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Atto di riproposizione nel giudizio amministrativo - Cons. Stato, sez. IV, sent. n.6442 del 30.12.2014

Pubblico
Martedì, 30 Dicembre, 2014 - 01:00

Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), sentenza n.6442 del 30 dicembre 2014, sull'atto di riproposizione nel giudizio amministrativo 
 
N. 06442/2014REG.PROV.COLL.
 
N. 05930/2014 REG.RIC.
 
N. 06367/2014 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Consiglio di Stato
 
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
 
ha pronunciato la presente
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 5930 del 2014, proposto da: 
Consorzio Per Lo Sviluppo Industriale della Provincia di Cosenza - Ente Pubblico Economico, rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Spataro, con domicilio eletto presso Francesco Lilli in Roma, Via di Val Fiorita N.90; 
contro
Beatrice Candida Quintieri, Maria Francesca Quintieri, rappresentati e difesi dagli avv. Raffaele Mirigliani, Vincenzo Scirchio, con domicilio eletto presso Raffaele Mirigliani in Roma, Via della Frezza, 59; 
nei confronti di
Commissario Delegato Per L'Emergenza Ambientale Nel Territorio della Regione Calabria, rappresentato e difeso dagli avv. Paolo Falduto, Mariano Calogero, con domicilio eletto presso Sede Roma Delegazione Regione Calabria in Roma, piazza di Campitelli, 3; 
 
 
sul ricorso numero di registro generale 6367 del 2014, proposto da: 
Regione Calabria, in persona del Presidente p.t. della Giunta, rappresentata e difesa dagli avv. Mariano Calogero, Paolo Falduto, con domicilio eletto presso Graziano Pungì in Roma, Via Ottaviano N. 9; 
contro
Beatrice Candida Quintieri, Maria Francesca Quintieri, rappresentati e difesi dall'avv. Raffaele Mirigliani, con domicilio eletto presso Francesco Mirigliani in Roma, Via della Frezza 59; 
nei confronti di
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento Protezione Civile, Commissario Delegato Per L'Emergenza Ambientale Nel Territorio della Regione Calabria, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici ope legis domiciliano in Roma, Via dei Portoghesi, 12; 
Consorzio Per Lo Sviluppo Industriale per la Provincia di Cosenza, rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Spataro, con domicilio eletto presso Francesco Lilli in Roma, Via di Val Fiorita N.90; Corap -Consorzio Regionale Per Lo Sviluppo delle Attività Produttive; 
per la riforma
della sentenza del T.a.r. Calabria - Catanzaro :sezione II n. 00680/2014, resa tra le parti, concernente condanna al risarcimento danni a seguito acquisizione aree per pubblica utilità.
concernente condanna al risarcimento danni a seguito acquisizione aree per pubblica utilità
 
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Beatrice Candida Quintieri e di Maria Francesca Quintieri e di Commissario Delegato Per L'Emergenza Ambientale Nel Territorio della Regione Calabria e di Beatrice Candida Quintieri e di Maria Francesca Quintieri e di Presidenza del Consiglio dei Ministri e di Dipartimento Protezione Civile e di Commissario Delegato Per L'Emergenza Ambientale Nel Territorio della Regione Calabria e di Consorzio Per Lo Sviluppo Industriale per la Provincia di Cosenza;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 dicembre 2014 il Cons. Nicola Russo e uditi per le parti gli avvocati Francesco Lilli (su delega di Spataro), Mirigliani Pungì (su delega di Calogero), e l'avv. dello Stato Varrone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO
Con la sentenza n. 680/2014, ora appellata, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, sede di Catanzaro, accoglieva la domanda di risarcimento danni avanzata dalle sig.re Beatrice Quintieri Candida e Maria Francesca Quintieri nei confronti del Consorzio per lo Sviluppo Industriale della Provincia di Cosenza (di seguito Consorzio) e del Commissario Delegato per l'Emergenza Ambientale nel Territorio della Regione Calabria (di seguito Commissario).
Le sig.re Quintieri si erano rivolte al Tar Calabria, attraverso un atto di riproposizione del processo, dopo che il Tribunale Civile di Catanzaro con sent. n. 2531/2011 aveva dichiarato il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario a conoscere della controversia.
Le ricorrenti agivano in qualità di proprietarie dei terreni siti nel Comune di Corigliano Calabro interessati dalla procedura ablativa avviata con Decreto del Prefetto di Cosenza prot. n. 2991/1.7C.l del 26.9.1995, con cui il Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale Piana Sibari-¬Valle Crati, con sede in Cosenza, era stato autorizzato ad effettuarne l’occupazione temporanea e di urgenza, al fine di realizzare un impianto di depurazione consortile.
Con l’atto di riproposizione le ricorrenti precisavano che, con le sentenze del TAR Calabria n. 465/2002 e n. 1692/2004, passate in giudicato, erano stati annullati gli atti ed i provvedimenti amministrativi intervenuti nella procedura ablativa de qua e che, con sentenza di ottemperanza del TAR Calabria n. 542 del 21.4.2006, era stato ordinato al Commissario Delegato per l’Emergenza Ambientale della Regione Calabria ed al Consorzio per lo Sviluppo Industriale per la Provincia di Cosenza di dare esecuzione alle precitate sentenze e di restituire i terreni ai ricorrenti, con rigetto della domanda di corresponsione dei risarcimenti, in quanto formulata per la prima volta nel corso del giudizio di ottemperanza.
Ai fini della richiesta del risarcimento del danno, le ricorrenti si limitavano a richiamare per relationem “quanto già esposto dinanzi al Tribunale di Catanzaro con l’atto di citazione … e con le successive difese (v. memorie ex art. 183 cpc e comparsa conclusionale ed i documenti in quella sede prodotti)”.
Si costituiva in giudizio il Consorzio eccependo la nullità e/o inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 40 c.p.a., nonché l’inammissibilità della richiesta risarcitoria per intervenuto giudicato sul punto e difendendosi nel merito ritenendo gli eventuali danni non imputabili allo stesso.
L’adito Tar, disposta la CTP, con sentenza n. 680/2014, qui impugnata, accoglieva la domanda risarcitoria, condannando in solido il Consorzio per lo Sviluppo Industriale per la Provincia di Cosenza ed il Commissario Delegato per l’Emergenza Ambientale della Regione Calabria e, per essi, “gli enti nelle more subentrati” (ovverosia la Regione Calabria), “ad effettuare il doveroso risarcimento, tenendo presente le risultanze emerse dalla relazione di CTU, oltre interessi legali…”, nonché al pagamento delle spese di giudizio e di CTU.
Detta sentenza viene ora impugnata sia dal Consorzio, con ricorso R.G. 5930/2014, che dalla Regione Calabria, con ricorso R.G. 6367/2014.
Con il proprio atto di appello il Consorzio propone due motivi di ricorso.
Con il primo motivo ripropone l’eccezione di nullità e/o inammissibilità del ricorso ex adverso proposto in primo grado “per totale assenza degli specifici motivi di diritto a fondamento della domanda”, in quanto la controparte si sarebbe limitata a richiamare e a rinviare per relationem all’atto di introduzione del giudizio e alle memorie depositate dinanzi al giudice ordinario. Ciò determinerebbe una nullità del ricorso in base all’art. 40 c.p.a., che richiede che l’atto introduttivo del giudizio contenga distintamente i motivi specifici su cui lo stesso si fonda. Con il secondo motivo di ricorso il Consorzio solleva censure attinenti alle statuizioni di merito della sentenza di prime cure, ritenendo che non sia stata raggiunta la prova circa l’imputabilità del danno allo stesso.
Si sono costituite in giudizio le sig.re Beatrice Quintieri Candida e Maria Francesca Quintieri, difendendosi con memoria di costituzione e successiva memoria di sintesi, chiedendo il rigetto del ricorso. In particolare, in relazione al primo motivo di ricorso proposto dal Consorzio, le appellate ritengono che nessuna nullità sussista in merito all’atto di riproposizione proposto dalle stesse dinanzi al Tar, contenendo questo tutti gli elementi necessari ai fini del contraddittorio e dell’esame del giudice; in via subordinata, chiedono sul punto che sia disposto un ordine di rinnovazione dell’atto ex art. 44 co. 2 c.p.a. o che, ai sensi dell’art. 37 c.p.a., siano rimesse in termini per errore scusabile.
Le appellate spiegano inoltre ricorso incidentale avverso i capi della sentenza di prime cure attinenti alla “manifestamente inadeguata liquidazione delle spese di lite e alla quantificazione del danno”.
Impugna la prefata sentenza anche la Regione Calabria, sostenendo il proprio difetto di legittimazione passiva ad causam nella presente controversia.
Con ordinanza n. 4392/2014 questa Sezione, in relazione al ricorso R.G. 5930/2014, ha disposto la sospensione cautelare della sentenza impugnata “apparendo, prima facie, fondate le censure afferenti al ricorso in riassunzione in primo grado”.
In vista dell’udienza di discussione le parti appellate hanno depositato una memoria conclusiva, richiamandosi al principio di autosufficienza e al fatto che non vi sarebbe incertezza assoluta sull’oggetto della domanda.
Alla pubblica udienza dell’ 11 dicembre 2014 le cause, chiamate congiuntamente per la trattazione, sono state discusse e assunte in decisione.
DIRITTO
Deve in primo luogo disporsi la riunione degli appelli, in quanto proposti avverso la medesima sentenza.
Il Collegio ritiene fondato il primo motivo di appello proposto dal Consorzio.
Infatti, le sig.re Quintieri, odierne appellate, si sono rivolte al Tar Calabria con atto con cui riproponevano la causa per cui il giudice ordinario si era dichiarato sfornito di giurisdizione.
Con detto atto, dopo le premesse in fatto, le ricorrenti non articolavano alcun motivo in diritto ma si limitavano a rinviare per relationem – allo scopo dichiarato di evitare “ripetizioni ai fini dell’esposizione del fatto e delle ragioni di diritto” – e, quindi, a “richiamare e riproporre tutto quanto già esposto dinanzi al Tribunale di Catanzaro con atto di citazione prima indicato e con le successive difese (v. memorie ex. art. 183 c.p.c. e comparsa conclusionale ed i documenti in quella sede prodotti)”.
L'istituto della translatio iudicii tra giudice ordinario e giudice amministrativo ha trovato ingresso nel nostro ordinamento fin dalle pronunce della Corte Costituzionale e dalla Corte di Cassazione del 2007 (Cass., S.U., 22.2.2007, n. 4109, seguita dalla pronuncia della Corte Cost., 12.2.2007 n. 77), che hanno superato il precedente principio di incomunicabilità tra ordini giurisdizionali, incompatibile con una pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale.
Ha infatti rilevato il giudice delle leggi che “Se è vero, infatti, che la Carta costituzionale ha recepito, quanto alla pluralità dei giudici, la situazione all'epoca esistente, è anche vero che la medesima Carta ha, fin dalle origini, assegnato con l'art. 24 (ribadendolo con l'art. 111) all'intero sistema giurisdizionale la funzione di assicurare la tutela, attraverso il giudizio, dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi. Questa essendo la essenziale ragion d'essere dei giudici, ordinari e speciali, la loro pluralità non può risolversi in una minore effettività, o addirittura in una vanificazione della tutela giurisdizionale: ciò che indubbiamente avviene quando la disciplina dei loro rapporti – per giunta innervantesi su un riparto delle loro competenze complesso ed articolato – è tale per cui l'erronea individuazione del giudice munito di giurisdizione (o l'errore del giudice in tema di giurisdizione) può risolversi in un pregiudizio irreparabile della possibilità stessa di un esame nel merito della domanda di tutela giurisdizionale. Una disciplina siffatta, in quanto potenzialmente lesiva del diritto alla tutela giurisdizionale e comunque tale da incidere sulla sua effettività, è incompatibile con un principio fondamentale dell'ordinamento, il quale riconosce bensì la esistenza di una pluralità di giudici, ma la riconosce affinché venga assicurata, sulla base di distinte competenze, una più adeguata risposta alla domanda di giustizia, e non già affinché sia compromessa la possibilità stessa che a tale domanda venga data risposta” .
L'istituto della translatio iudicii trova ora cittadinanza all'art. 11 del Codice del Processo Amministrativo, in base al quale il giudice amministrativo, quando declina la propria giurisdizione, indica, se esistente, il giudice nazionale che ne è fornito. In questo caso “… ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda se il processo è riproposto innanzi al giudice indicato nella pronuncia che declina la giurisdizione, entro il termine perentorio di tre mesi dal suo passaggio in giudicato” (art. 11, co. 2, c.p.a.). Analogamente, nel caso inverso, in cui un altro giudice dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo, si applica la medesima regola, ma quest’ultimo, alla prima udienza del giudizio tempestivamente riproposto dinanzi a lui, “può sollevare anche d’ufficio il conflitto di giurisdizione” (art. 11, co. 3, c.p.a.).
Seppur non si rinvengono precedenti giurisprudenziali sul punto, deve ritenersi che nel caso in cui il giudice ordinario abbia declinato la propria giurisdizione, l’atto di riproposizione con cui si porta la causa a conoscenza del giudice amministrativo debba seguire le regole che disciplinano tale processo e dovrà pertanto avere i requisiti previsti dall’art. 40 c.p.a. per l’atto di introduzione del giudizio.
E’ noto che l’art. 40, co. 1, lett d) c.p.a. prevede al riguardo che il ricorso debba contenere “l’indicazione specifica dei motivi di ricorso” ed in caso di violazione di tale prescrizione il codice prevede espressamente l’inammissibilità dei motivi proposti (art. 40, co. 2, c.p.a).
Tale previsione è stata ribadita ripetutamente dalla giurisprudenza, seppur non con specifico riferimento all’istituto della translatio iudicii. Nel ricorso, i motivi di gravame, pur se non rubricati in modo puntuale né espressi con formulazione giuridica assolutamente rigorosa, devono essere però esposti con specificità sufficiente a fornire almeno un principio di prova utile alla identificazione delle tesi sostenute a supporto della domanda finale (cfr. ex multis Cons. St., sez. V, 15 luglio 2013, n. 3795; Cons. St., sez. VI, 09 luglio 2012, n. 4006).
Deve ritenersi che tali previsioni si applichino anche nel caso in cui la causa venga introdotta di fronte al giudice amministrativo in caso di translatio iudicii a mezzo di atto di riproposizione.
Non può, invece, contrariamente all’assunto delle appellate, trovare applicazione sul punto l’art. 125 delle disp. att. del c.p.c., il quale, “salvo che dalla legge sia disposto diversamente”, indica degli elementi necessari “dell’atto di riassunzione” e tra questi non figura un’indicazione specifica dei motivi, ma solo il “richiamo all’atto introduttivo del giudizio”.
Tale disposizione non può considerarsi norma applicabile anche nel processo amministrativo in forza del rinvio esterno ex art. 39 c.p.a. Tale rinvio, serve infatti ad “integrare” le regole che disciplinano il processo davanti al giudice amministrativo applicando le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili o espressione di principi generali.
Nel caso di specie, il Codice del Processo Amministrativo senz’altro già contiene le regole volte a regolare il contenuto del ricorso.
Inoltre, può dubitarsi dell’applicazione dell’art. 125 disp. att. c.p.c., in quanto tale articolo disciplina gli atti di “riassunzione” mentre in caso di translatio iudicii la parte è onerata dal “riproporre” il processo. Infatti, di norma l’atto di riassunzione è un mero atto di impulso processuale, non contiene una domanda e non ha quindi le caratteristiche dell’atto introduttivo e può infatti essere proposto da qualsiasi parte del processo (nel processo amministrativo l’atto di riassunzione trova disciplina all’art. 80 c.p.a). Diverso è, invece, l’atto di riproposizione, che assume le forme dell’atto introduttivo.
Deve quindi ritenersi, in accoglimento del primo motivo di appello proposto dal Consorzio - già sollevato in primo grado sotto forma di eccezione di nullità e/o inammissibilità, non esaminata dal primo giudice - che il ricorso proposto in prime cure sia inammissibile per mancanza o totale assenza, dei motivi di diritto, e, cioè, delle ragioni giuridiche poste a fondamento della domanda.
Non può neppure ammettersi la richiesta di parte appellata di disporre una rinnovazione dell’atto ai sensi dell’art. 44 co. 2 c.p.a., in quanto tale norma può trovare applicazione in caso di semplice irregolarità, mentre qui si è di fronte ad un caso di inammissibilità del ricorso per mancanza di indicazione specifica dei motivi posti alla base dello stesso.
Neppure può procedersi ad una rimessione in termini ex art. 37 c.p.a..
I presupposti per la concessione dell’errore scusabile sono individuabili esclusivamente nell’oscurità del quadro normativo, nelle oscillazioni giurisprudenziali, in comportamenti ambigui dell’Amministrazione, nell’ordine del giudice di compiere un determinato adempimento processuale in violazione dei termini effettivamente previsti dalla legge, nel caso fortuito e nella forza maggiore. (Cons. St., sez. V, 31 ottobre 2013, n. 5246). Non ricorrono nel caso di specie tali presupposti dal momento che, seppur non vi sono precedenti giurisprudenziali in materia, non può ritenersi che si sia davanti ad un “errore scusabile in presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto”. Le disposizioni codicistiche appaiono chiare in materia di requisiti degli atti introduttivi del giudizio e gli obblighi di diligenza gravanti sulla parte avrebbero comunque imposto di indicare i motivi specifici su cui si fonda il ricorso nell’atto di riproposizione del processo.
Del resto, l’istituto della rimessione in termini riveste carattere eccezionale e l’art. 37 c.p.a. deve considerarsi norma di stretta interpretazione, dal momento che un uso eccessivamente ampio della discrezionalità giudiziaria, che esso presuppone, lungi dal rafforzare l’effettività della tutela giurisdizionale, potrebbe comportare un grave vulnus del pariordinato principio di parità delle parti relativamente al rispetto dei termini perentori stabiliti dalla legge processuale (cfr. Cons. St., Ad. Plen., 9 agosto 2012 n. 32; e, ex multis, Cons. St., sez. IV, 27 giugno 2014, n. 3231; Cons. St., sez. IV, 22 maggio 2014, n. 2642; Cons. St.,sez. IV, 19 dicembre 2013, n. 6108; Cons. St., sez. V, 15 luglio 2013, n. 3801; Cons. St., sez. VI, 23 gennaio 2013, n. 394).
L’atto di riproposizione del processo presentato in primo grado risulta sfornito pertanto dei requisiti previsti a pena di inammissibilità dall’art. 40 c.p.a. ed il giudice di prime cure ha errato nel non esaminare l’eccezione sul punto sollevata da controparte e nel non pronunciare sentenza di definizione del processo in rito.
Deve pertanto accogliersi il primo motivo di appello proposto dal Consorzio avverso la sentenza di primo grado e, in riforma della stessa, dichiarare il ricorso inammissibile.
A fronte di detta inammissibilità del ricorso proposto in primo grado, non si procede ad esaminare l’appello proposto avverso la medesima sentenza dalla Regione Calabria (che lamenta il proprio difetto di legittimazione passiva), per carenza di interesse. Non si procede altresì, sempre per carenza di interesse, ad esaminare gli ulteriori motivi di ricorso proposti dal Consorzio, né l’appello incidentale proposto dalle appellate Quintieri, che si appunta su capi della sentenza vertenti su questioni di merito, travolte dalla pronuncia di rito di inammissibilità del ricorso di primo grado.
Data anche la novità della questione di diritto esaminata, sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sugli appelli in epigrafe, previamente riuniti, accoglie l’appello proposto dal Consorzio per lo Sviluppo Industriale della Provincia di Cosenza (R.G. 5930/2014) e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara inammissibile il ricorso proposto in primo grado.
Dichiara improcedibili l’appello proposto dalla Regione Calabria (R.G. 6367/2014) avverso la medesima sentenza, nonché l’appello incidentale proposto dalle parti appellate.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Numerico,Presidente
Nicola Russo,Consigliere, Estensore
Diego Sabatino,Consigliere
Raffaele Potenza,Consigliere
Andrea Migliozzi,Consigliere
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/12/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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