Art.42-bis: Anche il 2018 apre con la competenza consiliare
Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, (Sezione Terza), sentenza n.6 del 3 gennaio 2018, sull’art. 42-bis TUE, competenza consiglio comunale
La massima
L’art. 42 comma 2, lett. l), del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267, assegna alla competenza del Consiglio gli acquisti immobiliari, tra questi deve essere anche compreso l’utilizzo del potere eccezionale di cui all’art. 42-bis, d.P.R. n. 327/2001. Pertanto, l’intero provvedimento non può che essere adottato dall’organo consiliare, poiché le valutazioni che esso impone appartengono allo stesso potere discrezionale disegnato dalla norma. Di conseguenza, il funzionario dell’amministrazione comunale potrà essere incaricato solo di compiti meramente esecutivi, ma non potrà essere delegato in mancanza di apposita norma, allo stato non individuabile, che consente la traslazione in capo a quest’ultimo, dell’esercizio del detto potere (Cons. Stato, sez. IV, sent. 3807 del 31.7.2017).
Secondo l'interpretazione che appare preferibile, la particolare natura dell'acquisizione sanante, riconducibile nell'alveo dell'amplissima discrezionalità propria dell'organo di indirizzo, richiede una formale, specifica e compiuta espressione di volontà dell'ente manifestata necessariamente dal Consiglio comunale potendo in tale ambito essere demandati ai dirigenti o ai responsabili dei servizi dell'Ente solo compiti strettamente esecutivi delle determinazioni discrezionali adottate dall'organo consiliare (ex multis: TAR Toscana, Sez.I, sent. 565 del 18.4.2017; TAR Veneto, II, 16.2.2016, n. 170; TAR Campania, Napoli, V, 15.1.2016, n. 219; TAR Lazio, Latina, I, 28.7.2015, n. 575).
In conformità ai principi sanciti dalla Corte Costituzionale, il diritto di proprietà può essere compresso «sol quando lo esiga il limite della "funzione sociale" […]: funzione sociale, la quale esprime, accanto alla somma dei poteri attribuiti al proprietario nel suo interesse, il dovere di partecipare alla soddisfazione di interessi generali, nel che si sostanzia la nozione stessa del diritto di proprietà come viene modernamente intesa e come è stata recepita dalla nostra Costituzione» (già Corte Costituzione, sentenza n. 108 del 1986).
La giurisprudenza ha rilevato in proposito che “La Corte regolatrice della giurisdizione ha affermato in numerose pronunce che, in materia di espropriazione per pubblica utilità, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia relativa alla determinazione e corresponsione dell'indennizzo previsto in relazione alla fattispecie di "acquisizione sanante" ex art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001. Da ultimo (Cassazione civile, sez. un., n. 15283 del 2016) ha sostenuto che appartiene al giudice ordinario anche la controversia avente ad oggetto l'interesse del cinque per cento del valore venale del bene, dovuto per il periodo di occupazione senza titolo, ai sensi del comma 3, ultima parte, di detto articolo, "a titolo di risarcimento del danno", giacché esso, ad onta del tenore letterale della norma, costituisce solo una voce del complessivo "indennizzo per il pregiudizio patrimoniale" di cui al precedente comma 1, secondo un'interpretazione imposta dalla necessità di salvaguardare il principio costituzionale di concentrazione della tutela giurisdizionale avverso i provvedimenti ablatori”, e che dette controversie sono devolute alla competenza, in unico grado, della Corte di appello”(Cons Stato, sez. IV, sent 4550 del 29.9.2016).
La sentenza
N. 00006/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00653/2013 REG.RIC.
N. 00395/2014 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 653 del 2013, proposto da:
omissis, rappresentati e difesi dall'avvocato Gaetano Distaso, con domicilio eletto presso lo studio Paolo Mirizzi in Bari, via Roberto da Bari, n. 112;
contro
Comune di San Ferdinando di Puglia, in persona del Sindaco legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Pietro Di Benedetto, con domicilio eletto presso lo studio Simona Dicandia in Bari, via Pisanelli, n. 44;
sul ricorso numero di registro generale 395 del 2014, proposto da:
omissis rappresentati e difesi dall'avvocato Gaetano Distaso, con domicilio eletto presso lo studio Paolo Mirizzi in Bari, via Roberto da Bari, n. 112;
contro
Comune di San Ferdinando di Puglia, in persona del Sindaco legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Pietro Di Benedetto, con domicilio eletto presso lo studio Simona Dicandia in Bari, via Pisanelli, n..44;
per la condanna
quanto al ricorso n. 653 del 2013:
del Comune di Sana Ferdinando di Puglia alla restituzione del fondo di mq 334, identificato al catasto al fg. 9 p.lle 2 (ora 2264) e 2710 e al risarcimento del danno (ex art. 30 c.p.a.) per il mancato utilizzo del fondo, ovvero, in subordine per la condanna al risarcimento del danno corrispondente al valore venale dei fondi, oltre gli interessi e rivalutazione.
quanto al ricorso n. 395 del 2014:
per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia,
- della Delibera del Consiglio Comunale di San Ferdinando di Puglia n. 73 del 29/11/2013, Prot. 23168, pubblicata il 16.12.2013, avente il seguente oggetto: “art. 42 bis D.P.R. 327/2001 aree occorse per la realizzazione del mercato rionale via Foggia. Dichiarazione di pubblica utilità e provvedimenti conseguenti, mai notificata ai ricorrenti (ma della quale essi ultimi ne hanno avuto legale conoscenza avendone il Comune resistente fatto deposito in data 4\02\2014, nel giudizio R.G.. 653\13 pendente tra le stesse parti innanzi Codesto Tribunale), con la quale il Consiglio Comunale ha deliberato di procedere, ai sensi dell’art 42-bis del D. P. R. 08 giugno 2001 n 327 e ss mm. ii., all’acquisizione al patrimonio indisponibile del Comune di San Ferdinando di Puglia dei terreni catastalmente individuati e intestati come meglio precisato in delibera;
di ogni altro atto precedente, seguente e comunque connesso a quello pugnato;
e per l’accertamento
del diritto di omissis, di vedersi restituiti i beni di cui al deliberato consiliare liberi e sgomberi da manufatti realizzati dal Comune in violazione di norme di legge e non ottemperanti ai provvedimenti del Tribunale Amministrativo Regionale;
nonché per la condanna
al risarcimento del danno nella misura complessiva di euro 100.000,000 od altra maggiore o minore a liquidarsi in via equitativa dal Giudice adito dovuta alla lesione dolosa dell’interesse dei ricorrenti per esclusivo fatto e colpa del Comune di San Ferdinando di Puglia e del suo Sindaco in carica pro tempore, per aver adottato la delibera qui sospinta pur consapevole del contrasto della stessa con la CEDU art. 1 protocollo 1 Addizionale.
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di San Ferdinando di Puglia in entrambi i giudizi;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatrice la dott.ssa Cesira Casalanguida e uditi nell'udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2017 per le parti i difensori come da verbale di udienza come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – La vicenda oggetto di giudizio riguarda la realizzazione di un progetto relativo alla costruzione del mercato rionale nel Comune di San Ferdinando di Puglia, alla via Foggia.
omissis è proprietario di un fondo di mq 334, identificato al catasto al fg. 9 p.lla 2710, situato a distanza ravvicinata al cimitero cittadino, su cui aveva realizzato una serra adibita alla coltivazione di fiori destinati alla vendita.
omissis sono comproprietari di un suolo di mq 531, identificato al catasto al fg. 9, p.lla 2 (ora 2264), situato anch’esso a distanza ravvicinata al cimitero cittadino.
Il Comune di San Ferdinando di Puglia ha approvato una serie di atti relativi alla procedura espropriativa finalizzata alla realizzazione del mercato rionale, che ha riguardato i menzionati suoli dei ricorrenti, successivamente annullati.
2. - Con ricorso iscritto al R.G. n. 653/2013, depositato il 22.5.2013, i ricorrenti hanno chiesto la restituzione dei fondi suindicati e il risarcimento del danno. Affermano che l’amministrazione detiene illegittimamente i beni, avendo questo T.A.R. con diverse pronunce (sentenze n. 360/98; 1298/2004) annullato due distinti provvedimenti relativi alla procedura espropriativa.
In subordine, nell’ipotesi in cui l’amministrazione non intenda procedere alla restituzione, articolano domanda di risarcimento del danno, oltre interessi e rivalutazione.
Chiedono, altresì, il risarcimento per illegittima occupazione.
2.1. - omissis aggiunge alle voci di danno anche quelli da perdita di chance e lucro cessante riconducibili all’impianto di serra per coltivazione dei fiori che avrebbe voluto commerciare (per un periodo pari a 15 anni, ovvero dalla data di immissione in possesso del suolo).
3. - Si è costituito in giudizio il Comune di San Ferdinando di Puglia con atto depositato il 4.2.2014.
Ha comunicato che è stato avviato il procedimento volto all’acquisizione sanante di cui all’art. 42 – bis del D.P.R. 327/2001, tanto che residuerebbe in capo ai ricorrenti la sola possibilità di ottenere un indennizzo per la perdita di proprietà. Afferma che ogni eventuale controversia sulla corresponsione dell’indennità sarebbe riservata alla giurisdizione del giudice ordinario. Conclude con la richiesta di improcedibilità del ricorso alla luce di tali fatti sopravvenuti.
4. – Con successivo ricorso iscritto al R.G. n. 395/2014, notificato il 3.3.3014 e depositato il 24.3.2014, i ricorrenti hanno impugnato la delibera consiliare n. 73 del 29.11.2013 del Comune di San Ferdinando di Puglia, avente il seguente oggetto: “art. 42 bis D.P.R. 327/2001 aree occorse per la realizzazione del mercato rionale via Foggia. Dichiarazione di pubblica utilità e provvedimenti conseguenti”.
4.1. - Gli istanti hanno preliminarmente chiesto la riunione con il giudizio r.g. 653/2013.
4.2. - Hanno, altresì, sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 42- -bis del d.p.r. 327/2001 in relazione all’art. 117 Cost e art.1 Prot. Add- Conv. E.D.U., richiamando a supporto l’ordinanza di remissione n. 441/2014 della Corte di Cassazione.
4.3. - Nel merito hanno dedotto la violazione:
a) - degli artt. 11 e 12 del d.p.r. 327/2001, come modificato dal d.lgs. 302/2002, violazione dei principi del contraddittorio ed eccesso di potere. Lamentano, in particolare, la mancata comunicazione di avvio del procedimento;
b) - dell’art. 42 – bis d.lgs. 327/2001 e ss.mm.ii. nonchè l’eccesso di potere per violazione dell’onere di motivazione sulla mancata possibilità di individuazione di soluzioni alternative all’ablazione del bene;
c) - del vincolo cimiteriale, che impone il divieto assoluto di edificazione all’interno della fascia di rispetto.
d) - dell’art. 42 – bis d.p.r. 327/2001 ss.mm.ii. per assenza di pubblica utilità e falsa applicazione dell’art. 12 del d.p.r. 380/2001.
Dall’illegittimità della delibera gravata fanno derivare la richiesta di accertamento del diritto alla restituzione del bene, già oggetto dell’autonomo giudizio di cui al rg. 653/2013.
5. - Il Comune di San Ferdinando di Puglia si è costituito in giudizio il 12.4.2014.
5.1. – Ha replicato all’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 42-bis D.P.R. 327/2001, in quanto ritenuta norma pienamente compatibile con la normativa comunitaria e nazionale, rivendicando la discrezionalità dell’amministrazione di disporre l’acquisizione sanante, in quanto finalizzata al perseguimento del pubblico interesse.
5.2. - Con riferimento all’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento, il Comune evidenzia di aver dato notizia della pendenza del relativo iter nella memoria di costituzione depositata per il ricorso di cui al rg. 653/2013 e richiama, ad ulteriore supporto, l’art. 21 octies della. L. 241/1990.
5.3. - Replica agli altri motivi di ricorso evidenziando l’irreversibile trasformazione dell’area per pubblica utilità.
Ritiene che l’adozione del provvedimento di cui all’art. 42-bis determini l’improcedibilità delle ulteriori pretese dei ricorrenti per sopravvenuto difetto di interesse, risultando superata la situazione di fatto che ha portato alla domanda di restituzione dei beni e di risarcimento del danno. Aggiunge che eventuali contestazioni sul quantum dell’indennizzo esulano dalla giurisdizione del giudice amministrativo.
6. - Con ordinanza n. 222 del 17.4.2017 è stata respinta l’istanza cautelare.
7. - Con memoria del 13.11.2017 i ricorrenti hanno ribadito le proprie pretese argomentando sull’assenza dei presupposti di legge per l’adozione del provvedimento di acquisizione sanante ai sensi dell’art. 42- bis, a cui è seguita memoria di replica della civica amministrazione depositata in data 21.11.2017.
8. - Entrambi i ricorsi, infine, sono stati trattenuti per la decisione all’udienza pubblica del 14.12.2017.
9. - Il Collegio, preliminarmente, deve disporre la riunione dei ricorsi sottoposti all’odierno scrutinio, in virtù della loro evidente connessione soggettiva ed oggettiva, inerendo essi alle sorti dei suoli dei ricorrenti per effetto dell’annullamento della procedura espropriativa.
9.1 – Ritiene, inoltre, di anteporre il vaglio del più recente ricorso n. 395/2014, attesa l’evidente pregiudizialità del medesimo rispetto alle pretese fatte valere con il primo ricorso.
10. – Deve, innanzitutto, essere respinta l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 42 – bis d.p.r. 327/2001 e ss.mm.ii.
10.1. - E’ sufficiente in proposito richiamare la pronuncia n. 71 dell’11 marzo 2015 della Corte Costituzionale, che ha affrontato specificamente, superandola, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 34 del DL 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla L 15 luglio 2011, n. 111, che ha introdotto l'art. 42 bis nel TU delle espropriazioni.
Dopo aver sommariamente descritto il contesto, anche giurisprudenziale, nel quale sono stati inseriti dapprima l'art. 43 e poi l'art. 42 bis del T.U. sulle espropriazioni, finalizzati a risolvere le anomalie del procedimento espropriativo per le quali la giurisprudenza amministrativa aveva elaborato gli istituti dell'occupazione "appropriativa" ed "usurpativa", la Consulta ha rimarcato le ragioni poste a fondamento della declaratoria d'incostituzionalità dell'art. 43 Del T.U. sulle espropriazioni e segnatamente che "l'intervento della pubblica amministrazione sulle procedure ablatorie, come disciplinato dalla norma da ultimo richiamata, eccedeva gli istituti della occupazione appropriativa ed usurpativa, così come delineati dalla giurisprudenza di legittimità, prevedendo un generalizzato potere di sanatoria, attribuito alla stessa amministrazione che aveva commesso l'illecito, addirittura a dispetto di un giudicato che avesse disposto il ristoro in forma specifica del diritto di proprietà violato", oltre ai numerosi dubbi sulla compatibilità del meccanismo di "acquisizione sanate" con la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, orientata a ritenere l'espropriazione cosiddetta indiretta in contrasto con il principio di legalità e non utilizzabile come valida alternativa ad un'espropriazione adottata secondo "buona e debita forma" (sentenza 12 gennaio 2006, Sciarrotta ed altri contro Italia).
La Corte ha, poi, proceduto ad un raffronto tra l'art. 43 del T.U. sulle espropriazioni ed il nuovo art. 42 bis del T.U. affermando che "il nuovo meccanismo acquisitivo presenta significative differenze rispetto all'art. 43 del T.U. sulle espropriazioni. La nuova disposizione, risolvendo un contrasto interpretativo insorto in giurisprudenza sull'art. 43 appena citato, dispone espressamente che l'acquisto della proprietà del bene da parte della pubblica amministrazione avvenga ex nunc, solo al momento dell'emanazione dell'atto di acquisizione (ciò che impedisce l'utilizzo in presenza di un giudicato che abbia già disposto la restituzione del bene al privato)".
Ha, quindi, concluso affermando che "Si è, dunque, in presenza di un istituto diverso da quello disciplinato dall'art. 43 del T.U. sulle espropriazioni".
La Corte Costituzionale ha, inoltre, utilizzato le rilevate differenze per giungere alla reiezione delle censure rassegnate, ivi comprese quelle sollevate con riferimento al contrasto, ravvisato dai remittenti, della nuova disposizione con la giurisprudenza della Corte di Strasburgo.
È stato, infatti, precisato che seppure la norma trova applicazione anche ai fatti anteriori alla sua entrata in vigore, per i quali siano pendenti processi, ed anche se vi sia stato un provvedimento di acquisizione successivamente annullato o ritirato, è anche vero che la stessa risponde all'esigenza di eliminare definitivamente il fenomeno delle "espropriazioni indirette", proprio per dare una risposta a quella "defaillance structurelle" individuata dalla Corte EDU (Cfr. da ultimo, T.A.R. Napoli, sez. V, sent. 5479 del 21.11.2017).
E’ stato rilevato, in sostanza, che l’attuale formulazione della norma si differenzia dalla precedente sotto molteplici aspetti che la rendono compatibile con la Costituzione ed i principi della tutela della proprietà, trattandosi di espropriazione diretta non indiretta, frutto di un procedimento e provvedimento legittimo regolato da una norma giusta, certa, chiara e precisa.
La Consulta ha, quindi, confermato la disuguaglianza rilevata dalla Cassazione remittente ma ne ha affermato la ragionevolezza sulla base della prevalenza della funzione pubblica.
11. – Nel merito il ricorso è infondato e deve, pertanto, essere respinto.
12. - Con una prima doglianza, i ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 11 e 12 D.P.R. 327/2001 e ss.mm.ii. La violazione dell’art. 12 T.U. espropriazioni è dedotta anche al quarto motivo di ricorso, con cui si censura la mancanza della dichiarazione di pubblica utilità dell’opera.
Si tratta di norme previste nel testo unico delle espropriazioni volte a rendere effettiva la partecipazione del proprietario a ciascuna fase del procedimento espropriativo, imponendo apposita comunicazione di avvio delle fasi di apposizione del vincolo, di dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, di determinazione dell’indennità di esproprio.
Le censure non sono fondate.
Il Collegio rileva, innanzitutto, che nel caso in esame si controverte della specifica e distinta ipotesi disciplinata dall’art. 42 bis D.P.R. n. 327/2001 (T.U. Espropriazione per p.u.), relativo ad “una sorta di procedimento espropriativo semplificato, che assorbe in sé sia la dichiarazione di pubblica utilità, sia il decreto di esproprio, e quindi sintetizza uno actu lo svolgimento dell'intero procedimento, in presenza dei presupposti indicati dalla norma” (cfr. ex plurimis, Cons. St., Sez. IV, 23 maggio 2017, n. 2407).
12.1. - L’atto di acquisizione sanante, infatti, è emesso ab externo al procedimento espropriativo e in quanto tale non è disciplinato dalle relative norme. Come rilevato dalla menzionata sentenza della Corte Costituzionale n. 71/2015, si tratta di una procedura “eccezionale”, che ha necessariamente da confrontarsi con la situazione fattuale chiamata a risolvere, in cui la previa dichiarazione di pubblica utilità dell’opera – come preteso dai ricorrenti - sarebbe distonica rispetto ad un’opera pubblica già realizzata.
12.2. - Con riferimento specifico alla censura di omessa comunicazione dell’avvio del procedimento, si ritiene, in ogni caso, che non possa trovare accoglimento in quanto è ammessa da tutte le parti l’avvenuta conoscenza della delibera del C.C. n. 73 del 29.11.2013 (impugnata con il ricorso r.g. 395/2014), quantomeno in pendenza dei giudizi ora all’esame del Collegio, con cui il Comune si è espresso favorevolmente all’acquisizione ex art. 42 – bis T.U. 327/2001 dei suoli per cui è causa.
Ne consegue che la doglianza, per quanto non appaia del tutto priva di fondamento, sul piano formale, non può trovare favorevole apprezzamento in quanto appare ragionevole ritenere che i ricorrenti non avrebbero rappresentato che quanto già esplicitato nel ricorso in esame, in cui non è stato introdotto alcun elemento di novità che avrebbe potuto essere considerato nel procedimento amministrativo, richiamati i principi posti a base dell’art. 21 octies della legge 241/90 (T.A.R. Brescia, sez. II, sent. 134 dell’1.2.2017).
Si ritiene, pertanto, maggiormente rispondente all’interesse dei ricorrenti una pronuncia che, anziché arrestarsi all’aspetto formale, entri nel merito delle singole doglianze di cui al ricorso.
12,3. - Nella fattispecie in esame, dalla lettura della delibera del Consiglio Comunale si evince che nel provvedimento di acquisizione sanante si prevede l’adozione da parte del funzionario responsabile degli adempimenti necessari al fine di pervenire alla emissione del decreto definitivo.
In proposito occorre rilevare come non possa revocarsi in dubbio il fatto che l’art. 42 comma 2, lett. l), del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267, assegna alla competenza del Consiglio gli acquisti immobiliari, tra questi deve essere anche compreso l’utilizzo del potere eccezionale di cui all’art. 42-bis, d.P.R. n. 327/2001. Pertanto, l’intero provvedimento non può che essere adottato dall’organo consiliare, poiché le valutazioni che esso impone appartengono allo stesso potere discrezionale disegnato dalla norma. Di conseguenza, il funzionario dell’amministrazione comunale potrà essere incaricato solo di compiti meramente esecutivi, ma non potrà essere delegato in mancanza di apposita norma, allo stato non individuabile, che consente la traslazione in capo a quest’ultimo, dell’esercizio del detto potere (Cons. Stato, sez. IV, sent. 3807 del 31.7.2017).
Secondo l'interpretazione che appare preferibile, la particolare natura dell'acquisizione sanante, riconducibile nell'alveo dell'amplissima discrezionalità propria dell'organo di indirizzo, richiede una formale, specifica e compiuta espressione di volontà dell'ente manifestata necessariamente dal Consiglio comunale potendo in tale ambito essere demandati ai dirigenti o ai responsabili dei servizi dell'Ente solo compiti strettamente esecutivi delle determinazioni discrezionali adottate dall'organo consiliare (ex multis: TAR Toscana, Sez.I, sent. 565 del 18.4.2017; TAR Veneto, II, 16.2.2016, n. 170; TAR Campania, Napoli, V, 15.1.2016, n. 219; TAR Lazio, Latina, I, 28.7.2015, n. 575).
Nel caso in esame il Collegio ritiene che la rilevata previsione nel provvedimento che ha disposto di procedere all’acquisizione sanante di ulteriori adempimenti, non esclude, comunque, che già la delibera di C.C. 73 del 29.11.2013 contenga in sé le valutazioni suscettibili di lesività che i ricorrenti hanno correttamente impugnato con il ricorso R.G. n. 395/2014, ora esaminato.
13. – La suddetta ricostruzione comporta, da un lato, l’ammissibilità del ricorso, dall’altro, il superamento delle ulteriori censure articolate, tese in concreto a contestare la legittimità del provvedimento di “acquisizione sanante” deliberato dall’Amministrazione.
13.1. - Nel merito, infatti, ritiene il Collegio che, contrariamente a quanto affermato dai ricorrenti, il provvedimento di acquisizione sanante sia sorretto da congrua e adeguata motivazione in relazione ai parametri valutativi stabiliti dal comma 4 dell’art. 42 -bis, rispondente agli standard motivazionali particolarmente stringenti enucleati dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 71/2015.
Si ritiene, più specificamente che la delibera consiliare gravata contenga l'indicazione delle circostanze che hanno condotto alla indebita utilizzazione dell'area e la data dalla quale essa ha avuto inizio. Si rinvengono, inoltre, le motivazioni in riferimento alle attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico che giustificano la decisione di procedere con l'emanazione del decreto di acquisizione sanante, valutati i contrapposti interessi privati ed evidenziata l'assenza di ragionevoli alternative alla sua adozione, oltre alla quantificazione dell’indennizzo.
L’autonomo scopo rinvenuto, infatti, dalla giurisprudenza nel procedimento ablatorio sui generis di cui all'art. 42-bis è la soddisfazione di imperiose esigenze pubbliche, redimibili esclusivamente attraverso il mantenimento e la gestione di qualsiasi opera dell'infrastruttura realizzata sine titulo.
13.2. - Tale caratteristica precipua dell’istituto rende inconferente anche la doglianza dei ricorrenti circa la dedotta violazione della fascia di rispetto del vincolo cimiteriale.
13.3. - Il Consiglio Comunale di San Ferdinando di Puglia, nella delibera 73 del 29.11.2013 assolve lo specifico obbligo motivazionale “rafforzato”, ricostruendo la complessa vicenda, oggetto anche di numerosi giudizi, sottesa alla caducazione degli atti della procedura espropriativa, indicando le circostanze che hanno condotto alla indebita utilizzazione dell’area e la data dalla quale essa ha avuto inizio (3.6.1997).
Inoltre, a fondamento della decisione di procedere all’acquisizione sanante pone l’esigenza di mantenere le opere realizzate in quanto strutture del Mercato rionale, in considerazione dell’interesse collettivo pubblico ad esso riconducibile, ritenuto prevalente rispetto all’interesse dei privati. Nel provvedimento si fa espresso riferimento all’” utilità collettiva” delle strutture volte ad ospitare il Mercato rionale. L’amministrazione ha accertato, in sostanza, la prevalenza dell’interesse pubblico a disporre degli immobili trasformati con la realizzazione dell’opera, rinnovando la valutazione di attualità e prevalenza di tale interesse.
Con riferimento, ancora, all’assenza di ragionevoli alternative all’adozione del provvedimento ablativo, l’impossibilità di un’acquisizione consensuale dei fondi in oggetto deve ritenersi esplicitata nell’impugnato provvedimento nella parte in cui vi si fa riferimento al lungo contenzioso intercorso tra le parti.
Quanto esaminato del provvedimento gravato consente di ritenere non idoneo ad inficiarne la legittimità il generico riferimento – pure contenuto nella delibera - alla eccessiva difficoltà ed onerosità della alternativa di restituzione del bene occupato (non essendo consentita l’applicazione del principio previsto in generale dall'art. 2058 cod. civ., come ribadito dalla Corte Costituzionale sent. 71/2015), in quanto le ulteriori motivazioni addotte resistono, come sopra evidenziato, alle censure dei ricorrenti.
13.4. – Conclusivamente, il provvedimento che ha disposto l’acquisizione, letto in una visione unitaria e sistematica che tenga conto della parte espositiva, motivazionale in senso stretto e dispositiva dell’atto impugnato, deve ritenersi adeguatamente motivato, in aderenza ai parametri valutativi stabiliti dall’art. 42-bis, comma 4, d.P.R. n. 327/2001 (Cons. di Stato, Sez. Sesta, sentenza n. 2682 del 5 giugno 2017).
In conformità ai principi sanciti dalla Corte Costituzionale, il diritto di proprietà può essere compresso «sol quando lo esiga il limite della "funzione sociale" […]: funzione sociale, la quale esprime, accanto alla somma dei poteri attribuiti al proprietario nel suo interesse, il dovere di partecipare alla soddisfazione di interessi generali, nel che si sostanzia la nozione stessa del diritto di proprietà come viene modernamente intesa e come è stata recepita dalla nostra Costituzione» (già Corte Costituzione, sentenza n. 108 del 1986).
14. – Alla infondatezza del ricorso consegue la reiezione della domanda risarcitoria atteso che, in disparte ogni altra considerazione, l’accertata legittimità dell’agere amministrativo esclude in radice la sussistenza dell’indefettibile presupposto dell’ingiustizia dell’asserito danno.
Per tutto quanto esposto il ricorso deve essere respinto.
15. - Passando, in ultimo, all’esame del ricorso n. 653/2013 occorre rilevare che l’esame nel merito avrebbe avuto come presupposto l’accoglimento del ricorso n. 395/2014 (e l’annullamento del provvedimento di acquisizione sanante), il quale, invece, per le ragioni esposte è da respingere.
Il rigetto di quest’ultimo – conseguente alla ritenuta legittimità del provvedimento di acquisizione sanante – determina, infatti, l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del primo ricorso.
Ne consegue che il Collegio non può far altro che constatare l’esaurimento dell’interesse alla sua coltivazione, in quanto la decisione di procedere all’acquisizione sanante ex art. 42-bis, determina l’improcedibilità delle domande di restituzione e risarcimento del danno in esso proposte (e riproposte anche nel ricorso r.g. 395/2014) per sopravvenuta carenza di interesse.
16. - A fronte della legittimità del provvedimento di acquisizione sanante, ai ricorrenti spetta non più il risarcimento da perdita del bene e da occupazione illegittima, ma l’indennizzo di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001.
Per completezza giova rilevare che ogni questione avverso la liquidazione dell’indennizzo, esulante dai limiti oggettivi del presente giudizio in quanto non costituente oggetto di specifica domanda giudiziale, è attratta nell’orbita della giurisdizione del giudice ordinario.
La giurisprudenza ha rilevato in proposito che “La Corte regolatrice della giurisdizione ha affermato in numerose pronunce che, in materia di espropriazione per pubblica utilità, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia relativa alla determinazione e corresponsione dell'indennizzo previsto in relazione alla fattispecie di "acquisizione sanante" ex art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001. Da ultimo (Cassazione civile, sez. un., n. 15283 del 2016) ha sostenuto che appartiene al giudice ordinario anche la controversia avente ad oggetto l'interesse del cinque per cento del valore venale del bene, dovuto per il periodo di occupazione senza titolo, ai sensi del comma 3, ultima parte, di detto articolo, "a titolo di risarcimento del danno", giacché esso, ad onta del tenore letterale della norma, costituisce solo una voce del complessivo "indennizzo per il pregiudizio patrimoniale" di cui al precedente comma 1, secondo un'interpretazione imposta dalla necessità di salvaguardare il principio costituzionale di concentrazione della tutela giurisdizionale avverso i provvedimenti ablatori”, e che dette controversie sono devolute alla competenza, in unico grado, della Corte di appello”(Cons Stato, sez. IV, sent 4550 del 29.9.2016).
17. - In conclusione, entrambi i ricorsi riuniti devono essere definiti come sopra precisato - infondato il ricorso di cui al r.g. 395/2014 ed improcedibile quello di cui al r.g. 653/2013) -, mentre sussistono giusti e particolari motivi, attesa la peculiarità della controversia, per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese processuali inerenti ai giudizi quivi condotti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
- respinge il ricorso R.G. n. 395/2014;
- dichiara improcedibile il ricorso R.G. n. 653/2013.
Spese compensate con riguardo ad entrambi i giudizi.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2017 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Gaudieri, Presidente
Viviana Lenzi, Referendario
Cesira Casalanguida, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Cesira Casalanguida Francesco Gaudieri
IL SEGRETARIO