Uso pubblico di una strada
Pubblico
Lunedì, 8 Maggio, 2017 - 17:22
Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, (Sezione Prima), sentenza n.415 del 20 marzo 2017, sull’uso pubblico di una strada
N. 00415/2017 REG.PROV.COLL.
N. 01939/2008 REG.RIC.
N. 01766/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1939 del 2008, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
OMISSIS, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Lessona in Firenze, via dei Rondinelli 2;
contro
Comune di Pienza, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Paolo Golini, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Firenze, via Gino Capponi 26;
Regione Toscana, Provincia di Siena, non costituite in giudizio;
nei confronti di
OMISSIS non costituito in giudizio;
sul ricorso numero di registro generale 1766 del 2013, proposto da OMISSIS rappresentati e difesi dagli avvocati Domenico Iaria e Simone Nocentini, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Lessona in Firenze, via dei Rondinelli 2;
contro
Comune di Pienza, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Paolo Golini, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Firenze, via Gino Capponi 26;
per l'annullamento,
quanto al ricorso n. 1939 del 2008:
in parte qua della delibera del Consiglio Comunale di Pienza n. 26 del 17 giugno 2008, pubblicata sul BURT il 6.8.2008, recante le controdeduzioni relative all’osservazione presentata dai ricorrenti alla delibera consiliare n. 42 del 9.11.2007 di adozione del Piano Strutturale, e quindi recante l’approvazione del suddetto Piano Strutturale del medesimo Comune, dell’art. 38, 106 e 113 n.t.a. del medesimo P.S, di ogni atto presupposto, consequenziale o comunque connesso, ancorché incognito, relativo e citato in dette delibere e riguardanti la proprietà dei ricorrenti;
e, quanto al ricorso n. 1766 del 2013:
del diniego di spostamento del tracciato di strada extraurbana di cui alla nota comunale prot. 4661 del 18.07.2013.
Visti i ricorsi i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Pienza;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2016 il dott. Pierpaolo Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. I signori OMISSIS sono comproprietari di un antico edificio, ora ad uso abitativo, posto in località Monticchiello del Comune di Pienza. A ridosso dell’edificio transita un tracciato stradale, pure di proprietà dei ricorrenti, ma in uso anche ai proprietari dei fondi confinanti.
Anni orsono, in occasione dei lavori di ristrutturazione della casa, i signori OMISSIS avevano chiesto all’amministrazione comunale di essere autorizzati a chiudere, con il cantiere, il passaggio adiacente all’immobile e, contestualmente, a ripristinare anche ad uso dei confinanti un percorso alternativo già esistente. Il contenzioso giurisdizionale insorto con alcuni dei vicini, i quali rivendicavano di essere titolari di una servitù di passaggio sul tracciato oggetto di chiusura, si è concluso in primo grado con sentenza del Tribunale ordinario di Montepulciano del 21 maggio 2008, n. 169, che ha escluso l’esistenza di servitù, sia prediali, sia di uso pubblico.
Nelle more della definizione della lite civilistica, il Comune di Pienza con deliberazione consiliare n. 42/2007 ha adottato un piano strutturale che prevede l’inserimento del percorso in questione nella rete dei percorsi storici a fruizione pubblica anche motorizzata, di cui all’art. 38 co. 3 lett. a) delle norme tecniche di attuazione, aventi natura di invarianti strutturali. L’inserimento è stato confermato in sede di approvazione del piano, intervenuta con la deliberazione n. 26/2008, sia pure accompagnato da modifiche della normativa di attuazione.
1.1. Il piano strutturale approvato dalla predetta deliberazione n. 26/2008 è impugnato con il ricorso iscritto al n. 1939/2008 R.G., originariamente affidato a due articolati motivi in diritto e arricchito, in corso di causa, da tre motivi aggiunti. Questi sono rivolti nei confronti della sopravvenuta deliberazione comunale n. 2/2009, che, approvando la classificazione delle strade extraurbane comunali e vicinali di uso pubblico, vi ha inserito quella che transita in adiacenza all’abitazione dei ricorrenti; nonché dell’ordinanza sindacale n. 4/2009, con cui ai ricorrenti è stato ingiunto di rimuovere gli ostacoli al transito pedonale e veicolare apposti sul percorso.
1.2. Con separato ricorso, iscritto al n. 1766/2013 R.G., i signori OMISSIS espongono di aver inoltrato al Comune, sia pure con salvezza degli esiti del contenzioso già pendente dinanzi al T.A.R., un’istanza volta a ottenere la variazione del tracciato adiacente alla loro abitazione, già inserito fra le invarianti strutturali e classificato di uso pubblico, ai sensi dell’art. 113 delle N.T.A. di piano strutturale.
L’istanza è stata respinta con nota comunale del 18 luglio 2013, della quale è chiesto l’annullamento sulla scorta di tre motivi in diritto.
1.3. Nell’uno e nell’altro giudizio si è costituito il Comune di Pienza, che resiste ai gravami.
Le cause, dopo alcuni rinvii disposti su concorde istanza delle parti, sono state discusse e trattenute per la decisione nella pubblica udienza del 14 dicembre 2016, preceduta dal deposito di documenti, memorie difensive e repliche.
2. I ricorsi in trattazione hanno ad oggetto diversi profili di una vicenda annosa e sostanzialmente unitaria, che vede i ricorrenti OMISSIS contrapposti al Comune di Pienza quanto alla natura e all’utilizzo della strada che transita in prossimità del fabbricato di loro proprietà, ubicato in località Monticchiello e noto come podere di Fonte Bernardi. I ricorrenti ne assumono la qualità di bene privato libero da servitù, e, pertanto, nell’ambito del giudizio n. 1939/2008 R.G. contestano le iniziative dell’amministrazione, che ne ha dapprima disposto l’inserimento, a fini urbanistici, tra i percorsi storici a fruizione pubblica (piano strutturale approvato con deliberazione n. 26/2008); e, successivamente, lo ha classificato fra le strade extraurbane a uso pubblico (deliberazione n. 2/2009), ordinandone ai ricorrenti medesimi la riapertura (ordinanza sindacale n. 4/2009).
Per altro verso, e senza pregiudizio delle impugnative già proposte, i ricorrenti si dolgono altresì – è questo l’oggetto del giudizio n. 1766/2013 R.G. – del diniego opposto dal Comune alla modifica del tracciato a fruizione pubblica individuato sulla loro proprietà, pur consentita dall’art. 113 delle norme di attuazione di piano strutturale.
Evidenti ragioni di connessione soggettiva e oggettiva rendono opportuna la riunione dei giudizi.
3. La soluzione delle controversie, anche in un’ottica di doverosa coerenza dell’ordinamento, non può prescindere da una circostanza successiva alla proposizione dei ricorsi, rappresentata dall’avvenuta definizione della lite civilistica promossa dagli odierni ricorrenti nei confronti di alcuni vicini in occasione dell’avvio dei lavori di ristrutturazione del casale di loro proprietà, e volta ad accertare l’insussistenza della servitù di passo da costoro rivendicata sul tratto di strada che corre accanto al fabbricato.
Ricordato che i vicini convenuti – agendo sia in proprio, sia uti cives – avevano a loro volta proposto domanda riconvenzionale per sentir accertare l’esistenza della servitù, la Corte d’appello di Firenze ha riformato la sentenza n. 169/2008 del Tribunale di Montepulciano, della quale si è dato conto in narrativa, e per l’effetto, con sentenza n. 267 dell’11 febbraio 2014, ha:
- accertato e dichiarato la sussistenza a carico del fondo di proprietà OMISSIS di una servitù prediale in favore dei fondi dominanti di proprietà dei viciniOMISSIS, e, comunque, di una servitù pubblica corrispondente sia all’utilizzo della strada esercitato da tempo immemorabile dalla collettività locale, sia alla destinazione impressa ai luoghi da colui che un tempo era stato proprietario dell’intera area;
- contestualmente, disposto ai sensi dell’art. 1068 c.c. il trasferimento della servitù così accertata (rectius: delle servitù) dal percorso adiacente l’abitazione dei ricorrenti ad altro percorso, meglio descritto in sentenza.
Per chiarire quali siano le ricadute della decisione assunta dal giudice civile, si rammenta che la legittimazione ad agire a tutela del diritto d’uso pubblico, ovvero a resistere nei confronti di chi l’uso pubblico contesti, spetta non solo all'ente esponenziale delle collettività interessata, ma anche a ciascun cittadino che a quella collettività appartiene uti singulus (per tutte, cfr. Cass. civ., sez. II, 2 dicembre 2011, n. 25817; id., 10 gennaio 2011, n. 333). Correlativamente, la sentenza dichiarativa dell’esistenza – o dell’inesistenza – del diritto di uso pubblico non può che avere efficacia generale, a prescindere da quali siano le parti in causa e dalla partecipazione al giudizio dell’ente esponenziale, che non è litisconsorte necessario nella causa promossa dal cittadino o nei confronti del cittadino a tutela dell’uso collettivo (cfr. Cass. civ., sez. II, 9 maggio 1987, n. 4284).
Alla sentenza n. 267/2014 vanno, dunque, riconosciuti effetti accertativi generali, che si estendono al capo dispositivo inerente il trasferimento della servitù in accoglimento della domanda proposta dai signori OMISSIS, proprietari del fondo servente, a norma dell’art. 1068 co. 2 c.c..
Premesso che, a questi fini, la pronuncia della Corte d’appello non opera alcuna distinzione fra la servitù prediale e la servitù di uso pubblico riconosciute a carico del fondo di proprietà OMISSIS, nel senso che ambedue debbono intendersi trasferite, la facoltà di offrire al proprietario del fondo dominante (al titolare della servitù) un luogo egualmente comodo per l’esercizio dei suoi diritti forma oggetto di un vero e proprio diritto potestativo cui corrisponde, in presenza delle condizioni richieste dalla norma, una posizione di soggezione; con la conseguenza che, a fronte dell’indebito rifiuto dell'offerta di trasferire la servitù in altro luogo, in sede giurisdizionale si ha nei confronti del proprietario del fondo dominante l’accertamento del trasferimento (cfr. Cass. civ., sez. II, 13 ottobre 2004, n. 20204).
Non pare pertanto discutibile che, avuto riguardo alle peculiarità della fattispecie, la decisione del giudice civile produca effetti anche nei riguardi del Comune di Pienza, essendo peraltro pacifico che la disposizione dell’art. 2909 c.c. non è tassativa, laddove si riferisce alle parti, ai loro eredi e ai loro aventi causa.
In ogni caso, anche a voler escludere nella specie l’efficacia diretta del giudicato, è altrettanto pacifico che questo può spiegare efficacia quantomeno riflessa nei confronti di terzi estranei al giudizio, qualora contenga l'affermazione di una verità che non ammette la possibilità di un diverso accertamento, e il terzo non vanti un diritto autonomo rispetto al rapporto in ordine al quale si è formato il giudicato stesso (fra le molte, Cass. civ., sez. II, 23 gennaio 2014, n. 1441, e, in materia di negatoria servitutis, id., sez. VI, 8 ottobre 2013, n. 22908).
4. Precisato il regime civilistico degli immobili di proprietà dei ricorrenti, può passarsi all’esame delle questioni sollevate con le impugnative, a partire da quella del piano strutturale proposta con l’atto introduttivo del ricorso n. 1939/2008 R.G..
4.1. Con il primo motivo, è contestata l’inclusione dello stradello adiacente l’abitazione dei ricorrenti fra le “invarianti strutturali” del piano, reputandosi non immaginabile che un percorso viario, anche storico, possa venire considerato quale risorsa essenziale secondo lo statuto del territorio. Tale qualificazione andrebbe infatti riservata a ben altri tracciati e percorsi, con caratteristiche diverse da quelle di semplici sentieri di campagna, non costituenti elementi cardine dell’identità dei luoghi.
Il motivo è infondato.
L’art. 4 della legge regionale toscana n. 1/2005 (oggi abrogata dalla legge regionale n. 65/2014, ma applicabile ratione temporis) qualifica come “invarianti strutturali” le risorse, i beni e le regole relative all'uso da sottoporre a tutela al fine di garantire lo sviluppo sostenibile. Esse, a norma del successivo art. 5, costituiscono elementi cardine dell'identità dei luoghi, la cui individuazione è rimessa agli strumenti della pianificazione territoriale.
Il legislatore regionale, come si vede, non limita le categorie di beni suscettibili di particolare tutela, il che ben si spiega con l’impossibilità di catalogare a priori i fattori identitari di ciascuna realtà locale. Nulla osta pertanto a che un reticolo viario, non necessariamente munito di carattere monumentale, ma costituente una significativa testimonianza delle modalità di utilizzo del territorio sin da epoca storica, ovvero caratterizzante l’aspetto dei luoghi e il contesto del paesaggio, possa nel suo insieme rappresentare per una determinata comunità locale un valore territoriale meritevole di conservazione: si tratta, è evidente, di un apprezzamento connotato da amplissimi margini di discrezionalità, sindacabile solo in presenza di macroscopici vizi di irragionevolezza a fronte delle concrete caratteristiche dei luoghi interessati.
4.2. Con il secondo motivo, ripercorso il contenuto delle osservazioni da essi presentate al P.S. adottato e le controdeduzioni del Comune, i ricorrenti sostengono che, attraverso la disciplina di cui all’art. 38 delle norme di attuazione del piano strutturale, l’amministrazione avrebbe inteso sottoporre all’uso pubblico lo stradello di loro proprietà, ancorché di natura esclusivamente privata e non avente lo status di percorso storico, come anche accertato nel primo grado del giudizio civile dal Tribunale di Montepulciano.
Né, del resto, sussisterebbero le condizioni per considerare detto stradello un elemento cardine dell’identità dei luoghi, e questo anche in considerazione del fatto che esso ricadrebbe comunque nella previsione di cui all’art. 113 delle N.T.A. di piano strutturale, in forza del quale la viabilità locale extraurbana, anche di importanza storica e paesaggistica, può essere modificata previa autorizzazione comunale ove ciò serva a ridurre comprovati fenomeni di rilevante disturbo arrecato ai residenti degli edifici limitrofi ai tracciati stradali.
Le censure sono infondate nella parte in cui implicano la negazione di quell’uso pubblico che è emerso, invece, all’esito del contenzioso civilistico. Il problema della compatibilità fra lo statuto proprietario dello stradello che transita accanto all’abitazione dei ricorrenti ed una previsione urbanistica – l’art. 38 N.T.A. – volta a garantirne la fruizione pubblica neppure si pone, nel momento in cui l’esistenza di un titolo di uso pubblico è stata definitivamente accertata nella sede giurisdizionale sua propria.
La storicità del tracciato per cui è causa emerge a sua volta dagli atti del giudizio civile, e, in particolare, dalla consulenza tecnica d’ufficio disposta in primo grado, che ha accertato trattarsi di una strada documentata almeno dal 1820 nel catasto leopoldino e raffigurata nelle fotografie aeree a partire dal 1940, oltre a essere stata classificata come via vicinale di uso pubblico fino al 1965 (le risultanze dell’istruttoria svolta dal Comune resistente mediante la Consulta delle strade rurali, che hanno confermato l’esistenza dell’uso pubblico a partire dall’inizio del 1900, sono contestate solo genericamente dai ricorrenti).
Salvo quanto si dirà infra (par. 5.1.2.), non giova approfondire ulteriormente il tema, giacché lo spostamento della servitù disposto (accertato) all’esito del giudizio civile sottrae di fatto la strada alla garanzia della fruizione pubblica, raccordandosi con la previsione di cui all’art. 113 delle norme di attuazione del piano strutturale.
5. Il rilievo impone di passare all’esame dell’impugnazione proposta con il ricorso n. 1766/2013 R.G., avverso il diniego di rilascio del provvedimento favorevole allo spostamento della servitù di uso pubblico dalla strada che transita accanto al podere di Fonte Bernardi.
Con nota del 18 luglio 2013, il Comune di Pienza ha negato lo spostamento del tracciato, chiesto dai ricorrenti ai sensi dell’art. 113 delle N.T.A. di piano strutturale, avuto riguardo alle seguenti circostanze ostative:
- mancata conservazione, sul tracciato alternativo, delle pendenze originarie e delle pendenze minime prescritte dal D.M. n. 6792/2001;
- destinazione a uso privato, e non pubblico, del tracciato alternativo;
- incompletezza degli elaborati grafici allegati all’istanza di spostamento del tracciato;
- necessità di titolo abilitativo in coerenza con i vigenti atti di governo del territorio, comprensivo dei nulla osta inerenti ai vincoli imposti dal d.lgs. n. 42/2004.
5.1. Con il primo motivo di gravame avverso il diniego, i ricorrenti deducono che il Comune non avrebbe adeguatamente controdedotto alle osservazioni da esse presentate nel termine assegnato ai sensi dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990.
Con il secondo motivo, i ricorrenti affermano di aver trasmesso agli uffici comunali gli elaborati grafici inerenti il tratto di strada che avrebbe dovuto costituire oggetto di intervento, atteso che il tratto rimanente sarebbe rimasto inalterato e nelle medesime condizioni di cui alla documentazione allegata alla concessione edilizia del 2002, già in possesso del Comune. In ogni caso, laddove avesse ritenuto indispensabile l’acquisizione di nuovi elaborati, il Comune avrebbe dovuto esercitare i propri poteri di soccorso istruttorio, e non liquidare la pratica sic et simpliciter.
Con il terzo motivo, i ricorrenti contestano poi che l’art. 113 N.T.A. di P.S. imponga il mantenimento delle pendenze originarie quale condizione per lo spostamento del tracciato, trattandosi semmai di uno degli elementi sottesi alla valutazione comparativa di compatibilità dello spostamento.
Lo stesso Comune, in passato, avrebbe ritenuto ammissibile lo spostamento benché il percorso alternativo non rispettasse alcuno dei criteri indicati dall’art. 113 N.T.A.; e proprio nel caso della proprietà Asor Rosa – Zancan i tecnici comunali in precedenza si sarebbero espressi favorevolmente sul progetto di spostamento del tracciato, così come parere favorevole sarebbe stato rilasciato dalla Comunità Montana Amiata Val d’Orcia. Ed anche il Sindaco di Pienza e la Consulta comunale sulla rete della viabilità rurale si sarebbero già espressi nel senso dell’ammissibilità del progetto.
Ancora, il Comune avrebbe errato nel reputare applicabile al tracciato alternativo proposto dai ricorrenti la disciplina tecnica di cui al D.M. n. 6792/2001, relativo ai nuovi tracciati, mentre la proposta si riferirebbe al ripristino di un tracciato preesistente e in passato già classificato come strada vicinale, oggi destinata all’uso privato. Sussisterebbero peraltro, nella fattispecie, le condizioni richieste dall’art. 13 co. 2 del Codice della strada per derogare alla normativa tecnica invocata dall’amministrazione.
Infine, il diniego sarebbe illegittimo per la illogicità della scelta di ritenere preferibile, ai fini del pubblico transito, lo stradello adiacente al podere di proprietà dei ricorrenti, largo meno di tre metri, rispetto a un percorso alternativo dotato di caratteristiche – lunghezza, larghezza, pericolosità – oggettivamente migliori, fatta eccezione per un modesto aumento della pendenza, di per sé non ostativo allo spostamento.
5.1.1. Le censure, da esaminarsi congiuntamente, sono fondate nei termini di seguito precisati.
L’art. 113 delle norme di attuazione del piano strutturale di Pienza, al dichiarato scopo di contemperare la tutela della rete viaria minore di rilievo storico e paesaggistico con la salvaguardia della qualità dell’abitare, consente di modificare le strade extraurbane, anche individuate come invarianti strutturali dall’art. 38 delle stesse N.T.A., “nei casi di necessità comunque corrispondenti a rilevanti e preminenti interessi pubblici, quali la riduzione di comprovati rilevanti fenomeni di disturbo per i residenti (stabili o temporanei) degli edifici limitrofi ai tracciati stessi, legati in particolare all’inquinamento dell’aria (polveri, emissioni di veicoli e a motore, rumore), alla riduzione della sicurezza, e ad eventuali danni alla stabilità degli edifici”.
Le modifiche sono sottoposte ad autorizzazione comunale previa valutazione di compatibilità condotta sulla base di uno studio redatto dal proponente, e avuto riguardo alla quantità di flussi veicolari rilevati nei diversi periodi dell’anno e alle forme di disturbo arrecate, al regime proprietario della strada, all’appartenenza dell’edificio da preservare all’elenco dei beni storico-architettonici del territorio aperto, alla genesi storica del tracciato e alla sua evoluzione nel corso del tempo, alle caratteristiche del tracciato alternativo proposto e ai benefici attesi dallo spostamento, all’impegno del proponente a provvedere alla realizzazione e manutenzione del tracciato alternativo, o alla realizzazione e miglioramento delle fasce di ambientazione, nel caso di tracciato alternativo già esistente.
La richiamata disciplina urbanistica riecheggia i contenuti dell’art. 1068 co. 2 c.c., che sancisce il diritto del proprietario del fondo servente di offrire al proprietario del fondo dominante un luogo alternativo egualmente comodo per l’esercizio dei suoi diritti, e questi non può ricusarlo, qualora l’originario esercizio sia divenuto più gravoso o se impedisce di fare lavori, riparazioni o miglioramenti.
Si è ricordato in precedenza come nel giudizio civile tra i ricorrenti ed alcuni vicini, i quali avevano agito non solo a titolo individuale, ma anche uti cives a tutela dell’uso pubblico, la Corte d’appello di Firenze abbia accolto la domanda di spostamento della servitù prediale e pubblica gravante sulla strada che corre in adiacenza al podere di Fonte Bernardi. Il tracciato alternativo, indicato come “B” nella più volte citata sentenza n. 267/2014, è stato giudicato dalla Corte d’appello idoneo a soddisfare egualmente, e per certi aspetti in modo migliorativo, le esigenze sia dei fondi dominanti, sia del pubblico, alleviando al contempo il peso sopportato dai proprietari del fondo servente.
In particolare, sulla scorta delle verifiche eseguite dal consulente tecnico d’ufficio nominato in primo grado, la Corte ha potuto accertare la maggiore larghezza media del tracciato “B”, come tale più comodamente transitabile da camion e mezzi agricoli e senza le difficoltà comportate, sul tracciato originario, dallo scambio nel passaggio contemporaneo di veicoli.
Anche il fondo stradale del nuovo percorso è stato giudicato “in condizioni decisamente migliori dell’altro” e tecnicamente adeguato alla luce delle approvazioni rilasciate dall’autorità edilizia e dalla competente Soprintendenza per i beni paesaggistici, nonché preferibile dal punto di vista dello smaltimento delle acque piovane.
Dal punto di vista altimetrico, il percorso “B” presenta un breve tratto in più decisa pendenza, ma non tale da impedirne la percorribilità, mentre la distribuzione residua del declivio appare più favorevole. La differenze di lunghezza (nella direzione di percorrenza verso ovest, il tracciato “B” risulta più lungo di quello originario) sono state ritenute dalla Corte d’appello sostanzialmente inapprezzabili sia per il transito veicolare, sia per quello pedonale.
La Corte ha pertanto potuto concludere che “Se i cives ed i proprietari dei fondi dominanti hanno poco o niente da perdere dallo spostamento del tracciato di esercizio della servitù, i proprietari del fondo servente hanno invece molto da guadagnarne, in termini di sicurezza, di tranquillità e di costi. Invero, la circolazione di veicoli in prossimità della casa colonica, non solo disturba l’udito, solleva polvere, inquina, diffonde sporcizia sull’abitazione, ma non consente nemmeno di apprestare difese contro l’avvicinamento indebito di eventuali malintenzionati e, comunque, mette in pericolo l’incolumità degli abitanti della casa, che ovviamente ne frequentano a piedi i dintorni rischiando d’incontrare veicoli, senza contare gli effetti negativi che le vibrazioni causate dal passaggio dei mezzi possono comportare sulla tenuta della struttura edilizia e comunque sulla manutenzione del fabbricato. […]
In definitiva, l’analisi comparativa a cui chiama l’insegnamento della Suprema Corte non lascia dubbi sulla ricorrenza nella fattispecie dei presupposti per disporre, in parziale riforma della sentenza impugnata, il trasferimento ex art. 1068 c.c. dell’accertata servitù di passaggio dal tracciato A al tracciato B, come sopra specificato e indicato in C.T.U. […]”.
Per le ragioni che sin sono illustrate inizialmente, la decisione della Corte d’appello fiorentina è opponibile al Comune di Pienza, se non altro per i suoi effetti riflessi.
Si aggiunga che, in ogni caso, il convincimento del giudice ben può derivare dagli elementi contenuti nella sentenza che ha definito un separato giudizio, qualora detti elementi siano assimilabili a quelli oggetto della controversia sottoposta alla sua decisione (Cons. Stato, sez. V, 3 settembre 2013, n. 4377; Cass. civ., sez. III, 20 febbraio 2013, n. 4241; Cass. civ., sez. I, 27 aprile 2011, n. 9384; Cass. civ., sez. lav., 2 novembre 2011, n. 22691).
Avvalendosi perciò, nei termini esposti, delle risultanze del giudizio civile, gli apprezzamenti espressi dal Comune resistente nel provvedimento di diniego allo spostamento della strada appaiono in primo luogo viziati nella parte in cui presuppongono la necessaria conservazione delle pendenze del percorso originario. Questa non è infatti imposta dall’art. 113 delle norme di attuazione del P.S., che, come puntualizzato dai ricorrenti, annovera il mantenimento delle pendenze fra i criteri-guida della valutazione discrezionale rimessa all’amministrazione, senza tuttavia eleggerlo a parametro vincolante. Si aggiunga che, come accertato dal giudice civile, il nuovo tracciato presenta una pendenza media inferiore, a fronte di un breve tratto in più decisa pendenza.
Analogamente, in disparte quanto affermato dai ricorrenti circa l’inapplicabilità alla fattispecie del D.M. 6972/2001, dalla decisione del giudice civile si coglie la sussistenza di quelle particolari condizioni locali che, ai sensi dell’art. 13 co. 2 d.lgs. n. 285/1992, consentono comunque di derogare alle norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade, atteso che il nuovo percorso offerto dai ricorrenti garantisce la sicurezza stradale, ed, anzi, presenta per questo aspetto caratteristiche che lo rendono più sicuro rispetto al percorso originario (in particolare la maggiore larghezza), oltre a contenere i fenomeni di inquinamento che, nel caso concreto, interessano la proprietà dei ricorrenti medesimi, rispondendo così proprio alle esigenze che l’art. 113 delle N.T.A. di P.S. è chiamato a tutelare (né il Comune attribuisce al nuovo percorso l’insorgenza di altri e diversi problemi di inquinamento).
Allo spostamento neppure osta la circostanza che il tracciato alternativo offerto dai ricorrenti abbia destinazione privata, giacché l’acquisto della destinazione pubblica costituisce una conseguenza naturale dello spostamento della servitù di uso pubblico, che, come opera sul piano civilistico, si riverbera su quello amministrativo. D’altro canto, se il percorso alternativo fosse già sottoposto all’uso pubblico, lo spostamento non avrebbe ragion d’essere.
Le caratteristiche dei due percorsi, comparativamente esaminate, evidenziano in termini più generali una complessiva irragionevolezza della volontà dell’amministrazione di non accedere alla richiesta dei ricorrenti, la quale appare con evidenza assistita da tutte le condizioni richieste dalla disciplina urbanistica invocata e non lascia dubbi in ordine alla vantaggiosità, intesa come vantaggioso bilanciamento degli interessi contrapposti.
Quanto all’asserita incompletezza degli elaborati grafici allegati all’istanza, ovvero alla carenza delle necessarie autorizzazioni paesaggistiche, si tratta di elementi di per sé non ostativi alla positiva definizione del procedimento, ben potendo il primo problema essere risolto mediante l’esercizio doveroso dei poteri di integrazione istruttoria di cui l’amministrazione sempre dispone; mentre l’acquisizione dei titoli paesaggistici costituisce semmai una condizione cui subordinare il rilascio dell’assenso alla modifica.
5.1.2. Il citato art. 113 N.T.A. di P.S. stabilisce al quinto comma che “nel caso la parte di tracciato interessata dalle variazioni consentite dal presente articolo sia classificato [sic] come di < >, ai sensi dell’art. 38, esso sarà automaticamente riclassificato come < > ai sensi dello stesso articolo”.
L’art. 38, a sua volta, individua nella intangibilità dei tracciati e nella garanzia della fruizione pubblica gli attributi (“prestazioni non negoziabili”) dei percorsi storici inseriti nel circuito delle invarianti strutturali. La fruizione pubblica si articola in modalità differenziate per i percorsi di tipo a) e di tipo b): anche motorizzata per i primi, limitata alla mobilità sostenibile (a piedi, in bicicletta, a cavallo) per i secondi.
I ricorrenti, nell’ambito dell’impugnazione iniziale, deducono l’illogicità di tali previsioni, il cui combinato disposto sarebbe volto ad assicurare ad ogni costo la fruibilità pubblica dello stradello che passa accanto alla loro abitazione.
La censura muove da un’erronea lettura delle norme impugnate.
La garanzia della fruizione pubblica di cui all’art. 113 N.T.A. sottintende – e non potrebbe essere altrimenti – la preesistenza di un uso pubblico sui percorsi interessati, non essendo immaginabile che attraverso la disciplina urbanistica possano costituirsi diritti collettivi su beni di proprietà privata. Ne discende che, una volta disposto il trasferimento della servitù ad opera del giudice civile, deve escludersi che sul tracciato di proprietà dei ricorrenti, inizialmente – ma ora non più – gravato dall’uso collettivo, possa ancora operare la garanzia della fruizione pubblica sancita dall’art. 38 N.T.A..
Diversamente è a dirsi quanto all’intangibilità dei tracciati, pure prescritta (con eccezioni) dall’art. 38 N.T.A. e riferita al mantenimento della configurazione attuale dei percorsi storici. Essa può ben operare indipendentemente dalla natura pubblica o privata della strada, ovvero dell’esistenza di servitù di uso pubblico, atteso che per questo aspetto la disciplina urbanistica esprime un vincolo conformativo in funzione di tutela paesaggistica, come tale pienamente legittimo. In questo senso, non può che darsi continuità all’indirizzo di cui ai precedenti invocati dal Comune resistente (T.A.R. Toscana, sez. I, 3 giugno 2009, n. 948, confermata in appello da Cons. Stato, sez. VI, 13 maggio 2016, n. 1933), i quali hanno appunto affermato come la legittimità del vincolo conformativo apposto per finalità paesaggistiche su di un percorso stradale prescinda dall’esistenza o meno di un uso pubblico della strada (ma non giungono affatto a sostenere, come invece sembra intendere la difesa comunale, che le medesime esigenze di tutela del paesaggio legittimino lo strumento urbanistico a imporre diritti di uso pubblico su proprietà private).
6. I motivi aggiunti proposti in seno al ricorso n. 1939/2008 R.G. investono in prima battuta la deliberazione comunale n. 2/2009, recante la classificazione come via vicinale pubblica dello stradello di proprietà dei ricorrenti.
Per questo aspetto, l’impugnazione è inammissibile.
Costituisce infatti massima consolidata quella secondo cui l’iscrizione di una strada nell'elenco delle vie pubbliche o gravate da uso pubblico riveste funzione puramente dichiarativa della pretesa dell’amministrazione, ponendo una semplice presunzione di pubblicità dell’uso, superabile con la prova contraria della natura della strada e dell’inesistenza di un diritto di godimento da parte della collettività mediante un’azione negatoria di servitù. La relativa controversia circa la proprietà, pubblica o privata, di una strada, o riguardante l’esistenza di diritti di uso pubblico su una strada privata, è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, giacché investe l’accertamento dell’esistenza e dell’estensione di diritti soggettivi, dei privati o della pubblica amministrazione, e ciò anche ove la domanda abbia formalmente ad oggetto l'annullamento dei provvedimenti di classificazione della strada, atteso che il petitum sostanziale, non essendo diretto a sindacare un provvedimento autoritativo della P.A., ha, in realtà, natura di accertamento petitorio (da ultimo, cfr. Cass. civ., SS.UU., 23 dicembre 2016, n. 26897).
I motivi aggiunti sono altresì diretti all’annullamento dell’ordinanza sindacale n. 4/2009, con la quale ai ricorrenti Asor Rosa e Zancan è stato ingiunto di rimuovere le due catene in metallo posizionate trasversalmente allo stradello adiacente alla loro abitazione, nonché l’autoveicolo parcheggiato fra le due catene.
Il provvedimento, adottato nell’esercizio dei poteri di cui all’art. 15 d.l.l. n. 1446/18, presuppone evidentemente l’esistenza dell’uso pubblico dello stradello, che viene fatto discendere dalla disposta iscrizione nell’elenco delle strade vicinali.
Ribadita l’estraneità dell’impugnativa dell’iscrizione alla giurisdizione amministrativa, in questa sede può incidentalmente osservarsi, ai sensi dell’art. 8 c.p.a., che all’epoca dell’adozione del provvedimento la sussistenza del presupposto era esclusa dalla sentenza del Tribunale di Montepulciano, che aveva accertato l’avvenuta estinzione dell’uso pubblico un tempo gravante sulla strada.
Solo a posteriori la decisione della Corte d’appello di Firenze ha accertato la perdurante esistenza della servitù pubblica, peraltro disponendone il contestuale trasferimento. E proprio per effetto di tale decisione, che ha sancito la libertà dello stradello da ogni peso riconducibile ad usi altrui, privati e pubblici, non può assumersi superata l’originaria illegittimità dell’ordine, che va pertanto annullato.
7. In forza di tutto quanto precede, le impugnative proposte con l’atto introduttivo del ricorso n. 1939/2008 R.G. debbono essere respinte, pur alla luce delle precisazioni svolte.
I motivi aggiunti nello stesso ricorso debbono essere dichiarati in parte inammissibili per difetto di giurisdizione del giudice adito, e in parte accolti ai fini dell’annullamento dell’ordinanza sindacale n. 4/2009.
In accoglimento del ricorso n. 1766/2013 R.G., deve essere annullato il diniego di cui alla nota comunale n. 4661 del 18 luglio 2013.
7.1. La reciproca soccombenza e la complessità della fattispecie giustificano l’integrale compensazione delle spese dei giudizi riuniti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima), definitivamente pronunciando, riuniti i ricorsi, respinge nei sensi di cui in parte motiva le impugnative proposte con l’atto introduttivo del giudizio nel ricorso n. 1939/2008 R.G.;
dichiara in parte inammissibili per difetto di giurisdizione i motivi aggiunti proposti in seno allo stesso ricorso n. 1939/2008 R.G., accogliendoli ai fini dell’annullamento dell’ordinanza sindacale n. 4/2009;
accoglie l’impugnativa proposta con il n. 1766/2013 R.G. e per l’effetto annulla il diniego di cui alla nota comunale n. 4661 del 18 luglio 2013.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2016 con l'intervento dei magistrati:
Armando Pozzi, Presidente
Gianluca Bellucci, Consigliere
Pierpaolo Grauso, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Pierpaolo Grauso Armando Pozzi
IL SEGRETARIO