Alienazione immobili - TAR Lazio, sez. II, sent. n. 4715 del 30.03.2015
Pubblico
Sabato, 11 Aprile, 2015 - 02:00
Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, (Sezione Seconda), sentenza n.4715 del 30 marzo 2015, sull'alienazione di immobili pubblici
N. 04715/2015 REG.PROV.COLL.
N. 04389/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4389 del 2007, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
P&P s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Francesco Castiello, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore, in Roma, Via G. Cerbara, 64;
contro
Ministero delle Finanze, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
Agenzia del Demanio, in persona del Direttore p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
Comune di Terni, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Silvi, con domicilio ex lege presso la Segreteria del TAR Lazio, Roma, via Flaminia n. 189;
per l'annullamento
1) della nota prot. n. 2007/93 in data 8.1.2007 con la quale l’Agenzia del Demanio – Filiale Umbria, sede di Perugia, ha comunicato al Comune di Terni l’avvenuta aggiudicazione alla P&P s.r.l. dell’immobile sito nel Comune di Terni, e, precisamente, del “Lotto 23, area in cui insistono fabbricati fatiscienti distinta al C.T. Fg. 145, p.lla 55 e al C.F. Fg. 145, p.lla 55, sub, 1, 2 e 3”oggetto di asta pubblica;
2) della nota prot. n. 2007/932 del 16 febbraio 2007, pervenuta alla P&P s.r.l. in data 5.3.2007, con la quale l’Agenzia del Demanio, Filiale Umbria, sede di Perugia, ha comunicato che “il Comune di Terni, ai sensi dell’art. 1, comma 438 della l. 311/04 ha esercitato il diritto di prelazione” e che “il bene in questione sarà alienato in favore del suddetto Ente”;
3) della circolare n. 172 del 2.7.1998 del Ministero delle Finanze, Dipartimento del Territorio, Direzione Centrale Demanio, avente ad oggetto “Alienazione di beni immobili di proprietà dello Stato” nella parte in cui non prevede nell’allegato 4 la clausola temporale (2 giorni) riguardante la comunicazione strumentale all’esercizio della prelazione da parte degli aventi diritto”;
4) della nota prot. n. 18729 del 30.1.2007 con la quale il Comune di Terni ha comunicato all’Agenzia del Demanio l’esercizio del diritto di prelazione;
5) della deliberazione del Consiglio Comunale di Terni in data 22 gennaio 2007, n. 18 di approvazione dell’acquisto dell’immobile in discorso;
6) del parere della III^ Commissione comunale prot. n. 6096 del 12 gennaio 2007, richiamato nelle premesse della delibera del consiglio comunale n. 18/2007 anzidetta, dal contenuto non conosciuto per quanto possa occorrere;
- nonché dei seguenti atti impugnati con motivi aggiunti:
- del verbale di aggiudicazione definitiva prot. n. 931/2007 del 16.2.2007, conosciuto in seguito ad accesso ai sensi dell’art. 22, l. n. 241/90, in data 27.3.2008 – con il quale la Filiale Umbria dell’Agenzia del Demanio, sede di Perugia, ha aggiudicato definitivamente al Comune di Terni l’immobile sito nel Comune di Terni, e precisamente “Lotto 23, area in cui insistono fabbricati fatiscienti distinta al C.T. Fg. 145, p.lla 55 e al C.F. Fg. 145, p.lla 55, sub, 1, 2 e 3”, oggetto di asta pubblica;
- nonché, ancora, per il risarcimento del danno derivante dalla messa in gara dell’immobile sito nel Comune di Terni e precisamente, del “Lotto 23, area in cui insistono fabbricati fatiscienti distinta al C.T. Fg. 145, p.lla 55 e al C.F. Fg. 145, p.lla 55, sub, 1, 2 e 3” in quanto oggetto delle deliberazioni del Consiglio Comunale di Terni n. 85 del 23.9.2004, e 88 del 31.3.2004, con le quali l’area su cui insiste l’immobile per cui è causa è stato destinato a Parco Territoriale (Parco delle Batterie) all’interno dell’area naturale protetta, denominata “Parco Fluviale del Nera”, nonché del sito comunitario, zona di protezione speciale, denominata “Bassa Valnerina – Monte Fionchi – Cascata delle Marmore” e del decreto del Ministero per i Beni e le Attività culturali, Direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici dell’Umbria in data 25.9.2007, con il quale l’immobile per cui è causa è stato dichiarato bene di interesse culturale ai sensi dell’art. 10, comma 1, del d.lgs. n. 42/2004: provvedimenti conosciuti in data 21.5.2008, in quanto citati nella memoria del Comune di Terni, in data 20.5.2008;
- nonché infine (IV ricorso per motivi aggiunti) dei danni derivanti dalla partecipazione ad una gara incautamente indetta dall’Agenzia del Demanio.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Economia e delle Finanze, dell’Agenzia del Demanio e del Comune di Terni;
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del giorno 18 febbraio 2015 il Cons. Silvia Martino;
Uditi gli avv.ti di cui al verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1.Con il ricorso principale, i primi e i secondi motivi aggiunti, la società ricorrente ha impugnato, unitamente ad una circolare del MEF, gli atti relativi all’esercizio del diritto di prelazione, da parte del Comune di Terni, in ordine ad alcune consistenze immobiliari oggetto di asta pubblica indetta dalla filiale umbra dell’Agenzia del Demanio, di cui era risultata aggiudicataria provvisoria.
Ha dedotto, all’uopo, plurimi profili di violazione di legge e di eccesso di potere nonché dei principi generali che disciplinano l’azione amministrativa.
Si sono costituiti per resistere, il MEF, l’Agenzia del Demanio ed il Comune di Terni, producendo documenti e memorie.
Con il terzo ricorso per motivi aggiunti, parte ricorrente ha chiesto il risarcimento dei danni asseritamente derivanti dalla messa in vendita, da parte dell’Agenzia del Demanio, di un immobile colpito da vincolo ex art. 10 del d.lgs. n. 42/2004, e che, pertanto, non poteva essere sottratto alla sua destinazione pubblicistica.
La tesi di parte ricorrente è che l’Agenzia non avrebbe dovuto intraprendere la procedura di evidenza pubblica di dismissione del bene, o, quantomeno, avrebbe dovuto evidenziarne la natura di bene inciso da vincolo.
Il IV° ricorso per motivi aggiunti è stato proposto dalla società dopo avere appreso, dalle difese predisposte dal Comune di Terni in vista dalla pubblica udienza, originariamente fissata per il 19.11.2014, che le consistenze per cui è causa erano ricomprese nel “contenzioso instaurato dal Ministero delle Finanze, Agenzia del Demanio di Perugia nel lontano 1987 e conclusosi dopo 22 anni con la sentenza definitiva della Corte d’Appello dell’Aquila n. 100/2009”, per effetto della quale è stato definitivamente riconosciuto il diritto di proprietà del Comune di Terni e rigettata la domanda di usucapione proposta dall’amministrazione statale.
La P&P si duole del fatto che l’Agenzia del Demanio di Perugia abbia messo all’asta un bene conteso, in relazione al quale, già all’epoca di indizione della gara (il 31.10.2006), risultava intervenuta la sentenza n. 19186 del 2005 della Corte di Cassazione.
Tale sentenza ha annullato con rinvio la pronuncia n. 28/2001 della Corte d’Appello dell’Aquila, che aveva in precedenza accertato e dichiarato l’acquisto da parte dell’amministrazione statale del diritto di proprietà per intervenuta usucapione dell’immobile stesso.
In sostanza, l’Agenzia del Demanio ha messo in vendita un bene di cui era controversa la proprietà, con ciò causando pregiudizio alla ricorrente che ha preso parte alla gara consumando inutilmente energie e risorse, nell’inconsapevolezza di tale singolare, situazione processuale.
La società ritiene che anche il Comune di Terni sia venuto meno ai suoi obblighi di correttezza e lealtà, almeno sul piano processuale, in quanto ha sollevato l’eccezione di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse della P&P soltanto con la memoria depositata in data 10.10.2014, laddove invece, avrebbe potuto agevolmente far rilevare tale circostanza almeno 5 anni fa.
Ad ogni buon conto, la società insiste per i danni derivanti dalla lesione della propria libertà contrattuale a causa del comportamento tenuto dall’Agenzia del Demanio, la quale, incautamente, ha indetto la gara, pur nella consapevolezza che il contenzioso all’epoca in essere avrebbe potuto definirsi con la negazione del suo diritto di proprietà sull’immobile offerto in vendita.
P&P in particolare richiede:
- a titolo di danno emergente:
1) emolumento pari ad euro 8.000,00 più oneri accessori, per un totale di euro 9.760,00 quale parcella dovuta allo studio di consulenza “Cicolani & Partners” per l’assistenza tecnica della P&P s.r.l. per la partecipazione alla gara di evidenza pubblica de qua;
2) emolumenti pari ad euro 50.000,00 (cinquantamila) più oneri accessori per un totale di euro 54.140,00 (euro cinquantaquattromilaecentoquaranta) allo studio legale dell’avv. Francesco Castiello per la rappresentanza e difesa in giudizio innanzi al TAR intrapreso con il ricorso introduttivo e integrato da 4 ulteriori ricorsi per motivi aggiunti;
3) emolumento pari ad euro 3.714,00 (tremilasettecentoquattordici) per rilievo topografico, rilievo fotografico, relazione tecnica asseverata, al geom. Cristian De Luca.
Relativamente al lucro cessante - risultando difficile, dopo 8 anni, ricostruire le “occasioni perdute” per avere sprecato energie in una procedura conclusasi senza esito - la società si rimette alla valutazione equitativa di questo giudice.
Il ricorso, e i motivi aggiunti, sono stati trattenuti per la decisione alla pubblica udienza del 18 febbraio 2015.
2.In via preliminare, il Collegio reputa che il ricorso, nonché i primi, secondi e terzi motivi aggiunti, siano divenuti improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse.
E’ infatti evidente che, sebbene l’asta pubblica indetta dall’Agenzia del Demanio non sia stata formalmente revocata e/o annullata, essa non può più conseguire lo scopo cui era originariamente preordinata, ovvero l’alienazione di consistenze immobiliari di cui l’Agenzia medesima non ha titolo ad disporre, per esserne stata definitivamente accertata la proprietà in capo al Comune di Terni.
In sostanza, anche nell’ipotesi in cui si addivenisse all’accertamento dell’illegittimità degli atti con cui, in origine, l’Agenzia ha consentito al Comune esercitare il diritto di prelazione (sull’assunto della sua posizione di conduttore dell’immobile in questione) alcuna utilità potrebbe derivarne alla P&P, che non conseguirebbe il trasferimento del bene.
La stessa conclusione – è bene precisare – vale anche per i terzi motivi aggiunti in quanto l’azione risarcitoria in essi contenuta, per violazione del dovere di buona fede nello svolgimento delle trattative (ex art. 1337 c.c.), presuppone ancora - nell’ignoranza degli eventi documentati dal Comune soltanto in data successiva alla loro proposizione - l’esistenza di un procedimento di gara valido ed efficace.
Ciò detto, rimangono da esaminare i quarti motivi aggiunti, con i quali la società ha domandato il risarcimento dei danni derivanti dall’incauto comportamento tenuto dall’Agenzia del Demanio, che ha messo in vendita un bene in relazione al quale esisteva, sin dal 1987, un contenzioso aperto con il Comune di Terni.
Si tratta, anche in questo caso, di un’azione di risarcimento del danno precontrattuale, sebbene avente una causa petendi parzialmente diversa da quella in precedenza esaminata e, come già detto, basata sull’impossibilità di conseguire il risultato a cui il procedimento di gara era preordinato.
3.E’ noto che, nei procedimenti ad evidenza pubblica, può configurarsi, accanto ad una responsabilità civile per lesione dell’interesse legittimo derivante dalla illegittimità degli atti o dei provvedimenti relativi al procedimento amministrativo di scelta del contraente, una responsabilità di tipo precontrattuale, per violazione di norme imperative che pongono regole di condotta, da osservarsi durante l’intero svolgimento della procedura (Cons. St., sez. IV, sentenza n. 4674 del 15.9.2014).
Secondo costante giurisprudenza (cfr. Cass. SS.UU. 12 maggio 2008, n. 11656, richiamata da Cons. St., sez. VI, sentenza n. 633 del 1° febbraio 2013), la responsabilità precontrattuale è una responsabilità da comportamento, non da provvedimento, che incide non già sull’interesse legittimo pretensivo all’aggiudicazione, ma sul diritto di autodeterminarsi liberamente nei rapporti negoziali e, pertanto, sulla libertà di compiere le proprie scelte negoziali senza subire ingerenze illegittime frutto dell’altrui scorrettezza.
In sostanza, anche i soggetti pubblici, sia nell’ambito di trattative negoziali condotte senza procedura di evidenza pubblica, sia nell’ambito di procedure di gara, sono tenute ad improntare la propria condotta al canone di buona fede e correttezza scolpito nell'art. 1337 c.c., omettendo di determinare nella controparte privata affidamenti ingiustificati ovvero di tradire, senza giusta causa, affidamenti legittimamente ingenerati.
Tale canone si specifica in una serie di regole di condotta, tra le quali l'obbligo di valutare diligentemente le concrete possibilità di positiva conclusione della trattativa e di informare tempestivamente la controparte dell'eventuale esistenza di cause ostative rispetto a detto esito (TAR Lazio, sez. II^, sentenza n. 488 del 19.1.2011; cfr. anche, Cons. St., A.P., 5 settembre 2005, n. 6; Cass. S.U. 12 maggio 2008, n. 11656).
Nel caso di responsabilità precontrattuale, il danno risarcibile è commisurato non all’interesse positivo (ovvero alle utilità economiche che il privato avrebbe tratto dall’esecuzione del contratto) ma al c.d. interesse negativo, da intendersi come interesse a non essere coinvolto in trattative inutili, o, comunque, a non investire inutilmente tempo e risorse economiche partecipando a trattative destinate a rivelarsi inutili a causa del comportamento scorretto della controparte (Cons. St., sentenza n. 633/2013, cit.).
Pertanto, non possono essere risarcite le voci che fanno riferimento all’interesse positivo in quanto attengono, appunto, alle utilità e ai vantaggi che sarebbero derivati dall'esecuzione del contratto.
L’interesse negativo include poi sia il danno emergente (per le spese sostenute ai fini della partecipazione alla gara e in previsione della stipulazione del contratto), sia il lucro cessante, dovuto alla perdita di ulteriori occasioni contrattuali, sfumate a causa dell’impegno derivante dall’aggiudicazione, non sfociata nella stipulazione, o, comunque in ragione dell’affidamento nella positiva conclusione del procedimento (Cons. St., sez. V^, sentenza n. 6406 del 29.12.2014).
Va ancora precisato che, pur non sussistendo, relativamente alle procedure di dismissione dei beni pubblici, giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (all’uopo applicandosi gli ordinari criteri di riparto tra le giurisdizioni – cfr. Corte di Cassazione, SS.UU., sentenza 20 settembre 2006, n. 220322) – anche in tale ipotesi le controversie relative alla responsabilità precontrattuale della p.a. per atti e comportamenti tenuti nella fase della procedura di evidenza pubblica non possono tuttavia ritenersi completamente avulse dall’esercizio della funzione amministrativa, essendo questo il criterio di collegamento utilizzato dal codice del processo amministrativo per attribuire al giudice amministrativo la competenza a conoscere anche delle domande di risarcimento del danno (cfr. l’art. 30, comma 2, c.p.a.).
4.Ciò posto, nel caso di specie, non può dubitarsi della sussistenza dell’elemento soggettivo, non essendo stata addotta dall’intimata Agenzia, né, comunque potendosi evincere dalla documentazione versata in giudizio, alcuna ragione idonea a giustificare l’atteggiamento reticente in ordine all’esistenza di un contenzioso con il Comune di Terni, relativo alla titolarità del compendio immobiliare messo all’asta.
Tale informazione avrebbe sicuramente impedito che l’odierna ricorrente facesse pieno affidamento sull’acquisizione del bene e, presumibilmente, le avrebbe evitato di impegnarsi nel contenzioso relativo all’esercizio del diritto di opzione da parte del Comune di Terni,
All’uopo, basti considerare che – se è vero che, con sentenza del Tribunale di Perugia, n. 139/98, confermata dalla Corte d’appello di Perugia con sentenza n. 38/01, era stato dichiarato l’acquisito per intervenuta usucapione da parte dello Stato del compendio immobiliare poi messo in vendita - tuttavia la relativa controversia, all’epoca dell’indizione della gara, era ancora pendente, in quanto, con sentenza n. 19186/05, la Corte di Cassazione aveva già cassato con rinvio la sentenza della Corte d’Appello.
Ne deriva che una elementare regola di correttezza avrebbe suggerito di inserire nell’avviso d’asta almeno un riferimento a tale circostanza, laddove invece nell’invito ad offrire del 20.11.2006, i beni vengono qualificati tout court come “appartenenti al patrimonio dello Stato” (cfr., per una fattispecie analoga a quella in esame, Cass. civ., sez. II, sentenza n. 8778 del 26.10.1994).
Relativamente alla quantificazione del risarcimento, occorre ricordare che, poiché la responsabilità precontrattuale costituisce una species della responsabilità aquiliana ex art. 2043 cod. civ., la prova dell’esistenza e dell'ammontare del danno è a carico dei danneggiati i quali, in forza del principio generale sancito dall'art. 2697 cod. civ., ne devono fornire la prova rigorosa.
Nel caso di specie, relativamente al c.d. “danno emergente”, parte ricorrente si è limitata ad allegare:
1) un “progetto di fattura” relativo alle prestazioni di consulenza legale relativa all’asta in oggetto rese dallo studio Cicolani & Partners;
2) un “progetto di fattura”, relativo alle prestazioni rese dal prof. avv. Castiello, difensore nel presente giudizio;
3) una fattura non quietanzata del geom. De Luca in relazione a prestazioni rese ai fini del presente giudizio (in particolare, in relazione alla perizia tecnica asseverata allegata alla memoria predisposta per l’udienza pubblica del 19.11.2014).
Tale documentazione non è tuttavia sufficiente a comprovare gli esborsi effettuati, occorrendo, all’uopo l’esibizione di fatture quietanzate o di idonea documentazione bancaria (cfr., al riguardo, Cons. St., sentenza n. 633/2013, cit., cfr. anche TAR Lecce, sentenza n. 626 del 22.2.2007 e TAR Liguria, sentenza n. 1250 del 18.10.2013).
Relativamente al lucro cessante, parte ricorrente si è rimessa alla valutazione equitativa del Collegio.
Al riguardo, è doveroso rilevare che parte ricorrente è una società avente per oggetto esclusivo “ogni attività ed operazione in campo immobiliare, in Italia e all’estero” (cfr. art. 2 dello Statuto, in atti). Pertanto, in considerazione della sua esperienza professionale, avrebbe potuto quantomeno descrivere la situazione del mercato immobiliare all’epoca dei fatti di causa, nonché la successiva evoluzione, e comunque meglio illustrare il progetto di utilizzo del compendio immobiliare il quale, secondo quanto emerge dagli atti di causa, essa intendeva originariamente destinare ad attività terapeutica e di risocializzazione per giovani tossicodipendenti.
Ad ogni buono conto, in considerazione del tempo trascorso dalla gara indetta dall’Agenzia del Demanio, può ragionevolmente presumersi che la società, nell’attesa della definizione del presente contenzioso, non abbia potuto coltivare iniziative egualmente o maggiormente profittevoli di quella originariamente progettata.
Pertanto, il Collegio reputa equo liquidare, a titolo di risarcimento del danno per lucro cessante, una somma pari ad euro 15.000,00 (quindicimila), ponendone l’onere a carico dell’Agenzia del Demanio.
4.In definitiva, per quanto appena argomentato, il ricorso principale, i primi, i secondi e i terzi motivi aggiunti, debbono essere dichiarati improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse.
I quarti motivi aggiunti, debbono invece essere accolti, nei sensi appena precisati.
Per quanto riguarda le spese di giudizio, appare equo disporne la compensazione nei confronti del MEF e del Comune di Terni, e porne invece l’onere a carico dell’Agenzia del Demanio, in quanto soccombente nel giudizio risarcitorio di cui ai quarti motivi aggiunti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, sez. II^, definitivamente pronunciando sul ricorso e i motivi aggiunti, di cui in premessa, così provvede:
1) dichiara improcedibile il ricorso principale;
2) dichiara improcedibili i primi, i secondi e i terzi motivi aggiunti;
3) accoglie i quarti motivi aggiunti e, per l’effetto, condanna l’Agenzia del Demanio al risarcimento del danno nei confronti della società ricorrente, così come indicato in motivazione.
Condanna l’Agenzia del Demanio alla rifusione delle spese di giudizio che liquida, complessivamente, in euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00), oltre agli accessori, se dovuti, come per legge.
Compensa le spese nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze e del Comune di Terni.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 febbraio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Filoreto D'Agostino,Presidente
Silvia Martino,Consigliere, Estensore
Roberto Caponigro,Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/03/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)