Giudicato amministrativo
Pubblico
Martedì, 6 Dicembre, 2016 - 09:34
Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, (Sezione Terza), sentenza n. 1680 del 25 ottobre 2016, sul giudicato amministrativo
N. 01680/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00183/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 183 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Soc. _________________ rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Stancanelli C.F. STNGPP32S26G273I e Antonio Stancanelli C.F. STNNTN67P24D612V, con domicilio eletto presso il primo in Firenze, via Masaccio 172;
contro
Comune di Firenze, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Annalisa Minucci C.F. MNCNLS65R70D612B e Antonella Pisapia C.F. PSPNNL69C69C773B, con domicilio eletto presso il proprio Ufficio Legale in Palazzo Vecchio - piazza Signoria;
Comune di Firenze Direzione Urbanistica, Servizio Edilizia Privata non costituito in giudizio;
per l'annullamento:
con il ricorso originariamente proposto,
- del provvedimento contenuto nella nota della Direzione Urbanistica, Servizio Edilizia Privata, prot. GP21102/2016 del 25.01.2016, contenente reiezione dell'istanza di revisione dell'ordinanza n. 831 del 21.11.2011, istanza presentata il 14.09.2015.
con i motivi aggiunti depositati il 29 febbraio 2016,
- dell'ordinanza n. 128/2016 del 19.02.2016 del Direttore della Direzione Urbanistica, Servizio Edilizia Privata, con la quale è stata disposta, ai sensi dell'art. 199 della L.R. 65/2014, la demolizione d'ufficio delle opere realizzate nell'immobile di via Masaccio 127, in forza della DIA n. 3733/2005 e 4702/2006.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Firenze in persona del Sindaco P.T.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2016 il dott. Raffaello Gisondi e uditi per le parti i difensori avv. G. Stancanelli per la parte ricorrente e avv. A. Minucci per l'amministrazione resistente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La Sig.ra M. __________ in qualità di legale rappresentante dell’istitut_________ in data 4/07/2005 presentava al comune di Firenze una d.i.a. avente ad oggetto opere interne di miglioramento igienico funzionale da realizzarsi nell’immobile ubicato al piano terra di via Masaccio n. 127.
Con ordinanza n. 831 del 21/11/2001 il Comune emetteva dichiarazione di inefficacia della d.i.a. disponendo la demolizione delle opere eseguite.
Il provvedimento veniva impugnato innanzi al questo Tribunale che rigettava il ricorso con sentenza n. 1807 del 2012 confermata in appello dal Consiglio di Stato con sentenza n. 1413 del 2014.
La vicenda aveva uno strascico penale in quanto il Tribunale di Firenze con sentenza n. 4289 del 19/07/2013 mandava assolti i presunti responsabili dell’abuso in quanto il fatto non sussiste.
In particolare, il Tribunale accertava che il fabbricato su cui erano intervenuti i lavori di miglioramento igienico sanitario di cui alla citata d.i.a., ritenuto ab origine abusivo dal Comune, aveva in realtà conseguito il parere favorevole della Commissione edilizia che, una volta notificato, avrebbe dovuto ritenersi del tutto equivalente al titolo. Dello stesso avviso andava anche la Corte d’appello.
Forte dei predetti pronunciamenti la Società ricorrente presentava al Comune istanza di riesame dell’ordinanza del 21/11/2011 che è stata tuttavia respinta senza previa istruttoria.
Il provvedimento negativo è stato impugnato con il ricorso di cui in epigrafe con il quale la ricorrente solleva le censure di difetto di motivazione ed istruttoria e di travisamento dei fatti.
Infatti, le sentenze del giudice penale avrebbero sovvertito i presupposti di fatto e di diritto sulla base dei quali il comune aveva ritenuto inefficace la d.i.a ed avrebbero, pertanto, costituito il presupposto per un riesame dell’intera vicenda.
A giudizio della ricorrente, inoltre, le sentenze adottate dal g.a. in primo grado e in appello, non potrebbero giustificare il rifiuto del riesame in quanto nessuna di esse avrebbe operato un accertamento puntuale dell’esistenza dell’abuso edilizio originario, dando, invece, per scontate le circostanze di fatto affermate nell’ordinanza impugnata. Pertanto gli unici accertamenti giurisdizionali sull’esistenza dell’abuso sarebbero quelli contenuti nelle sentenze del giudice penale.
Il ricorso è infondato.
Uno dei punti che hanno formato oggetto della sentenza n. 1413/2014 resa dal Consiglio di Stato in sede di appello sulla domanda di annullamento della ordinanza del 21/11/2011 è stata la affermazione dei ricorrenti secondo cui il fabbricato originario dovesse considerarsi debitamente autorizzato fin dagli anni ’60.
Nella parte in fatto della sentenza si legge che: “il comune di Firenze, a sua volta costituitosi in giudizio, sottolineava l’avvenuta realizzazione dell’immobile, senza titolo abilitativo, tra il 1954 e il 1961, quando non poteva porsi in dubbio l’obbligatorietà del titolo, ricadendo l’area interessata in centro abitato. Sarebbe stato, peraltro, erroneo l’assunto del giudice penale, secondo cui costituirebbe titolo abilitativo il parere favorevole della commissione edilizia”.
Nella successiva motivazione della pronuncia il Consiglio di Stato, prendendo partito sul punto, ha osservato che “la stessa appellante non contesta del resto l’assenza di un titolo abilitativo, necessario alla data di realizzazione del capannone di cui trattasi – e pur sottolineando l’avvenuta richiesta dell’autorizzazione e la possibilità di rilascio della stessa ..conferma il mancato perfezionamento della licenza edilizia”.
Il giudice d’appello, nell’accertare che l’immobile di cui si discute fosse privo di licenza, ha dunque preso in considerazione il fatto che detta licenza fosse stata richiesta e che il relativo iter si fosse concluso con un parere della Commissione edilizia, ma è giunto sul punto a conclusioni diverse da quello penale, ritenendo che l’iter autorizzativo non potesse ritenersi in tal modo perfezionato.
La predetta statuizione ha valore di giudicato.
Sul punto occorre ricordare che sono state da tempo superate dalla dottrina e dalla giurisprudenza le tesi secondo cui il giudicato amministrativo investirebbe soltanto il fatto della eliminazione del provvedimento impugnato e dei suoi effetti, o la mera sussistenza di un diritto potestativo all’annullamento.
Ancorché il dispositivo della sentenza del g.a. sia di annullamento dell’atto la cognizione da egli operata investe – entro i limiti del sindacato di legittimità - tutti i tratti vincolati e discrezionali dell’esercizio della funzione (intesa come iter procedimentale e logico giuridico di trasformazione del potere in una decisione sul caso concreto) accertando, in relazione ai motivi proposti, i punti in cui essa non si è svolta conformemente alla legge o ai principi che governano l’esercizio del potere discrezionale. Proprio per questo la sentenza del g.a. non si esaurisce nella eliminazione del singolo episodio del provvedimento impugnato ma è idonea anche a proiettarsi sulla successiva riedizione del potere che, non rientra più nella disponibilità della p.a., rimanendo definitivamente fissata dalle statuizioni giurisdizionali per i tratti di funzione che sono stati oggetto di accertamento.
Tali principi sono applicabili sia al giudicato di accoglimento (che dà luogo al c. “effetto conformativo”) che a quello di rigetto, facendo sì, in quest’ultimo caso, che i fatti giuridici che hanno costituito i motivi di ricorso respinti dal giudice perdano ogni rilevanza e divengano inidonei a determinare un diverso esito del potere amministrativo.
Sicché, a fronte di una eventuale istanza di riesame, del tutto correttamente l’amministrazione omette di compiere ogni nuova istruttoria e valutazione in ordine ad un oggetto che è stato già negativamente vagliato dal giudice amministrativo.
Né a diverse conclusioni può giungersi in forza di un giudicato del giudice civile o penale che contenga un accertamento del fatto di segno diverso da quello operato dal g.a.
Il giudicato civile o penale può farsi, infatti, valere nell’ambito del giudizio amministrativo o come motivo di revocazione della sentenza del g.a. qualora sussistano i relativi presupposti, ma non può certo avere l’effetto di travolgere il giudicato amministrativo che, una volta formatosi, costituisce, entro il limite degli accertamenti compiuti, l’unica fonte di disciplina del rapporto fra cittadino e p.a. inerente l’esercizio di un determinato potere.
Il rigetto del ricorso principale comporta anche quello del ricorso per motivi aggiunti proposto contro il provvedimento che ha disposto la demolizione d’ufficio delle opere abusive in quanto fondato solo su motivi di illegittimità derivata.
La complessità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione III, definitivamente pronunciando sul ricorso principale e quello per motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.
Compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 25 ottobre 2016 con l'intervento dei magistrati:
Rosaria Trizzino,Presidente
Raffaello Gisondi,Consigliere, Estensore
Giovanni Ricchiuto,Primo Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Raffaello Gisondi Rosaria Trizzino
IL SEGRETARIO