art. 42 bis d.P.R. n. 327/2001
Sotto un primo profilo, il T.A.R. ha pronunciato oltre i limiti segnati dalle domande proposte con il ricorso in primo grado, con il quale non è stata richiesta la restituzione del compendio immobiliare sebbene il solo risarcimento del danno.
Sotto altro aspetto, l’Autorità appellante, che è successore ex lege dell’Autorità Commissariale, è comunque carente di titolarità delle aree, “conferite normativamente in uso alla Provincia di Caserta, cui compete la gestione delle aree anche strumentali su cui insistono le opere destinate al trattamento dei rifiuti”, onde non può provvedere alla restituzione delle aree in quanto priva di “…legittimazione passiva rispetto all’ordine giudiziale di restituzione dei beni...”, non meno che della competenza a emanare l’eventuale provvedimento ex art. 42 bis del d.P.R. n. 327/2001.
2) Erroneità della sentenza in ordine alla condanna risarcitoria per erroneità dei presupposti fattuali e giuridici, eccessività della quantificazione del danno
2.1) Erronea individuazione del periodo di occupazione legittima e del conseguente periodo di occupazione illegittima, perché l’occupazione è stata prorogata con ordinanza commissariale n. 21 del 31 gennaio 2005 per altri due anni, e quindi è scaduta il 2 febbraio 2007 -essendo peraltro erronea e incongruente la data di scadenza del 10 aprile 2004 indicata in sentenza- e quindi al limite dovendosi determinare il dies a quo dell’occupazione illegittima dal 3 febbraio 2007.
2.2) Erronea individuazione del compendio immobiliare di proprietà del Palladino, perché soltanto le particelle 5119, 5120, 5121 del foglio 9 e 5060, 5061, 5071, 5072, 5073 del foglio 13 (per complessivi mq. 9.625) appartengono e sono intestate al Palladino, mentre le particelle 5068, 5069 e 5070 del foglio 13 (per complessivi mq. 7.174) appartengono e sono intestate sin dal 13 ottobre 1998 al Consorzio CE (Caserta) 2, e infatti le indennità a suo tempo depositate presso la Cassa Depositi e Prestiti erano distintamente intestate ai due predetti soggetti.
2.3) Erronea determinazione del valore dell’area e conseguentemente dell’importo del risarcimento, perché, premessa la destinazione urbanistica “D” industriale delle aree, il C.T.U. ha determinato il valore di 69,15 €/mq. senza valutare:
- la configurazione planimetrica e la discontinuità del compendio, con conseguente “minore utilizzabilità dei beni dal punto di vista dell’insediamento industriale”;
- che tale superficie “…non raggiuge le dimensioni previste dalle norme tecniche del P.R.G. per le zone D industriali (superficie lotto minimo intervento mq. 18.000), per cui l’ipotizzata trasformazione è resa possibile solo con l’asservimento della superficie complementare al raggiungimento del predetto lotto minimo”;
- che non si evidenzia una “…approfondita conoscenza del segmento di mercato di riferimento…”, non avendo lo stesso C.T.U. rinvenuto offerte di mercato nemmeno con riguardo ai dati dell’osservatorio immobiliare dell’Agenzia delle Entrate, né “…una valutazione in merito ai tempi tecnici necessari per la realizzazione di un ipotetico intervento industriale…”.
In definitiva, muovendo dall’individuazione del diverso parametro di € 30,32 a mq. ai valori del 10 aprile 2000 di inizio dell’occupazione rivalutato a € 40,00 mq. al 2014, e considerato il suolo di effettiva proprietà, pari a mq. 9.625,00 si individuano le seguenti cifre:
danno patrimoniale € 385.000,00
danno non patrimoniale € 77.000,00
danno da occupazione illegittima (da 3 febbraio 2007 al 1° febbraio 2015) € 145.502,74
per un totale di € 607.502,74 a fronte dei diversi valori indicati nella C.T.U. (€ 1.161.650,85 per danno patrimoniale; € 232.330,17 per danno non patrimoniale; € 783.333,23 per danno da occupazione illegittima, per un totale di € 2.177.314,25).
Costituitosi in giudizio, l’appellato Michele Palladino, con memoria difensiva depositata il 12 gennaio 2016 ha dedotto a sua volta, in sintesi:
l’improcedibilità per tardività dell’appello: perché, tenuto conto del periodo di sospensione feriale dei termini -come ridotto al periodo 1 agosto-31 agosto-, il gravame è stato notificato oltre il termine semestrale, che scadeva il 2 novembre 2015, soltanto il 16 novembre 2015;
l’inammissibilità dell’appello per carenza di legittimazione processuale, non essendo la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Unità Tecnico-Amministrativa parte del giudizio di primo grado, né potendosi ritenere l’invocata successione nel processo perché, a conclusione della gestione emergenziale, le competenze devono ritenersi ormai rientrate nell’alveo ordinario, e in ogni caso il regime transitorio e la proroga dell’Unità Tecnico-Amministrativa deve ritenersi cessato al 31 dicembre 2015;
che destinatario dell’ordine di restituzione è il Presidente della Regione Campania, onde l’Unita Tecnico-Amministrativa non ha titolo a dolersi della relativa statuizione, e in ogni caso la relativa eccezione è inammissibile ai sensi dell’art. 104 c.p.a., in quanto nuova e proposta per la prima volta con l’appello;
l’infondatezza del primo motivo d’appello perché non sussiste alcun vizio di ultrapetizione, in relazione alla pacifica applicabilità dell’art. 42 bis a vicende espropriative anteriori alla sua entrata in vigore, essendo precluso quindi il mero risarcimento per equivalente;
l’infondatezza delle altre censure sulla quantificazione del danno, salva rinnovazione della C.T.U.
Con ulteriore memoria difensiva depositata il 9 giugno 2017 l’appellato ha insistito sull’eccezione pregiudiziale di irricevibilità per tardività dell’appello, evidenziando come la riduzione del periodo di sospensione sia stata introdotta dal d.l. n. 132 del 12 settembre 2014 e trovi applicazione per tutte le impugnazioni proposte a far tempo dal 1° gennaio 2015.
Con memoria di replica depositata il 23 giugno 2017, l’Avvocatura dello Stato ha evidenziato come soltanto con l’art. 20 comma 1 ter del d.l. n. 83/2015, introdotto dalla legge di conversione n. 132/2015, sia stata dettata norma interpretativa che chiarisce l’applicabilità del nuovo periodo feriale anche al processo amministrativo e sostituisce nel testo dell’art. 54 c.p.a. le parole “15 settembre” con le parole “31 agosto”; di tal ché, essendo in corso il termine d’impugnazione al momento dell’entrata in vigore della legge di conversione (21 agosto 2015) esso deve ritenersi insensibile alla novella, sussistendo in ogni caso errore scusabile ex art. 37 c.p.a.
All’udienza pubblica del 13 luglio 2017 l’appello è stato discusso e riservato per la decisione.
4.) L’appello è fondato nei limiti di seguito indicati, con conseguente parziale riforma della sentenza gravata.
4.1) In limine, il Collegio deve esaminare le eccezioni pregiudiziali spiegate dall’appellato, con riferimento alle dedotte improcedibilità e inammissibilità dell’appello.
4.1.1) Con riferimento all’invocata tardività dell’appello, deve rammentarsi che soltanto con il comma 1 ter dell’art. 20 del d.l. 27 giugno 2015, n. 83, aggiunto dalla legge di conversione 6 agosto 2015, n. 132 (pubblicata sulla G.U. n.192 del 20 agosto 2015, e entrata in vigore il giorno successivo ai sensi dell’art. 1 comma 3 della medesima) è stato disposto in modo espresso che:
“L’articolo 16, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, si interpreta nel senso che si applica anche al processo davanti ai tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato. Per l'effetto, all'articolo 54, comma 2, dell'Allegato 1 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, le parole: "15 settembre" sono sostituite dalle seguenti: "31 agosto", a decorrere dall'entrata in vigore dell'articolo 16 del citato decreto-legge n. 132 del 2014”.
E’ ben vero che la disposizione non solo si “autoqualifica” come interpretativa ma bensì, pur sostituendo (e quindi modificando) la indicazione “15 settembre” con “31 agosto” dichiara che la “sostituzione” ha effetto dall’entrata in vigore dell’art. 16 del d.l. n. 132/2014 -che a sua volta, come modificato dall’art. 1 della relativa legge di conversione 10 novembre 2014, n. 162, sostituiva l’inciso «dal 1° agosto al 15 settembre di ciascun anno» con l’inciso «dal 1° al 31 agosto di ciascun anno» nell’art. 1 comma 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742-, ossia dall’11 novembre 2014, giorno successivo alla pubblicazione della legge di conversione nella G.U. n. 162 del 10 novembre 2014, n. 162.
Nondimeno, proprio la indicazione nel testo dell’art. 54 comma 2 del c.p.a. di una autonoma e diretta previsione del periodo di sospensione feriale (“I termini processuali sono sospesi dal 1° agosto al 15 settembre di ciascun anno”), in mancanza di un rinvio all’art. 1 comma 1 della legge n. 742/1969, rendeva affatto dubbia l’applicabilità della nuova disciplina sulla sospensione feriale dei termini al processo amministrativo.
Il legislatore ha voluto, quindi, fugare ogni incertezza con una disposizione interpretativa che, peraltro, si è data cura di modificare (con un effetto innovativo) il testo dell’art. 53 comma 2 c.p.a., sostituendo appunto le parole “15 settembre” con “31 agosto”.
Orbene, poiché il termine semestrale d’impugnazione era in corso e la novella “interpretativa” è entrata in vigore soltanto il 21 agosto 2015, ossia appena dieci giorni prima dello spirare del termine del 31 agosto 2015, deve riconoscersi l’invocata scusabilità dell’errore, per aver l’Avvocatura dello Stato computato, ai fini della scadenza del termine d’impugnazione, la frazione temporale differenziale di quindici giorni.
Alla luce dei rilievi che precedono, quindi l’eccezione d’irricevibilità deve essere disattesa.
4.1.2) Non ha maggiore fondamento l’altra eccezione d’inammissibilità dell’appello per difetto di legittimazione attiva.
Secondo quando riconosciuto dallo stesso appellato nella memoria difensiva depositata il 12 gennaio 2016 (cfr. paragrafo 2.3), proprio in relazione alla chiusura dell’emergenza rifiuti nella Regione Campania, l’art. 2 comma 1 del d.l. 30 dicembre 2009, n. 195, convertito nella legge 26 febbraio 2010, n. 26, aveva demandato al Presidente del Consiglio dei Ministri l’emanazione di apposito decreto per la costituzione presso il Dipartimento della Protezione Civile di una «Unità stralcio» e una «Unità operativa», con il compito di accertare la massa attiva e la massa passiva derivante dall’attività commissariale.
Con o.P.C.M. 28 gennaio 2011, n. 3920 è stata istituita appunto una Unità Tecnico-Amministrativa (art. 15), la cui esistenza e operatività è stata dapprima prorogata al 31 dicembre 2015, come pure riconosce l’appellato, ai sensi dell’art. 5 del d.l. 10 dicembre 2013, n. 136 (convertito, con modificazioni, nella legge 6 febbraio 2014, n. 6), e quindi, successivamente sino al 31 dicembre 2016 e da ultimo, al momento della decisione del presente appello, al 31 dicembre 2017 (per effetto della modifica del termine introdotta dall’art. 14, comma 10, del d.l. 30 dicembre 2016 n. 244, convertito con modificazioni nella legge 27 febbraio 2017, n. 19).
Orbene, l’Unità Tecnico-Amministrativa è sottentrata in tutti i rapporti attivi e passivi già intestati alla gestione commissariale, onde si è determinata appunto una successione ex lege ex art. 111 c.p.c. che abilita l’ufficio statale straordinario incaricato della liquidazione dei rapporti della gestione commissariale sia all’intervento nel giudizio che alla proposizione dell’appello.
4.1.3) Altresì deve respingersi l’ulteriore eccezione pregiudiziale spiegata dall’appellato con riferimento al primo motivo, sotto il profilo della contestata introduzione di una nuova eccezione in grado di appello vietata dall’art. 104 c.p.a.
Com’è noto, e secondo consolidata giurisprudenza, il divieto di domande o eccezioni nuove trova applicazione all’originario ricorrente, e per le altre parti soltanto alle eccezioni in senso tecnico (ad esempio l’eccezione di prescrizione) e non anche alle mere difese o argomenti difensivi (cfr. tra le tante Cons. Stato, Sez. IV, 3 luglio 2017, n. 3251 e 19 marzo 2015, n. 1512 e Sez. V, 8 marzo 2017 n. 1094 e 26 luglio 2016, n. 3347).
Nel caso di specie, il vizio di ultrapetizione dedotto con il primo motivo, non meno che il rilievo della carente legittimazione all’esecuzione dell’ordine di restituzione del compendio immobiliare, previa rimessione in pristino stato, non soltanto sono deducibili soltanto in relazione al contenuto della sentenza, onde non sarebbero state rilevabili nel giudizio di primo grado, ma costituiscono appunto non già eccezioni sebbene argomenti difensivi con i quali si censura l’erroneità della sentenza stessa, al pari delle altre doglianze introdotte con il secondo motivo, come in esso variamente articolate.
4.2) Nondimeno il primo motivo d’appello è destituito di giuridico fondamento, sia quanto al dedotto vizio di ultrapetizione che con riferimento all’addotta ineseguibilità della restituzione.
4.2.1) Con riferimento al primo profilo, è agevole rilevare che la tutela ripristinatoria reale costituisce un prius necessario, salvo l’esercizio dei poteri di cui all’art. 42 bis del d.P.R. n. 327/2001, rispetto alla tutela risarcitoria.
Il giudice amministrativo partenopeo non avrebbe potuto esimersi, in altri termini, dallo statuire anzitutto l’obbligo di provvedere alla restituzione del suolo, e solo in via subordinata dal determinare il risarcimento del danno da occupazione illegittima, che, in quanto liquidato secondo i criteri dell’art. 42 bis (come senz’altro consentito: cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 23 settembre 2016 n. 3929), in caso di emanazione del provvedimento di acquisizione sanante costituisce l’indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale ivi previsto.
Non sussiste quindi alcun vizio di ultrapetizione come dedotto dall’Avvocatura dello Stato.
4.2.2) In ordine al secondo profilo è evidente che l’ordine di restituzione deve essere inteso e interpretato alla luce dell’effettiva disponibilità del suolo e dell’opera pubblica sul medesimo insistente, e quindi come onere di attivazione presso la Provincia di Caserta e/o l’Ambito territoriale ottimale che utilizza l’impianto di trattamento dei rifiuti al fine di sollecitarne alternativamente la restituzione o l’emanazione del provvedimento di acquisizione sanante, salva ogni responsabilità di quest’ultima nel rapporto “interno” con la Presidenza del Consiglio dei Ministri qualora, in mancanza di acquisizione sanante, debba provvedersi nondimeno al pagamento della somma liquidata a quel punto a mero titolo risarcitorio e con ulteriori negative conseguenze risarcitorie per la protrazione ulteriore dell’occupazione illegittima.
4.3) Sono invece fondate, nei limiti di seguito indicati, le doglianze dedotte con il secondo motivo di appello.
4.3.1) Sotto un primo profilo non è stato specificamente contestato, e trova riscontro negli stessi allegati alla relazione di C.T.U. (cfr. allegato 5 visure catastali), che soltanto una parte dell’estensione complessiva del compendio immobiliare appartiene al Palladino, e in particolare le particelle 5119, 5120, 5121 del foglio 9 e 5060, 5061, 5071, 5072, 5073 del foglio 13 (per complessivi mq. 9.625); mentre altra parte, e in specie le particelle 5068, 5069 e 5070 del foglio 13 (per complessivi mq. 7.174) appartengono e sono intestate sin dal 13 ottobre 1998 al Consorzio CE (Caserta) 2.
Ne consegue che l’estensione dei suoli cui commisurare alternativamente il risarcimento o l’indennità di cui all’art. 42 bis è quella, minore, di mq. 9.625.
4.3.2) Sotto altro profilo, è incontestato e non revocabile in dubbio che il periodo di occupazione legittima, in virtù di proroga di cui all’ordinanza commissariale n. 21 del 31 gennaio 2005, si estende sino al 2 febbraio 2007, e che quindi il periodo di occupazione illegittima decorre dal 3 febbraio 2007.
4.3.3) Non hanno invece pregio le censure ulteriori dedotte con riferimento alle valutazioni contenute nella relazione di C.T.U., che ha applicato un metodo rapportato a una pluralità di indici (valori determinati ai fini dell’I.M.U. con deliberazione consiliare, valore di altro suolo di analoga destinazione urbanistica), mediando tra i medesimi e pervenendo a una stima che appare attendibile, con valore pari a € 69,15 al metro quadro; laddove al contrario generiche e prive di supporti probatori sono le argomentazioni in base alle quali si prospetta un valore al 2014 pari a € 40,00 al metro quadro.
5.) In conclusione l’appello deve essere accolto nei limiti innanzi indicati, dovendosi determinare la somma da corrispondere a titolo risarcitorio, o a titolo d’indennità in caso di acquisizione sanante, nel prodotto tra il valore di € 69,15 mq. e l’estensione effettiva del suolo riferibile al OMISSIS, pari a mq. 9.625; e così a € 665.569,75 per il danno patrimoniale; € 133.113,75 per il danno non patrimoniale, computato al 20% del danno patrimoniale, secondo la non contestata misura percentuale individuata dal primo giudice; con la conseguente riduzione del danno da occupazione illegittima, da computarsi in base al valore e con il criterio indicati dal C.T.U. (5% annuo del suddetto valore venale) rapportati ai giorni di occupazione a decorrere dal 3 febbraio 2007 e sino al momento della restituzione o dell’acquisizione sanante.
6.) In relazione all’accoglimento parziale dell’appello sussistono giusti motivi per dichiarare compensate per intero le spese e onorari del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello n.r. 9701 del 2015, come in epigrafe proposto, così provvede:
1) accoglie l’appello nei limiti di cui in motivazione, e per l’effetto in parte riforma e nella residua parte conferma la sentenza del T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, Sezione 5^, n. 1886 del 1° aprile 2015, nei sensi di cui in motivazione;
2) dichiara compensate per intero tra le parti le spese e onorari del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 luglio 2017 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi, Presidente
Oberdan Forlenza, Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere, Estensore
Giuseppe Castiglia, Consigliere
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Leonardo Spagnoletti Antonino Anastasi
 
 
 
 
 
IL SEGRETARIO
 

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