Danno da ritardo PA
Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, (Sezione Seconda Bis), sentenza n. 4597 del 20 aprile 2021, sul risarcimento del danno da ritardo della PA
MASSIMA
L’indennizzo per il ritardo della pubblica amministrazione è previsto a fronte di una attività illegittima della stessa Amministrazione, ossia in conseguenza alla violazione di un termine cogente.
La natura compensativa dell’indennizzo di cui all’art. 2 bis, l. n. 241 del 1990 e la circostanza che esso sia configurato quale rimedio ad una attività illecita della Pubblica amministrazione ostano a ritenere che il relativo diritto sorga solamente come conseguenza automatica della violazione del termine per provvedere, e cioè a prescindere dalla sussistenza di una lesione ad un interesse meritevole di tutela ulteriore e distinto da quello alla tempestiva conclusione del procedimento
SENTENZA
N. 04597/2021 REG.PROV.COLL.
N. 02865/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2865 del 2020, proposto da
-OMISSIS--OMISSIS-, -OMISSIS--OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato Riccardo Fiorentini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di -OMISSIS-, in persona del Sindaco, legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Simone Di Leginio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’accertamento
dell'obbligo dell'amministrazione di provvedere sulla procedura avviata con la nota n. 2019-0031667 del 23/5/2019 presentata al Comune di -OMISSIS-presso Uffici deputati, dai signori -OMISSIS--OMISSIS- e -OMISSIS--OMISSIS-, avente ad oggetto “ai sensi dell’art 80 e segg. del regolamento di Polizia Mortuaria, approvato con D.P.R. 10 settembre 1990 n.285, l’autorizzazione per la cremazione dei resti mortali del defunto padre -OMISSIS--OMISSIS- alias ‘-OMISSIS--OMISSIS-presso il crematorio del cimitero comunale di -OMISSIS- e l’autorizzazione al trasporto del feretro nel detto Comune ai sensi dell’art 26 citato D.P.R., nonché alla successiva traslazione delle ceneri nel Comune di -OMISSIS-”.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista la sentenza del 30 luglio 2020, nr. 8895, pronunciata tra le parti, con la quale è stato accolto il ricorso e nominato il Commissario ad acta, disponendo altresì la conversione del giudizio in rito ordinario ai fini della trattazione della domanda di risarcimento del danno;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 marzo 2021, celebratasi in collegamento da remoto, il dott. Salvatore Gatto Costantino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Nell’odierno giudizio, le parti controvertono in ordine alla domanda di risarcimento del danno che i ricorrenti lamentano di aver subito dal silenzio del Comune di -OMISSIS-in ordine alla loro richiesta di traslazione della salma del loro genitore -OMISSIS--OMISSIS-.
Con sentenza nr. 8895/2020 è stato definito il ricorso relativamente alla domanda di accertamento dell’illegittimità dell’inerzia; è stato fissato un termine al Comune per provvedere sulla istanza dei ricorrenti in applicazione dei presupposti di legge, meglio definiti in sentenza; è stato nominato, per il caso dell’inosservanza del termine, il Commissario ad acta nella persona del Capo del Dipartimento per le Politiche del personale dell'amministrazione civile e per le Risorse strumentali e finanziarie del Ministero dell’Interno, con facoltà di delega; è stato infine disposto il rinvio all’udienza del 3 marzo 2021 per l’esame della domanda di risarcimento del danno da ritardo e di indennizzo ex art. 2 bis della l. 241/90.
Il Capo Dipartimento per le Politiche del personale dell’amministrazione civile e per le Risorse strumentali e finanziarie del Ministero dell’Interno esercitava la delega designando il Vice Prefetto dr. -OMISSIS--OMISSIS-, il quale, avvalendosi della proroga del termine concessa dal Collegio con ordinanza del 11562/2020, con provvedimento del 26 novembre 2020 – ritenuto inutiliter datum un provvedimento sindacale di rigetto riferito a condizioni e presupposti diversi da quelli definiti in sentenza - disponeva l’accoglimento dell’istanza dei ricorrenti finalizzata alla estumulazione ed al trasporto dei resti mortali del loro genitore posti all’interno del sacrario ubicato nel parco di pertinenza del Museo -OMISSIS--OMISSIS- sito in -OMISSIS-, “presso il cimitero di -OMISSIS- (-OMISSIS-) o presso altro luogo o altro Comune che avranno cura di far conoscere al Comune di -OMISSIS-, fatte salve le relative autorizzazioni da richiedere agli Enti, diversi dal Comune di -OMISSIS-, che verranno interessati da tale spostamento, al fine ultimo di custodire i resti mortali o le ceneri di -OMISSIS--OMISSIS- presso Colle -OMISSIS-, sito in via -OMISSIS--OMISSIS-, -OMISSIS- (-OMISSIS-)” (vedasi amplius, la relazione di svolgimento dell’incarico depositata il 29.1.2021).
Così adempiuto all’obbligo di provvedere, il Comune di -OMISSIS-, nel prosieguo del giudizio, ha depositato una propria memoria (29 gennaio 2021), con la quale resiste alla domanda di risarcimento del danno e di indennizzo.
Precisa l’Ente che, atteso lo svolgimento delle attività commissariali, la domanda di risarcimento o di indennizzo debba essere circoscritta solo ed esclusivamente alla fase residuale del procedimento amministrativo afferente la richiesta di autorizzazione alla estumulazione e traslazione; eccepisce che le parti ricorrenti non hanno offerto alcun elemento di prova con riferimento alla configurazione dell’elemento dannoso, né una quantificazione dello stesso; che l’azione complessiva della Pubblica Amministrazione è scaturita da una complessità di parametri normativi di riferimento e da una sostanziale rivendicazione morale dell’Ente Locale che aspirava alla tutela delle volontà testamentarie del defunto -OMISSIS--OMISSIS-; che non sarebbe risarcibile, di per sé, il danno da mero ritardo nella conclusione di un procedimento amministrativo, dovendo tale danno essere ricondotto nello schema generale dell’art. 2697 c.c. in base al quale spetta dal danneggiato l’onere di provare la sussistenza di tutti i presupposti oggettivi e soggettivi dell’illecito; che non potrebbe presumersi iuris tantum il danno da ritardo.
La difesa dell’Ente conclude chiedendo che, attesa la complessità della materia per cui è causa ed i risvolti anche di interesse storico-culturale che hanno interessato la vicenda, vengano compensate le spese legali con riferimento alla odierna fase di merito.
Con propria memoria, i ricorrenti insistono nella domanda di risarcimento ed indennizzo, allegando fatti successivi al rilascio dell’autorizzazione da parte del Commissario (e che, secondo i ricorrenti, integrerebbero un comportamento asseritamente omissivo ed ostruzionistico del Comune di -OMISSIS-), in esito ai quali il Commissario ad acta dott. -OMISSIS-, rimasti inevasi ulteriori solleciti che lo stesso funzionario aveva impartito agli uffici, si vedeva costretto ad adottare la (ulteriore) deliberazione commissariale nr. 3 bis del 4 gennaio 2021, con la quale reiterava l’autorizzazione all’estumulazione; quest’ultima, di fatto (dopo ulteriori ritardi che inducevano i ricorrenti alla presentazione di un esposto all’Arma dei Carabinieri) veniva effettivamente consentita solo il 20.01.2021.
La difesa dei ricorrenti conclude chiedendo che sia:
1) accertato e dichiarato il comportamento inadempiente del Comune di -OMISSIS-, protratto per ben diciannove mesi, in relazione alla richiesta presentata in data 23.05.2019 dagli odierni ricorrenti, prot. N.2019-0031667 e dichiarato il diritto dei signori -OMISSIS-e -OMISSIS--OMISSIS- all’indennizzo ex art 2-bis, co. 1-bis L241/1990 alle condizioni e modalità previste dalla normativa applicabile in materia, nonché il diritto dei predetti, per il mero ritardo dell’Amministrazione, al risarcimento del danno ai sensi del citato articolo comma 1, che indicano in €.50.000/00, ovvero nella diversa somma ritenuta congrua e di giustizia;
2) per le medesime causali e fatti, accertata la sussistenza e permanenza del comportamento contra legem e contra iudicatum, del Comune di -OMISSIS-(in relazione alla richiesta presentata in data 23.05.2019 dagli odierni ricorrenti, prot. N.2019-0031667; alla sentenza n.08895/2020 di questa Sezione; alla successiva Deliberazione Commissariale n.3 del 26 novembre 2020 del Commissario ad acta; all’ultima Deliberazione Commissariale n.3bis del 4.01.2021), dichiarato il diritto dei signori -OMISSIS-e -OMISSIS--OMISSIS- all’indennizzo ex art 2-bis, co. 1-bis l.241/1990 alle condizioni e modalità previste dalla normativa applicabile in materia, nonché il diritto dei predetti, al risarcimento dell’ulteriore danno, che si indica in €.30.000,00, ovvero nella diversa somma ritenuta congrua e di giustizia.
Nella pubblica udienza del 3 marzo 2021, la causa è stata trattenuta in decisione.
I) Prima di esaminare i presupposti della domanda di risarcimento o di indennizzo per il ritardo nel provvedere sulla istanza dei ricorrenti e richiamato integralmente il contenuto della sentenza nr. 08895/2020, pronunciata tra le parti, il Collegio ritiene di dover succintamente esporre, per la migliore comprensione della fattispecie, alcune delle accurate indicazioni che sono contenute nel provvedimento finale del Commissario ad acta (attinenti ad elementi di fatto ulteriori rispetto a quelli dedotti nella fase di giudizio conclusasi con la sentenza nr. 08895/2020 già richiamata).
Il Commissario, applicando l’art. 24 del Regolamento di Polizia Mortuaria secondo quanto affermato nella sentenza nr. 8895/2020, rileva che il Sindaco del Comune, nel cui territorio si trovano i resti mortali dei quali si chiede l’estumulazione (o l’esumazione) e la successiva traslazione, è tenuto ad autorizzare tale richiesta, una volta accertato il rispetto delle disposizioni previste dal cennato Regolamento a tutela della salute pubblica e della cura da riservare al trattamento del corpo defunto o di quel che ne resta; accertamenti che, nel caso di specie, atteso il “notevole lasso di tempo trascorso dalla sepoltura del -OMISSIS--OMISSIS- nel parco dell’omonimo Museo di -OMISSIS-” (quasi trent’anni) rendono assolti sia gli obblighi di tutela sanitaria che quello dell’igiene pubblica, specie considerando che la “specifica normativa prevede periodi minimi per l’estumulazione o per l’esumazione ordinaria che, in ogni caso, non superano venti anni” e che “la certificazione medica…esclude il sospetto di more dovuta a reato”.
Chiariti i presupposti che rendono atto dovuto l’assenso del Sindaco, il Commissario si sofferma poi su un secondo profilo, ovvero il tema relativo alla tutela della pietas verso il defunto ed alle modalità di esercizio dello jus eligendi sepolchrum che risulta assai rilevante ai fini della domanda di risarcimento in esame.
Invero, dopo aver riepilogato i principi di giurisprudenza (da ultimo Cass.Civ. Sez. VI-2 Ord. 14/11/2019 n. 29548) che riconducono lo jus eligendi alla categoria dei diritti della personalità, non suscettibili di trasferimento mortis causa (non senza precisare che, ove tale diritto non sia esercitato in vita, la scelta della sepoltura può essere fatta dai prossimi congiunti, senza alcun rigore di forme, con prevalenza dello jus coniugii sullo jus sanguinis e di quest’ultimo sullo jus successionis), espone che “-OMISSIS--OMISSIS- in arte -OMISSIS-, in data 24 febbraio 1988, ha presentato un testamento pubblico al Notaio in Roma Dott. -OMISSIS-, con l’assistenza di due testimoni, con il quale, tra l’altro, ha chiesto “alla mia morte di essere esposto nel terreno circostante la casa ove attualmente abito in -OMISSIS-, Colle -OMISSIS- 1”.
Specifica il Commissario che “il riferimento ad -OMISSIS-è chiaramente frutto di una errata convinzione del -OMISSIS-in merito alla collocazione geografica e alla pertinenza comunale della sua abitazione. In effetti, detta abitazione, sita in Via -OMISSIS--OMISSIS-, rientra amministrativamente nel territorio comunale di -OMISSIS- anche se, attesa la sua collocazione geografica molto prossima ad -OMISSIS-, può ingenerare il dubbio di far parte del territorio ardeatino”; che l’abitazione in questione, pur distando poche centinaia di metri (circa 500 mt) dal confine con il Comune di -OMISSIS-(e poco più di un chilometro dal Museo -OMISSIS- dove attualmente riposano le spoglie del -OMISSIS-), è collocata nel territorio comunale di -OMISSIS-, cittadina lontana circa 12 chilometri da detta abitazione; ed, infine, che il 17 maggio 2018, veniva depositato e pubblicato il “testamento olografo redatto il 14 luglio 2014 dalla -OMISSIS-, vedova del -OMISSIS--OMISSIS-, deceduta il 6 maggio 2018”, nel quale essa dichiarava testualmente che “la salma di mio marito -OMISSIS-deve essere trasferito alla Fondazione -OMISSIS--OMISSIS- sul Colle -OMISSIS-” e che “per me sarebbe un grande onore …di essere sepolto insieme al mio adorato -OMISSIS-per tutta l’eternità”
Rileva ancora il Collegio che, nella sua relazione, il Commissario ad acta attesta un atteggiamento “molto collaborativo” delle parti che lo hanno assistito durante l’esecuzione del mandato, esprimendo il convincimento che “anche l’interesse della comunità di -OMISSIS-possa” essere tutelato, trattandosi di un interesse pubblico “di enorme significatività …espressione di una appartenenza ad un territorio che costituisce, anche sotto un profilo storico-culturale, un polo attrattivo di particolare importanza nel Lazio e non solo” (e riferendo circa intenti delle parti, ovvero del Sindaco di -OMISSIS-, degli Eredi -OMISSIS- e della Direzione del Polo Museale Lazio di avviare iniziative di collaborazione tra il Museo -OMISSIS- e l’omonima Fondazione, per onorare la memoria dell’artista, valorizzando anche la collocazione dei resti o delle sue ceneri in un “luogo così prossimo a quello di sepoltura”).
Ciò posto, può adesso procedersi all’esame delle domande di risarcimento e di indennizzo che i ricorrenti hanno proposto e sull’accoglimento delle quali hanno da ultimo insistito, riservando al prosieguo la disamina dei comportamenti dell’Ente successivi al provvedimento autorizzativo emanato dal Commissario ad acta.
II) Entrambe le domande (di risarcimento del danno da ritardo e di indennizzo per mancata conclusione del procedimento nei termini di legge) sono da respingersi, in quanto il provvedimento adottato dal Commissario ad acta (e quindi dall’Amministrazione, della quale il Commissario è organo, ad essa imputandosi gli effetti giuridici e sostanziali del provvedimento) è pienamente satisfattivo degli interessi azionati dai ricorrenti – così come dedotti in giudizio - e non risultano residuare pregiudizi di natura patrimoniale o non patrimoniale suscettibili di risarcimento o da indennizzare a seguito e per l’effetto causale del ritardo.
Sebbene questa conclusione appaia di più immediata evidenza quanto alla domanda di risarcimento (per come anche sarà meglio indicato nel prosieguo), una diversa e più accurata analisi richiede la domanda di indennizzo, che i ricorrenti prospettano quale conseguenza immediata e diretta, in via automatica, della violazione del termine.
A tal proposito, si consideri quanto segue.
III) Il risarcimento e l’indennizzo del danno conseguente al ritardo nella conclusione del procedimento amministrativo sono oggetto di due diverse fattispecie normative e, più precisamente, l’art. 28 del d.l. 21 giugno 2013 n. 69, convertito in legge, con modificazioni, dalla l. 9 agosto 2013 n. 98 e l’art. 2 bis della legge nr. 241/90 che è stato introdotto dalla stessa disposizione di cui all’art. 28 cit..
Nell’odierna fattispecie viene in rilievo la seconda disposizione.
L’art. 2 bis della l. 241/90 riconosce al danneggiato dal ritardo della PA due azioni concorrenti tra loro, una avente ad oggetto il risarcimento del danno vero e proprio e l’altra relativa all’indennizzo per il “mero” ritardo. E’ bene subito precisare che quest’ultimo istituto è immediatamente applicabile alle fattispecie regolate dalla norma, anche se non risulta emanato il regolamento al quale lo stesso art. 2 bis della l. 241/90 consente di disciplinare modi e condizioni (atteso che la stessa norma rinvia prima di tutto “alle condizioni e con le modalità stabilite dalla legge”, rispetto alla quale l’emanazione del regolamento ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 è dunque solo facoltativa).
Le due azioni dell’art. 2 bis della l. 241/90 dipendono da un medesimo presupposto in fatto (ossia la violazione del termine di conclusione del procedimento) e condividono la medesima finalità compensativa (dato che l’importo dell’indennizzo, ove riconosciuto dal giudice, va detratto da quello del risarcimento, escludendosene dunque la cumulatività, cfr. anche Adunanza Plenaria, sentenza 1/2018, punto 6.3.2), differenziandosi solo quanto a presupposti ed ambito oggettivo dell’illecito risarcibile.
III.1) A tal proposito, si osserva che il termine “indennizzo” o “indennità” è utilizzato dal legislatore in significati diversi e non univoci, essendo talvolta sinonimi di risarcimento (come nel caso dell’art. 2045 cod.civ.), anche in rapporto a pregiudizi conseguenti ad un legittimo provvedimento di revoca (art. 21 quinquies l. 241/90, cfr. T.A.R. , Napoli , sez. III , 10/02/2020 , n. 620), o comunque di attività legittime della PA (come nel caso delle della dipendenza da cause di servizio, T.A.R. , Trieste , sez. I , 30/11/2020 , n. 414), altre volte di corrispettivo (come nei casi dell’espropriazione), o ancora di ristoro per un mancato esercizio di attività dovuta (come nel caso dell’art. 1381 cod.civ.) o necessitata per ragioni di protezione dell’agente (come nel caso dell’art. 2045) e così via.
L’indennizzo è, dunque, un meccanismo che la legge predispone a fronte di attività legittime l’esercizio delle quali comporta il sacrificio di altri valori o interessi (ritenuti cedevoli) e che è rivolto ad assicurare un ristoro ed un parziale riequilibrio di questi ultimi per motivi di equità sostanziale.
III.2) Ma, nel caso di cui all’art. 2 bis della l.241/90, non è possibile rinvenire i tratti caratteristici dell’istituto appena descritti, perché l’indennizzo per il ritardo è previsto a fronte di una attività illegittima della PA, ossia in conseguenza alla violazione di un termine cogente.
Non si è, dunque, in presenza dell’esercizio di una facoltà della parte pubblica (perché quest’ultima è titolare dell’obbligo a provvedere, che va esercitato nei termini previsti, a meno di non voler sostenere che l’Amministrazione abbia l’obbligo di concludere il procedimento entro il termine ed al contempo la facoltà di non rispettare quest’ultimo) e per tale ragione non si pone un problema di riequilibrio di interessi meritevoli di tutela in conflitto tra loro.
III.3) La natura compensativa dell’indennizzo di cui all’art. 2 bis della l. 241/90 e la circostanza che esso sia configurato quale rimedio ad una attività illecita della PA, ostano, dunque, a ritenere che il relativo diritto sorga solamente in consegua automatica della violazione del termine per provvedere, e cioè a prescindere dalla sussistenza di una lesione ad un interesse meritevole di tutela ulteriore e distinto da quello alla tempestiva conclusione del procedimento.
A ciò conducono due ordini di considerazioni.
III.4) Secondo un primo rilievo, laddove si affermasse, come prospettano i ricorrenti, il diritto all’indennizzo anche all’esito del provvedimento (tardivo ma) pienamente satisfattivo (ovvero il diritto ad un indennizzo in assenza di un interesse leso ulteriore e distinto rispetto a quello strumentale alla tempestiva conclusione del procedimento), la fattispecie di cui all’art. 2 bis della l. 241/90 avrebbe natura sostanzialmente sanzionatoria, ma come tale sarebbe di dubbia compatibilità costituzionale perché la sanzione risulterebbe affidata al mero arbitrio del giudice (non essendo configurabile la sua commisurazione “secondo equità”, dato che la liquidazione ex art. 1226 del cod.civ. ha ad oggetto solo l’entità del pregiudizio risarcibile in funzione risarcitoria o compensativa).
III.5) Secondo un diverso ordine esegetico, sono decisive le differenze con la parallela disposizione di cui all’art. 28 del DL n. 69/2013, conv. in legge, con modificazioni, dalla l. 9 agosto 2013 n. 98.
La giurisprudenza che se n’è occupata mostra, invero, di considerare fungibili le discipline delle due diverse disposizioni di legge, tanto da ritenere che l’azione di cui all’art. 2 bis della l. 241/90 è esperibile anche in assenza del regolamento del comma 12 dell’art. 28 (salvo ritenerla soggetta all’onere della previa proposizione della procedura sostitutiva costituita dal comma 2 dell’art. 28, senza chiarire le ragioni di una siffatta estensione, specie se si considera che una procedura sostitutiva è prevista dall’art. 2, comma 9bis e 9 ter cfr.della l,. 241/90 ed il comma 2 bis non la richiama; cfr. ex multis, T.A.R. , Roma , sez. II , 03/10/2019 , n. 11517 e TAR Napoli, V, 12 aprile 2021, nr. 2346).
Tale impostazione, quindi, induce ad ingenerare il dubbio che anche l’indennizzo di cui all’art. 2 bis cit. – in parallelo all’indennizzo di cui all’art. 28 cit. - debba operare quale mero automatismo conseguente alla violazione del termine.
Tuttavia, è la stessa disposizione dell’art. 28 del DL nr. 69/2013 a fondare la necessità di una esegesi adeguatamente differenziata dell’istituto indennitario di cui all’art. 2 bis della l. 241/90, posto che quest’ultima norma è stata introdotta dalla prima in un testo ben differente (che non subordinata l’indennizzo ai medesimi presupposti di rito che sono disciplinati per l’azione ex art. 28 cit.) e tanto che se ne riconosce l’applicabilità anche in assenza del regolamento di cui al comma 12 (laddove si ritenesse diversamente, l’art. 2 bis della l. 241/90 in nulla si differenzierebbe dalla previsione dell’art. 28, comma 1, del DL n. 69/2013; dovrebbero quindi applicarsi anche alla domanda di indennizzo di cui all’art. 2 bis della l. 241/90 i limiti quantitativi di 30 euro/giorno per un massimo di 2.000,00 euro; non avrebbe alcun senso ripetere una norma identica nella disciplina generale del procedimento amministrativo; neppure sussisterebbero ragioni per escludere le limitazioni della sfera di applicazione dell’art. 2 bis della l. 241/90 previste dal comma 10 dell’art. 28 cit. per “le disposizioni del presente articolo”).
III.6) Chiarito che le due disposizioni operano su piani diversi, le differenze implicano che l’istituto di cui all’art. 28 del DL n. 69/2013 è “speciale” rispetto alla norma di ordine generale di cui all’art. 2 bis della l. 241/90 ed appresta una tutela semplificata in favore delle attività di impresa (mediante una forfetizzazione dell’indennizzo da ritardo, bilanciata da un onere procedimentale specifico), per le quali è non irragionevole ritenere il “tempo” e la certezza della conclusione del procedimento quale interesse meritevole di tutela; mentre, nell’ambito della disciplina ordinaria di cui all’art. 2 bis della l. 241/90, l’indennizzo (stante la mancata predeterminazione del suo importo) rimane ancorato alla ordinaria funzione compensativa-ripristinatoria e dunque presuppone la dimostrazione della sussistenza di un pregiudizio nel ritardo della conclusione del procedimento ulteriore e distinto rispetto al “bene tempo” (che per i soggetti diversi dagli operatori economici è un valore fortemente soggettivo e come tale esposto ad incerta quantificabilità sotto il profilo monetario).
In altri termini, nel caso dell’art. 28 del DL 69/2013, l’indennizzo da ritardo sorge in quanto la lesione è presunta dalla legge, che infatti predetermina il valore dell’importo da liquidare; nel caso dell’art. 2 bis della l. 241/90, la lesione va invece allegata dal richiedente e (specie nell’assenza del regolamento meglio indicato nello stesso art. 2 bis) costituirà il referente oggettivo al quale il giudice dovrà agganciare la commisurazione dell’indennizzo così da poterlo ad essa parametrare per il tramite della liquidazione equitativa.
III.7) Attesa l’evidente unitarietà dell’area dell’illecito e dunque del presupposto oggettivo sia del risarcimento che dell’indennizzo da ritardo nella conclusione del procedimento amministrativo, deve perciò affermarsi che l’art. 2 bis della l. 241/90 ritaglia, entro il perimetro del danno risarcibile, una fattispecie di liquidazione semplificata per i pregiudizi riconducibili alla lesione di interessi non patrimoniali. La norma ripartisce i mezzi di tutela riservando all’azione di risarcimento del danno l’ordinario ristoro del pregiudizio patrimoniale (o patrimonialmente valutabile) che l’interessato subisce dal ritardato beneficio dipendente dall’azione della PA (con conseguente onere della prova a carico del danneggiato sia del pregiudizio che del suo ammontare, della sua riferibilità al ritardo, e della sussistenza della colpa o del dolo dell’Amministrazione nel non aver provveduto nei termini dovuti) e demandando all’indennizzo, strumento più agevole e di pronta liquidazione, la tutela della sfera non patrimoniale dell’interesse del richiedente (così che il danneggiato dovrà solo allegare il ritardo e la sussistenza dell’interesse leso).
IV) La natura compensativa (e non automatica) dell’indennizzo di cui all’art. 2 bis della l. 241/90 comporta altresì che la PA può invocare – a titolo di eccezione – la sussistenza di cause di esclusione o di riduzione della responsabilità per violazione del termine di conclusione del procedimento (aventi natura oggettiva ex art. 1218 cod.civ., o comunque legate alla diligenza concretamente esigibile ex art. 1176 comma 2 cod.civ., a seconda dei casi, essendo tali norme applicabili anche alle obbligazioni pubbliche di “facere” come quella di concludere il procedimento amministrativo nei termini previsti) e giustifica altresì l’esclusione o la riduzione dell’indennizzo stesso quando non risulti attivata da chi vi ha interesse una procedura sostitutiva (laddove quest’ultima sia esperibile), o comunque un diverso rimedio sollecitatorio (ma non in applicazione diretta del comma 2 dell’art. 28 del DL 69/2013, che, come indicato, riguarda altra fattispecie, bensì del più generale principio di cui all’art. 1227 cod.civ.).
Mentre quest’ultimo aspetto non viene in rilievo nella odierna fattispecie contenziosa (perché il ritardo nel provvedere è già imputabile all’organo di vertice della PA), il primo è oggetto di una accurata difesa dell’Ente, gli argomenti del quale trovano la condivisione del Collegio e sono riferibili quali eccezioni sia alla domanda di risarcimento che, come accennato, a quella avente ad oggetto l’indennizzo, che ne impongono il rigetto anche laddove si ritenga che nel ritardo sia insita una lesione intrinseca dell’interesse dei ricorrenti e dunque il provvedimento tardivo non sia stato completamente satisfattivo.
V) Secondo tale prospettiva, nel caso di specie l’Ente prospetta una ragionevole “giustificabilità” del ritardo nella conclusione del procedimento, legata alle difficoltà sia della ricostruzione della fattispecie che del rapporto tra gli interessi coinvolti che il provvedimento del Commissario ad acta ha compiutamente illustrato.
Nella mancata (dapprima) e ritardata (poi) esecuzione dell’obbligo di provvedere sull’istanza dei ricorrenti, l’Amministrazione si è di fatto orientata a tutelare (sia pure con modalità discutibili e non appropriate alla qualità di una Pubblica Amministrazione) quella che riteneva una volontà del -OMISSIS--OMISSIS-, ossia il desiderio di riposare nel territorio della Comunità di -OMISSIS-alla quale era stato particolarmente legato in vita e che aveva generato una particolare forma di “pietas” collettiva, come tale non prevalente sul diritto dei congiunti, ma di certo neppure priva di un proprio rilievo, sufficiente a rendere scusabile il comportamento dell’Ente che quella Comunità rappresenta.
In altri termini, il ritardo dell’Ente, alla luce dell’andamento dei fatti e del comportamento delle parti, non può ricondursi ad una ordinaria forma di cattiva amministrazione o inerzia (come tale da rimproverare sempre), ma ad una erronea modalità di gestione di un interesse collettivo di per sé non illegittimo, bensì solo sviato nei presupposti di fatto da circostanze obbiettivamente non di semplice o agevole ricostruzione, sufficienti ad escludere una responsabilità risarcitoria o indennitaria.
VI) Conclusivamente sul punto, nell’esame della odierna vicenda contenziosa, si rileva che l’interesse azionato dagli odierni ricorrenti era collegato ad operazioni strumentali a consentire l’esercizio della pietas verso i defunti nelle modalità corrispondenti alla volontà di questi ultimi; una volta assentite dette operazioni, l’interesse è stato interamente soddisfatto.
Non viene quindi dimostrata – e prima ancora allegata – la residua sussistenza di interessi non soddisfatti in ragione ed a causa del ritardo; né di tipo patrimoniale, né di tipo non patrimoniale.
In ogni caso, anche a ritenere in re ipsa la sussistenza di tali interessi e dunque la loro lesione, vanno comunque esclusi sia il risarcimento che l’indennizzo da ritardo, essendo quest’ultimo riconducibile ad un comportamento dell’Ente giustificabile per le ragioni sopra più ampiamente esposte.
VII) Rimane da esaminare il profilo della domanda che è stato introdotto con la memoria conclusiva dai ricorrenti, i quali lamentano una ingiustificata inerzia nella esecuzione del provvedimento autorizzativo del Commissario ad acta da parte degli uffici preposti dell’Ente, che ha indotto lo stesso Commissario ad un nuovo intervento sollecitatorio ed ha comportato, da ultimo, un ritardo di circa due mesi nell’esecuzione delle operazioni di traslazione.
Anche sotto i descritti profili la domanda non può trovare accoglimento, per un diverso ordine di ragioni rispetto a quanto sin qui esposto.
Viene innanzitutto in rilievo un ritardo non più collegato ad una fattispecie provvedimentale o procedimentale, bensì ad un (mero) comportamento materiale di personale o amministratori dell’Ente, che l’esposizione dei ricorrenti prospetta nei termini di un atteggiamento negligente o ostruzionistico.
Come tale, la prospettazione dei ricorrenti integra una domanda di risarcimento nuova, diversa ed ulteriore da quella formulata in ricorso, sebbene a questa avvinta da un medesimo contesto ambientale e da una medesima lesività quanto all’oggetto ed all’interesse protetto, che avrebbe dovuto essere introdotta con motivi aggiunti (da corredarsi delle necessarie allegazioni probatorie, primo tra tutti il deposito del provvedimento supplementare del Commissario ad acta, che non risulta agli atti di giudizio, né ha formato oggetto di una relazione di servizio da parte del predetto funzionario incaricato dell’esecuzione della sentenza).
In mancanza di una rituale proposizione della domanda, non è possibile neppure indagare, allo stato, circa la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, in ordine alla quale deve prospettarsi un rilevante dubbio, posto che – come accennato – la fattispecie descritta sembrerebbe attinente ad un mero comportamento, neppure qualificabile come “ritardo” nel provvedere ai sensi dell’art. 2 della l. 241/90, bensì da ricondursi ad un rifiuto di adempiere l’ordine dell’autorità da parte di chi vi era obbligato (rifiuto che genera diritti soggettivi pieni in capo ai destinatari del provvedimento inevaso, che come tali potranno essere azionati di fronte al giudice ordinario, nelle opportune sedi).
Per queste ragioni, va respinta la domanda di risarcimento del danno e di liquidazione di un indennizzo a favore degli odierni ricorrenti, con giuste ragioni per disporre la piena compensazione delle spese di lite della presente fase di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, rigetta la domanda di risarcimento del danno e la domanda di indennizzo da ritardo nella conclusione del procedimento amministrativo.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare i ricorrenti ed i loro genitori.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 marzo 2021, tenutasi in modalità di collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25 del DL 28 ottobre 2020, n. 137 ed art. 4, comma 1, del Dl 30 aprile 2020, n. 28, conv. in l. 25 giugno 2020, n. 70, con l'intervento dei magistrati:
Elena Stanizzi, Presidente
Salvatore Gatto Costantino, Consigliere, Estensore
Silvio Lomazzi, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Salvatore Gatto Costantino
Elena Stanizzi
IL SEGRETARIO