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Sopravvenuta inefficacia d.p.u. - NON MASSIMATA - Tar Umbria, 3 gennaio 2019

Pubblico
Venerdì, 4 Gennaio, 2019 - 21:14

Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria, (Sezione Prima), sentenza n. 2 del 3 gennaio 2019, sulla sopravvenuta inefficacia cella p.u. e sulla conseguente occupazione illegittima 
 
N. 00002/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00256/2016 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
 
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 256 del 2016, proposto da 
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avvocato Maria Di Paolo, con domicilio eletto presso lo studio Antonio Coaccioli in Perugia, piazza Alfani, 4; 
contro
Comune di Amelia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall' avvocato Antonio De Angelis, con domicilio eletto presso il suo studio in Perugia, via della Cupa,7; 
per l’accertamento
- della sopravvenuta decadenza ed inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità di cui alle deliberazioni di Consiglio Comunale nn. 18/2009 e 58/2008 e comunque della dichiarazione di p.u relativa all'opera per cui è causa, e quindi dei provvedimenti che hanno determinato l'apprensione delle ex part 1097 e 1098 di proprietà Veneri da parte del Comune di Amelia;
- in ulteriore conseguenza, dell'inefficacia dell’ "accordo di cessione bonaria" per tutte le motivazioni ivi dispiegate, a decorrere da ottobre 2013, ovvero dalla diversa data che il T.a.r. riterrà di individuare per la decadenza della dichiarazione di pubblica utilità, e comunque dell'apprensione materiale di mq. 139 originariamente non compresi nemmeno nel decreto di occupazione di urgenza;
- del diritto del ricorrente a riottenere la disponibilità della sua proprietà illegittimamente occupata dal Comune, come sopra identificata e come risultante oggi dal frazionamento effettuato dal Comune, previa sua remissione in pristino a spese e cura dell'Amministrazione, con conseguente condanna del Comune di Amelia;
per la condanna dell'Amministrazione a pagare il corrispettivo dovuto per l'occupazione illegittima a decorrere da ottobre 2013 per l'intera area, oltre al pagamento di euro 3.058,00 (corrispondente al valore di euro 22,00 a mq per i mq 139 occupati in più), nonchè della occupazione legittima dal dicembre 2009 fino a ottobre 3013 per mq. e dell'occupazione illegittima per 136 mq. occupati “sine titulo” il tutto maggiorato di interessi e rivalutazione, trattandosi di danno ex art 2043 e cc , previo conguaglio con le somme ricevute, applicando all'occupazione legittima la somma di euro 20,00 al mq. o la diversa somma ritenuta;
in ogni caso, per la condanna del Comune al risarcimento del danno arrecato alla restante proprietà per illegittima realizzazione di opera pubblica, calcolato in euro 49,793,00 oltre interessi e rivalutazione, a decorrere dal dovuto (ottobre 2013) fino al saldo, ovvero nella diversa somma che il Collegio riterrà di giustizia, salva verifica tecnica che riterrà di ordinare ove le cifre venissero contestate dal Comune resistente.
 
 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Amelia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2018 il dott. Paolo Amovilli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
 
FATTO
1.-Con ricorso notificato il 16 giugno 2016 l’odierno ricorrente riferisce che con del C.C. n. 58/2008 il Comune di Amelia ha approvato il progetto definitivo relativo alla realizzazione della “variante alla ex SS 205”, indicando le aree assoggettate all’esproprio, ivi comprese quella di sua proprietà (foglio 83 part. 1097 e 1098) avente destinazione agricola.
Con deliberazione G.C. n. 52/2009 è stato approvato il progetto esecutivo, mentre con successiva del. C.C. n. 18/2009 è stata definitivamente approvata la variante urbanistica e dichiarata la pubblica utilità dell’opera, anche ai fini della reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio.
In ragione di quanto precede il Comune dapprima si immetteva nel possesso dei terreni del ricorrente e poi, in data 12 ottobre 2010, stipulava accordo preliminare di cessione volontaria, senza alcun effetto traslativo del diritto di proprietà, rinviato al perfezionamento del definitivo e con corresponsione della somma di 29.673,00 euro a titolo di acconto.
Non essendo stato stipulato l’atto di cessione definitiva né emanato il decreto di esproprio entro il termine di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità, parte ricorrente ha chiesto - previo accertamento della sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità di cui alla del. C.C. 18/2009 e dello stesso accordo di cessione sottoscritto il 12 ottobre 2010 - la restituzione previa rimessione in pristino dei terreni occupati e trasformati da parte dell’Amministrazione e, in subordine, il risarcimento del danno pari al valore del terreno occupato sine titulo, nonché la condanna al risarcimento del danno per il periodo di occupazione illegittima (dal mese di ottobre 2013) e alla corresponsione dell’indennizzo per il periodo di occupazione legittima (da dicembre 2009 ad ottobre 2013), previo conguaglio con le somme ricevute.
La suindicata domanda restitutoria e risarcitoria è comprensiva di una porzione di 139 mq. del tutto estranea alla d.p.u. ma ugualmente occupata e trasformata dal Comune.
Ha infine chiesto la condanna del Comune convenuto al risarcimento del danno per il deprezzamento subito dal terreno di relativa proprietà contiguo all’area interessata dal procedimento ablatorio.
A sostegno dell’azione di accertamento e condanna ha dedotto motivi di violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 13, 22 bis, 23 e 45 TU espropriazioni, così riassumibili: l’occupazione dell’area di proprietà del ricorrente sarebbe del tutto illecita, risultando la dichiarazione di pubblica utilità irrimediabilmente scaduta nell’ottobre 2013, non potendosi riconoscere alcun effetto traslativo all’accordo di cessione bonaria perfezionatosi il 12 ottobre 2010, qualificabile tuttalpiù come preliminare di cessione divenuto del tutto inefficace in seguito alla sopravvenuta perdita di efficacia della suddetta dichiarazione.
Si è costituito il Comune di Amelia eccependo il difetto di giurisdizione quanto alla domanda di condanna sia alla corresponsione dell’indennizzo per il periodo di occupazione legittima sia al risarcimento del danno arrecato alle parti residue del bene oggetto di occupazione; quanto al merito ha evidenziato l’infondatezza della pretesa ex adverso azionata, poiché sia il vincolo espropriativo che la dichiarazione di pubblica utilità sarebbero stati legittimamente reiterati mediante le deliberazioni G.C. nn. 129 del 14 giugno 2012 e 163 del 12 novembre 2015 con cui l’Amministrazione ha approvato perizie di variante e supplettiva al progetto dell’opera in questione.
Con memoria la difesa parte ricorrente ha ampiamente controdedotto a tutte le eccezioni anche in rito ex adverso sollevate, contestando la tesi comunale in merito all’asserita reiterazione del vincolo e della dichiarazione della pubblica utilità.
Con memoria di replica la difesa comunale ha insistito nelle proprie argomentazioni difensive, evidenziando come la mancata stipula dell’accordo definitivo di cessione bonaria sarebbe dipesa esclusivamente dalla volontà del ricorrente.
All’udienza pubblica del 4 dicembre 2018 il difensore del Comune di Amelia ha precisato, su richiesta del Collegio, l’intervenuta realizzazione della strada sulle particelle di proprietà del sig. OMISSIS, senza alcuna contestazione da parte della difesa di parte ricorrente; indi la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
2.-E’ materia del contendere l’azione di restituzione del terreno agricolo di proprietà del ricorrente detenuto e trasformato a strada pubblica dal Comune di Amelia asseritamente “sine titulo” ovvero in situazione di sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità apposta con la del. C.C. n. 18 del 28 aprile 2009.
3. - Chiede parte ricorrente, oltre alla restituzione previa riduzione in pristino stato, in subordine, la condanna al risarcimento del danno inerente il valore di mercato del bene trasformato oltre che a quello relativo al mancato godimento sia per il periodo di occupazione illecita (dall’ottobre 2013 ad oggi) che per quello di occupazione legittima (da dicembre 2009 ad ottobre 2013). Demanda infine parte ricorrente anche la condanna del Comune convenuto al risarcimento del danno consistente nel deprezzamento subito dall’area di sua proprietà confinante con il terreno espropriato, oggetto di un piano attuativo di iniziativa privata approvato con del. C.C. n. 7 del 5 febbraio 2010.
3. - Preliminarmente devono essere esaminate le eccezioni di parziale difetto di giurisdizione sollevate dalla difesa comunale.
3.1. - Per giurisprudenza del tutto pacifica - da cui il Collegio non ha motivo di discostarsi - “le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità di occupazione legittima dovute in conseguenza di atti ablativi, ai sensi dell’art. 53, comma 2, del d.P.R. n. 327 del 2001 (oggi art. 133, comma 1, lett. g), c.p.a.), appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, a nulla rilevando che la relativa domanda sia stata proposta dall’attore unitamente a quella, devoluta invece alla giurisdizione del giudice amministrativo, di risarcimento del danno da perdita del bene, stante la vigenza, nell’ordinamento processuale, del principio generale di inderogabilità della giurisdizione per motivi di connessione” (ex multis Cassazione civile sez. un., 22 marzo 2017, n.7303; id. sez. un, 19 aprile 2013, n. 9534; Consiglio di Stato sez. IV, 9 maggio 2018, n.2765; T.A.R. Calabria Catanzaro sez. II, 26 settembre 2018, n.1633).
Tale orientamento è stato da ultimo ribadito dalle Sezioni Unite con l’ordinanza del 13 dicembre 2108 n. 32361.
3.2. - Va pertanto dichiarato il difetto di giurisdizione quanto alla suindicata parte della domanda attorea.
3.3. - L’adito Tribunale Amministrativo è parimenti carente di giurisdizione anche per la pretesa di risarcimento del danno per il deprezzamento subito dal terreno di proprietà del ricorrente contiguo a quello interessato dalla procedura espropriativa ed oggetto dell’occupazione.
Posto che ove il procedimento espropriativo si fosse concluso con l’emanazione del decreto di esproprio il proprietario espropriato avrebbe avuto astrattamente titolo per demandare l’indennizzo da esproprio parziale (art. 33 D.p.r. 327/2001) nel caso di specie - come si vedrà caratterizzato da occupazione “sine titulo” - il pregiudizio lamentato risulta arrecato da comportamento non direttamente riconducibile all’esercizio del potere ablatorio, riguardando bene non interessato dalla procedura espropriativa e non coperto dalla dichiarazione di pubblica utilità, come tale non ricadente nei comportamenti c.d. amministrativi di cui all’art. 133 c. 1, lett. g) c.p.a. trattandosi di illecito civilistico disciplinato esclusivamente dall’art. 2043 c.c. (in termini Cass. Sez. Unite 23 gennaio 2017, n. 1643).
Del resto la giurisprudenza - seppur in riferimento alla diversa situazione della c.d. occupazione per sconfinamento - è pacifica nell’affermare la giurisdizione del g.o. in merito alla domanda con cui il ricorrente deduce un'occupazione sostanzialmente illecita, posta in essere in carenza di qualsiasi procedura amministrativa legittimante l'occupazione del suolo ovvero per “voie de fait “ (Cass. civ., sez. un., 23 gennaio 2017, n. 1642; T.A.R. Campania Napoli sez. V, 22 maggio 2018, n.3322, Consiglio di Stato sez. IV, 17 maggio 2012, n. 2842; id. sez V, 12 giugno 2009, n. 3677).
Per tal motivo il difetto di giurisdizione si estende anche alla domanda di restituzione e risarcimento relativa alla porzione (139 mq.) occupata e trasformata ma non ricompresa nella d.p.u.
3.4. - Va conclusivamente dichiarato il parziale difetto di giurisdizione limitatamente alle suindicate domande; quanto alla conseguente “traslatio iudicii” occorre salvaguardare il principio della salvezza degli effetti sostanziali e processuali prodotti dalla domanda proposta al giudice privo di giurisdizione nel processo davanti al giudice che ne risulta munito, secondo le disposizioni di cui all’art 11 c. p. a.
3.5. - Benchè non oggetto di eccezioni va invece sicuramente affermata la giurisdizione esclusiva del g.a., ai sensi dell’art. 133 c. 1, lett. g) c.p.a., per la restante parte della pretesa azionata.
E’ sufficiente al riguardo evidenziare come sia del tutto pacifico che appartengono alla giurisdizione amministrativa le controversie, anche risarcitorie, che abbiano a oggetto un'occupazione originariamente legittima, e che sia poi divenuta “sine titulo” o a causa del decorso dei termini di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità e dell'occupazione in via temporanea e d'urgenza senza il sopravvenire di un valido decreto di esproprio, ovvero per l'ipotesi di successivo annullamento giurisdizionale degli atti ablatori, atteso che in entrambi i casi trattasi non già di meri comportamenti materiali, ma di condotte costituenti espressione di un'azione originariamente riconducibile all'esercizio del potere autoritativo della Pubblica amministrazione e che solo per accidenti successivi hanno perso la propria connotazione eminentemente pubblicistica (ex multis Consiglio di Stato sez. IV, 3 novembre 2017, n. 5084; Cassazione Sez. Un. 16 aprile 2018, n. 9334; T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 11 giugno 2015, n. 1644; T.A.R. Calabria Catanzaro sez. II, 22 agosto 2016, n.1649)
4. - Venendo al merito la pretesa azionata è fondata e va accolta per la parte attinente alla restituzione dell’area previa riduzione in pristino ed al risarcimento danni per il mancato godimento del bene durante il periodo di occupazione illecita, pur se nei seguenti limiti.
4.2. - Ritiene il Collegio, nel caso di specie, come l’occupazione e trasformazione effettuata dal Comune di Amelia sia divenuta del tutto illecita, essendo l’efficacia dell’originaria dichiarazione di pubblica utilità di cui alla del. C.C. n. 18 del 28 aprile 2009 venuta meno 5 anni dopo ovvero il 28 aprile 2014, non essendo stata oggetto di proroghe nelle pur possibili legittime forme di cui all’art. 13 TU espropriazioni. Sul punto giova evidenziare come la del. C.C. n. 58 del 17 ottobre 2008 di approvazione del progetto definitivo abbia espressamente subordinato l’efficacia della dichiarazione di pubblica utilità all’approvazione della variante urbanistica intrapresa, ai sensi dell’art. 19 commi 2 e 4 del D.p.r. 327/2001, con inversione procedimentale tra la fase di imposizione del vincolo e quello di approvazione del progetto, con posticipazione dell’efficacia della dichiarazione di pubblica utilità all’imposizione del vincolo stesso (ex multis Consiglio di Stato sez. IV, 28 dicembre 2006, n. 8047). Ne consegue, nella fattispecie per cui è causa, che il vincolo e la d.p.u. sono stati concretamente apposti soltanto con la variante approvata il 28 aprile 2009, con scadenza del termine legale quinquennale (art.13 c. 4 T.U. espropriazioni) della d.p.u. stessa il 28 aprile 2014.
4.3. - Anzitutto, nessuna rilevanza può assumere nell’economia del presente giudizio l’atto di cessione sottoscritto “inter partes” il 12 aprile 2010 da ritenersi improduttivo di effetti o in quanto originariamente nullo o in via sopravvenuta per effetto della scadenza del termine quinquennale di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità.
Con tale negozio, infatti, al di là della qualificazione effettuata come “accordo di cessione volontaria” il ricorrente ed il Comune di Amelia hanno convenuto il corrispettivo per la cessione (convenuto in 37.092,09 euro) e disposto la liquidazione dell’80 % entro e non oltre 45 giorni, ma hanno poi inequivocabilmente rinviato ogni effetto traslativo del diritto di proprietà al momento della stipula dell’atto definitivo, con conseguente versamento della rimanente quota a saldo del 20 %.
Tale negozio, concretantesi in un preliminare di cessione volontaria, è da ritenersi allo stato del tutto improduttivo di effetti, fatti salvi solo quelli restitutori ex art. 2033 c.c., poiché nell’ambito dell’iter procedurale volto a consentire la cessione volontaria del bene espropriando non è ravvisabile un contrato preliminare tra l’autorità espropriante ed il proprietario delle aree (Consiglio di Stato sez. IV, 27 luglio 2016, n. 3391; Cassazione civ. sez. II, 8 maggio 2014, n. 9990) o perché comunque venuto meno ove nel termine di scadenza della dichiarazione di pubblica utilità non sia intervenuta, come nel caso di specie, la cessione definitiva o l’emanazione di valido decreto di esproprio (T.A.R. Umbria 5 maggio 2014, n. 238; Consiglio di Stato sez IV, 16 marzo 2012, n. 1514).
4.4. - Ciò premesso, non ritiene il Collegio di poter condividere l’assunto comunale circa la pretesa reiterazione dei provvedimenti di apposizione del vincolo preordinato all’esproprio e di dichiarazione della pubblica utilità mediante le deliberazioni G.C. nn. 129/2012 e 163/2015.
Con le suindicate deliberazioni il Comune di Amelia, a tacer d’altro, non ha infatti effettuato alcuna “reiterazione” (rectiusproroga) della dichiarazione della pubblica utilità divenuta come detto efficace il 28 aprile 2009.
L'art. 13 comma 5, d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 consente unicamente all'autorità che ha dichiarato la pubblica utilità dell'opera di disporre, previa comunicazione di avvio del procedimento (ex multis Consiglio di Stato sez. IV, 20 luglio 2016, n.3248) la proroga dei termini massimi di efficacia della stessa, che può avvenire solo per casi di forza maggiore o per altre giustificate ragioni (ex plurimis Consiglio di Stato sez. IV, 6 ottobre 2014, n.4990) ovvero dalla reale sussistenza di oggettive difficoltà al compimento di atti espropriativi e, comunque, non dipendenti dalla volontà dell'ente espropriante (ex multis T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 4 novembre 2013, n.4895).
Nelle deliberazioni G.C. nn. 129/2012 e 163/2015 l’Amministrazione convenuta non si è minimamente curata di prorogare l’efficacia della dichiarazione della pubblica utilità, essendosi limitata ad approvare una variante alla ex SS 205 ai limitati effetti di cui al richiamato art. 132 del Codice appalti (D.lgs. 163/2006) senza che ciò possa comportare alcun effetto nell’ambito del procedimento ablatorio, essendo la dichiarazione di pubblica utilità soggetta esclusivamente, prima della scadenza, ad eventuale motivata proroga e non, a differenza del vincolo, a reiterazione. L’art. 12 comma 2 TU espropriazioni, citato dalla difesa comunale, costituisce una deroga alla prescritta reiterazione del vincolo ma non già alla durata quinquennale della dichiarazione di pubblica utilità stabilita dall’art. 13 del testo unico.
Diversamente opinando l’autorità espropriante potrebbe surrettiziamente prolungare a proprio piacimento i termini per il completamento della procedura espropriativa riapprovando il progetto, termini che hanno invece natura pacificamente perentoria (ex multis Consiglio di Stato sez. IV, 26 luglio 2011, n. 4457; id. sez. IV, 22 maggio 2000, n. 2936; Cass. Sez. Un. 8 febbraio 2006, n. 2630) a tutela del diritto di proprietà.
4.5. - Ne consegue che a decorrere dal 28 aprile 2014 l’occupazione del terreno del ricorrente è divenuta illecita con conseguente assoggettamento dell’Amministrazione all’obbligo di restituzione, non avendo mai l’odierno ricorrente perduto la proprietà del bene, quale tutela reale sganciata dai limiti di cui agli artt. 2058 e 2933 c.c. (ex multis Cassazione sez. I, 23 agosto 2012, n. 14609; T.A.R. Lombardia Milano sez. III, 5 aprile 2011, n. 880).
4.6. - Costituisce oramai “ius receptum” come l’occupazione “sine titulo”, anche se accompagnata dalla irreversibile trasformazione del fondo, sia fatto materiale non idoneo a determinare l’effetto traslativo della proprietà del bene occupato, esito non consentito dall’art 1 del Protocollo Addizionale CEDU, come costantemente interpretato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (ex multis seconda sezione, 30 maggio 2000, Belvedere Alberghiera s.r.l. c. Italia, n. 31524/96; terza Sezione, 12 gennaio 2006, Sciarrotta c. Italia, n. 14793/02) dal Consiglio di Stato (ex plurimis Ad. Pl. 29 aprile 2005, n.2; id. sez. VI, 10 maggio 2013, n.2559; id. sez. V, 24 aprile 2013, n.2279) e da ultimo dalla stessa Cassazione (sez. II 14 gennaio 2013, n.705); è pacifico pertanto come anche nel caso di specie l’odierno istante abbia sempre sino ad oggi mantenuto la proprietà dell’area oggetto del procedimento espropriativo, pur avendone perduto la concreta disponibilità ed ogni utilizzo e sfruttamento economico.
Dopo l'entrata in vigore dell'anzidetto art. 42-bis del T.U. approvato con d.P.R. 327 del 2001, disposto per effetto dell'art. 34, comma 1, del D.L. 6 luglio 2011 n. 98 convertito con modificazioni in L. 15 luglio 2011 n. 111, nell'ipotesi di utilizzo di un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, la pubblica amministrazione ha in ogni caso l'obbligo di far venir meno l'occupazione “sine titulo” e di adeguare la situazione di fatto a quella di diritto, dovendo scegliere a tal fine - alternativamente - tra l'emanazione di un provvedimento adottato in base alla disciplina ivi contenuta e - per l'appunto - sanante la situazione di illegittimità determinatasi, ovvero l'immediata restituzione del bene la cui occupazione si è protratta “contra ius” previo ripristino dell'area e il pagamento dei danni da illegittima occupazione, senza che l'avvenuta realizzazione dell'opera pubblica precluda l'una o l'altra via. Allo stesso tempo, non risulta esclusa dall'ordinamento la possibilità per le parti di accordarsi per una cessione volontaria dell'immobile alla pubblica amministrazione con contestuale accordo per il ristoro dei danni derivanti dall'occupazione illegittima subita (così Consiglio di Stato sez. IV, 4 settembre 2013, n.4445, in termini id. sez. IV, 2 settembre 2011, n.4970; sez. IV, 29 agosto 2011, n.4833; sez. IV, 20 luglio 2011, n.4408).
Infatti nell'attuale quadro normativo, le Amministrazioni hanno l'obbligo giuridico di far venir meno - in ogni caso - l'occupazione "sine titulo" e, quindi, di adeguare comunque la situazione di fatto a quella di diritto (così Consiglio di Stato Adunanza Plenaria 9 febbraio 2016, n. 2; id. sez. IV, 27 aprile 2015, n. 2126; T.A.R. Umbria 5 maggio 2014, n. 238; T.A.R. Lazio Roma sez. II, 5 giugno 2017, n. 6597).
4.7. - L'adozione da parte dell'Amministrazione di un provvedimento di acquisizione ex art. 42 bis, va configurato tuttavia in termini di facoltà e non di obbligo, non potendo costituire oggetto di uno specifico ordine da parte del giudice (ex multis T.A.R. Emilia-Romagna, Parma, 5 marzo 2018, n.67; Consiglio di Stato Adunanza Plenaria 9 febbraio 2016, n. 2) per il principio di riserva di amministrazione e per l’inesistenza di una fattispecie di giurisdizione amministrativa estesa al merito.
4.8. - Ne consegue che, in presenza di una sopravvenuta irreversibile trasformazione del fondo, intervenuta all'esito di una illegittima procedura espropriativa, come nel caso di specie, grava sull'Amministrazione l'obbligo di porre rimedio all'illecito commesso provvedendo, alternativamente, alla restituzione dei terreni con corresponsione del risarcimento per il periodo di illegittima occupazione, ovvero, all'adozione del decreto di acquisizione sanante ex art. 42 bis del d.P.R. n. 327/01 (ex multisT.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 7 gennaio 2015, n. 7; T.A.R. Emilia-Romagna, Parma, 5 marzo 2018, n.67).
Il 1° comma della norma richiamata dispone che, "valutati gli interessi in conflitto, l'autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, può disporre che esso sia acquisito, non retroattivamente, al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario sia corrisposto un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale, quest'ultimo forfetariamente liquidato nella misura del dieci per cento del valore venale del bene".
Ai sensi del 3° comma della medesima disposizione "l'indennizzo per il pregiudizio patrimoniale di cui al comma 1 è determinato in misura corrispondente al valore venale del bene utilizzato per scopi di pubblica utilità e, se l'occupazione riguarda un terreno edificabile, sulla base delle disposizioni dell'articolo 37, commi 3, 4, 5, 6 e 7. Per il periodo di occupazione senza titolo è computato a titolo risarcitorio, se dagli atti del procedimento non risulta la prova di una diversa entità del danno, l'interesse del cinque per cento annuo sul valore determinato ai sensi del presente comma".
4.9. - Ne deriva che il Comune di Amelia deve essere condannato a determinarsi nel termine di 60 giorni dalla comunicazione della presente sentenza (o dalla notifica se precedente) circa l'esistenza, attualità e prevalenza di un interesse pubblico all'eventuale acquisizione del fondo oggetto del presente giudizio ex art. 42 bis, comma 4, del d.P.R. n. 327/2001, adottando nei successivi giorni 30 il provvedimento con il quale dispone, in alternativa:
- l'acquisizione del fondo ad effetto non retroattivo corrispondendo gli importi dalla norma contemplati, con detrazione di quanto corrisposto al ricorrente in esecuzione dell’accordo sottoscritto il 12 aprile 2010;
- la restituzione del bene al proprietario previo ripristino dello stato di fatto esistente al momento dell'apprensione, con corresponsione del risarcimento per il periodo di illegittima occupazione, sempre con detrazione della somma sopra indicata.
5. - In caso di inerzia dell'Amministrazione, il ricorrente potrà agire ex art. 112 e ss. c.p.a., al fine di ottenere la nomina di un commissario ad acta, che si sostituirà negli adempimenti di competenza della predetta Amministrazione e solo in tale evenienza il Tribunale disporrà la trasmissione degli atti del giudizio alla Procura della Corte dei Conti per la valutazioni di competenza.
6. - Per quanto precede il ricorso deve essere in parte qua accolto nei descritti termini.
Le spese di lite seguono la soccombenza, secondo dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così decide:
a) dichiara in parte il difetto di giurisdizione in favore del g.o. avanti il quale il gravame dovrà proseguire nei termini di cui in motivazione;
b) accoglie in parte il ricorso nei sensi di cui in motivazione.
Condanna il Comune di Amelia alla refusione delle spese di lite in favore del ricorrente, in misura di 2.000,00 (duemila/00) euro, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2018 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Amovilli, Presidente FF, Estensore
Enrico Mattei, Primo Referendario
Daniela Carrarelli, Referendario
 
 
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Paolo Amovilli
 
 
 
 
 
IL SEGRETARIO
 

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