Occupazioni illegittime e risarcimento danno - TAR Sardegna, sez. II, sent. n.697 del 07.08.2014
Pubblico
Mercoledì, 12 Novembre, 2014 - 01:00
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna, (Sezione Seconda), sentenza n. 697 del 07.08.2014, sulle occupazioni illegittime
N. 00697/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00533/2004 REG.RIC.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 533 del 2004, proposto da:
Putzu Giuseppe, rappresentato e difeso dall'avv. Giampiero Carta, con domicilio eletto presso il suo studio in Cagliari, via Alghero N. 29;
contro
Comune di Iglesias, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv.ti Roberto Angioni e Maria Piras, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Sardegna in Cagliari, via Sassari N. 17;
per la condanna
dell’Amministrazione resistente al risarcimento dei danni subiti dal ricorrente a seguito dell’illegittima occupazione dell’area di sua proprietà sita in Iglesias, Regione Palmari, volta alla realizzazione dei lavori di urbanizzazione primaria previsti dal P.P. “Palmari”, Zona B* – lotto B di cui alla deliberazione di Giunta n. 1036 del 10.11.1997;
Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Iglesias;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 luglio 2014 il dott. Francesco Scano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Espone il ricorrente di essere proprietario del terreno, in regione Palmari del Comune di Iglesias, di cui al foglio 1 mappali 603 di mq 541 e 604 di mq 815.
Precisa in ricorso che la superficie complessiva rientrante nel piano Particolareggiato “Palmari” è di mq 580,32.
Detto strumento attuativo era stato approvato in via definitiva con deliberazione D.P.G.R.A.S. n. 1281/U del 29.7.1987.
Il progetto definitivo dei lavori di urbanizzazione primaria del piano era stato approvato con deliberazione di Giunta n. 705 dell’1 8.1997, mentre quello esecutivo veniva approvato con deliberazione della stessa Giunta n. 1036 del 10.11.1997. Con quest’ultima deliberazione veniva dichiarata la pubblica utilità delle opere con la previsione del termine di anni cinque per il completamento delle espropriazioni.
Non essendo stato adottato alcun decreto di espropriazione, il signor Putzu, con il ricorso in esame, chiede il risarcimento dei danni subiti per l’occupazione ed irreversibile destinazione del suo terreno.
Il Comune di Iglesias ha dedotto l’infondatezza del ricorso, chiedendone il suo rigetto.
Alla pubblica udienza del 2 luglio 2014, la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
Con ordinanza presidenziale n. 88 del 2.4.2013 era stato richiesto al Comune il deposito della documentazione necessaria ai fini del decidere, tra cui il decreto di espropriazione e, ove non fosse stato adottato, il decreto di acquisizione sanante della aree del ricorrente.
Il difensore del Comune in data 7.3.2014 ha depositato alcuni documenti relativi al piano particolareggiato, nonché una relazione del Dirigente del Servizio Urbanistica del Comune sui fatti controversi.
In questa relazione non si parla del procedimento espropriativo, ma si ricostruisce la vicenda, ivi compresa l’apprensione del terreno del ricorrente, nell’ambito di un asserito sviluppo e attuazione del piano particolareggiato che non appare aderente alla disciplina prevista e in particolare al procedimento espropriativo iniziato dal Comune.
Secondo la ricostruzione operata dal Dirigente del Comune, poi ripresa dalla difesa dello stesso Comune, il ricorrente sarebbe tenuto a cedere gratuitamente al Comune “una superficie di mq 389,32, pari al 54,68% della superficie impegnata di mq 712”, nonché a cedere una ulteriore superficie di 177,68 al prezzo di 30.000 lire/mq, per un importo totale di lire 5.330.400. Da questa somma, sempre secondo la ricostruzione del Dirigente, dovrebbe essere detratta la somma di lire 5.098.345 che il ricorrente dovrebbe pagare per gli oneri di urbanizzazione dell’area residua rimasta in sua proprietà, pari a mq 145.
La ricostruzione operata dal Dirigente non appare conforme alla disciplina di legge per l’acquisizione delle aree necessarie all’attuazione ad iniziativa pubblica del piano particolareggiato.
L’acquisizione coattiva delle aree, in assenza di accordo bonario con i proprietari, può avvenire soltanto con il rispetto della disciplina dettata per il procedimento espropriativo, con la possibilità di adottare il decreto di espropriazione, previa apposizione del vincolo espropriativo sulle aree, fino al termine di vigenza della dichiarazione di pubblica utilità (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 05 dicembre 2013 n. 5807).
Nel caso di specie il Comune ha utilizzato l’area dei ricorrenti e realizzato le opere pubbliche previste nel piano particolareggiato, senza aver adottato, entro il termine di vigenza della pubblica utilità, il decreto di espropriazione.
Alla luce di quanto premesso il ricorso deve essere in parte respinto ed in parte accolto.
In primo luogo, il ricorrente ha chiesto la condanna del Comune resistente al risarcimento dei danni connessi alla perdita della proprietà, ritenendo che si sia verificata un’ipotesi di accessione invertita dell’area occupata per la realizzazione delle opere pubbliche del piano particolareggiato.
La domanda non può essere accolta.
Come già affermato dalla Sezione con la sentenza del 19 febbraio 2013 n. 145, il principio dell’occupazione acquisitiva, per effetto della realizzazione dell’opera pubblica sul terreno occupato, è stato riconsiderato dal Consiglio di Stato con le sentenze A.P., 29.04.2005, n. 2 e sez. IV, 21.05.2007, n. 2582, che il Collegio condivide, nella quale ultima è stato ribadito che tale modalità di acquisto della proprietà “non è conforme ai principi della Convenzione Europea sui diritti dell’uomo, che hanno una diretta rilevanza nell’ordinamento interno, poiché:
- per l’art. 117, primo comma, della Costituzione, le leggi devono rispettare i “vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario”;
- per l’art. 6 (F) del Trattato di Maastricht (modificato dal Trattato di Amsterdam), «l’Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ... in quanto principi generali del diritto comunitario»;
- per la pacifica giurisprudenza della CEDU (che ha più volte riaffermato i principi enunciati dalla Sez. II, 30 maggio 2000, ric. 31524/96, già segnalata in data 29 marzo 2001 dall’Adunanza Generale di questo Consiglio, con la relazione illustrativa del testo unico poi approvato con il d.P.R. n. 327 del 2001), si è posta in diretto contrasto con l’art. 1, prot. 1, della Convenzione la prassi interna sulla ‘espropriazione indiretta’, secondo cui l’Amministrazione diventerebbe proprietaria del bene, in assenza di un atto ablatorio (cfr. CEDU, Sez. IV, 17 maggio 2005; Sez. IV, 15 novembre 2005, ric. 56578/00; Sez. IV, 20 aprile 2006).
Nella sentenza si afferma anche che “dalla Convenzione europea e dal diritto comunitario già emerge il principio che preclude di ravvisare una ‘espropriazione indiretta’ o ‘sostanziale’, pur in assenza di un idoneo titolo, previsto dalla legge.”
Orbene, l’istituto, di matrice giurisprudenziale, della c.d. accessione invertita (o occupazione acquisitiva o usurpativa) è stato espunto dall’ordinamento giuridico, per effetto dell’intervento della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che ha imposto un adeguamento della disciplina in materia, con l’introduzione, da ultimo, dell’art. 42 bis del T.U. degli espropri, applicabile anche “ai fatti anteriori alla sua entrata in vigore”.
Alla luce del richiamato contesto normativo e giurisprudenziale, il completamento dell’opera pubblica e l’irreversibile trasformazione del bene sine titulo non determinano alcun effetto acquisitivo della proprietà in capo alla Pubblica Amministrazione.
Ne consegue che il ricorrente è da ritenersi tutt’ora proprietario del terreno occupato sine titulo dal Comune, il quale potrà essere chiamato a restituirlo.
Tuttavia, questo Giudice non può ordinare la restituzione del bene in favore del ricorrente, mancando una specifica domanda in tal senso. Né può condannare il Comune a risarcire i danni asseritamente subiti per effetto della perdita del diritto dominicale, in quanto, come evidenziato, tale circostanza non si è mai verificata.
Giova peraltro sottolineare che il Comune, anche al fine di evitare un successivo contenzioso, dovrà valutare l’opportunità di avviare, sussistendone i presupposti di legge, il procedimento di cui all’art. 42 bis del D.P.R. n. 327/2001, finalizzato all’adozione di un provvedimento motivato di acquisizione del terreno in oggetto; in questa ipotesi dovrà riconoscere al ricorrente il danno da perdita definitiva della proprietà, da liquidarsi nel rispetto dei criteri indicati dal citato articolo. Nel caso di adozione del provvedimento di acquisizione sanante, dalla somma dovuta a titolo di risarcimento per la perdita della proprietà dovrà essere dedotta la somma corrispondente al maggior valore che l’area residua del ricorrente ha beneficiato per effetto della sua inclusione nel piano particolareggiato.
Quanto alla domanda di risarcimento del danno per il periodo di occupazione senza titolo, va precisato quanto segue.
Come emerge dagli atti del giudizio, il Comune resistente non ha emanato il decreto di esproprio nei termini previsti, pertanto l’occupazione dell’area del ricorrente per la realizzazione delle opere del piano particolareggiato si configura come del tutto illegittima a partire dall’inizio dell’occupazione.
Pertanto dall’ottobre 1998 e fino alla restituzione delle aree oppure fino all’adozione del provvedimento ex art. 42 bis del D.P.R. n. 327/2001 il ricorrente ha diritto al risarcimento per mancato godimento del bene, da determinare nella misura del 5% del valore venale del terreno (da quantificare alla data del 31 dicembre di ogni anno di riferimento) per ogni anno di illecita occupazione da parte del Comune, ove dagli atti del procedimento non risulti una diversa entità del danno.
La somma a tal titolo dovuta dovrà essere poi maggiorata degli interessi legali dal momento della maturazione dei singoli ratei (31 dicembre di ogni anno) fino al saldo.
In definitiva, per tutto quanto esposto, il ricorso va respinto con riferimento all’istanza risarcitoria relativa ai danni da perdita della proprietà, mentre va accolto con riguardo alla domanda di risarcimento da occupazione illecita dell’area.
Le spese del giudizio seguono la parziale soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando, in parte respinge ed in parte accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il ricorso come in epigrafe proposto e, per l’effetto, condanna il Comune di Iglesias a corrispondere al ricorrente la somma, a titolo di risarcimento del danno per mancato godimento del proprio terreno durante il periodo di occupazione illecita, da determinare secondo i criteri indicati in motivazione, oltre agli interessi legali dalla data di maturazione dei ratei annuali del credito fino al saldo.
Condanna inoltre l’Amministrazione resistente al pagamento in favore del ricorrente delle spese del giudizio, liquidandole in euro 2500,00 (duemilacinquecento/00), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Scano,Presidente, Estensore
Tito Aru,Consigliere
Antonio Plaisant,Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/08/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)