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Piano alienazioni immobiliari non è acquisitivo ma dichiarativo

Pubblico
Lunedì, 19 Febbraio, 2018 - 16:17

Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, (Sezione Terza), sentenza n. 41 del 11 gennaio 2018, chiarisce (tra le altre) che il piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari non è strumento acquisitivo di immobili occupati senza titolo. Chiarisce che l’usucapione non sarebbe invocabile, ad oggi, dalla PA. 
 
N. 00041/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00339/2017 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 339 del 2017, proposto da: 
OMISSIS rappresentati e difesi dagli avvocati Giuseppe Sartorio, Nino Rotondo, con domicilio eletto presso lo studio Annalisa Agostinacchio in Bari, corso Mazzini, n. 134 A; 
contro
Comune di Monopoli, in persona del Sindaco legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Pierluigi Nocera, con domicilio eletto presso lo studio Francesco Semeraro in Bari, via Dante n. 51; 
per l'accertamento
dell'illegittimità del comportamento tenuto dall'Amministrazione Comunale nei confronti dei proprietari dei fondi oggi identificati al foglio N°29, p.lle N°178, N°486, N°557 e N°558 del Catasto Terreni, in quanto, dopo che con deliberazione di G. C. N°577 del 18/05/1990 si è provveduto alla determinazione dell'indennità di esproprio, non si è addivenuti alla formale conclusione del procedimento espropriativo, né mediante la stipula di un atto di cessione volontaria, né mediante l'adozione di un decreto di esproprio.
nonché per la condanna
previa concessione di misure cautelari ed assunzione di idonei mezzi di prova in Camera di Consiglio:
A) alla restituzione dei fondi, oggi detenuti “sine titulo” dal Comune di Monopoli, secondo quanto previsto dall'art. 948 ed s.s. C.C.
B) al risarcimento ex art. 2043 ed ss. CC, dei danni sofferti dai ricorrenti a causa dell'illegittima occupazione dei terreni di loro proprietà, avvenuta per la realizzazione, sia del plesso scolastico denominato “Melvin Jones” con annessa palestra sportiva, sia della scuola di infanzia denominata “Il piccolo Principe”, nonché delle opere infrastrutturali a corredo dei precitati plessi.
 
 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Monopoli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 novembre 2017 la dott.ssa Viviana Lenzi e uditi per le parti i difensori come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
 
FATTO e DIRITTO
1 - Con il presente ricorso notificato il 30/3/17e depositato il 6/4/17, i ricorrenti hanno adito l’intestato Tribunale al fine di sentire dichiarare – preliminarmente - l’illegittimità dell’apprensione e della detenzione dei suoli di loro proprietà mai definitivamente espropriati dal Comune di Monopoli, nonostante la dichiarazione di p.u. e la realizzazione dell’opera pubblica e – conseguentemente – di sentire condannare il Comune di Monopoli alla restituzione dei suoli previa riduzione in pristino, oltre al risarcimento del danno da mancato godimento a far data dalla scadenza dell’occupazione d’urgenza e fino alla restituzione.
1.1 - I ricorrenti hanno esposto, a sostegno della domanda, di essere proprietari di suoli (attualmente individuati in ct. terreni al fg. 29 p.lle 178, 486, 557 e 558) su cui il Comune ha realizzato la scuola elementare III C.D. “Melvin Jones” e la scuola di infanzia “Il Piccolo Principe”: la prima, in base a regolare dichiarazione di p.u. adottata con d.C.C. n. 23 del 10/2/86, la seconda in assenza di preventiva pianificazione urbanistica tra il 2013 e il 2015.
Sulla scorta di tali presupposti, evidenziato che il Comune non era mai addivenuto alla formale definizione del procedimento espropriativo, i ricorrenti hanno concluso nel senso innanzi indicato.
2 - Ha resistito il Comune di Monopoli, deducendo l’inammissibilità della domanda restitutoria, siccome la fattispecie si sarebbe consolidata in epoca assai remota, determinando la perdita della proprietà dei ricorrenti per effetto dell’irreversibile trasformazione dei suoli.
Ha, inoltre, eccepito l’intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento del danno per decorso del termine quinquennale, essendo l’istituto “Melvin Jones” completato fin dal 1994.
L’ente ha rimarcato, inoltre, l’intervenuta accettazione dell’indennità da parte dei Giamporcaro e sostenuto che i suoli de quibussono transitati nel patrimonio comunale giusta d.C.C. n. 21/2011 che, nell’approvare il piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari ex l. 58 l. 133/08, vi ha inserito l’intero compendio immobiliare costituente la scuola “Melvin Jones”.
Da ultimo, il Comune si è riservato di eccepire in via riconvenzionale l’intervenuta usucapione, concludendo per il rigetto della domanda.
3 - Alla camera di consiglio del 27/4/17 è stato disposto l’abbinamento al merito della causa.
3.1 - In data 17/10/17, il Comune di Monopoli ha depositato istanza di sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c., documentando l’avvenuta notifica ai ricorrenti di atto di citazione a comparire dinanzi al Tribunale Civile di Bari al fine di sentir dichiarare (con efficacia di giudicato) l’intervenuto acquisto per usucapione in suo favore dei fondi dei convenuti.
3.2 - A tale richiesta si sono formalmente opposti i ricorrenti nelle memorie del 26/10/17 e 8/11/17, sollecitando – nella memoria di replica – il preventivo “accertamento negativo dell’intervenuta usucapione dei beni alla mano pubblica”.
3.3 - Alla pubblica udienza del 29/11/17, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
4 – In limine litis, il Collegio è del parere che non ricorrano i presupposti per disporre la sospensione del giudizio a causa della pendenza della controversia civile avente ad oggetto l’accertamento dell’intervenuto acquisto per usucapione da parte del Comune di Monopoli dei suoli dei OMISSIS.
Ed invero, il presente giudizio muove dalla domanda dei ricorrenti di accertare l’illegittimità dell’azione amministrativa al fine di ottenere la restituzione dei suoli tuttora detenuti in assenza di valido provvedimento espropriativo e di ottenere il risarcimento del danno da mancato godimento. Tale domanda presuppone, quale antecedente logico-giuridico, che parte ricorrente sia titolare del diritto di proprietà sul bene per il quale invoca la tutela restitutoria. La proprietà del bene si configura quale questione pregiudiziale, sulla quale ben può pronunciarsi il g.a. anche se viene in rilievo una posizione giuridica sostanziale di diritto soggettivo (in termini, Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 24/10/17 n. 4888 in relazione a fattispecie consolidatasi, come quella in esame, in epoca antecedente all’anno 2001: “Venendo al merito del presente appello non può trovare accoglimento la doglianza con la quale l’appellante contesta la giurisdizione del g.a. in ordine alla pronuncia di intervenuta usucapione. Nella fattispecie, infatti, il giudizio muove dalla domanda dell’originario ricorrente di accertare l’illegittimità dell’occupazione da parte dell’amministrazione comunale e di ottenere il risarcimento del danno. Domanda che presuppone, quale antecedente logico-giuridico, che il ricorrente sia titolare del diritto di proprietà sul bene per il quale invoca la tutela per equivalente. Pertanto, si è in presenza di una tipica questione pregiudiziale, sulla quale ben può pronunciarsi il g.a. anche se viene in rilievo una posizione giuridica sostanziale di diritto soggettivo. Del resto il g.a. in materia ha giurisdizione esclusiva nelle dette controversie, altrimenti non potrebbe conoscere delle richieste meramente risarcitorie proposte in ragione dell’occupazione del bene da parte dell’amministrazione preceduta da valida dichiarazione di pubblica utilità, ma non seguita dal necessario decreto d’esproprio”).
Pertanto, precisato che la relativa definizione della questione non assume efficacia di giudicato sostanziale, questo Giudice può e deve conoscerne incidenter tantum, ai sensi dell’art. 8 c.p.a., trattandosi di una questione incidentale relativa a diritti la cui risoluzione è necessaria per pronunciare sulla questione principale.
5 - Nell’incontestata assenza di un atto di cessione volontaria o di un valido ed efficace decreto di esproprio (circostanze ammesse dal Comune – da ultimo - nella memoria di replica), non può che affermarsi la persistente proprietà dei suoli per i quali è causa in capo ai ricorrenti.
5.1 - Né potrebbe fondatamente ritenersi esistente una situazione di possesso utile ad usucapionem.
Quand’anche esso fosse ravvisabile, non risulterebbe comunque trascorso il termine di legge, posto che il decorso non potrebbe che principiare dalla data di entrata in vigore del D. Lgs. n. 327/2001 (30 giugno 2003) atteso che solo l’art. 43 del medesimo t.u. ha sancito il superamento dell’istituto dell’occupazione acquisitiva e, dunque, solo da questo momento potrebbe ritenersi individuato, ex art. 2935 c.c., il “…giorno in cui il diritto può essere fatto valere” (cfr. Ad. Plen. 2/2016)”; mentre non possono ravvisarsi gli estremi per individuare termini acquisitivi abbreviati, peraltro non dedotti dall’Amministrazione resistente.
5.2- In senso contrario, non giova all’A.C. neppure evidenziare le vicende relative alla determinazione e liquidazione dell’indennità di espropriazione.
Sul punto va osservato che secondo la giurisprudenza amministrativa, “l'accettazione della misura dell'indennità non concreta od implica cessione volontaria del bene, giacché l'accordo in questione afferisce al solo profilo della misura dell'indennità, ma è intrinsecamente privo di attuale idoneità traslativa; traguardando la fattispecie in un'ottica procedimentale, l'accordo mira solo a chiudere il sub-procedimento volto a quantificare l'indennità, ma non ha strutturalmente la capacità di determinare (anche) la conclusione dell'intero procedimento espropriativo, ex lege rimessa, in omaggio al principio di tipicità e nominatività del provvedimento amministrativo, all'emanazione di atto unilaterale autoritativo ovvero alla stipulazione, nelle forme di legge, di apposito accordo con il soggetto espropriato (non a caso disciplinato dal d.P.R. 327 del 2001 in articolo - 45 - diverso da quelli dedicati alla mera determinazione convenzionale dell'indennità - 20 e 21). La mancata conclusione del procedimento di esproprio nelle due forme alternative della spendita del potere ablativo o dell'incontro di volontà con il privato, dunque, non determina l'estinzione del diritto di proprietà del ricorrente sul bene (ex multis, Tar Sicilia, Palermo, n. 2840 del 2015)” – TAR Abruzzo, sez. I, sent. 23/3/17 n. 138.
5.2.1 - Ciò a tacere della circostanza che dalla documentazione versata in atti dal Comune risulta che l’indennità oggetto di contenzioso è stata quella relativa all’espropriazione subita dai OMISSIS per la realizzazione di un intervento di edilizia residenziale pubblica da parte dell’IACP (superficiario fin dal 1977), peraltro sfociata in un atto di cessione volontaria nel 1980 (cfr. sent. Corte di Appello Bari n. 440/99).
Le delibere di G.M. n. 1009 e 1014 del 1987 (richiamate nella predetta sentenza) hanno, infatti, ad oggetto la liquidazione dell’indennità di esproprio di aree occorse per la realizzazione di alloggi popolari IACP e relative strade di accesso.
D’altronde, la dichiarazione di p.u. del 10/2/86 inerente la necessità della realizzazione della scuola elementare, ha ad oggetto solo “parte” dei suoli di cui al fg. 29 p.lle 7,9,16 (come da originaria identificazione catastale).
5.3 – Da ultimo, va rimarcata la non pertinenza del richiamo alla delibera consiliare n. 21 del 29/3/2011 recante approvazione del piano triennale 2011/2013 di valorizzazione e alienazione degli immobili di proprietà comunale, ai sensi dell’art. 58 del d.l. n. 112/2008, convertito dalla legge n. 133/2008. Ed invero, “la natura puramente dichiarativa dell’elenco del Piano delle Alienazioni immobiliari di cui alle citate delibere, al pari di quella discendente dall’iscrizione della strade tra quelle pubbliche o di uso pubblico, non lascia pertanto spazi per la sussistenza della giurisdizione dell’adito G.A., non potendo detta inclusione, in quanto di carattere meramente dichiarativo – e non costitutivo- e pertanto di natura paritetica, rilevare come atto autoritativo di carattere ablativo della proprietà privata” (TAR Campania, Napoli, sez. VII, sent. 18/2/16 n. 870).
6 - Tanto premesso, giova rammentare che per consolidata giurisprudenza:
- “è da ritenersi definitivamente espunto dall’ordinamento giuridico l’istituto dell’occupazione acquisitiva, di origine giurisprudenziale, che - in presenza di una dichiarazione di pubblica utilità o di una dichiarazione d’indifferibilità e urgenza esplicita o implicita, dell'occupazione dell'area e dell'irreversibile trasformazione del fondo, nonché della scadenza del termine di occupazione legittima ma senza adozione di un decreto di esproprio-, ipotizza un acquisto a titolo originario della proprietà del fondo in capo all’Amministrazione occupante, legittimando il privato proprietario ad agire esclusivamente per il risarcimento del danno. La C.E.D.U., già nel 2000, ha, infatti, affermato che l'acquisto della proprietà per effetto di attività illecita viola l'art. 1 del Protocollo aggiuntivo della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo. L'ordinamento giuridico non consente, pertanto, che un’Amministrazione pubblica, mediante un atto illecito o in assenza di un atto ablatorio, acquisti a titolo originario la proprietà di un'area altrui sulla quale sia stata realizzata un'opera pubblica o d’interesse pubblico;
b) ciò comporta che, anche se l'opera risulti ultimata, finché dura l'illegittima occupazione del bene senza che vi sia un eventuale titolo idoneo a determinare il trasferimento della proprietà in capo all'Amministrazione medesima, non decorre alcun termine di prescrizione ai fini dell'eventuale azione risarcitoria, data la palese natura permanente dell'illecito dell'Amministrazione (T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 3.07.2013, n. 757);
c) ciò posto, i privati i cui beni siano stati illegittimamente occupati dall'Amministrazione non possono chiedere il risarcimento del danno collegato alla perdita della titolarità del bene, giacché tale perdita, sotto il profilo dominicale, non vi è stata, permanendo la proprietà degli stessi in capo ai privati medesimi; ne discende l'inammissibilità della eventuale domanda giudiziale mirante a ottenere il risarcimento dei danni subiti per la perdita dei beni, pari al valore venale degli stessi, sia pure per equivalente; diversamente opinando, si darebbe luogo a un’indebita locupletazione (T.A.R. Toscana, Firenze, sez. III, 5.06.2013, n. 901);
d) segue da ciò che il risarcimento del danno deve coprire il solo valore d'uso del bene, dal momento della sua illegittima occupazione fino alla giuridica regolarizzazione della fattispecie, cioè al momento in cui la Pubblica Amministrazione acquisterà legittimamente la proprietà dell'area, vuoi con il consenso della controparte mediante contratto, vuoi mediante l'adozione del provvedimento autoritativo di acquisizione sanante ex art. 42 bis d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327” (ex multis, TAR Campania, Napoli, sez. V, sent. 14/3/16 n. 1419.
7 - Tutto quanto innanzi premesso, afferma il Collegio che in assenza di acquisizione della proprietà dei beni in questione, permane l’obbligo del Comune di eliminare sollecitamente le situazioni illecite ancora in atto, considerato che in assenza dell’adozione di uno strumento di acquisizione lecita dei beni la detta situazione sopravvive in forma di illecito permanente con il limite della usucapione ventennale nella fattispecie non ancora maturata.
I ricorrenti sono da ritenersi, infatti, tutt’ora proprietari dei terreni occupati e detenuti sine titulo dal Comune di Monopoli, il quale deve essere condannato, in via principale, a restituirli ai legittimi proprietari, previo ripristino dei luoghi nello stato di fatto originario prima dell’intervento costruttivo.
7.1 - Laddove la parte resistente voglia evitare la restituzione con contestuale ripristino dei luoghi, essa potrà optare, nell’ambito del suo potere discrezionale, per la regolarizzazione postuma della vicenda ablatoria de qua e pertanto perseguire la via della acquisizione sanante ex art. 42 bis T.U. Espropri, applicabile, ai sensi della norma di cui all’ottavo comma dello stesso art. 42 bis, ad ogni occupazione illecita, anche se anteriore all’entrata in vigore del testo unico n. 327 del 2001 (da ultimo, TAR lazio, Roma, sez. II, sent. 26/1/17 n. 1350).
8 - Quanto alla domanda di risarcimento del danno per il periodo di illegittima occupazione si osserva preliminarmente che difetta sul punto una rituale eccezione da parte del Comune, riferendosi la deduzione di intervenuta prescrizione (sub par. 50 della memoria di costituzione del Comune) al risarcimento del danno per equivalente eventualmente invocato a fronte della perdita della proprietà.
8.1 - Tale danno, secondo la costante giurisprudenza, deve coprire il solo valore d'uso del bene dal momento della sua illegittima occupazione e fino alla giuridica regolarizzazione della fattispecie (coincidente con la disposta restituzione, ovvero con l’eventuale acquisizione che l’A.C. dovesse deliberare).
Tale valore d'uso, corrispondente al danno sofferto dai ricorrenti per l'illecita, prolungata occupazione dei terreni di loro proprietà, può quantificarsi, con valutazione equitativa ex artt. 2056 e 1226 c.c., nell'interesse del cinque per cento annuo sul valore venale del bene, in linea con il parametro fatto proprio dal legislatore con il cit. art. 42- bis comma 3, d.P.R. n. 327 del 2001, suscettibile, in difetto di prova di un danno di diversa entità, di applicazione analogica in quanto espressione di un principio generale (Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 18/11/16 n. 4799, T.A.R. Basilicata, Potenza, sez. I, 7.03.2014, n. 182; T.A.R. Liguria, Genova, sez. I, 14 dicembre 2012).
8.2 - In particolare, ai fini della quantificazione del danno da occupazione senza titolo il Collegio intende pronunciarsi ai sensi dell’art. 34, comma 4, cod. proc. amm. che, in caso di condanna pecuniaria, prevede che il giudice possa, in mancanza di opposizione delle parti, stabilire i criteri in base ai quali il debitore deve proporre a favore del creditore il pagamento di una somma entro un congruo termine, fermo restando che se le parti non giungono ad un accordo, ovvero non adempiono agli obblighi derivanti dall’accordo concluso, con il ricorso previsto dal Titolo I del Libro IV, cod. proc. amm. possono essere chiesti la determinazione della somma dovuta ovvero l’adempimento degli obblighi ineseguiti.
8.2.1 - Il Collegio, quindi, stabilisce che, entro il termine di novanta giorni dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notificazione, se anteriore, della presente sentenza, l’Amministrazione resistente è tenuta a proporre a favore dei ricorrenti un risarcimento per i danni da occupazione illecita da computarsi come segue:
- l'interesse del cinque per cento annuo sul valore venale del bene alla data del 31 dicembre di ogni anno di riferimento del periodo di occupazione illecita, da determinarsi muovendo dall’attuale valore venale dei fondi come risultante dalla perizia di stima prodotta dai ricorrenti e non contestato dal Comune);
- su tali importi devono essere calcolati gli interessi sulla somma rivalutata anno per anno fino alla data della proposta;
- la somma così risultante sarà poi produttiva di interessi dalla data di deposito della presente decisione fino all’effettivo soddisfo.”
9 - Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e, per l’effetto, ordina al Comune di Monopoli di restituire i fondi per i quali è causa previa riduzione in pristino.
Condanna il Comune di Monopoli al risarcimento del danno per il periodo di occupazione illegittima, assegnando – all’uopo - il termine di novanta giorni, decorrenti dalla comunicazione in via amministrativa o notificazione, se anteriore, della presente sentenza, per proporre ai ricorrenti il pagamento di una somma secondo i criteri stabiliti in motivazione.
Condanna parte resistente alla refusione delle spese di lite in favore dei ricorrenti che liquida in complessivi euro 3.000,00 oltre accessori come per legge e C.U.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 29 novembre 2017 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Gaudieri, Presidente
Francesco Cocomile, Consigliere
Viviana Lenzi, Referendario, Estensore
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Viviana Lenzi Francesco Gaudieri
 
 
 
 
 
IL SEGRETARIO
 

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