Contratto scritto con la PA per prestazioni
Tribunale ordinario di Tivoli, sentenza n.2 del 4 gennaio 2022, sulle obbligazioni della PA solo in forma scritta
MASSIMA
la volontà di obbligarsi della pubblica amministrazione non può desumersi per implicito da fatti o atti, dovendo essere manifestata nelle forme richieste dalla legge, tra le quali l'atto scritto “ad substantiam”, e pertanto nei confronti della stessa pubblica amministrazione non è configurabile il rinnovo tacito del contratto né rileva, per la formazione del contratto, un mero comportamento concludente, anche protrattosi per anni (cfr., ex pluribus, Cass. 10 giugno 2005, n. 12323, Cass. 3 agosto 2002 n.11649; sull'impossibilità giuridica di un tacito rinnovo del contratto con la pubblica amministrazione “per facta concludentia”, cfr. altresì Cass. 24 giugno 2002 n.9165; 12 febbraio 2002 n.1970; 11 gennaio 2000 n.188).
Il contratto d'opera professionale con la P.A., ancorché quest'ultima agisca “iure privatorum”, deve rivestire la forma scritta “ad substantiam”. L'osservanza della forma scritta richiede la redazione di un atto recante la sottoscrizione del professionista e dell'organo dell'ente legittimato ad esprimerne la volontà all'esterno, nonché l'indicazione dell'oggetto della prestazione e l'entità del compenso, dovendo escludersi che, ai fini della validità del contratto, la sua sussistenza possa ricavarsi da altri atti (quali, ad esempio, la delibera dell'organo collegiale dell'ente che abbia autorizzato il conferimento dell'incarico) ai quali sia eventualmente seguita la comunicazione per iscritto dell'accettazione da parte del medesimo professionista (Cass. n. 24679 del 2013; cfr. anche Cass. n. 21477 del 2013). Né è sufficiente che il professionista accetti, espressamente o tacitamente, la delibera a contrarre, poiché questa, anche se sottoscritta dall'organo rappresentativo medesimo, resta un atto interno, che l'ente può revocare “ad nutum” (Cass. n. 1167 del 2013). Il contratto mancante del succitato requisito è nullo e non è suscettibile di alcuna forma di sanatoria, sotto nessun profilo, poiché gli atti negoziali della P.A. constano di manifestazioni formali di volontà, non surrogabili con comportamenti concludenti (Cass. n. 11465 del 2020; nello stesso senso, Cass. n. 22501 del 2006; Cass. n. 15488 del 2001).
L'atto con il quale l'ente locale assume un obbligo contrattuale è valido a condizione che sia emesso un impegno di spesa destinato ad incidere, vincolandolo, su un determinato capitolo di bilancio, con attestazione della sussistenza della relativa copertura finanziaria come previsto dall'art. 191 d.lgs. n. 267 del 2000, diversamente discendendone la nullità tanto della deliberazione che lo autorizza quanto del susseguente contratto stipulato in attuazione di essa, ferma l'obbligazione a carico dell'amministratore, funzionario o dipendente del medesimo ente che sia responsabile della violazione. Differente è, invece, il regime stabilito per il parere di cui all'art. 49 del d.lgs. citato, attestante la mera regolarità contabile della volontà manifestata dagli organi politici del detto ente (consiglio o giunta), la mancata acquisizione del quale non comporta alcuna illegittimità o nullità né della deliberazione né del contratto (cfr. Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 33768 del 19/12/2019).
Ai sensi dell’art. 191, comma 4, TUEL, difatti, “Nel caso in cui vi è stata l'acquisizione di beni e servizi in violazione dell'obbligo indicato nei commi 1, 2 e 3, il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione e per la parte non riconoscibile ai sensi dell'articolo 194, comma 1, lettera e), tra il privato fornitore e l'amministratore, funzionario o dipendente che hanno consentito la fornitura. Per le esecuzioni reiterate o continuative detto effetto si estende a coloro che hanno reso possibili le singole prestazioni.”.
Orbene, se un rapporto obbligatorio sussiste, come afferma l’attore, lo stesso intercede, in mancanza di un contratto e degli ulteriori requisiti necessari per l’agere privatistico del Comune, “tra il privato fornitore e l'amministratore, funzionario o dipendente che hanno consentito la fornitura”, difettando dunque il requisito della sussidiarietà che implica l’assenza di altre azioni esperibili oltre a quella di ingiustificato arricchimento.
Il funzionario pubblico che abbia attivato un impegno di spesa per l'ente locale senza l'osservanza dei controlli contabili relativi alla gestione dello stesso (ossia al di fuori dello schema procedimentale previsto dalle norme cd. di evidenza pubblica), risponde – ai sensi dell'art. 23, comma 4, del d.l. n. 66 del 1989, conv., con modif., dalla l. n. 144 del 1989 – degli effetti di tale attività di spesa verso il terzo contraente, il quale è, pertanto, tenuto ad agire direttamente e personalmente nei suoi confronti e non già in danno dell'ente, essendo preclusa anche l'azione di ingiustificato arricchimento per carenza del necessario requisito della sussidiarietà, che è esclusa quando esista altra azione esperibile non solo contro l'arricchito, ma anche verso persona diversa. Né può ipotizzarsi una responsabilità dell’ente ex art. 28 Cost., in quanto tale norma presuppone che l’attività del funzionario sia riferibile all’ente medesimo, mentre la violazione delle regole contabili determina una frattura del rapporto di immedesimazione organica con la pubblica amministrazione.” (cfr. Cass. Sez. 1 -, sentenza n. 80 del 04/01/2017, Rv. 643017 - 01).
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 5126 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 2017, posta in decisione all’udienza del 7.6.2021, con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica, vertente
TRA
OMISSIS, titolare dell’omonima ditta individuale, con l’avv. Igor De Vincenzi Celiboni
ATTORE
E
COMUNE DI MAGLIANO ROMANO, in persona del legale rappresentante p.t., con l’avv. Marco Morelli
CONVENUTO
Conclusioni: come da verbale d’udienza del 7.6.2021
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione, OMISSIS, titolare dell’omonima ditta individuale, ha convenuto, dinanzi l’intestato Tribunale, il Comune di Magliano Romano, deducendo che, a seguito della valutazione positiva di un preventivo inviato dall’attore in data 5.11.2008, il Comune convenuto incaricava l’attore di effettuare una serie di lavori di cura e manutenzione del territorio comunale, dando poi luogo ad un “rapporto professionale” proseguito dall’anno 2009 sino al 2013, nel cui ambito Rinaldi Bruno, a seguito dell’invio di preventivi richiesti dall’Amministrazione, riceveva dal Comune convenuto numerosi incarichi, senza riceverne il compenso.
L’attore, in sede di memoria ex art. 183, sesto comma, n. 1, c.p.c., ha così articolato le proprie conclusioni, formulando in aggiunta a quelle rassegnate nell’atto introduttivo anche domanda di indennizzo per arricchimento senza causa: “voglia l’On. Tribunale adito, contrariis reiectis: a) accertare e dichiarare il diritto dell’attore OMISSIS al pagamento delle legittime spettanze in virtù dei contratti di appalto stipulati con il Comune di Magliano Romano RM, convenuto; b) accertare e dichiarare il diritto dell’attore all’indennizzo conseguente all’arricchimento senza giusta causa del Comune di Magliano Romano RM; c) conseguentemente ed a tale titolo condannare il Comune di Magliano Romano convenuto, in persona del Sindaco pro tempore come in atti, al pagamento della somma di € 39.567,80, come da sue singole componenti indicate agli atti; d) condannare comunque il convenuto al pagamento sulla citata somma degli interessi moratori commerciali, ex D.lgs. n. 192/2012 di modifica ed Rinaldi/ Comune integrazione del D.lgs. n. 231/2002, dalle singole scadenze al saldo effettivo; e) condannare il convenuto, come in atti, al pagamento ex D.M. Giustizia n.55/2014 delle anticipazioni esenti iva, delle spese generali al 15%, delle competenze ed onorari del presente giudizio, maggiorati di cpa e iva di legge.”.
Si è costituito in giudizio il Comune di Magliano Romano, contestando la sussistenza di un rapporto contrattuale con l’attore, e così articolando le proprie conclusioni in sede di comparsa di costituzione: “Piaccia all’Ill.mo Tribunale Civile adito, ogni contraria istanza, deduzione, argomentazione ed eccezione disattesa: a) In via assorbente e principale, respingere tutte le domande attoree in quanto del tutto infondate sia in fatto che in diritto per assenza di un contratto e/o di un atto di affidamento scritto tra il Comune di Magliano Romano e l’attore. b) In subordine, nella denegata - non creduta - ipotesi in cui sia riconosciuto un rapporto contrattuale, dichiarare il difetto di legittimazione passiva del Comune di Magliano Romano per interruzione del rapporto di immedesimazione organica e per intervenuta violazione dell’art. 191 TUEL e dichiarare la prescrizione del presunto credito da trasporto di cose. c) Per le ragioni spiegate nel suesposto atto e stante la condotta temeraria tenuta con l’introduzione del presente procedimento, Condannare in ogni caso la parte attrice al risarcimento dei danni subiti dal Comune di Magliano Romano ex art. 96, 1° comma c.p.c.. liquidati nella somma ritenuta di giustizia. Con vittoria di spese e compensi professionali.”.
Esperita attività istruttoria ed avvenuta in data 8.4.2019 la sostituzione della persona del Giudicante, all’udienza del 7.6.2021, sulle conclusioni delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione con assegnazione dei termini ordinari per conclusionali e repliche.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Le domande attoree non meritano accoglimento e devono essere respinte alla luce dei seguenti motivi.
È principio ben noto, costantemente ripetuto dalla giurisprudenza di merito e legittimità, quello secondo cui la volontà di obbligarsi della pubblica amministrazione non può desumersi per implicito da fatti o atti, dovendo essere manifestata nelle forme richieste dalla legge, tra le quali l'atto scritto “ad substantiam”, e pertanto nei confronti della stessa pubblica amministrazione non è configurabile il rinnovo tacito del contratto né rileva, per la formazione del contratto, un mero comportamento concludente, anche protrattosi per anni (cfr., ex pluribus, Cass. 10 giugno 2005, n. 12323, Cass. 3 agosto 2002 n.11649; sull'impossibilità giuridica di un tacito rinnovo del contratto con la pubblica amministrazione “per facta concludentia”, cfr. altresì Cass. 24 giugno 2002 n.9165; 12 febbraio 2002 n.1970; 11 gennaio 2000 n.188).
Ancora, la Corte di Cassazione ha condivisibilmente affermato che il contratto d'opera professionale con la P.A., ancorché quest'ultima agisca “iure privatorum”, deve rivestire la forma scritta “ad substantiam”. L'osservanza della forma scritta richiede la redazione di un atto recante la sottoscrizione del professionista e dell'organo dell'ente legittimato ad esprimerne la volontà all'esterno, nonché l'indicazione dell'oggetto della prestazione e l'entità del compenso, dovendo escludersi che, ai fini della validità del contratto, la sua sussistenza possa ricavarsi da altri atti (quali, ad esempio, la delibera dell'organo collegiale dell'ente che abbia autorizzato il conferimento dell'incarico) ai quali sia eventualmente seguita la comunicazione per iscritto dell'accettazione da parte del medesimo professionista (Cass. n. 24679 del 2013; cfr. anche Cass. n. 21477 del 2013). Né è sufficiente che il professionista accetti, espressamente o tacitamente, la delibera a contrarre, poiché questa, anche se sottoscritta dall'organo rappresentativo medesimo, resta un atto interno, che l'ente può revocare “ad nutum” (Cass. n. 1167 del 2013). Il contratto mancante del succitato requisito è nullo e non è suscettibile di alcuna forma di sanatoria, sotto nessun profilo, poiché gli atti negoziali della P.A. constano di manifestazioni formali di volontà, non surrogabili con comportamenti concludenti (Cass. n. 11465 del 2020; nello stesso senso, Cass. n. 22501 del 2006; Cass. n. 15488 del 2001).
Inoltre, deve essere osservato che, come costantemente affermato da parte della giurisprudenza di legittimità, l'atto con il quale l'ente locale assume un obbligo contrattuale è valido a condizione che sia emesso un impegno di spesa destinato ad incidere, vincolandolo, su un determinato capitolo di bilancio, con attestazione della sussistenza della relativa copertura finanziaria come previsto dall'art. 191 d.lgs. n. 267 del 2000, diversamente discendendone la nullità tanto della deliberazione che lo autorizza quanto del susseguente contratto stipulato in attuazione di essa, ferma l'obbligazione a carico dell'amministratore, funzionario o dipendente del medesimo ente che sia responsabile della violazione. Differente è, invece, il regime stabilito per il parere di cui all'art. 49 del d.lgs. citato, attestante la mera regolarità contabile della volontà manifestata dagli organi politici del detto ente (consiglio o giunta), la mancata acquisizione del quale non comporta alcuna illegittimità o nullità né della deliberazione né del contratto (cfr. Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 33768 del 19/12/2019).
Orbene, nel caso di specie, non esiste alcun atto negoziale con il quale l’Ente locale abbia assunto gli obblighi per cui è causa, né è stato specificamente allegato e dimostrato il rispetto del
procedimento divisato dall’art. 191 d.lgs. n. 267/00 (TUEL), non dispiegando rilevanza alcuna, con riguardo alla proposta azione contrattuale ed in mancanza dell’adibizione delle forme e delle procedure di legge, neppur con riguardo a quanto previsto per i lavori di somma urgenza dall’art. 191, comma 3, TUEL, i preventivi, le ricevute ed i buoni di consegna prodotti in copia dall’attore, né le risultanze dell’esperita istruttoria orale che dette forme e procedure non possono all’evidenza sostituire.
Consegue a tanto:
a) che nessun rilievo può in via generale assumere una eventuale ricognizione del debito o, a fortiori, una dedotta mancata contestazione in fase precedente all’instaurazione del giudizio, giacché la ricognizione di debito, consistendo in una dichiarazione unilaterale recettizia, non integra una fonte autonoma di obbligazione ma ha effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, comportando soltanto l'inversione dell'onere della prova dell'esistenza di quest'ultimo, sicché è destinata a perdere efficacia qualora la parte da cui provenga dimostri che il rapporto medesimo non sia stato instaurato, o sia sorto invalidamente (cfr. Cass. Sez. 1, sentenza n. 13506 del 13/06/2014);
b) che rimane del tutto irrilevante che i lavori siano stati effettuati;
c) che, anche a voler considerare che i lavori siano stati ordinati in situazione di indifferibilità ed urgenza, non vi è prova (né peraltro specifica allegazione) che gli stessi siano stati regolarizzati nei termini di legge;
d) che a nulla può rilevare la circostanza che l'Amministrazione abbia pagato alcuni dei lavori irritualmente commissionati e non abbia contestato le fatture;
e) che non risulta che l'Ente locale abbia riconosciuto il debito per cui è causa fuori bilancio.
Nessun rapporto contrattuale può ritenersi, dunque, validamente assunto in relazione ai fatti di causa tra OMISSIS, titolare dell’omonima ditta individuale, ed il Comune di Magliano Romano.
Per quanto concerne, poi, l’azione sussidiaria di arricchimento senza causa proposta per la prima volta da parte attrice in sede di memoria ex art. 183, sesto comma, n. 1, c.p.c., la stessa deve essere respinta in quanto difetta del requisito di sussidiarietà, alla luce delle stesse prospettazioni di parte attrice.
Ai sensi dell’art. 191, comma 4, TUEL, difatti, “Nel caso in cui vi è stata l'acquisizione di beni e servizi in violazione dell'obbligo indicato nei commi 1, 2 e 3, il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione e per la parte non riconoscibile ai sensi dell'articolo 194, comma 1, lettera e), tra il privato fornitore e l'amministratore, funzionario o dipendente che hanno consentito la fornitura. Per le esecuzioni reiterate o continuative detto effetto si estende a coloro che hanno reso possibili le singole prestazioni.”.
Orbene, se un rapporto obbligatorio sussiste, come afferma l’attore, lo stesso intercede, in mancanza di un contratto e degli ulteriori requisiti necessari per l’agere privatistico del Comune, “tra il privato fornitore e l'amministratore, funzionario o dipendente che hanno consentito la fornitura”, difettando dunque il requisito della sussidiarietà che implica l’assenza di altre azioni esperibili oltre a quella di ingiustificato arricchimento.
In tal senso si è espressa la Corte di Cassazione, statuendo il seguente principio di diritto, qui condiviso, “Il funzionario pubblico che abbia attivato un impegno di spesa per l'ente locale senza l'osservanza dei controlli contabili relativi alla gestione dello stesso (ossia al di fuori dello schema procedimentale previsto dalle norme cd. di evidenza pubblica), risponde – ai sensi dell'art. 23, comma 4, del d.l. n. 66 del 1989, conv., con modif., dalla l. n. 144 del 1989 – degli effetti di tale attività di spesa verso il terzo contraente, il quale è, pertanto, tenuto ad agire direttamente e personalmente nei suoi confronti e non già in danno dell'ente, essendo preclusa anche l'azione di ingiustificato arricchimento per carenza del necessario requisito della sussidiarietà, che è esclusa quando esista altra azione esperibile non solo contro l'arricchito, ma anche verso persona diversa. Né può ipotizzarsi una responsabilità dell’ente ex art. 28 Cost., in quanto tale norma presuppone che l’attività del funzionario sia riferibile all’ente medesimo, mentre la violazione delle regole contabili determina una frattura del rapporto di immedesimazione organica con la pubblica amministrazione.” (cfr. Cass. Sez. 1 -, sentenza n. 80 del 04/01/2017, Rv. 643017 - 01).
Conclusivamente, le domande attoree devono essere respinte alla stregua dei motivi suesposti.
Il carattere dirimente delle considerazioni esposte, in applicazione del principio processuale della ragione più liquida del decidere, desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., determina l’assorbimento di ogni altra questione.
Le spese del presente giudizio, liquidate sul “petitum” secondo i parametri del D.M. 55/2014, seguono la soccombenza.
Deve essere poi rigettata l’istanza di condanna per lite temeraria proposta da parte convenuta ai sensi dell’art. 96 c.p.c..
Invero, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, non è possibile procedere alla condanna per lite temeraria se il danneggiato non alleghi e dimostri il pregiudizio concretamente sofferto in ragione della condotta di parte avversaria (cfr. Cass. Civ. n. 21798/2015). Nel caso di specie, detta prova non è stata fornita, essendosi parte convenuta limitata a censurare una condotta temeraria, senza nulla specificamente addurre in punto di danno risarcibile.
Pertanto, la suddetta istanza di condanna va rigettata.
P.Q.M.
Il Tribunale di Tivoli, definitivamente pronunciando, respinta od assorbita ogni diversa istanza ed eccezione, così provvede:
1. respinge le domande attoree;
2. condanna OMISSIS al pagamento, in favore del Comune di Magliano Romano, in persona del legale rappresentante p.t., delle spese del giudizio che liquida in complessivi euro 7.254,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge.
Così deciso in Tivoli, in data 4 gennaio 2022
Il Giudice
Dott. Francesco Maria Ciaralli