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Onere prova del danno da illegittima occupazione in caso di mancata immissione in possesso

Privato
Venerdì, 8 Settembre, 2023 - 10:15

Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania (Sezione Seconda), sentenza n. 2075 del 3 luglio 2023, sulla prova del danno da illegittima occupazione

MASSIMA

Sussiste la giurisdizione del Giudice Amministrativo nei casi in cui l'occupazione e la irreversibile trasformazione del fondo siano avvenute anche in assenza o a seguito dell'annullamento del decreto di esproprio ma in presenza di una dichiarazione di pubblica utilità, anche se questa sia poi stata annullata in via giurisdizionale o di autotutela (c.d. occupazione usurpativa spuria), mentre spetta al Giudice Ordinario la giurisdizione nei casi in cui l'occupazione e la irreversibile trasformazione del fondo siano avvenute in assenza della dichiarazione di pubblica utilità e nelle ipotesi di sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità (fattispecie di c.d. occupazione usurpativa pura).

Non è dovuto risarcimento del danno per illegittima occupazione nel caso in cui non vi sia stata immissione in possesso; la condotta imputabile all’Ente che si risolve in mera attività giuridica (l’adozione della dichiarazione di pubblica utilità e poi del decreto di esproprio, entrambi illegittimi e poi annullati in via giurisdizionale) necessita la prova del danno: ad esempio, offerte di acquisto non andate a buon fine per indisponibilità del bene; ritardo e dunque maggiori costi per programmati interventi su quelle aree, ecc.

SENTENZA

N. 02075/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00548/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 548 del 2016, proposto da
OMISSIS, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Nicolo' D'Alessandro, Gianluca Antonio Peluso, con domicilio eletto presso lo studio Nicolo' D'Alessandro in Catania, piazza Lanza, 18/A;
OMISSIS S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Nicolo' D'Alessandro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

OMISSIS, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Gianluca Rossitto, con domicilio eletto presso il suo studio in Catania, corso Italia, 46;

per l'annullamento

risarcimento danno derivante da espropriazione illegittima di aree ricadenti nella zona "a" del parco dell'etna

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ente Parco dell'Etna;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 15 maggio 2023 il dott. Massimiliano Balloriani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

La controversia in esame trae origine dalle distinte procedure espropriative culminate nelle delibere nn. 17 del 23.10.1997 e 133 del 16.07.1999 di approvazione del progetto P.O.P. Sicilia 1994/1999 e delibera n. 72 del 30.08.2002 di approvazione del progetto P.O.R. 2000/2006, avente ad oggetto delle aree private ricadenti nella zona A del Parco dell’Etna.

A seguito di ricorso proposto dalla società OMISSIS s. p. a., proprietaria di alcune aree interessate dalla procedura ablatoria, il C. G. A. R. S. con la sentenza n. 25 del 2003 ha annullato gli atti impugnati della suddetta procedura (cosi statuendo: “Per le ragioni che precedono - assorbita ogni ulteriore considerazione – l’appello incidentale va respinto e l’appello principale va accolto in base al primo motivo, diretto ad evidenziare il mancato avvio del procedimento (per quel che qui rileva) nei confronti dell’odierna parte appellante e con conseguente annullamento degli atti ablatori nella parte in cui si riferiscono alla predetta parte”).

Successivamente, l’Ente, con deliberazione del Comitato esecutivo n. 129 del 10 settembre 2003, ha riapprovato il progetto per “l’acquisizione di aree di massima tutela e ripristino dei fabbricati ricadenti in zona “A” del Parco dell’Etna P.O.P. Sicilia 94/99”.

Anche avverso tale deliberazione la OMISSIS S.p.a. ha promosso ricorso al TAR Catania iscritto al R.G. 5769/2004.

Il TAR Catania, Sezione II, con sentenza 13 febbraio 2015, n. 455, ha annullato la deliberazione con la quale è stata prorogata la dichiarazione di pubblica utilità e tutti gli ulteriori provvedimenti adottati dall’Ente a valle in via consequenziale, tra i quali anche le ordinanze n. 2 del 09.10.2009 e n. 2 del 25.06.2008 di espropriazione definitiva degli immobili.

In seguito all’appello proposto dall’Ente OMISSIS avverso la pronuncia appena richiamata, il C.G.A. ha confermato, con sentenza n. 730 del 2015, la sentenza di prime cure.

In forza del dispositivo della sentenza appena richiamata, dunque, la OMISSI S.p.a., con nota inviata via pec in data 30.12.2015, ha rappresentato all’Ente Parco OMISSIS l’intenzione di procedere alla riacquisizione della disponibilità delle aree oggetto della procedura espropriativa, e cosi prospetta di aver fatto il successivo 1 gennaio 2016 salvo per quelli inerenti le porzioni di terreni su cui sarebbero stati realizzati un parcheggio, da parte del Comune di Nicolosi, e alcune strutture, da privati.

In definitiva, la società ricorrente, per l’effetto dell’annullamento delle ordinanze n. 2 del 5 giugno 2008 e n. 2 del 9 ottobre 2009, chiede in questa sede il risarcimento di tutti i danni “subiti e subendi” per la totale privazione delle facoltà proprietarie in capo alla OMISSIS s. p. a. per tutto il periodo in cui essa si è protratta (anni 2008/2009 sino al 31 dicembre 2015).

Alla udienza straordinaria del 15 maggio 2023 la causa è passata in decisione.

Preliminarmente, il Collegio rileva che sussiste la giurisdizione del Giudice Amministrativo nei casi in cui l'occupazione e la irreversibile trasformazione del fondo siano avvenute anche in assenza o a seguito dell'annullamento del decreto di esproprio ma in presenza di una dichiarazione di pubblica utilità, anche se questa sia poi stata annullata in via giurisdizionale o di autotutela (c.d. occupazione usurpativa spuria), mentre spetta al Giudice Ordinario la giurisdizione nei casi in cui l'occupazione e la irreversibile trasformazione del fondo siano avvenute in assenza della dichiarazione di pubblica utilità e nelle ipotesi di sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità (fattispecie di c.d. occupazione usurpativa pura) (Tar Torino sentenza 368 del 2018; Cassazione sentenza 6099 del 2023).

Nel merito il ricorso è infondato.

Contraddittoriamente, nel proprio ricorso, la parte non contesta che in realtà non vi è stata occupazione e immissione nel possesso (cfr. pag. 2 del ricorso introduttivo: “Prudentemente, conscia della scivolosità della iniziativa intrapresa, l’Amministrazione non procedeva alla previa occupazione d’urgenza da trasformare in occupazione definitiva ma disponeva unius acti la privazione della intera fascia delle facoltà e dei diritti dominicali con il decreto di espropriazione), ma ciò nonostante ha chiesto dapprima in sede stragiudiziale (con pec del 30.12.2015, cui ha risposto l’Ente OMISSIS con provvedimento n. 2 del 2016 rilevando appunto che non vi è stata mai immissione nel possesso né compromissione delle attività economiche della ricorrente su quei beni) e poi nella presente sede giurisdizionale il risarcimento del danno previsto per la illegittima occupazione.

La parte ricorrente non dimostra con precisione tutti gli elementi dell’illecito (tipizzati nell’articolo 2043 c.c.) e in primo luogo il danno e il nesso di causalità materiale.

La condotta imputata all’Ente si risolverebbe in mera attività giuridica (l’adozione della dichiarazione di pubblica utilità e poi del decreto di esproprio, entrambi illegittimi e poi annullati in via giurisdizionale) e il danno sarebbe eziologicamente collegato al periodo in cui essa ha prodotto effetti, poi annullati retroattivamente.

Tuttavia non si dimostra come questa attività giuridica abbia prodotto un danno patrimoniale non eliminato dall’annullamento degli atti traslativi (e quindi con il reintegro nel diritto di proprietà con effetto ex tunc): a esempio, offerte di acquisto non andate a buon fine per indisponibilità del bene; ritardo e dunque maggiori costi per programmati interventi su quelle aree, ecc…

Siccome l’attività illecita che si contesta all’Amministrazione è solo giuridica (essendo mancata la privazione della detenzione dei beni stessi, non essendo avvenuta la immissione in possesso né provata in dettaglio alcuna attività ostativa al perdurare della detenzione – sia pure come non proprietaria – da parte della ricorrente di specifiche particelle) le conseguenze economiche negative dovrebbero essere provate come causalmente collegate a tale mera modifica della titolarità del bene.

La ricorrente viceversa ha fondato la propria domanda risarcitoria su un presunto danno da perdita di godimento materiale dei beni, come se fosse avvenuto lo spossessamento, che viceversa non ci è stato.

Nelle proprie conclusioni pretende infatti una liquidazione del danno collegato causalmente alla perdita temporanea del diritto di proprietà, ma ciò sulla base dei criteri previsti per la perdita delle disponibilità materiale (cfr. pagg. 9 e 10 della memoria di replica: “Il diritto dominicale è stato ben più che “turbato” è stato azzerato. La decisione CdS 4/2020 (poi applicata dalla IV n. 4709/2020) è contrastata dalla decisione assunta dalla medesima IV n. 1398/2022 che ha confermato TAR Cagliari n. 415/2021 il quale ha ritenuto applicabile, in via analogica, il criterio risarcitorio “quantificato nel 5% annuo rapportato al valore venale del terreno, al 31 dicembre di ogni anno di occupazione illegittima, con rivalutazione monetaria fino alla data della sentenza, così come previsto dall'art. 42 bis del D.P.R. 8.6.2001 n. 327”. In ogni caso il danno prodotto dalla privazione del diritto di proprietà deve essere risarcito anche fosse solo in via equitativa (come afferma la stessa sentenza richiamata da Ente parco) facendo riferimento al c.d. valore locativo o al saggio legale annuale di interessi computato sul valore venale del bene per ogni anno in cui la società è stata privata del diritto di proprietà [X] Non può ignorarsi d’altronde che l’art. 42 bis (per adeguarsi alla decisione di incostituzionalità dell’art. 43 stesso T. U.) ha previsto un indennizzo per il 10 pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale forfetariamente liquidato nella misura del dieci per cento del valore venale del bene . Questo è l’indennizzo (notoriamente un minus rispetto al risarcimento) previsto dalla legge per il solo fatto di aver subito gli effetti di un atto espropriativo illecito. Tale risarcimento (seppure una tantum) è quello che compete alla luce della sentenza della C C 293/2010. [Y] Tali voci di danno (supra X e Y) sono il minimo da riconoscere. Danni tutti che possono quantificati ricorrendo al modus procedendi di cui all’art. 34 cpa”).

Le sentenze citate dalla ricorrente, peraltro, riguardano fattispecie in cui vi è stata la materiale apprensione e modifica degli immobili.

Con un ragionamento del tutto astratto, la ricorrente confonde la perdita della titolarità formale con il danno da lesione dell’esercizio delle singole facoltà che compongono il diritto di proprietà, che richiedono una prova specifica.

Appare evidente che se è stata illegittimamente elisa la titolarità non perciò segue automaticamente un danno risarcibile per perdita della connessa facoltà di godimento, se questo poi non è materialmente precluso perché il soggetto privato della proprietà è rimasto nella detenzione del bene, seppure in via di mero fatto.

L’azione di annullamento del titolo espropriativo esperita con successo dalla ricorrente è più assimilabile a un’azione di mero accertamento del diritto (e quindi della illegittimità del titolo vantato da terzi) che a un’azione di rivendica, che presuppone appunto lo spossessamento, e dunque il danno non può essere considerato in re ipsa e liquidato equitativamente; ma deve essere specificamente provato, e ciò non è avvenuto nel caso di specie.

Quello la ricorrente che lamenta invece poi sul piano materiale è la occupazione da parte del Comune e di alcuni soggetti privati (il primo con un parcheggio, i secondi con alcune strutture da loro realizzate), alla quale la medesima, secondo la propria tesi, non avrebbe potuto reagire in quanto privata della titolarità.

In merito a tale ulteriore questione, tuttavia, la ricorrente stessa non fornisce una prova (né un’allegazione) univoca in ordine alle particelle in riferimento alle quali il danno si sarebbe prodotto; né viene provato in modo specifico e dettagliato quando tali opere sono state realizzate (quindi se in costanza della perdita illegittima di titolarità), anche ai fini di una corretta quantificazione del danno.

Ciò, a prescindere dal rilievo che, quantomeno in costanza con le azioni di annullamento dei provvedimenti espropriativi, nulla risulta aver impedito alla ricorrente di agire tempestivamente e contemporaneamente anche nei confronti di coloro che avrebbero occupato tali aree; e anche alla luce di ciò, nella propria domanda risarcitoria, avrebbe dovuto specificare in modo dettagliato il danno preteso nei confronti di costoro e quello preteso dall’Ente OMISSIS, scindendo le relative responsabilità su piano del concorso causale, anche per impedire duplicazioni del risarcimento del medesimo danno, e rendere possibile la individuazione sotto il profilo della causalità giuridica dei danni che avrebbe potuto evitare con la ordinaria diligenza anche nell’esercizio degli strumenti processuali di tutela (ex art. 1227 c.c. e 30 cpa).

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono la domanda risarcitoria appare genericamente esposta e non sufficientemente corredata da specifico e coerente supporto probatorio.

Il ricorso deve essere pertanto respinto.

Le spese seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

lo respinge e condanna la parte ricorrente alle spese del giudizio liquidate in euro 2.000, oltre accessori come per legge

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 15 maggio 2023 con l'intervento dei magistrati:

Daniele Burzichelli, Presidente

Massimiliano Balloriani, Consigliere, Estensore

Francesco Elefante, Consigliere

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Massimiliano Balloriani

Daniele Burzichelli

IL SEGRETARIO

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