Sui presupposti della responsabilità solidale nelle occupazioni illegittime
Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), sentenza n. 173 del 13 gennaio 2025, sui presupposti per la responsabilità solidale di enti nella occupazione illegittima
N. 00173/2025REG.PROV.COLL.
N. 07497/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7497 del 2022, proposto dalla Regione Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Anna Bucci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso la delegazione romana della Regione Puglia in Roma, via Barberini n. 36;
contro
Comune di Corato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe Barile, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
omissis, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) n. 00822/2022, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Corato;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 ottobre 2024 il Cons. Luca Monteferrante e uditi per le parti gli avvocati presenti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il T.a.r. per la Puglia con sentenza n. 822 del 2022, in accoglimento del ricorso proposto dai signori omissis, ha condannato il Comune di Corato e la Regione Puglia, in solido tra loro, al risarcimento dei danni conseguenti alla illegittima trasformazione di terreni in loro proprietà per l’allargamento di una strada comunale ed ha ordinato loro di determinarsi ai fini della eventuale adozione del decreto di acquisizione sanante ai sensi dell’art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001.
La Regione Puglia ha interposto appello avverso la predetta sentenza lamentandone la erroneità per essere stata condannata dal T.a.r., sebbene estranea al procedimento espropriativo, essendosi limitata alla adozione del decreto di occupazione d’urgenza nel lontano 1975, e dei provvedimenti collegati, laddove l’ente espropriante doveva essere individuato in via esclusiva nel Comune di Corato che aveva realizzato l’opera pubblica, occupando e trasformando i terreni dei ricorrenti in assenza di valido decreto di esproprio, peraltro mai adottato dopo l’occupazione d’urgenza.
Si è costituito in giudizio il Comune di Corato per resistere all’appello, chiedendone la reiezione in quanto infondato nel merito, a motivo di asseriti ritardi nella conduzione del procedimento espropriativo imputabili alla Regione.
Alla udienza pubblica del 24 ottobre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
L’appello è fondato.
Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di tardività del deposito della memoria conclusiva del Comune sollevata dalla difesa della regione appellante in quanto avvenuta oltre le ore 12.00 (per la precisione alle 19.45) dell’ultimo giorno utile (23 settembre 2024): secondo la difesa regionale, pur rispettando i trenta giorni liberi prima dell’udienza pubblica fissata per il 24 ottobre 2024, il deposito sarebbe avvenuto oltre il termine orario delle ore 12,00 dell’ultimo giorno utile ai fini del termine a difesa stabilito dall’art. 73 c.p.a., in combinato disposto con l’art. 4, comma 4, disp. att. c.p.a., dimodochè dovrebbe considerarsi eseguito il giorno successivo e quindi tardivamente.
Sul punto il Collegio ritiene di dover aderire all’indirizzo (cfr. Cons. Stato, sez. III, n. 4653 del 2024 e Cons. Stato, sez. II, n. 3873 del 2024) che, in presenza di orientamenti divergenti, ritiene sussistere i presupposti per il riconoscimento dell’errore scusabile per incertezza giurisprudenziale e quindi per la rimessione in termini anche perché parte appellante non ha eccepito che la violazione possa avere, in qualche modo, conculcato il diritto di difesa a causa di una compressione del termine entro cui la memoria difensiva è stata messa a disposizione mediante deposito sulla piattaforma del processo amministrativo telematico.
La possibilità di riconoscere l’errore scusabile in siffatta fattispecie è stata di recente riconosciuta anche dalla Sezione con la sentenza n. 4818 del 2024.
Venendo al merito del ricorso, la Regione lamenta che nessuna colpa può esserle imputata per avere – dopo l’adozione del decreto di occupazione d’urgenza n. 4665 del 11 ottobre 1975 e dei provvedimenti collegati – rimesso ogni ulteriore attività espropriativa – compresa l’adozione del decreto di esproprio - in capo al Comune che mai l’avrebbe aggiornata né avrebbe richiesto il suo intervento per la conclusione del procedimento.
La doglianza è fondata in quanto il decreto del Presidente della Regione Puglia n. 4665 dell’11 ottobre 1975, trasmesso con nota prot. n. 6029 del 17 ottobre 1975, autorizzava il Comune di Corato ad occupare temporaneamente, in via d’urgenza, gli immobili necessari per la realizzazione dei “Lavori di sistemazione della strada Lago Baione o Bracco” e così prevedeva: "2) – per l’indicata occupazione il Comune di Corato corrisponderà alle ditte proprietarie, dalla data di effettiva occupazione degli immobili, l'indennità prevista dal 3° comma dell'art. 20 della Legge 22.10.1971 n. 865; 3) – l’occupazione temporanea d’urgenza dovrà avere inizio entro tre mesi dalla data del presente decreto e non dovrà protrarsi oltre cinque anni decorrenti dall’effettiva occupazione degli immobili, entro il quale termine il Comune di Corato completerà la procedura per l'espropriazione definitiva degli immobili".
La Regione aveva dunque demandato al Comune il completamento dell’intera procedura espropriativa.
Di diverso avviso è stato il T.a.r. il quale ha osservato: “Se si considera che, per conseguire l’emissione del decreto, l’espropriante ai sensi dell’art. 13, comma 1 legge n. 865/1971 “deve fornire la prova di avere adempiuto a quanto prescritto dal terzo comma dell’art. 12”, ne deriva che, la predetta omissione della Regione già di per sé impediva l’emissione del decreto di esproprio”.
Tuttavia nel caso di specie l’espropriante era ed è il Comune di Corato, che non ha fornito alcuna prova di aver adempiuto agli obblighi a proprio carico, ossia corrispondere le indennità, né ha fornito informazioni di sorta all’amministrazione regionale, onde conseguire il decreto di esproprio, sicchè non si vede come tale inadempimento, riferibile per intero al Comune, possa trasformarsi in una “omissione della Regione”.
Inoltre senza il pagamento delle indennità o il loro deposito presso la Cassa depositi e prestiti, ex art. 12, comma 3 della legge n. 865 del 1971, cui solo il Comune di Corato era tenuto in quanto ente espropriante, la Regione non poteva emettere il decreto di esproprio, nè concludere il procedimento, fermo restando che la adozione degli atti del procedimento era stata rimessa al Comune con il d.P.G.R. del 1975.
In particolare il Comune di Corato non ha mai chiesto alla Regione di intimare l’ordine di deposito delle indennità non accettate presso la Cassa depositi e prestiti, ex art. 12, comma 3 della legge n. 865 del 1971, quale adempimento prodromico alla adozione del decreto di esproprio (cfr. p. 15 e 16 atto di appello regionale).
Il Comune non ha neppure mai comunicato all’Amministrazione regionale la data di avvenuta notifica ex art. 11, comma 4 della legge n. 865 del 1971, del decreto di liquidazione provvisoria delle indennità, da cui decorreva il termine per l’emissione dell’ordine di deposito ex art. 12, comma 3, della legge n. 865 del 1971, in mancanza di proposta di cessione volontaria da parte delle ditte espropriande, sebbene nel decreto presidenziale n. 1921 del 12 maggio 1975, con cui era stata determinata l’indennità provvisoria, fosse stato previsto, all’art. 2, l’obbligo per l’ente espropriante, incaricato di notificare l’indennità provvisoria, di far “conoscere gli estremi dell’avvenuta notifica”. Solo in questo modo la Regione avrebbe potuto attivarsi per ordinare il deposito e quindi per adottare il decreto di esproprio (cfr. p. 6 memoria di replica della Regione).
In ogni caso il danno è conseguente ad occupazione illegittima non alla illegittimità del procedimento espropriativo in sè, e la occupazione è stata posta in essere dal Comune che se n’è giovato per l’ampliamento della strada. Pertanto oltre alla colpa manca anche il nesso di causalità non essendovi prova alcuna che l’occupazione sine titulo sia conseguenza di ritardi della Regione.
La Regione dopo la fase iniziale è stata completamente estromessa dalla procedura ed anche l’assunto di poterle contestare una culpa in vigilando è priva di riscontri nello svolgimento dei fatti, dato che la conclusione del procedimento era stata interamente rimessa al Comune che non l’ha investita in alcun modo circa le fasi successive.
Alla luce delle motivazioni che precedono l’appello deve pertanto essere accolto con conseguente riforma della sentenza appellata nella parte in cui ha disposto la condanna della Regione Puglia in solido con il Comune di Corato, ente espropriante, laddove nessuna condotta omissiva, tanto meno a titolo di colpa, può essere imputata alla Regione Puglia nella determinazione del danno.
Le spese del grado possono essere compensate tra le parti, tenuto conto della difficoltà nel ricostruire i compiti demandati, rispettivamente, alla Regione ed al Comune nello svolgimento del procedimento espropriativo, evenienza che consente di ritenere sussistenti gravi ed eccezionali ragioni di compensazione, ai sensi dell’art. 92, comma 2, c.p.a.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per l’effetto, riforma, in parte qua, la sentenza appellata nei sensi di cui in motivazione.
Compensa le spese del grado tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2024 con l’intervento dei magistrati:
Gerardo Mastrandrea, Presidente
Silvia Martino, Consigliere
Giuseppe Rotondo, Consigliere
Michele Conforti, Consigliere
Luca Monteferrante, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Luca Monteferrante
Gerardo Mastrandrea
IL SEGRETARIO