PARERE CONSIGLIO STATO SU ACQUISTO E LOCAZIONI IMMOBILI PA - 10 MAGGIO 2018
Pubblico
Venerdì, 18 Maggio, 2018 - 16:07
Parere del Consiglio di Stato su acquisti e locazioni immobili PA
Numero 01241/2018 e data 10/05/2018 Spedizione
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Adunanza della Commissione speciale del 11 aprile 2018
NUMERO AFFARE 00395/2018
OGGETTO:
Autorita' Nazionale Anticorruzione - Presidente.
Acquisto, da parte dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, del complesso immobiliare di via Carucci, 71 a Roma - importo massimo di € 73.220.500,00 (oltre iva).;
LA COMMISSIONE SPECIALE del 11 aprile 2018
Vista la relazione n. 16631 del 21 febbraio 2018 con la quale il Presidente dell’Autorita' Nazionale Anticorruzione ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Giuseppina Luciana Barreca;
PREMESSO E CONSIDERATO
1. Premessa
Con richiesta di parere prot. uscita n. 16631 del 21 febbraio 2018 il Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione ha rivolto a questo Consiglio di Stato un quesito “in ordine alla corretta interpretazione dell’art. 4, d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 nel testo modificato dall’art. 5, d.lgs. 19 aprile 2017 n. 56”.
Nella richiesta si espone che:
- con esposto indirizzato alla Procura della Corte dei Conti ed inviato per conoscenza all’Autorità, il Codacons ha rappresentato alcune presunte anomalie nella procedura di acquisto, da parte dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, del complesso immobiliare sito a Roma, via Carucci, 71;
- a seguito di tale esposto, l’Ufficio vigilanza servizi e forniture dell’Autorità ha avviato un’attività di riscontro dei fatti ed ha chiesto all’Agenzia delle Dogane informazioni sull’operazione di compravendita;
- quindi, con nota del 10 novembre 2017, ha chiesto al Consiglio dell’Autorità, ai sensi dell’art. 19, comma 2, del Regolamento di vigilanza, di autorizzare l’invio all’Agenzia delle Dogane di una “comunicazione di risultanze istruttorie” (CRI), in quanto, avendo l’Agenzia provveduto ad una trattativa diretta per l’acquisto dell’immobile, avrebbe dovuto essere contestata la violazione dei principi di imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, pubblicità ed economicità, esplicitamente previsti dall’art. 4 del d.lgs. n. 50 del 2016 (codice dei contratti);
- il Consiglio dell’Autorità, nella seduta del 22 novembre 2017, non ha accolto la richiesta dell’Ufficio ed ha ritenuto necessario acquisire un parere dall’Ufficio precontenzioso e pareri dell’Autorità sulle seguenti due specifiche questioni, emerse dall’istruttoria: rapporti fra la disciplina prevista dal d.l. 6 luglio 2011 n. 98, convertito con modificazioni nella legge 15 luglio 2011, n. 111 (disposizione specificamente dettata per gli acquisti di immobili da parte delle pubbliche amministrazioni) ed il codice dei contratti; possibilità di derogare, nel caso oggetto dell’esame, all’utilizzo di procedure comparative o delle indagini di mercato;
- l’Ufficio precontenzioso e pareri ha rassegnato al Consiglio le proprie valutazioni, confermando la ricostruzione dell’Ufficio vigilanza servizi e forniture e ribadendo l’applicabilità, nell’ipotesi in esame, dell’art. 4 del codice dei contratti e, quindi, la necessità del rispetto dei principi generali ivi stabiliti;
- il Consiglio dell’Autorità, nella seduta del 17 gennaio 2018, preso atto del parere dell’Ufficio precontenzioso e pareri, ha ritenuto indispensabile rivolgersi al Consiglio di Stato per l’interpretazione dell’art. 4 del codice dei contratti, nonché per l’individuazione dell’ambito di competenza dell’Autorità, ai sensi dell’art. 213, comma 1, dello stesso codice dei contratti.
Ciò premesso, il Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione illustra le ragioni della richiesta di parere dando atto che:
- il Consiglio è partito dalla modifica dell’art. 4 del codice, recata dal recente d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56 (c.d. correttivo), con l’inserimento nel testo delle parole “dei contratti attivi”, per evidenziare come essa avrebbe finito per rendere la disposizione meno chiara che non in passato, quanto all’individuazione dei contratti esclusi, a cui comunque si applicano i principi, sia pure di carattere generale, previsti proprio dall’art. 4;
- l’intervento del correttivo è nato con l’obiettivo di attuare (almeno in parte) il suggerimento contenuto nel parere del Consiglio di Stato del 1° aprile 2016, n. 855, affinché il codice degli appalti diventasse il codice dei contratti pubblici tout court, compresi quelli attivi, ancora regolati dalla legislazione di contabilità di Stato;
- a parere del Consiglio dell’Autorità, le modalità normative con cui si è perseguito questo obiettivo sembrano “essere andate oltre lo scopo ed aver persino finito […] per ridurre la portata applicativa proprio dell’art. 4 citato”.
Questa conclusione è fondata sulla considerazione che tale ultima norma, nel testo precedente il correttivo, si correlava, in modo logico e chiaro, con l’art. 17 dello stesso codice, che conteneva l’elenco dei contratti da considerare esclusi, sicché il combinato disposto consentiva di considerare tutti i contratti esclusi assoggettati ai principi generali dell’art. 4; invece, nel testo attuale sarebbero individuate due categorie di contratti esclusi: quella dei contratti (cui faceva riferimento la disposizione originaria del 2016) “aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture” e quelli (introdotti nel 2017) “attivi”. Le conseguenze dell’interpretazione letterale sarebbero:
- che i contratti diversi da quelli attivi -cioè i contratti passivi con cui l’amministrazione acquisisce, ad esempio, la disponibilità di un bene- che non abbiano ad oggetto lavori, servizi e forniture siano esenti anche dall’applicazione dei principi generali di cui all’art. 4;
- che le due norme “non debbano più essere, come in passato, lette in tandem”, ma sarebbe plausibile la seguente interpretazione: l’art. 17 conterrebbe una elencazione dei contratti esclusi, ai quali vanno applicati i principi di cui all’art. 4 solo se rientrano in uno dei due genus oggi esplicitamente indicati dalla disposizione; agli altri contratti esclusi resterebbero applicabili ancora solo le disposizioni della contabilità pubblica e, di conseguenza, essi non sarebbero nemmeno sottoposti all’attività di vigilanza da parte dell’Autorità.
2. Le norme oggetto della richiesta di parere.
Il Titolo II (Contratti esclusi in tutto o in parte dall’ambito di applicazione) della parte I (Ambito di applicazione, principi, disposizioni comuni ed esclusioni) del codice dei contratti pubblici contiene la disciplina applicabile ai c.d. contratti esclusi, vale a dire a quella tipologia contrattuale che, pur sottratta dall’ambito di applicazione della disciplina generale dettata dal codice, è tuttavia da questo espressamente considerata e regolamentata (a differenza dei contratti che invece vi sono del tutto estranei, secondo quanto si dirà nel prosieguo).
Il legislatore nazionale, nel recepire le corrispondenti disposizioni delle direttive comunitarie, ha introdotto principi e norme applicabili in via generale a tutti i contratti c.d. esclusi, nonché norme di dettaglio applicabili in ragione dell’oggetto dei singoli contratti dei settori esclusi e dei settori speciali.
L’art. 4 (Principi relativi all’affidamento di contratti pubblici esclusi), corrispondente all’art. 27 del d.lgs. n. 163 del 2006, che già conteneva un nucleo minimo e fondamentale di tutela di tale tipologia contrattuale, richiama i principi generali dell’attività amministrativa, prevedendo che l’affidamento dei contratti pubblici esclusi, in tutto o in parte, dall’ambito di applicazione del codice, avviene “nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica”.
La disciplina generale è contenuta inoltre nell’art. 5 (Principi comuni in materia di esclusione per concessioni, appalti pubblici e accordi tra enti e amministrazioni aggiudicatrici nell’ambito del settore pubblico), che, con disposizione innovativa rispetto al d.lgs. n. 163 del 2006, prevede le condizioni ed i limiti di applicabilità della tipologia dei c.d. contratti esclusi. Esso individua i casi in cui le stazioni appaltanti vi possono ricorrere in luogo del procedimento ordinario, tenuto conto dei soggetti coinvolti, in attuazione e recepimento degli artt. 12 (Appalti pubblici tra enti nell’ambito del settore pubblico) e 13 (Appalti sovvenzionati dalle amministrazioni aggiudicatrici) della direttiva 2014/24/UE, dell’art. 28 (Appalti tra amministrazioni aggiudicatrici) della direttiva 2014/25/UE e dell’art. 17 (Concessioni tra enti nell’ambito del settore pubblico) della direttiva 2014/23/UE.
La disciplina si completa con norme di dettaglio riferite all’oggetto del contratto dei settori esclusi (articoli da 6 a 9) e dei settori speciali (articoli da 10 a 16).
Con l’art. 17 (Esclusioni specifiche per i contratti di appalto e concessione di servizi) si prevedono, infine, diverse specifiche esclusioni dall’applicazione del codice sia di appalti che di concessione di servizi (cui vanno aggiunte quelle previste nei successivi artt. 17 bis e 18, qui non rilevanti), in gran parte già contenute nell’art. 19 del d.lgs. n. 163 del 2006.
Tra le diverse categorie prese in considerazione, rileva, ai fini della richiesta di parere, la prima dell’elenco, sub a), concernente gli appalti pubblici e le concessioni di servizi “aventi ad oggetto l’acquisto o la locazione, quali che siano le relative modalità finanziarie, di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili o riguardanti diritti su tali beni”.
Nel riferirsi all’acquisto o alla locazione di immobili la norma chiaramente contempla soltanto i contratti passivi, comportanti una spesa per la pubblica amministrazione, che riveste la qualità di acquirente o di conduttore.
La tradizionale distinzione tra tali contratti ed i contratti attivi -i quali comportano un’entrata- si traduce infatti in un distinto regime giuridico.
I contratti attivi, in particolare i contratti di alienazione e di locazione stipulati dalla p.a. nella qualità di locatore, sono soggetti alla disciplina di cui al R.D. 23 maggio 1924, n. 827 (Regolamento per l’amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato) e sono sottratti del tutto all’applicazione delle norme del codice dei contratti, nel senso che sono ad esso estranei, fatto salvo quanto si dirà a proposito della modifica apportata all’art.4 dal d.lgs. n. 56 del 2017.
L’art. 17, lett. a), corrisponde all’art. 19, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 163 del 2006, il quale, nel secondo inciso, precisava che “i contratti di servizi finanziari conclusi anteriormente, contestualmente o successivamente al contratto di acquisto o di locazione rientrano, a prescindere dalla loro forma, nel campo di applicazione del presente codice”; questo inciso non è stato riprodotto nella disposizione attualmente vigente.
Rileva, infine, il disposto dell’art. 213 (Autorità Nazionale Anticorruzione) che ridefinisce le funzioni e i poteri dell’Autorità nel settore dei contratti pubblici. I poteri di vigilanza e controllo, previsti al comma 1, sono specificati, alla lettera a) del terzo comma, con riferimento ai “contratti pubblici, anche di interesse regionale, di lavori, servizi e forniture nei settori ordinari e nei settori speciali e sui contratti secretati o che esigono particolari misure di sicurezza ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera f – bis), della legge 6 novembre 2012, n. 190, nonché […] contratti esclusi dall’ambito di applicazione del codice”.
Quest’ultimo inciso va inteso come riferito soltanto ai c.d. contratti esclusi, comunque contemplati come tali dal codice dei contratti, vale a dire quelli previsti nel titolo II, la cui disciplina generale si completa perciò con la soggezione ai poteri di vigilanza dell’Autorità Nazionale Anticorruzione. Questi poteri di vigilanza non hanno ad oggetto i contratti rimasti del tutto estranei alle previsioni del codice, anche in ragione del fatto che il primo comma dell’art. 213 attribuisce all’Autorità i relativi poteri “nei limiti di quanto stabilito dal presente codice”.
3. Le questioni poste dalla richiesta di parere.
La risposta al quesito implica l’interpretazione da darsi al combinato disposto degli artt. 4 e 17, lett. a), del codice dei contratti in riferimento alla previsione dell’art. 213, comma 1 e comma 3, lett. a), laddove solo inserendo nella previsione dell’art. 4 i contratti passivi della p.a., specificamente i contratti di acquisto di immobili, questi vengono assoggettati ai poteri di controllo e vigilanza dell'ANAC di cui all’art. 213 dello stesso codice.
In particolare, non è in discussione l’applicazione, in via generale, ai contratti di acquisto di immobili da parte delle pubbliche amministrazioni del principio della scelta del contraente mediante procedura ad evidenza pubblica.
Questo principio, infatti, si evince già dalla normativa sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità dello Stato di cui al R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 3, ed al citato regolamento attuativo n. 827 del 1924, art. 37, per i quali i contratti che comportano un’entrata o una spesa per lo Stato devono essere preceduti da gare, salvo ipotesi eccezionali (cfr. Cass. S.U., 22 luglio 2013, n. 17782, proprio in riferimento al contratto di acquisto di immobili da parte della p.a.).
Il relativo iter procedimentale va perciò improntato al rispetto dei principi generali dell’attività amministrativa di cui all’art. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241, non dubitandosi che per i contratti, attivi e passivi, disciplinati dalla legislazione di contabilità di Stato, vadano rispettati in particolare i principi generali di tutela della concorrenza e parità di trattamento (cfr. anche il parere di questo Consiglio di Stato n. 782/2017 su cui infra).
Piuttosto, l’individuazione dell’ambito oggettivo di applicazione dell’art. 4 forma oggetto della presente richiesta di parere allo scopo immediato di definire il raccordo della norma, che detta i principi generali da osservarsi per i c.d. contratti esclusi, con i successivi artt. 17 e 213, onde verificare se sia consentito all’Autorità avviare il procedimento di controllo ai sensi dell’art. 13 del Regolamento di Vigilanza e comunque fornire indicazioni vincolanti in ordine alle procedure di scelta del contraente da parte delle pubbliche amministrazioni che intendano acquistare nel mercato immobiliare.
RISPOSTA AL QUESITO
Poiché la disciplina dettata dal d.lgs. n. 50 del 2016 riprende, nelle sue linee essenziali, la disciplina dei c.d. contratti esclusi contenuta negli artt. 19 e 27 del d.lgs. n. 163 del 2006, è utile prendere le mosse dall’interpretazione di queste norme e verificare se, rispetto al previgente assetto normativo, si registrino, con specifico riferimento al tema dei contratti di acquisto di immobili, significative modificazioni di regime giuridico, esterne o interne al codice dei contratti, che giustifichino approdi interpretativi differenti rispetto a quelli raggiunti dagli interpreti prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 50 del 2016 e/o del d.lgs. n. 56 del 2017.
A)L’art. 19 (Contratti di servizi esclusi), al comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 163 del 2006 aveva riprodotto testualmente l’art. 16, lett. a), della direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004, che comprendeva, tra le “esclusioni specifiche”, gli appalti di pubblici servizi “aventi ad oggetto l’acquisto o la locazione, quali che siano le relative modalità finanziarie, di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili o riguardanti diritti su tali beni”.
La ratio della disposizione si rinveniva nel considerando 24 della stessa direttiva (per il quale “Nell’ambito dei servizi, gli appalti aventi per oggetto l’acquisto o la locazione di beni immobili o diritti su tali beni presentano caratteristiche particolari che rendono inappropriata l’applicazione delle norme di aggiudicazione degli appalti pubblici”).
Le previsioni della direttiva andavano, peraltro, completate con i principi del Trattato CE, in particolare con i principi di uguaglianza di trattamento e di non discriminazione, nonché di proporzionalità e di trasparenza (il quale ultimo, a sua volta, importa un adeguato livello di pubblicità ed il controllo sull’imparzialità delle procedure di aggiudicazione) che la Corte di Giustizia ha ritenuto applicabili anche ai contratti pubblici esclusi dalla sfera di applicazione delle direttive comunitarie nel settore degli appalti pubblici (CGCE 3 dicembre 2001 C-59/00, nonché Comunicazione interpretativa della Commissione, 2006/C 179/02, relativa al diritto comunitario applicabile alle aggiudicazioni di appalti non o solo parzialmente disciplinate dalle direttive “appalti pubblici”).
Nell’art. 27 del d.lgs. n. 163 del 2006 erano contenuti i “principi relativi ai contratti esclusi”, enunciati nei seguenti termini, al primo comma della disposizione, come modificato dall'art. 4, comma 2, lettera a), legge n. 106 del 2011, poi dall'art. 20, comma 1, lettera c), legge n. 35 del 2012: “L'affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall'ambito di applicazione oggettiva del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità. L'affidamento deve essere preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti, se compatibile con l'oggetto del contratto. L'affidamento dei contratti di finanziamento, comunque stipulati, dai concessionari di lavori pubblici che sono amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori avviene nel rispetto dei principi di cui al presente comma e deve essere preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti.”. Il secondo comma disponeva l’applicazione ai contratti esclusi dell’art. 2, commi 2, 3 e 4, ed il terzo comma dettava la disciplina del subappalto per questa tipologia contrattuale.
Si trattava dei principi derivati direttamente dai Trattati comunitari, in parte già introdotti nell’ordinamento nazionale con la legge 11 febbraio 2005, n. 15 (di modifica della legge n. 241 del 1990) e confluiti nell’art. 27, comma primo, onde sancirne l’applicabilità comunque a tutti i contratti esclusi dall’ambito di applicazione del codice, ai quali perciò fornivano un nucleo fondamentale di tutela minima.
L’art. 27, comma 1, è stato modificato dal d.l. 13 maggio 2011 n. 70 convertito nella legge 12 luglio 2011 n. 106, in modo da chiarire che la disciplina generale ivi prevista si applicava ai “contratti esclusi, in tutto o in parte, dall’ambito di applicazione oggettivadel presente codice” (laddove il testo originario si riferiva all’ambito di applicazione, senza specificare “oggettiva”). Si tratta tuttavia di modifica a portata interpretativa e non innovativa (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 1 agosto 2011, n.16), in quanto si è sempre ritenuto che l’applicazione dei principi dei Trattati riguardasse soltanto i contratti posti in essere dai soggetti compresi nell’ambito di applicazione soggettiva del codice e del diritto comunitario (cfr. Cons. Stato, VI, 22 aprile 2008, n. 1856 e id., 4 ottobre 2013, n. 4902).
La giurisprudenza amministrativa è stata univoca nell’interpretare l’art. 27 in combinazione col precedente articolo 19 del d.lgs. n. 163 del 2006, individuando la ratio della prima norma nell’estensione dell’applicazione dei principi generali desumibili dai Trattati, prima comunitari e poi dell’Unione, ai contratti esclusi dall’ambito oggettivo di applicazione delle direttive “appalti pubblici” e quindi del codice, pur se dalle une e dall’altro “nominati”, ancorché al solo scopo di escluderli dal proprio ambito.
In questi termini si è chiaramente espressa l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la già citata decisione del 1° agosto 2011, n. 16, con la quale, in riferimento all’art. 27, si è altresì precisato che >.
Nello stesso senso, si è espressa anche l’Autorità Nazionale Anticorruzione, in particolare nel parere sulla normativa AG 12/2009 (richiamato dall’allegato 3 alla richiesta di parere, “Appunto per il Consiglio” dell’Ufficio Precontenzioso e Pareri), che, sia pure in riferimento alla lettera b) dell’art. 19, comma 1, del d.lgs. n. 163 del 2006, ha interpretato l’art. 27 come “norma di chiusura della disciplina sui contratti esclusi, prevedendo comunque l’osservanza dei principi ivi indicati e l’espletamento di una procedura di valutazione comparativa concorrenziale, quale principio immanente nell’ordinamento”.
B)L’art. 17, lett. a), del d.lgs. n. 50 del 2016 recepisce testualmente l’art. 10, lett. a), della direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014, che, a sua volta, elencando le “esclusioni specifiche per gli appalti di servizi”, riproduce l’art. 16, lett. a), della direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004 (privato dell’inciso finale, qui non rilevante).
Ne risulta la coincidenza testuale (escluso tale ultimo inciso) tra l’attuale art. 17 del codice dei contratti e l’art. 19 del d.lgs. n. 163 del 2006.
L’art. 4 nel testo introdotto col d.lgs. n. 50 del 2016 è parzialmente diverso dal previgente art. 27 del d.lgs. n. 163 del 2006, sia perché non impone la consultazione di un numero minimo di operatori economici né detta norme specifiche per il subappalto, sia perché, ampliando il richiamo dei principi di matrice euro-unitaria, aggiunge a quelli già inseriti nell’art. 27 i principi di pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica.
Tuttavia, questo parziale diverso contenuto (così come la diversa collocazione della norma –posta in apertura del titolo II relativo ai contratti esclusi, piuttosto che in chiusura, così come era per l’art. 27 – in ragione della diversa tecnica di redazione normativa impiegata) non costituisce motivo di significativa divergenza della disciplina attuale da quella previgente; in particolare, non consente di pervenire ad un risultato interpretativo del combinato disposto degli artt. 4 e 17 del d.lgs. n. 50 del 2016 differente da quello raggiunto in forza della lettura combinata degli artt. 19 e 27 del d.lgs. n. 163 del 2006, di cui si è detto sopra.
Preme in proposito evidenziare: per un verso, che pur non avendo il legislatore del nuovo codice esplicitato il principio della necessaria preventiva valutazione comparativa di più concorrenti (testualmente introdotto nel solo art. 36 per i contratti sotto-soglia), esso informa tuttavia l’intera disciplina euro-unitaria e, di conseguenza, l’intero codice, sì da dover essere riferito anche ai contratti che sono esclusi, in tutto o in parte, dal suo ambito di applicazione oggettivo; per altro verso, che la mancata menzione nell’art. 27 del d.lgs. n. 163 del 2006 del principio di pubblicità non ne ha certo impedito l’applicazione anche ai contratti esclusi dall’art. 19, in quanto contenuto nei Trattati dell’Unione, quindi di diretta applicabilità così come il principio di trasparenza, al quale è immediatamente collegato, al fine di consentire l’uguaglianza dell’accesso a tutti gli interessati. Questa conclusione è imposta dalla richiamata regola di diritto giurisprudenziale espressa dalla Corte di Giustizia in più occasioni, secondo cui ai contratti sottratti all’ambito di applicazione delle direttive sugli appalti pubblici si applicano comunque i principi posti dai Trattati dell’Unione a tutela della concorrenza.
C)Evidenziata così l’analogia di disciplina tra l’attuale codice dei contratti pubblici ed il regime dei c.d. contratti esclusi risultante dalle norme del d.lgs. n. 163 del 2006, come sopra interpretate, va detto della modifica apportata all’art. 4 dall’art. 5 del c.d. correttivo di cui al d.lgs. n. 56 del 2017.
A parere di questo Consesso, l’introduzione nella norma dell’inciso “dei contratti attivi”, non depone nel senso -suggerito dalla richiesta qui in esame- di escludere l’applicazione dei principi generali previsti dall’art. 4 ai contratti diversi dai contratti attivi; né restringe la portata applicativa che già il testo dell’art. 27 del d.lgs. n. 163 del 2006 e poi il testo analogo dell’originario art. 4 del d.lgs. n. 50 del 2016 attribuiscono alla previsione dei “contratti pubblici aventi ad oggetto lavori servizi e forniture, […], esclusi, in tutto o in parte, dall’ambito oggettivo del presente codice”.
In proposito, valgano le considerazioni di seguito esposte.
Con il parere n. 855 del 1° aprile 2016 (sullo schema del codice dei contratti pubblici) questo Consiglio di Stato aveva espresso l’auspicio che in futuro il codice degli appalti potesse diventare il codice dei contratti pubblici tout court, compresi quelli “attivi” ancora regolati dalla legislazione di contabilità di Stato, ma non disciplinati dal codice, mancando un principio espresso di delega in tale senso.
Con il parere n. 782 del 30 marzo 2017 (sullo schema delle disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50), questo Consiglio di Stato, in riferimento all’art. 4 del codice, non toccato dallo schema del correttivo, dopo avere richiamato l’auspicio contenuto nel precedente parere n. 855 del 2016, ha formulato il seguente rilievo: Per tali contratti attivi non si dubita che, oltre a doversi rispettare eventuali specifiche regole contenute nella legislazione di contabilità di Stato e nelle discipline settoriali, vanno rispettati i principi generali di tutela della concorrenza e parità di trattamento.
L’art. 1, lett. n), della legge delega pone tra i criteri direttivi quello della individuazione dei “contratti esclusi” dall’ambito di applicazione del codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione.
Il principio di delega è stato già interpretato, dal codice, nel senso che oltre a individuarsi i contratti esclusi, vada per essi dettato un “nucleo minimo” di “principi” applicabili, e a tanto provvede l’art. 4 del codice.
Non vi è dubbio che i “contratti attivi” rientrino tra i contratti esclusi.
Pertanto i principi di cui all’art. 4 del codice andrebbero estesi anche ai contratti attivi, e a tal fine nell’art. 4, comma 1, dopo le parole “contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture,” andrebbero aggiunte le parole “dei contratti attivi,”.>>.
Questa indicazione è stata recepita integralmente dall’art. 5 del d.lgs. n. 56 del 2017.
L’orientamento espresso dal parere n. 782/2017 ed il suo recepimento nell’attuale testo normativo necessitano peraltro della precisazione che segue, al fine di comprendere la ratio del rilievo di cui sopra e gli effetti che la modifica normativa ha prodotto nel previgente impianto codicistico.
I contratti “esclusi, in tutto o in parte” dall’ambito di applicazione oggettiva delle direttive e, quindi, del codice sono pur sempre contratti che, in astratto, potrebbero rientrare nel settore, ordinario o speciale, di attività ivi contemplati (in riferimento ai soggetti comunque tenuti al rispetto del codice), ma che, per diverse ragioni (enunciate nei considerando delle direttive), vengono eccettuati con norme di esenzione.
Come l’Adunanza Plenaria ha già avuto modo di evidenziare a proposito dell’art. 217 del d.lgs. n. 163 del 2006 e delle direttive 2004/18/CE e 2004/17/CE, dagli appalti semplicemente “esclusi” –ossia rientranti in astratto nell’ambito di applicazione delle direttive ma specificamente “esentati”- occorre distinguere gli appalti del tutto “estranei” agli ambiti di azione delle direttive, emergendo dal quadro normativo “[…] una diversificazione delle cause di esclusione degli appalti dall’ambito di applicazione delle direttive. In particolare, nel “genus” esclusioni possano individuarsi almeno due tipologie, aventi una diversa “ratio”, gli appalti “esenti” e gli appalti “estranei”. Gli appalti “esenti” sono quelli in astratto rientranti nei settori di intervento delle direttive, ma che ne vengono esclusi per ragioni latu sensu di politica comunitaria, quali, ad es., gli appalti segretati, o i servizi di arbitrato e conciliazione, o acquisto o locazione di terreni e fabbricati, e le stesse concessioni di servizi. […]. Gli appalti “estranei” sono quelli esclusi perché sono del tutto al di fuori dei settori di intervento delle direttive o dello stesso ordinamento comunitario, quali gli appalti da eseguirsi al di fuori del territorio dell’Unione (art. 15, direttiva 2004/18/CE e art. 22, direttiva 2004/17/CE), o quali gli appalti aggiudicati dagli enti aggiudicatori dei settori speciali per fini diversi dall’esercizio delle attività nei settori speciali (art. 20, direttiva 2004/17/CE). […]>> (Cons. Stato, Ad. Plen., n. 16/2011 cit.).
Orbene, queste conclusioni si addicono anche alla disciplina risultante dalle direttive sopravvenute 2014/24/UE, 2014/25/UE e 2014/23/UE e dall’attuale codice dei contratti pubblici e comportano, con riferimento ai contratti aventi ad oggetto terreni fabbricati esistenti o altri beni immobili o riguardanti diritti su tali beni che, come detto in premessa, i contratti passivi di acquisto e di locazione nei quali la p.a. sia conduttore rientrano tra i contratti c.d. esclusi dall’ambito oggettivo delle direttive e del codice, ma dalle une e dall’altro espressamente contemplati nelle norme di esenzione; i contratti attivi di alienazione e di locazione nei quali la p.a. sia locatore sono invece del tutto estranei alle previsioni delle direttive; ne è conseguita la loro totale estraneità anche alle previsioni originarie del d.lgs. n. 50 del 2016.
Tuttavia, quando il legislatore del correttivo, dando seguito al rilievo contenuto nel parere n. 782/2017, ha inserito espressamente i “contratti attivi” nell’art. 4 del codice, ha fatto sì che contratti estranei, per causa ed oggetto, all’ambito di azione delle direttive “appalti pubblici”, in forza di tale specifica previsione dell’ordinamento interno vengano assoggettati ai principi dei Trattati e perciò accomunati, per questo aspetto, ai contratti c.d. esclusi.
L’effetto dell’intervento correttivo-integrativo, coerentemente con la ratio di ampliamento delle tutele che lo ha determinato, non può certo essere quello di estendere l’applicazione dei principi dei Trattati ai contratti del tutto estranei alla disciplina del codice ed, invece, sottrarre all’applicazione di questi principi, come richiamati dall’art. 4, i contratti che, pur esclusi dall’ambito di applicazione oggettiva del codice, da questo sono espressamente contemplati sia nello stesso art. 4 che nell’art. 17.
Il testo attuale dell’art. 4, quale risulta dopo l’interpolazione di cui all’art. 5 del correttivo, è peraltro coerente con tale conclusione, consentendo comunque quel collegamento tra l’art. 4 e l’art. 17, per nulla messo in dubbio a seguito dell’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici, così come era stato reputato pressoché scontato nei rapporti tra gli artt. 19 e 27 del d.lgs. n. 163 del 2006.
Infatti, va sottolineato come il richiamo dei “principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica” da rispettare nell’affidamento dei contratti pubblici è riferito dalla disposizione del codice, senza alcuna limitazione, all’affidamento “dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, dei contratti attivi, esclusi, in tutto o in parte, dall’ambito di applicazione oggettiva del presente codice”.
Evidente è nel testo di legge la mera aggiunta della categoria dei “contratti attivi” (non a caso racchiusa in un inciso compreso tra due virgole) alla preesistente categoria dei contratti aventi ad oggetto lavori servizi e forniture; entrambe le categorie sono poi accomunate dall’esclusione dall’ambito di applicazione oggettiva del codice, pur dovendosi intendere la nozione di “esclusione” nella differente accezione di “esenzione” per la prima categoria e di “estraneità” per la seconda.
Quanto poi all’individuazione dei contratti da ricomprendersi nell’ambito della prima categoria, è sempre stato chiaro agli interpreti che tra i contratti pubblici “aventi ad oggetto […] forniture”, di cui all’art. 4 del codice (già art. 27 del d.lgs. n. 163 del 2006) dovessero essere compresi i contratti di acquisto di immobili di cui all’art. 17, lett. a (già art. 19, comma 1, lett. a, del d.lgs. n. 163 del 2006), in quanto, come evidenziato anche da questo Consesso nel parere n. 855 del 1° aprile 2016, nel codice sono disciplinate forme contrattuali non solo riconducibili agli appalti, ma pure ad altri tipi contrattuali; anche perché la nozione comunitaria di appalto è ben più ampia di quella interna, delineata dal codice civile.
Perciò, la modifica dovuta all’art. 5 del d.lgs. n. 56 del 2017 ha comportato un ampliamento, non certo una riduzione, della portata applicativa dell’originario art. 4 del codice dei contratti pubblici.
D) Resta da dire delle disposizioni contenute nell’art. 12 (Acquisto, vendita, manutenzione e censimento di immobili pubblici) del d.l. 6 luglio 2011, n.98, convertito con modificazioni nella legge 15 luglio 2011, n. 111 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), finalizzate alla razionalizzazione della spesa pubblica aggregata.
Sebbene il quesito non involga direttamente dette disposizioni, è opportuno chiarire che la loro sopravvenienza al d.lgs. n. 163 del 2006 e la loro entrata in vigore prima del d.lgs. n. 50 del 2016 non smentiscono le conclusioni sopra raggiunte sulla linea di sostanziale continuità individuabile tra “vecchio” e “nuovo” codice dei contratti pubblici, in riferimento alla categoria dei c.d. contratti esclusi costituita da quelli aventi ad oggetto l’acquisto di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili o riguardanti diritti su tali beni.
Riguardo alla portata del citato art. 12, nei suoi rapporti con il codice dei contratti pubblici, sono interamente condivisibili le considerazioni svolte nel già richiamato “Appunto per il Consiglio” dell’Ufficio precontenzioso e pareri dell’Autorità (allegato 3 alla richiesta di parere) circa il diverso ambito di operatività dei due complessi normativi. Il citato art. 12, ed in particolare il suo comma 1 bis, introdotto dall'art. 1, comma 138, legge n. 228 del 2012 (“A decorrere dal 1º gennaio 2014 nel caso di operazioni di acquisto di immobili, ferma restando la verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica, l’emanazione del decreto previsto dal comma 1 è effettuata anche sulla base della documentata indispensabilità e indilazionabilità attestata dal responsabile del procedimento. La congruità del prezzo è attestata dall’Agenzia del demanio, previo rimborso delle spese fatto salvo quanto previsto dal contratto di servizi stipulato ai sensi dell’articolo 59 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono stabilite le modalità di attuazione del presente comma”), così come la normativa secondaria di cui al decreto ministeriale del 14 febbraio 2014 e la circolare n. 19 del 2014 (concernenti i requisiti di indispensabilità ed indilazionabilità dell’acquisto) indicano e specificano i presupposti in presenza dei quali le Amministrazioni dello Stato possono procedere all’acquisto di immobili, con determinazioni e procedure da adottarsi a monte della procedura di individuazione dell’immobile da acquistare e quindi di scelta del contraente. Ne consegue che non costituiscono norme derogatorie alle disposizioni degli artt. 4 e 17 del codice dei contratti ed ai principi generali richiamati dalla prima di tali disposizioni.
Conclusioni
Alla luce delle considerazioni che precedono deve concludersi che l’art. 4 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, così come modificato dall’art. 5 del d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56, letto in combinato disposto con l’art. 17, lett. a), comporta che in riferimento ai contratti “aventi ad oggetto l’acquisto o la locazione, quali che siano le relative modalità finanziarie, di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili o riguardanti diritti su tali beni” vanno rispettati i principi “di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica” previsti dall’art. 4 per tutti i contratti pubblici esclusi, in tutto o in parte, dall’ambito di applicazione oggettiva del codice; conseguentemente la vigilanza e il controllo sui detti contratti pubblici sono attribuiti all’Autorità Nazionale Anticorruzione ai sensi dell’art. 213 del codice.
P.Q.M.
Nei sensi esposti nella motivazione è il parere della Commissione speciale.
L'ESTENSOREIL PRESIDENTE
Giuseppina Luciana BarrecaGianpiero Paolo Cirillo
IL SEGRETARIO
Roberto Mustafà