News: Piano delle alienazioni immobiliari
Pubblico
Sabato, 14 Maggio, 2016 - 02:00
Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), sentenza n. 1804 del 5 maggio 2016 sul piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari
N. 01804/2016REG.PROV.COLL.
N. 05258/2015 REG.RIC.
N. 05153/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5258 del 2015, proposto da La Barcaccina s.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Fausto Bianchi e Giuseppe Ciaglia, con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Roma, via Savoia 72;
contro
Bartolini Gianluca, in qualità di titolare della ditta individuale ristorante “La Melatina”, rappresentato e difeso dall’avvocato Emanuela Mazzola, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via Tacito 50;
nei confronti di
Comune di San Vincenzo, rappresentato e difeso dall’avvocato Renzo Grassi, con domicilio eletto presso l’avvocato Giuseppe Ciaglia, in Roma, via Savoia 72;
sul ricorso numero di registro generale 5153 del 2015, proposto dal Comune di San Vincenzo, rappresentato e difeso dall’avvocato Renzo Grassi, con domicilio eletto presso lo studio legale associato Caso-Ciaglia, in Roma, via Savoia 72;
contro
Bartolini Gianluca, in qualità di titolare della ditta individuale ristorante “La Melatina”, rappresentato e difeso dall’avvocato Emanuela Mazzola, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via Tacito 50;
Dirigente dell’Area servizi per il territorio del Comune di San Vincenzo;
nei confronti di
La Barcaccina s.r.l.;
per la riforma
quanto ad entrambi gli appelli:
della sentenza del T.A.R. TOSCANA, SEZIONE I, n. 543/2015, resa tra le parti, concernente un piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari per l’anno 2013
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Bartolini Gianluca e del Comune di San Vincenzo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 marzo 2016 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Fausto Bianchi, Emanuela Mazzola e Renzo Grassi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso al Tribunale amministrativo per la Toscana il sig. Bartolini Gianluca, titolare della ditta individuale ristorante “La Melatina” nel Comune di Riparbella, impugnava con ricorso integrato da motivi aggiunti il piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari per l’anno 2013 del Comune di San Vincenzo (delibere del consiglio comunale nn. 48 del 5 giugno 2013 e 113 del 30 dicembre 2013, rispettivamente di adozione ed approvazione del piano), nella parte in cui questa amministrazione aveva deliberato di affidare in via diretta la proprietà superficiaria cinquantennale dell’area sita in via Tridentina alla concessionaria dell’uso dello stesso, La Barcaccina s.r.l., titolare di una costruzione adibita a ristorante-bar e stabilimento balneare insistente sull’area medesima.
2. Con la sentenza in epigrafe il giudice di primo grado adito accoglieva l’impugnativa, proposta dal sig. Bartolini nella qualità di operatore del settore, in località collinare distante circa 40 km dal Comune di San Vincenzo, ed interessato ad ampliare la propria attività rilevando la gestione di un esercizio in prossimità del mare. Dopo avere ravvisato in ragione di ciò, e della sua ancora più vicina residenza, una posizione differenziata e qualificata in capo al ricorrente, il TAR ne accoglieva l’impugnativa. Il giudice di primo grado reputava fondate le censure con le quali il sig. Bartolini aveva lamentato il mancato ricorso a procedure competitive ad evidenza pubblica per l’assegnazione dell’area e l’omesso accertamento circa la natura del diritto dominicale sul sovrastante manufatto. Veniva invece dichiarata inammissibile la domanda diretta alla dichiarazione di inefficacia del contratto conseguentemente stipulato (rogito in data 26 marzo 2014), per difetto di giurisdizione e perché proposta con memoria non notificata alle altre parti.
3. La sentenza è appellata sia dal Comune di San Vincenzo che dalla società controinteressata.
4. L’originario ricorrente si è costituito per resistere ad entrambi i mezzi.
DIRITTO
1. Gli appelli devono essere preliminarmente riuniti ai sensi dell’art. 96 cod. proc. amm., poiché proposti nei confronti della stessa sentenza.
2. Entrambe le parti appellanti contestano la giurisdizione amministrativa, deducendo che l’area concessa in proprietà superficiaria alla controinteressata in virtù degli atti impugnati nel presente giudizio appartiene al patrimonio disponibile del Comune di San Vincenzo, per averlo quest’ultimo acquistato per donazione da privati (e precisamente: donazione modale della principessa Sveva della Gherardesca rogito in data 19 luglio 1971, successivamente accettata dall’amministrazione). Sulla base di questa premessa la società La Barcaccina deduce un ulteriore profilo di inammissibilità dell’impugnativa del sig. Bartolini, e cioè perché proposta con ricorso straordinario al Capo dello Stato (e poi trasposta in sede giurisdizionale) in violazione del divieto sancito dall’art. 7, comma 8, cod. proc. amm., secondo cui questo rimedio «è ammesso unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa».
3. La questione di giurisdizione, che deve essere necessariamente esaminata con priorità rispetto a tutte le altre (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 3 giugno 2010, n. 11), è innanzitutto ritualmente devoluta in appello con specifico motivo ai sensi dell’art. 9 cod. proc. amm., contrariamente a quanto deduce l’originario ricorrente sig. Bartolini. Infatti, la disposizione del codice del processo ora richiamata richiede di proporre motivo d’appello anche contro il capo che «in modo implicito» abbia statuito sulla giurisdizione, da ciò evincendosi che è irrilevante la circostanza che tale questione non sia stata espressamente trattata in primo grado.
La medesima questione deve essere risolta nel merito affermando la giurisdizione amministrativa, per cui i motivi d’appello vanno respinti.
4. Gli atti impugnati consistono nell’adozione e successiva approvazione di un piano «delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari» ai sensi dell’art. 58 d.l. n. 112 del 2008 (“Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione Tributaria”), che in base alla disposizione ora richiamata Regioni ed enti locali sono stati legittimati ad emanare «Per procedere al riordino, gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare» mediante «delibera dell’organo di Governo» (comma 1). Il piano in questione comporta gli effetti sul piano urbanistico e del regime proprietario previsti dai successivi commi 2 e 3 e contro l’inclusione di beni in esso il legislatore ha previsto il rimedio del «ricorso amministrativo entro sessanta giorni dalla pubblicazione, fermi gli altri rimedi di legge» (comma 5). Deve ancora evidenziarsi al riguardo che l’inclusione dei beni nel piano, e la loro conseguente classificazione come beni del patrimonio disponibile prevista dal citato comma 2, funge anche da presupposto per l’esperimento delle procedure di dismissione del patrimonio pubblico previste dalla legislazione in materia. Nello specifico, in virtù del richiamo contenuto nel successivo comma 6 dell’art. 58 in esame, la procedura applicabile è quella prevista dall'articolo 3-bis del decreto-legge 25 settembre 2001 n. 351 (“Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare”, convertito con modificazioni dalla legge 23 novembre 2001 n. 410), ed in particolare quella relativa alla «Valorizzazione e utilizzazione a fini economici dei beni immobili tramite concessione o locazione», per i quali scopi la disposizione richiamata impone il ricorso a «procedure ad evidenza pubblica» (comma 4).
5. In ragione di tutto quanto finora rilevato è evidente innanzitutto che la questione sulla natura demaniale o di bene patrimoniale indisponibile o disponibile, su cui si sofferma il Comune di San Vincenzo, è irrilevante ai fini della questione di giurisdizione, perché l’inserimento nel piano comporta comunque la classificazione di bene disponibile.
In secondo luogo, ed in ogni caso, il piano in questione costituisce espressione di scelte autoritative di carattere discrezionale dell’amministrazione inerenti alla sistemazione complessiva del proprio patrimonio immobiliare ai fini del raggiungimento delle sottese finalità di interesse pubblico (in primis: reperimento di risorse finanziarie o valorizzazione dei beni). In base alla normativa sopra esaminata le medesime valutazioni di carattere discrezionale sono inoltre prodromiche all’esperimento di procedure ad evidenza pubblica, le quali ancorché finalizzate alla conclusione di contratti di natura privata rappresentano un segmento di azione a loro volta connotato dall’esercizio di poteri autoritativi e dall’applicazione dei canoni generali tipici dell’agire amministrativo (trasparenza, imparzialità, par condicio).
In questa linea, le Sezioni unite della Cassazione hanno ritenuto essere devoluta alla giurisdizione amministrativa la controversia nascente dall’impugnazione della delibera con cui il Comune ha disposto la vendita a trattativa privata di un bene rientrante nel proprio patrimonio disponibile (sentenza 22 aprile 2013, n. 9689). Pertanto, anche nella fattispecie in esame, assolutamente in termini con quella di cui al precedente ora citato, deve essere affermata la giurisdizione amministrativa, essendo impugnati atti prodromici all’alienazione di un bene appartenente a un ente pubblico, espressione di poteri amministrativi ai sensi dell’art. 7, comma 1, cod. proc. amm., a fronte dei quali in rilievo posizioni di interesse legittimo conoscibili nell’ambito della giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo.
6. La Barcaccina eccepisce quindi l’inammissibilità del ricorso straordinario sotto un altro profilo, e cioè perché proposto in materia di procedure di affidamento di contratti pubblici, in violazione del divieto contenuto nell’art. 120, comma 1, cod. proc. amm.
7. Anche questo motivo è infondato.
La disposizione del codice del processo da ultimo richiamata si riferisce alle controversie concernenti procedure di affidamento di contratti «relativi a pubblici lavori, servizi o forniture», e cioè agli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi o alle concessioni di lavori e servizi, le cui definizioni sono contenute nell’art. 3, commi 7 – 12, del codice dei contratti pubblici. Dalle ipotesi enunciate da queste disposizioni esorbita chiaramente il caso oggetto del presente giudizio, in cui il contratto da stipulare all’esito della trattativa privata pianificata dal Comune di San Vincenzo è di costituzione di un diritto di superficie su un bene immobile.
8. Affermata quindi la giurisdizione amministrativa, occorre verificare se il sig. Bartolini possa vantare un titolo legittimo per proporre la presente impugnativa, circostanza che il Comune di San Vincenzo contesta nel primo motivo del proprio appello.
Sul punto, l’amministrazione nega la legittimazione ad agire dell’originario ricorrente, sul rilievo che lo stesso, benché titolare di altro ristorante, nondimeno «mai potrebbe gestire l’azienda essendo sprovvisto di tutte le necessarie autorizzazioni e dovendo avere la disponibilità di un'azienda di proprietà altrui», poiché – secondo il Comune - la costruzione adibita a bar-ristorante edificata sull’area in contestazione nel presente giudizio «rimarrebbe sempre e comunque nella disponibilità della Soc. La Barcaccina indipendentemente dalle sorti del terreno».
9. Il motivo, può essere esaminato congiuntamente a quelli con cui entrambe le appellanti muovono critiche alla statuizione del giudice di primo grado che ha ritenuto che il Comune di San Vincenzo non avesse adeguatamente accertato la titolarità del manufatto adibito a bar-ristorante eretto sull’area da alienare a trattativa privata alla La Barcaccina. Tutte queste censure involgono infatti la questione della titolarità della costruzione, sotto il duplice profilo se in ragione di essa il sig. Bartolini non potrebbe pretendere che sia “messa a gara” l’area circostante e se sia conseguentemente legittima la scelta dell’amministrazione di derogare agli obblighi di evidenza pubblica.
10. Ciò precisato, tutti i motivi sono infondati.
Innanzitutto, la società odierna appellante non può vantare nessun diritto di proprietà della costruzione ostativo ad una possibile acquisizione del compendio immobiliare da parte di terzi all’esito di una procedura ad evidenza pubblica.
Risulta infatti dagli atti di causa e dalle concordi deduzioni delle parti che la stessa è stata realizzata da Idilio Meini in virtù della concessione di suolo pubblico risalente al 1986 e che in forza di analogo titolo, costituito nel 2009, ne ha avuto il godimento l’avente causa di questi, Eda Bettini, a sua volta dante causa della La Barcaccina. Come pertanto deduce il sig. Bartolini, il rapporto concessorio in forza del quale il Comune di San Vincenzo ha attribuito il godimento e l’uso dell’area, con facoltà di erigervi una costruzione da adibire a bar-ristorante e stabilmento balneare presuppone che dei beni in questione sia titolare l’amministrazione concedente e non già il concessionario di quest’ultima.
11. Occorre peraltro rilevare che nell’atto di cessione di azienda di cui al rogito in data 31 marzo 2010, con il quale la società ha acquistato dalla sig.ra Bettini «l’azienda commerciale consistente nel complesso di beni organizzati per l’esercizio della attività di bar – ristorante – stabilimento balneare corrente in San Vincenzo, alla Via Tridentina n. 1» (art. 1, punto 1.1), viene precisato che nell’azienda «è inoltre ricompreso l’immobile adibito a bar – ristorante stabilimento balneare, distinto nel Catasto Fabbricati del Comune di San Vincenzo al foglio 7 con la particella 1108…» (punto 1.2), sebbene nel medesimo contesto sia richiamata l’originaria concessione a favore del costruttore del fabbricato (si dà infatti atto che tale immobile «è stato realizzato su suolo pubblico di proprietà dell’Amministrazione Comunale di San Vincenzo da parte del signor Meini Idilio in forza di Convenzione con il Comune di San Vincenzo in data 21 giugno 1986 Rep. n. 142, decaduta nel dicembre 2003 per morosità» (punto 1.2 citato). Come inoltre documentato dal Comune di San Vincenzo, il contratto è stato quindi iscritto nei registri immobiliari (in data 19 aprile 2010) e nella nota di trascrizione, riprodotta nella visura immobiliare, è stato indicato quale diritto trasferito con il rogito trascritto la «proprietà superficiaria» sul manufatto.
12. Tuttavia, l’inclusione nel rogito notarile in data 31 marzo 2010 in esame del fabbricato nel compendio dei beni aziendali ceduti mediante non è idonea a costituire a favore della cessionaria la La Barcaccina alcun diritto reale sul bene.
Ciò per la decisiva considerazione che nessuna separazione proprietaria rispetto al suolo sottostante in grado di impedire l’accessione a quest’ultimo ex art. 934 cod. civ. dell’edificazione su di esso realizzata è stata mai posta in essere (se non con il contratto stipulato all’esito degli atti impugnati nel presente giudizio), in mancanza di un atto costitutivo del diritto di superficie o della proprietaria superficiaria, ai sensi degli artt. 952, commi 1 e 2, cod. civ., da parte del proprietario del suolo, e cioè nel caso di specie del Comune di San Vincenzo, tale non potendo essere qualificate la concessioni precedenti. In particolare, sia quella del 1986 che quella del 2009 costituiscono senza dubbio fonte di un diritto di natura meramente personale nei confronti dell’amministrazione titolare dell’area, di carattere precario, essendo rinnovabili in via tacita di anno in anno, oltre che soggette alla potestà autoritativa di quest’ultima. A tale riguardo, deve evidenziarsi che la concessione del 2009 rilasciata in favore della dante causa della La Barcaccnia si era prevista in ogni caso la scadenza del 31 dicembre 2016, in corrispondenza dell’attuazione dello strumento urbanistico di settore (piano particolareggiato della spiaggia), con correlativo obbligo del concessionario di provvedere a propria cura e spese alla demolizione delle opere realizzate (art. 4 della convenzione).
Tanto meno analoga inidoneità a costituire il diritto di superficie o la proprietà superficiaria può rivestire l’atto di cessione d’azienda, malgrado in esso si menzioni anche la costruzione realizzata. Depone in senso contrario a questo assunto il principio derivativo-traslativo, secondo cui non si può trasferire ad altri un diritto che non si ha o di maggiore ampiezza rispetto a quello che si ha (nemo plus iuris ad alium transferre potest quam ipse habet). La conclusione non muta – contrariamente a quanto sottolinea l’amministrazione – per il fatto che la cessione di azienda sia stata trascritta nei registri immobiliari. Infatti, l’opponibilità del trasferimento del diritto reale conseguente al compimento di tale formalità, prevista dall’art. 2644 cod. civ., rileva nel conflitto tra più aventi causa dal medesimo dante causa, regolato dal principio della priorità della trascrizione, ma, in un sistema connotato da una pubblicità di tipo dichiarativo, non può costituire titolo per l’acquisto nei confronti del terzo di un diritto che non poteva formare oggetto dell’atto traslativo o costitutivo per mancanza della necessaria titolarità da parte del dante causa.
13. Escluso quindi che la società odierna appellante sia stata in precedenza proprietaria del fabbricato realizzato sull’area in contestazione, deve innanzitutto essere confermata la statuizione del TAR affermativa della legittimazione ad agire del sig. Bartolini, quale titolare di identica attività commerciale ed in ragione di ciò qualificabile come operatore del settore interessato in via qualificata e differenziata rispetto alla generalità dei consociati al rispetto degli obblighi di evidenza pubblica nell’assegnazione di un bene suscettibile di sfruttamento economico al medesimo scopo.
In secondo luogo, deve del pari essere mantenuta ferma la statuizione con cui il giudice di primo grado ha ravvisato l’illegittimità del piano di alienazione immobiliare nella parte impugnata dal sig. Bartolini, per non avere il Comune di San Vincenzo adeguatamente verificato se la scelta di alienare l’area a trattativa privata alla società La Barcaccina fosse realmente giustificata dalla titolarità in capo a quest’ultima di un diritto reale sulla costruzione si di essa realizzata.
14. Non sono infine fondate le ulteriori censure con cui l’amministrazione appellante si duole del fatto che il TAR non abbia ritenuto che sussistessero plausibili ragioni per derogare all’obbligo della procedura ad evidenza pubblica, il quale, al di là delle disposizioni normative che il giudice di primo grado ha correttamente richiamato (§ 3.3.1 della sentenza appellata), costituisce principio generale per tutte le ipotesi di assegnazione di beni pubblici o in proprietà pubblica suscettibili di sfruttamento economico da parte privata (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 25 febbraio 2013, n. 5).
15. In particolare, il Comune sostiene che la gara per la concessione del diritto di superficie avrebbe da un lato esposto l’amministrazione a rischi di azioni risarcitorie da parte della La Barcaccina, per la necessità di disdettare la concessione in via anticipata rispetto alla scadenza prevista del 31 dicembre 2016, e dall’altro lato avrebbe comportato una violazione dei principi di logica e ragionevolezza, in ragione della possibilità che potesse risultare aggiudicatario un soggetto diverso dall’attuale gestore, il quale si sarebbe «indebitamente avvantaggiato dall’avviamento commerciale dell’azienda in attività da quasi trent’anni».
Sennonché il primo rilievo può essere agevolmente neutralizzato in base al richiamo alla clausola di rinnovo annuale sopra citata, tipica delle concessioni di uso di beni pubblici, con annessa facoltà di disdetta.
Per quanto riguarda invece il rischio di indebito arricchimento paventato dal Comune, lo stesso poteva essere facilmente scongiurato attraverso la previsione di un indennizzo a favore del gestore uscente ed a carico di quello entrante, con operazione priva di incidenza per le finanze dell’amministrazione.
Il Comune di San Vincenzo sottolinea inoltre che, in base al piano delle spiagge da ultimo approvato (delibera consiliare del 24 marzo 2014, n. 8), è stata eliminata la possibilità di trasferire lo stabilimento balneare sull’arenile, conformemente agli indirizzi regionali in materia, prevedendosi il mantenimento dell’attuale posizione, e che ciò avrebbe comportato una sostanziale revoca della situazione giuridica costituita in favore del concessionario, suscettibile di esporre l’amministrazione a richieste di indennizzo ai sensi dell’art. 21-quinquies l. 7 agosto 1990, n. 241.
Anche questo assunto non può essere condiviso, dal momento che rispetto alle scelte pianificatorie le aspettative private non sono tutelabili se non consolidate, e tale non può essere considerata quella di un concessionario dell’uso di beni di proprietà dell’amministrazione in via precaria, a prescindere dal fatto che proprio in virtù di tali scelte si era previsto nella concessione del 2009 un termine di durata massimo.
16. Tutte le ragioni esposte dal Comune di San Vincenzo non sono quindi sufficienti per giustificare la decisione di costituire sull’area un diritto di superficie della durata cinquantennale mediante trattativa privata, perché in questo modo si è determinato il consolidamento in favore dell’attuale concessionario di una rendita di posizione, con correlativa perdita per l’amministrazione, per un arco temporale assai lungo, della piena proprietà e delle connesse facoltà dominicali e prerogative di autorità concedente, oltre che della possibilità di stimolare la competizione privata rispetto all’acquisizione di un bene economicamente contendibile.
17. In conclusione, gli appelli devono essere respinti e le appellanti condannate a rifondere all’originario ricorrente le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, previa loro riunione, li respinge.
Condanna il Comune di San Vincenzo e la La Barcaccina s.r.l., in solido tra loro, a rifondere al sig. Gianluca Bartolini le spese del presente grado di giudizio, liquidate in € 6.000,00, oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2016 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Caringella,Presidente
Sandro Aureli,Consigliere
Claudio Contessa,Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti,Consigliere
Fabio Franconiero,Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/05/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)