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Concessioni demaniali: non diritto di insistenza

Privato
Lunedì, 9 Settembre, 2024 - 15:45

Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Settima), sentenza n. 6687 del 24 luglio 2024, sulle concessioni demaniali no diritto di insistenza

MASSIMA

Non è configurabile un diritto di insistenza del concessionario uscente, privo di base legale e, in ogni caso, in contrasto con i principi generali di imparzialità, trasparenza e parità di trattamento di derivazione europea.

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9151 del 2023, proposto dalla società -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ettore Nesi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Ministero dell'economia e delle Finanze, l'Agenzia del Demanio e la Direzione regionale Abruzzo e Molise dell'Agenzia del Demanio, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;il Comune di Giulianova e la Regione Abruzzo, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo (Sezione Prima) n. -OMISSIS-, pubblicata in data -OMISSIS-.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'economia e delle finanze, dell'Agenzia del Demanio e della Direzione regionale Abruzzo e Molise dell'Agenzia del Demanio;

Visto l'appello incidentale proposto dall'Agenzia del Demanio - Direzione regionale Abruzzo e Molise;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 luglio 2024 il Cons. Brunella Bruno e udito per l'appellante principale l'avvocato Ettore Nesi;

Nessuno è comparso per le Amministrazioni costituite;

Svolgimento del processo

L'appellante, titolare dal 2002 di una concessione demaniale marittima avente ad oggetto un'area sita sul litorale del Comune di Giulianova, sulla quale insiste lo stabilimento balneare dalla medesima gestito, impugna la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il TAR per l'Abruzzo ha dichiarato improcedibile il ricorso e i primi sei motivi aggiunti da essa proposti avverso gli atti dell'amministrazione comunale recanti le richieste di pagamento dei canoni concessori in relazione a varie annualità e delle correlate imposte regionali, nonché avverso il verbale ispettivo della competente Direzione regionale dell'Agenzia del demanio prot. n. -OMISSIS-, respingendo in parte, invece, il settimo ricorso per motivi aggiunti - proposto avverso la nota prot. n. -OMISSIS-dell'amministrazione comunale, che ha determinato il ritiro dei precedenti ordini di introito sul presupposto che l'occupazione dell'area demaniale oggetto della concessione demaniale rilasciata nel 2022 fosse avvenuta sine titulo, con conseguente pretesa alla percezione della relativa indennità -, e dichiarandolo nella restante parte inammissibile per difetto di giurisdizione.

Sotto il profilo fattuale, deve rilevarsi che, in esito alle attività espletate dalla competente articolazione dell'Agenzia del Demanio, dalle quali è emersa una maggiore consistenza della superficie pertinenziale a destinazione commerciale rispetto a quella dichiarata dalla società, l'amministrazione comunale ha provveduto, a decorrere dal 2015, a notificare vari atti di recupero degli importi pretesi, come rideterminati.

In tale quadro si è inserito, nel 2019, il decreto di sottoposizione a sequestro preventivo emesso dal GIP di Teramo nell'ambito del procedimento avviato nei confronti della titolare della società per l'occupazione abusiva di suolo demaniale, stante la scadenza della concessione in data 31 dicembre 2007. La Corte di cassazione, con sentenza n. -OMISSIS-, ha accolto il ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Teramo avverso l'ordinanza del Tribunale della libertà di Teramo, rilevando che: "la concessione rilasciata alla -OMISSIS-, con scadenza alla data del 31 dicembre 2007, non potendo essere prorogata automaticamente per effetto dell'immediata applicazione nell'ordinamento interno della Direttiva B., era tamquam non esset. Essa semplicemente non "esisteva" più al momento dell'entrata in vigore dell'art. 1, comma 18, D.L. n. 194 del 2009, conv. in L. n. 25 del 2010, e, come tale non poteva essere oggetto di proroga al 31 dicembre 2015 e, quindi, al 31 dicembre 2020".

A seguito della sopra indicata sentenza, dunque, e in considerazione degli elementi agli atti della relativa istruttoria, l'amministrazione comunale, con nota prot. n.-OMISSIS-, ha incentrato le pretese sull'indennizzo per occupazione abusiva, ritirando, quindi, i precedenti ordini di introito sul presupposto dell'occupazione sine titulo dell'area demaniale,

Il TAR adito, con la sentenza indicata in epigrafe ha, in sintesi: a) respinto, stante la ritenuta irrilevanza nella fattispecie esaminata, l'istanza di sospensione del giudizio formulata dalla società ricorrente in considerazione dell'ordinanza di questa Sezione n. 8010 del 15 settembre 2022, di rimessione alla Corte di Giustizia della questione riferita alla conformità unionale delle previsioni dell'art. 49 cod. nav.; b) respinto l'eccezione, sollevata dalla difesa erariale, di inammissibilità del ricorso introduttivo e dei primi sei ricorsi per motivi aggiunti per difetto di giurisdizione, alla luce delle deduzioni afferenti all'esercizio da parte dell'amministrazione del potere autoritativo, con precipuo riferimento alla qualità dei beni incidente sulla quantificazione dei canoni demaniali pretesi; c) ritenuto prioritario, sul piano logico e giuridico, l'esame del settimo ricorso per motivi aggiunti, respingendolo nella parte riferita all'impugnazione del predetto atto prot. n. -OMISSIS-(come sopra esposto, di richiesta alla società del pagamento degli importi dovuti a titolo di occupazione abusiva dell'area demaniale, con ritiro dei precedenti ordini di introito), sulla base dell'infondatezza della censurata violazione dell'art. 21-nonies della L. n. 241 del 1990 e della sostanziale condivisione delle valutazioni espresse dalla Corte di cassazione nella prefata sentenza quanto alla scadenza del rapporto concessorio in data 31 dicembre 2007, nonché dichiarando detto ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione, relativamente alle contestazioni rivolte avverso la pretesa del pagamento dell'indennizzo per occupazione abusiva avanzata dal Comune. Conseguentemente, il ricorso introduttivo e i primi sei ricorsi per motivi aggiunti sono stati dichiarati improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse.

L'appellante critica la sentenza impugnata, deducendo l'erroneità delle conclusioni alle quali è pervenuto il primo giudice sia in relazione alle censure esaminate sia quanto alla declaratoria di parziale inammissibilità per difetto di giurisdizione del settimo ricorso per motivi aggiunti, con riproposizione, nell'ipotesi di accertata fondatezza delle censure proposte, dei motivi di ricorso formulati con il ricorso originario e con i primi sei motivi aggiunti, dichiarati improcedibili dal TAR.

Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell'economia e delle finanze, l'Agenzia del Demanio e la relativa Direzione regionale. Queste ultime, oltre ad articolare ampie deduzioni a sostegno dell'infondatezza dell'appello principale hanno proposto appello incidentale per ottenere la riforma del capo della sentenza impugnata relativo al rigetto dell'eccezione di integrale inammissibilità del gravame.

Il Comune di Giulianova e la Regione Abruzzo non si sono costituiti nel presente giudizio.

In data 22 maggio 2024, l'appellante principale ha depositato una perizia avente ad oggetto la quantificazione dei danni subiti, da parte di ignoti, nello stabilimento balneare e nei relativi spazi aperti e, successivamente, in data 1 giugno 2024, una memoria con la quale ha insistito sulla fondatezza delle censure proposte.

In data 1 luglio 2024, l'appellante principale ha prodotto copia del dispositivo della sentenza della Corte di cassazione n. -OMISSIS-, di annullamento dell'ordinanza della Corte di Appello di L'Aquila n. -OMISSIS-.

All'udienza pubblica del 2 luglio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1. Preliminarmente il Collegio deve esaminare l'appello incidentale proposto dall'Agenzia del Demanio, con il quale è stata richiesta la riforma della sentenza impugnata in ragione dell'integrale insussistenza della giurisdizione amministrativa, vertendo la controversia esclusivamente su questioni patrimoniali, inerenti alla contestata determinazione dei canoni dovuti per l'utilizzazione dell'area demaniale in questione, non integrante l'esercizio di alcun potere discrezionale da parte dell'Amministrazione.

1.1. L'appello incidentale è infondato.

1.2. Come chiarito reiteratamente dalla Corte di cassazione (cfr., ex multis, ord. n. 4803 del 2020) "la giurisprudenza di queste Sezioni Unite è consolidata nel senso che, in materia di concessioni demaniali, le controversie concernenti "indennità, canoni ed altri corrispettivi" riservate alla giurisdizione dell'A.G.O. sono solo quelle a contenuto meramente patrimoniale, nelle quali cioè non assume rilievo un potere di intervento della pubblica amministrazione "a tutela di interessi generali", mentre resta attratta alla giurisdizione del giudice amministrativo la lite che coinvolga l'azione autoritativa della P.A. sul rapporto concessorio sottostante, venendo in rilievo provvedimenti autoritativi di questa e dei quali si chieda in via principale la valutazione al giudice adito per la disapplicazione o l'annullamento (Cass., Sez. un., ord. 17 giugno 2010, n. 14614) ovvero investa l'esercizio di poteri discrezionali-valutativi nella determinazione del dovuto e non semplicemente di accertamento tecnico dei presupposti fattuali economico-aziendali, sia sull'an che sul quantum (così, tra molte: Cass., Sez. un., 24 giugno 2011, n. 13903; Cass., Sez. un., 12 ottobre 2011, n. 20939; Cass., Sez. un., 25 novembre 2011, n. 24902; Cass., Sez. un., 19 giugno 2014, n. 13940)".

Nella fattispecie, le contestazioni formulate dalla società involgono anche la qualità dei beni insistenti sull'area demaniale, sia in relazione all'incameramento delle superfici in esito al sopralluogo espletato nel 2008 sia quanto alla consistenza effettiva delle superfici aventi destinazione commerciale, con deduzioni che ineriscono alla definire la natura giuridica del rapporto concessorio, da cui poi discende, quale conseguenza, l'imputazione degli oneri e la loro misura, secondo le vigenti disposizioni normative.

Venendo, dunque, in rilievo la verifica dell'azione autoritativa della P.A. sull'economia dell'intero rapporto concessorio, il conflitto tra P.A. e concessionario si configura secondo il binomio potere-interesse (v. Cass. nn. 411 del 2007, 22661 del 2006).

2. Il Collegio può, dunque, procedere all'esame dell'appello principale, anch'esso infondato, per le ragioni di seguito esposte, dovendo la sentenza impugnata essere confermata, sia pure con alcune integrazioni della relativa motivazione.

3. Con il primo motivo di ricorso è stata censurata l'erroneità della sentenza impugnata in quanto il potere di autotutela esercitato dall'amministrazione con il ritiro dei precedenti ordini di introito e la conseguente richiesta del pagamento degli importi dovuti a titolo di occupazione abusiva dell'area demaniale, si porrebbe in contrasto con l'art. 21-nonies, comma 1 della L. n. 241 del 1990, che fissa un termine perentorio per provvedere, dovendosi escludere, contrariamente a quanto argomentato dal primo giudice, la configurabilità di false rappresentazione dei fatti ovvero delle altre circostanze previste dal comma 2-bis della medesima disposizione, derogatorie dell'operatività del predetto termine.

3.1. In disparte ulteriori considerazioni, ai fini del rigetto della censura risulta dirimente in rilievo che gli atti ritirati dall'amministrazione si sostanziano nelle richieste di pagamento dei canoni concessori e degli altri importi correlati al relativo rapporto, sicché non rientrano tra i provvedimenti di autorizzazione o attributivi di vantaggi economici, con la conseguenza che deve escludersi l'applicazione del limite temporale di diciotto mesi (ridotto a dodici con le modifiche introdotte con la L. 20 luglio 2021, n. 108) previsto dall'art. 21-nonies, comma 1, della L. n. 241 del 1990.

4. Dalla documentazione versata in atti emerge che la concessione demaniale rilasciata nel 2002 è scaduta in data 31 dicembre 2007.

4.1. A prescindere dalle statuizioni contenute nella sentenza della Corte di cassazione relativa al procedimento penale avviato nei confronti dell'appellante, tenuto conto anche la tendenziale autonomia del giudizio penale e di quello amministrativo (cfr., ex multis, Cons. St., Sez. VI, n. 10337 del 2023), il Collegio deve rilevare che, contrariamente a quanto dedotto dall'appellante principale, a decorrere dal 2008 non è intervenuta alcuna proroga della concessione in questione.

4.2. Deve evidenziarsi, infatti, che, come chiaramente emerge dalla delibera della Giunta comunale n.-OMISSIS- (prodotta agli atti del giudizio di primo grado dalla stessa società in data 13 luglio 2022, all. n. 28), l'amministrazione ha escluso qualsivoglia automatismo, stabilendo, per le ragioni ivi esplicitate, "il rilascio di singole concessioni esclusivamente per la sola stagione 2008 con scadenza inderogabile al 31 dicembre 2008", con la specificazione del previo "riscontro" da parte della competente articolazione dell'ente, "della corrispondenza dei requisiti minimi richiesti, nonché della idoneità anche sotto il profilo soggettivo in termini di continuità".

4.3. L'appellante non ha prodotto in giudizio alcun titolo concessorio successivo a quello che ha esaurito la propria efficacia il 31 dicembre 2007, con la conseguenza che a decorrere da tale data il rapporto concessorio non poteva più ritenersi in essere, dovendosi, dunque, escludere l'operatività delle proroghe ex lege intervenute successivamente, inclusa quella prevista dalla L. n. 118 del 2022.

4.4. A quanto esposto deve, altresì, soggiungersi che, come chiarito dall'univoca giurisprudenza, scaduta la concessione demaniale, il concessionario che rimanga nella detenzione del bene è un occupante abusivo: il mancato spossessamento o la mancata diffida a restituire il bene come pure l'eventuale riscossione dei canoni non comportano, infatti, un rinnovo tacito della concessione, essendo necessario un espresso atto formale di concessione (cfr., ex multis, Cons. St., Sez. VI, 3 giugno 2020, n. 3467, ove viene evidenziato che non è "configurabile un diritto di insistenza del concessionario uscente, privo di base legale e, in ogni caso, in contrasto con i principi generali di imparzialità, trasparenza e parità di trattamento di derivazione europea"); né successivamente l'amministrazione ha l'obbligo di motivare la sua decisione di recuperare il possesso dell'immobile (cfr., Cons. St., Sez. VI, 17 marzo 2010, n. 1566, secondo cui: "La demanialità è indisponibile e non si può rinunciare ad essa in via di fatto: il mancato rinnovo della concessione demaniale e la mancanza di un provvedimento di sgombero non implicano sdemanializzazione implicita. Scaduta la concessione demaniale, il concessionario che rimanga nella detenzione del bene è un mero occupante abusivo: il mancato spossessamento non comporta, infatti, un rinnovo tacito della concessione; né successivamente l'Amministrazione ha l'obbligo di motivare la sua decisione di recuperare il possesso dell'immobile").

4.5. Deriva da quanto argomentato, inoltre, che alla luce della cessazione del rapporto concessorio nella data del 31 dicembre 2007, risulta del tutto ininfluente che all'epoca - secondo quanto sostenuto dall'appellante -, la direttiva 2006/123/CE non fosse ancora in vigore, non potendosi revocare in discussione l'esclusione di qualsivoglia ultrattività di una concessione ormai scaduta.

4.6. Ed è appena il caso di soggiungere che, in assenza di un valido titolo concessorio, l'occupazione resta connotata da abusività, non essendo neppure configurabile in capo alla società un affidamento meritevole di tutela a fronte di una situazione di contrasto alla disciplina legale di riferimento.

5. Si evidenzia, inoltre, che, come correttamente affermato nella sentenza appellata con argomentazioni condivise dal Collegio e rimaste insuperate, l'amministrazione comunale, a seguito della rilevata occupazione sine titulo dell'area demaniale ha proceduto all'adozione dell'atto impugnato, non rivestendo l'omessa comunicazione dell'avvio del procedimento di autotutela portata invalidante, posto che la determinazione non avrebbe potuto comunque essere diversa da quella in concreto assunta.

6. Del pari correttamente, il primo giudice ha rilevato che le controversie aventi ad oggetto la debenza dell'indennizzo a titolo di occupazione abusiva di un'area demaniale rientrano nell'alveo della giurisdizione del giudice ordinario, in quanto riferite ai rispettivi diritti soggettivi delle parti nell'ambito di un rapporto paritetico (cfr. T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 15 giugno 2018, n. 196; T.A.R. Marche, 23 gennaio 2017, n. 55; T.A.R. Sardegna, Sez. I, 8 ottobre 2013, n. 623; Consiglio di Stato, Sez. IV, 22 maggio 2012, n. 2948). In particolare, con riguardo ad una fattispecie sovrapponibile a quella in esame, la giurisprudenza ha affermato che spetta al giudice ordinario la cognizione relativa al provvedimento con il quale venga chiesto il pagamento dell'indennizzo per l'omessa restituzione di un immobile demaniale, stante la natura privatistica del rapporto dedotto in giudizio che non coinvolge la verifica dell'azione autoritativa dell'amministrazione sul rapporto concessorio sottostante o l'esercizio di poteri discrezionali nella determinazione delle indennità o canoni stessi (cfr. Cassazione civile, Sez. Un., 15 maggio 2017, n. 11988).

7. Le argomentazioni che precedono rivestono valenza assorbente, con conseguente esclusione dello scrutinio delle deduzioni articolate con il ricorso originario e con i primi sei motivi aggiunti del giudizio di primo grado, riproposte, peraltro, dall'appellante principale solo subordinatamente all'accoglimento delle censure sopra esaminate (pag. 16, punto 141 dell'atto introduttivo del giudizio di appello).

8. E', dunque, esclusivamente per completezza, che si osserva che, con argomentazioni condivise dal Collegio, il primo giudice ha escluso la pertinenza rispetto alla fattispecie oggetto del giudizio - incentrata sulla pretesa dell'amministrazione alla corresponsione da parte dell'appellante degli importi dovuti a titolo di occupazione sine titulo dell'area demaniale e sulla relativa quantificazione -, dei dubbi di conformità unionale dell'art. 49 cod. nav., oggetto dell'ordinanza di questa Sezione n. 8010 del 15 settembre 2022, di rimessione alla Corte di Giustizia. Al riguardo, sempre per completezza, si rileva che i verbali di consistenza del 1982 e quello del 2008 non constano aver costituito oggetto di alcuna tempestiva contestazione. Inoltre, con sentenza dell'11 luglio 2024, causa C-598/22, la Corte di Giustizia ha concluso nel senso che l'art. 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che "esso non osta ad una norma nazionale secondo la quale, alla scadenza di una concessione per l'occupazione del demanio pubblico e salva una diversa pattuizione nell'atto di concessione, il concessionario è tenuto a cedere, immediatamente, gratuitamente e senza indennizzo, le opere non amovibili da esso realizzate nell'area concessa, anche in caso di rinnovo della concessione".

9. In conclusione, per le ragioni sopra esposte, sia l'appello principale sia quello incidentale vanno respinti in quanto infondati, con integrale conferma della sentenza appellata, esaurendo le questioni sopra vagliate la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c..

10. L'esito complessivo del giudizio e le peculiarità della fattispecie, come emergenti dalla documentazione in atti, giustificano la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima) definitivamente pronunciando sul giudizio (RG n. 9151 del 2023), come in epigrafe indicato, respinge sia l'appello principale sia l'appello incidentale e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata.

Compensa tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte appellante.

Conclusione

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2024 con l'intervento dei magistrati:

Roberto Chieppa, Presidente

Angela Rotondano, Consigliere

Raffaello Sestini, Consigliere

Laura Marzano, Consigliere

Brunella Bruno, Consigliere, Estensore

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