TAR Campania, sez. VII, sent. n. 3718 del 13.07.2015
Pubblico
Lunedì, 19 Ottobre, 2015 - 02:00
Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, (Sezione Settima), sentenza n.3718 del 13 luglio 2015
N. 03718/2015 REG.PROV.COLL.
N. 06604/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6604 del 2008, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Erminione Marco, rappresentato e difeso, per mandato a margine dell’atto introduttivo del giudizio, dall’avv. Francesco Saverio Esposito, con domicilio eletto in Piano di Sorrento (Na) e, pertanto, da intendersi, ex art. 25 c.p.a., presso la segreteria di questo adito Tribunale, p.zza Municipio;
contro
- il Comune di Massa Lubrense, in persona del sindaco p.t., rappresentato e difeso, per mandato a margine dell’atto di costituzione in giudizio ed in virtù di determina di conferimento dell’incarico n. 33 del 9 febbraio 2009, dall’avv. Sergio Mascolo, con domicilio eletto in Napoli, via Cuma, n. 28, presso lo studio dell’avv. Pasquale Lambiase;
- (quanto all’impugnativa proposta tramite motivi aggiunti) il Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Soprintendenza per i beni architettonici, per il paesaggio e per il patrimonio storico, artistico e etnoantropologico di Napoli e Provincia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria presso i suoi uffici in Napoli, via Diaz, n. 11;
per l'annullamento
quanto all’atto introduttivo del giudizio:
- dell’ordinanza n. 376 (prot. n. 23123) del 19 agosto 2008, notificata lo stesso giorno, a mezzo del quale il responsabile del Settore urbanistica del Comune di Massa Lubrense ha ordinato di demolizione di un “corpo di fabbrica … che si compone di un unico ambiente destinato a pollaio, al rustico, internamente ed esternamente, avente superficie coperta di mq. 17,00 circa ed una volumetria di mc. 50,00 circa”, realizzato “abusivamente perché in assenza di permesso di costruire secondo quanto previsto dall’art. 31 del d.P.R. 380 del 2001 .. ed in assenza di autorizzazione di cui all’art. 146 del d. l.vo n. 42 del 2004”;
- di ogni altro atto o provvedimento preordinato, presupposto e conseguente;
quanto all’atto recante motivi aggiunti:
- del provvedimento prot. n. 2775 del 20 febbraio 2009, mai notificato, cui tramite la Soprintendenza per i beni e le attività culturali per Napoli e provincia, definendo la relativa istanza di parte prodotta in data 1° ottobre 2008, ha espresso “parere di non compatibilità paesaggistica” delle opere già fatte oggetto dell’ordinanza di demolizione impugnata con il ricorso introduttivo;
- del provvedimento di rigetto della detta istanza di compatibilità paesaggistica, emesso in data 20 marzo 2009 dal responsabile del Servizio Urbanistica del Comune di Massa Lubrense;
- dell’ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi n. 148, notificata il 7 aprile 2009 cui tramite il cennato responsabile del Servizio Urbanistica del Comune di Massa Lubrense ha ordinato di far luogo al ripristino dello stato dei luoghi;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti ed i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Massa Lubrense e dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli per l’intimata amministrazione statale e viste le annesse produzioni;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 luglio 2015 il dott. Arcangelo Monaciliuni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1- A mezzo del ricorso in esame, notificato il 13 novembre 2008 e depositato il 10 dicembre successivo, il sig. Marco Erminione si duole dell’ordinanza n. 376, prot. n. 23123, del 19 agosto 2008, notificata lo stesso giorno, cui tramite il responsabile del Servizio urbanistica del Comune di Massa Lubrense gli ha ordinato di demolire un “corpo di fabbrica di forma rettangolare, la cui struttura portante verticale è in blocchi lapil cemento, la copertura in lamiere coibentate, la pavimentazione in terreno, che si compone di un unico ambiente destinato a pollaio, al rustico, internamente ed esternamente, avente superficie coperta di mq. 17,00 circa ed una volumetria di mc. 50,00 circa”, realizzato “abusivamente perché in assenza di permesso di costruire secondo quanto previsto dall’art. 31 del d.P.R. 380 del 2001 ed in assenza di autorizzazione di cui all’art. 146 del d. l.vo n. 42 del 2004”.
Nel corpo del provvedimento:
- si assume che l’Erminione, all’atto dell’accertamento, avutosi il 30 giugno sempre del 2008, aveva esibito al tecnico comunale atto del notaio Adolfo Cannavale, rep. n. 51606 del 30 luglio 2001, racc. 10205 relativo all’acquisto della proprietà “fondo agricolo riportato in catasto al foglio 10 – particella 70 con annesso comodo rurale” ed aveva, altresì, dichiarato, “per quanto attiene l’anzidetto comodo rurale”, che “esso è stato demolito e sostituito dall’attuale corpo di fabbrica”;
- si dà atto che il tecnico comunale, sempre in detta sede, “in loco, nell’area circostante al corpo di fabbrica, rilevava vari materiali provenienti effettivamente dalla demolizione di qualche preesistente e fatiscente struttura “pietre di tufo, lamiere zincate e pali in legno di castagno”, per la quale non era in condizioni di riferire circa l’area occupata dalla stessa struttura e le relative dimensioni. Non si rilevava alcun altro manufatto all’interno del fondo agricolo”;
- si dà ancora atto che “la zona risulta vincolata ai sensi del d. lvo n. 42 del 2004” e che “le opere ricadono nella zona territoriale 4 del PUT e nella zona E/4 del vigente P.R.G.”.
1b- Nella prospettazione/denuncia attorea siffatta determinazione è affetta da violazioni di legge ed eccesso di potere sotto più profili, di cui ai singoli mezzi di impugnazione proposti dei quali ci si occuperà in prosieguo.
2- Con motivi aggiunti, notificati il 5 maggio 2009 e depositati il 4 giugno successivo, l’Erminone ha poi impugnato:
- il provvedimento prot. n. 2775 del 20 febbraio 2009, mai notificato, cui tramite la Soprintendenza per i beni e le attività culturali per Napoli e provincia, definendo la relativa istanza di parte prodotta in data 1° ottobre 2008, ha espresso “parere di non compatibilità paesaggistica” delle opere già fatte oggetto dell’ordinanza di demolizione impugnata con il ricorso introduttivo;
- il provvedimento di rigetto della detta istanza di compatibilità paesaggistica, emesso in data 20 marzo 2009 dal responsabile del Servizio Urbanistica del Comune di Massa Lubrense;
- l’ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi n. 148, notificata il 7 aprile 2009, cui tramite il cennato responsabile del Servizio Urbanistica ha ordinato di far luogo al ripristino dello stato dei luoghi.
3- Il Comune di Massa Lubrense si è costituito in giudizio nel giugno del 2009 ed ha concluso per l’infondatezza del gravame a mezzo di apposita memoria.
3a- L’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli si è costituita in giudizio, per l’amministrazione statale intimata in relazione all’impugnativa proposta con i motivi aggiunti, nel febbraio del 2011 senza far luogo, in tale sede, al deposito di scritti difensivi.
4- Con ordinanza collegiale n. 1464 del 18 giugno 2009 è stato negato ingresso all’invocata tutela cautelare nella considerazione “che le doglianze attoree non si appalesano munite di fumus boni juris, avuto conto della consistenza delle opere effettuate in zona assoggettata a vincolo e, quindi, delle sanzioni previste ex lege in presenza di opere eseguite sine tituli”.
5- In vista della pubblica udienza del 2 luglio 2015 nel cui ruolo la causa trova(va)si iscritta per essere definita, stante il deposito, ai sensi e per gli effetti dell’art. 82 c.p.a., di apposito atto, sottoscritto dal ricorrente e dal suo difensore, dichiarativo della persistenza dell’interesse alla decisione:
- la difesa erariale ha depositato, in data 27 maggio 2015, documentazione e memoria difensiva a sostegno del parere di non compatibilità emesso dall’amministrazione rappresentata;
- la parte ricorrente, in data 21 maggio 2015, ha depositato copia della sentenza n. 1423 del 2013 del Tribunale di Torre Annunziata, sui cui contenuti si dirà in prosieguo, e, in data 1° giugno 2015, memoria conclusionale.
6- La causa è stata quindi chiamata e trattenuta in decisione all’odierna pubblica udienza del giorno 2 luglio 2015.
7- Tanto premesso, può procedersi con il vaglio della composita impugnativa partendosi, nell’ordine, da quella proposta tramite il ricorso introduttivo avverso l’ordine di demolizione della struttura.
Il Tribunale giudica la stessa infondata.
7a- I quattro motivi di ricorso introdotti per contrastare l’ordine di demolizione sono tutti afferenti ai profili edilizi/urbanistici della vicenda e tesi a sostenere che, stanti le caratteristiche del piccolo manufatto, di circa mq. 12, le condizioni fatiscenti del preesistente comodo rurale che ne avevano imposto la demolizione, la sua natura pertinenziale e la perdurante sua destinazione di uso (“comodo rurale era prima dell’intervento e comodo rurale è rimasto dopo l’intervento”), sarebbe occorsa un’istruttoria più accurata e non si sarebbe potuta fare applicazione dell’art. 31 del d.P.R. 380 del 2001 in quanto l’intervento, immutate essendo rimasti superfici e volume, sarebbe stato eseguibile a mezzo di denuncia di inizio attività con conseguente applicabilità “dell’art. 37 del d.P.R. 380 del 2001 e non certo dell’art. 31”. A tanto aggiungendosi, sempre in ragione della pertinenzialità dell’immobile, l’illegittimità delle preannunciate acquisizioni al patrimonio comunale in caso di inottemperanza.
7b- Orbene, come già innanzi fatto constare l’ordine di demolizione si regge, testualmente, sulla mancanza sia del permesso di costruire che, distintamente, dell’autorizzazione prevista dall’art. 146 del d.l.vo n. 42 del 2004.
La non contestata assenza di quest’ultima, di per sé sola, sorregge proficuamente la sanzione demolitoria. Ed invero, come più volte affermato in giurisprudenza, nel caso in cui un atto amministrativo sia sorretto da più ragioni giustificatrici, tra loro autonome, è sufficiente a sostenere la legittimità dell'atto impugnato la conformità a legge anche di una sola di esse, con la conseguenza che l’eventuale illegittimità delle restanti non può provocare l'annullamento del provvedimento impugnato, il cui dispositivo si regge del tutto sufficientemente sulla sola enunciata ragione che ha superato il vaglio di legittimità (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 13 luglio 2011, n. 4261 e 31 maggio 2007, n. 2882; sez. V, 29 agosto 2006, n. 5039 e 29 agosto 1994 n. 926; C.G.A. per la Sicilia, sez. giurisd., 12 febbraio 2004, n. 31; Tar Campania, Napoli, sesta sezione, 5717 del 7 dicembre 2011).
Nella fattispecie al vaglio, infatti, non può che condividersi la replica del resistente Comune secondo cui “la rilevanza esterna delle opere oggetto di contestazione … comporta l’applicabilità della sanzione demolitoria/ripristinatoria prevista dal 1° comma dell’art. 167 del d. l.vo n. 42 del 2004, in ragione della quale “In caso di violazione degli obblighi e degli ordini previsti dal Titolo 1° della Parte III, il trasgressore è sempre tenuto alla rimessione in pristino a proprie spese, fatto salvo quanto previsto dal comma 4”: ovvero fatta salva la facoltà del proprietario di presentare apposita domanda (comma 5 del 167) per l’accertamento della compatibilità paesaggistica nelle ipotesi previste per l’appunto del comma 4. Facoltà di cui l’Erminione si è avvalso e di cui si tratterà in avanti, in sede di definizione dei motivi aggiunti, ferma qui restando la legittimità (recte: doverosità) della sanzione demolitoria irrogata, come previsto dalla legge, in ragione ed a causa dell’assenza del titolo abilitativo quale dovuto, in via autonoma (nonché presupposta), sotto il profilo paesaggistico.
In definitiva, la sanzione demolitoria comminata resiste alle denunce di parte in quanto la contestata mancanza di previa autorizzazione paesaggistica, non fatta oggetto (in tutta evidenza, sol perché non possibile) di specifici rilievi, la giustificava di per sé sola, posto che, in sua assenza, come già innanzi concluso, emergono gli “obblighi di ripristino a proprie spese”, di cui al richiamato art. 167 del d. l.vo n. 42 del 2004 (cfr, ex multis, da ultimo, Tar Campania, questa Settima Sezione, sentenza n. 3131 del 10 giugno 2015).
7c- Obblighi peraltro -è comunque il caso di ricordare- discendenti direttamente anche dal Testo unico dell’edilizia il cui art. 27 la medesima sanzione prevede in presenza di esecuzione senza titolo di opere in territorio assoggettato al vincolo, anche ove eseguibili a mezzo di DIA (o di SCIA), ed il cui art. 37, invocato ex latere attoreo, non esclude: avuto conto che la sanzione pecuniaria è prevista quale unica comminabile solo in presenza di interventi edilizi (minori) di cui all’art. 22, commi 1 e 2, fra i quali non rientra quello qui eseguito, anche ove avesse, in tesi, a dover essere qualificato come di “ristrutturazione” (cfr., amplius sul punto, Tar Campania, questa Sesta Sezione, sentenze n. 2242 del 21 aprile 2015, n. 4676 del 23 ottobre 2013 e n. 1107 del 5 marzo 2012 e cfr. anche, più in generale per il principio, per la doverosità della sanzione demolitoria ove l’intervento ricada in zone vincolate, Tar Umbria, Perugia, Sezione Prima, 13 maggio 2013, n. 293; Tar Calabria, Catanzaro, Sezione Prima, 3 ottobre 2012, n. 97), ovvero anche a non voler considerare che una preesistenza edificata, per poter costituire utile presupposto fattuale di una ricostruzione, “è necessario che abbia i connotati di una vera e propria costruzione, non potendosi qualificare come ricostruzione o ristrutturazione quella relativa ad immobili che, prima dell’intervento edilizio, fossero privi di fondamentali elementi strutturali” (cfr., in termini, Tar Campania, Sesta Sezione, sentenza n. 3588 dell’11 luglio 2013), come qui, in sostanza, sostenuto dallo stesso ricorrente (cfr. pag. 3 del ricorso), oltre che ricavabile dalla descrizione operata dal tecnico comunale dei residui rinvenuti in loco.
7d- Ne consegue che alcuna altra istruttoria, oltre quella compiuta, andava effettuata in presenza di una “dichiarata” realizzazione senza titoli, sia pur tramite demolizione e ricostruzione, di un quidnovi incidente sul territorio protetto e (ne consegue) l’infondatezza della denuncia rivolta avverso l’avvertenza data in esito alle acquisizioni operanti ex lege in presenza di inottemperanza: avuto qui conto che la natura pertinenziale del bene, che rimane distinto rispetto al resto del fondo, non esclude l’operatività delle medesime (peraltro qui, al momento, solo preannunciate).
7e- Tanto, nella finale precisazione che gli stessi contenuti della sentenza del giudice penale n. 1432 del 2013 sono in linea con le conclusioni di questo Tribunale, avuto conto che la stessa, pur avendo assolto l’Erminione dai reati a lui ascritti per violazione della normativa urbanistico/edilizia e sismica, lo ha condannato ad otto mesi di reclusione “per aver eseguito le opere in area dichiarata di notevole interesse pubblico con apposito d.m. del 1962 in assenza dell’autorizzazione prescritta dall’art. 146 e ss. del d. l.vo n. 42 del 2004” ed ha ordinato “la remissione in pristino dei luoghi a spese del condannato, non risultando dagli atti che ciò sia stato eseguito”.
7f- Non residuando altre denunce al vaglio, come preannunciato, il ricorso introduttivo va respinto siccome infondato.
8- Può ora procedersi con l’esame dei motivi aggiunti, proposti per impugnare il parere “di non compatibilità paesaggistica in quanto trattasi di opere di demolizione e ricostruzione che non rientrano nei lavori configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria di cui alla lettera C del comma 4 dell’art. 167”, così formulato -in esito alla richiesta dell’Erminione di avvalersi della detta previsione di legge in relazione all’intervento di cui si è fin qui detto- dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per Napoli e provincia che aveva in premessa considerato “che le opere realizzate insistono in zona territoriale 4 del P.U.T. (riqualificazione insediativa ed ambientale di 1° grado) - L.R. n. 35/87 e zona E4 del P.R.G. adeguato al P.U.T.” e che le stesse “non rientrano tra i casi contemplati dall’art. 167, comma 4”.
Preliminarmente, occorre precisare che l’impugnativa è stata estesa anche agli atti consequenziali emessi dal Comune (il primo, per trasmettere all’Erminione il parere della Soprintendenza, dando atto del suo carattere vincolante ex lege ed il secondo, per reiterare l’ordine di demolizione) e tali qualificati dallo stesso Erminione secondo cui il richiesto “annullamento dell’atto soprintendizio presupposto determinerà anche la caducazione degli atti consequenziali emessi dal Comune…”.
Di essi, quindi, non ci si occuperà, posto che, in assenza di denunce autonome (i motivi aggiunti, oltre a censurare il provvedimento soprintendizio, reiterano quelle già contenute nel ricorso introduttivo e già, come innanzi, ritenute non utili per far luogo all’annullamento dell’ordine di demolizione), la qualificazione operatane dal ricorrente e la sorte ad essi da riservarsi è del tutto condivisibile e condivisa dal Tribunale: simul stabent e simul cadent o non cadent.
8a- La tesi attorea si dipana lungo due binari:
- il primo -che, nei sensi di cui appresso, ha tratto rinnovato vigore dai contenuti della già richiamata pronuncia del giudice penale- secondo cui “l’unica condizione imprescindibile per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria ex art. 167, comma 4, d. l.vo n. 42 del 2004 è quella prevista dalla lettera a), ovvero che i lavori non abbiano determinato creazioni di superfici utili o di volumi, ovvero aumenti di quelli legittimamente realizzati”, (circostanza in cui qui si verterebbe, per come concluso dal giudice penale), nel mentre, quanto alle ipotesi previste dalle restanti due lettere b) e c) della previsione in commento, “resta la discrezionalità dell’amministrazione”, di cui, nella presente fattispecie, non sarebbe stato fatto corretto utilizzo;
- il secondo, secondo cui “la disciplina della zona E 4 fissata dal Comune di Massa Lubrense consente l’esecuzione di interventi di ristrutturazione edilizia”, con conseguente, e non assolto, obbligo per la Soprintendenza di tenerne conto, non potendo “costituire impedimento al rilascio di un parere favorevole la considerazione che, in sede di istanze di sanatoria, per i limiti fissati dall’art. 167, non sarebbero consentiti quegli interventi che i piani urbanistici, nelle singole zone, ammettono previo rilascio del prescritto titolo abilitativo”.
9- Orbene, in primo luogo rileva il Collegio che:
- l’art. 43 del P.R.G. del Comune di Massa Lubrense, recante la disciplina della Zona E4 – Agricola, quale versato in atti dal ricorrente, dispone che:
“…Su tutti gli immobili esistenti sono consentiti, previa autorizzazione, interventi di manutenzione straordinaria che non modifichino i profili esistenti e non incrementino i volumi, né le superfici utili, e, previa concessione, di ristrutturazione edilizia così come definita dal PUT.
Previa concessione edilizia di cui all’art. 27 delle presenti Norme è consentita, relativamente all’edilizia di cui è documentabile, in base a certificazione catastale e/o cartografie ufficiali, l’esistenza a tutto il 1955, l’adeguamento funzionale una tantum esclusivamente ai fini della… .. “ (il prosieguo non è stato dato leggere, in quanto versata in atti solo la pag. 67 del P.R.G. che reca le sopraccennate previsioni e si interrompe al punto innanzi riprodotto).
- l’art. 17 del P.U.T. dell’area sorrentino-amalfitana –recante la ripartizione dei territori in 15 zone da recepirsi direttamente nella zonizzazione e normativa dei Piani regolatori generali dei Comuni ovvero, come accade anche per la zona 4 (riqualificazione insediativa ed ambientale di 1° grado) qui in rilievo, da “articolarsi in zone del Piano regolatore con normativa nel rispetto delle indicazioni del presente articolo”- nell’occuparsi della (sotto) “zona E agricola” non reca alcun riferimento ad interventi di ristrutturazione (come peraltro annotato sulla comunicazione via fax indirizzata dal geom. Gargiulo al difensore attoreo nel trasmettergli lo stralcio del PRG e del PUT) per consentire, quanto ad interventi “sull’edilizia esistente a tutto il 1955 e nel rispetto delle norme tecniche di cui al successivo titolo IV”, solo il “restauro conservativo e la manutenzione ordinaria e straordinaria”, oltre che l’adeguamento per la creazione di servizi igienici nel rispetto di predefiniti parametri (di cui, deve presumersi, anche al prosieguo della previsione del P.R.G.).
E tanto è vieppiù significativo ove si consideri che la ristrutturazione, sempre secondo le indicazioni di cui al successivo titolo IV, è ammessa espressamente, in una agli altri interventi a carattere manutentivo, per la (sotto) zona B sempre della zona territoriale 4 in commento ed ove ancora si consideri che la previsione, nell’ambito del titolo IV, che si occupa della “Ristrutturazione degli edifici” (prevista, lo si ripete, solo per la sotto zona B) in ogni caso consente esclusivamente “operazioni di sostituzione parziale o totale delle strutture orizzontali… nella misura strettamente necessaria a raggiungere le altezze minime regolamentari”, ovvero non demolizione e ricostruzione dell’intero.
Ne consegue -stante la pacifica vincolatività delle previsioni del P.U.T. (cfr., amplius sul punto, Tar Campania, questa Settima Sezione, n. 2967 del 28 maggio 2015, contenente riferimenti anche alla giurisprudenza costituzionale, e l’ancora più articolata n. 4617 del 14 ottobre 2013) non contraddicibili da ambigue prescrizioni del P.R.G. che, comunque, rinviano alla “definizione del P.U.T.”- che deve escludersi la possibilità di farsi luogo ad interventi quali quello qui posto in essere.
E tanto, quindi, anche ove l’intervento effettuato potesse qualificarsi come di “ristrutturazione” secondo i canoni edilizi, ancorchè non sia stata affatto comprovata la sua “fedeltà”, come dovuto, anche nella sagoma al preesistente, e non invece “nuova opera”, come sostenuto, sia pur in via apodittica, dalla difesa erariale; e tanto ancora pur ove potesse prescindersi dall’ulteriore considerazione che la preesistenza edificata, per poter essere considerata legittima, aveva a dover risalire al 1955 e non (solo) al 1967, come qui affermato, sempre in via apodittica peraltro in presenza di un vincolo risalente a data anteriore: al 1962, come notorio e come leggesi nel corpo della pronuncia del giudice penale già richiamata.
Ed invero, stante la diversità dei beni protetti, ancorchè tutti collegati alla cura ed all’armonia del Territorio, nonché il preminente valore della tutela paesaggistica, scolpito nell’art. 9 Cost., non è -in definitiva- revocabile in dubbio che la “ricostruzione” sia qui possibile solo nei limiti, non estensibili, fissati dalle previsioni del P.U.T., approvate con legge regionale della Campania: n. 35 del 1987.
10- In detto quadro ed in presenza delle già raggiunte conclusioni vani si appalesano gli sforzi della diligente difesa attorea, volti a sostenere l’ammissibilità del parere favorevole non essendovi qui stati incrementi di volumi e di superfici.
“L’immutabilità dell’accertamento dei fatti nella loro materialità operato nella sede penale”, su cui si sofferma nella memoria conclusionale la detta difesa attorea, non può assumere infatti quel rilievo che ad essa ì si intenderebbe conferire.
Il giudice penale (peraltro con pronuncia sulla quale non si afferma essersi formato il giudicato) è sì giunto alla conclusione -processuale nell’ambito delle regole e dei parametri di giudizio suoi propri- che “la fattispecie concreta si presenta come di un manufatto demolito e ricostruito con medesima superficie e volumi” (accogliendo, in particolare, le deposizioni dei testi, a fronte delle dichiarazioni di parte pubblica di non aver elementi chiari per parametrare la consistenza immobiliare in assenza di misure e planimetrie e non potendo essere di ausilio nemmeno i rilievi satellitari poco chiari per la presenza di vegetazione), ma nulla ha affermato quanto alla conformità della sagoma, alla risalenza ed alle condizioni della preesistenza, nettamente differenziando i profili edilizi/urbanistici da quelli paesaggistici per la cui violazione ha comminato la condanna di cui si è già innanzi detto.
Ciò detto, richiamato quanto innanzi già concluso in tema di interventi ammessi e non ammessi nella zona, il che esonera il Collegio dal soffermarsi ulteriormente sulle diversità degli stessi concetti di “superfici” e “volumi” a seconda dell’ottica nella quale ci si pone (urbanistico/edilizia o paesaggistica), non vi è spazio proficuo per l’accoglimento della tesi attorea secondo la quale, immutati superficie e volume, l’amministrazione statale preposta alla tutela dei beni paesaggistici avrebbe avuto la possibilità di rilasciare un parere favorevole.
11- Tale tesi non convince il Collegio (nemmeno in astratto).
Essa è frutto di una lettura disgiunta delle tre ipotesi contemplate dall’art. 164, comma 4, del d. l.vo n. 42 del 2004 e da una prevalenza assegnata alla prima –lettera a)– che non corrispondono né alla lettera, né alla ratio dell’istituto.
La previsione recita: “4. L'autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei seguenti casi: a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
b) per l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;
c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380”.
La collocazione sub lettera a) della necessità che i lavori realizzati non abbia determinato aumenti di superfici utili e di volumi non appare affatto essere ispirata ad una logica di separazione, rispetto alle restanti lettere, ma, al contrario, proprio perché prima collocata, si appalesa quale norma (edilizia) di sbarramento rispetto al coacervo che intende “sanabili” (paesaggisticamente) soltanto dati interventi, nel rispetto degli obblighi conservativi dell’esistente “legittimamente realizzato”, con onere della relativa dimostrazione in capo al richiedente.
12- E tanto, saldato a quanto già in precedenza argomentato e concluso, è sufficiente a mandare indenne il gravato parere di non compatibilità paesaggistica dalle censure mossegli: posto che lo stesso, se pur stringato, era quello solo possibile nel rispetto della legge, della quale la Soprintendenza ha mostrato di fare puntuale applicazione, a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, proprio laddove, nel dispositivo, afferma il contrasto dell’intervento con la lettera c) del ripetuto comma 4 dell’art. 167, ovvero negando allo stesso quelle caratteristiche manutentive invece da possedersi per essere ammessi a “sanatoria”.
12a- Anche i motivi aggiunti sono quindi infondati e vanno, in conseguenza, respinti.
13- Traendo le definitiva fila della composita impugnativa, la stessa va respinta nella sua interezza.
13a- Le spese di causa possono, nondimeno, essere compensate fra le parti costituite avuto conto di alcune peculiarità della vicenda sostanziale.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima), pronunciando sul ricorso ed i motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, entrambi li respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Alessandro Pagano,Presidente
Arcangelo Monaciliuni,Consigliere, Estensore
Marina Perrelli,Primo Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/07/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)