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Piano alienazioni immobiliari - TAR Campania, sez. VII, sent. n. 2248 del 21.04.2015

Pubblico
Mercoledì, 6 Maggio, 2015 - 02:00

Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, (Sezione Settima), sentenza n. 2248 del 21 aprile 2015, sul piano alienazioni immobili
 
N. 02248/2015 REG.PROV.COLL.
 
N. 03554/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
 
(Sezione Settima)
 
ha pronunciato la presente
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 3554 del 2013, proposto da: Giovanni Iannucci, rappresentato e difeso dall'avv. Luigi Bocchino, con domicilio eletto in Napoli, via Santa Lucia, n. 173 presso lo studio dell’avv. Maria Rosaria Collarile;
contro
Comune di Limatola (Bn), in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso, per mandato a margine dell’atto di costituzione in giudizio ed in virtù di delibera di conferimento dell’incarico n. 112 del 4 luglio 2013, dall'avv. Giuseppe Izzo, con domicilio eletto in Napoli, via Tommaso Caravita, n. 10, presso lo studio legale dell’avv. Raffaello Capunzo; 
per l'annullamento
- della delibera del Consiglio comunale di Limatola n. 14 del 24 aprile 2013 recante la “Approvazione del piano di alienazione dei beni immobili comunali”; dell’elenco dei beni non strumentali ex artt. 58 del d.l. n. 112/2008 contenuti nell’allegato A, costituenti il piano per le annualità 2013/2015; dell’inserimento degli immobili nel piano che ne determina la classificazione nel patrimonio disponibile e la destinazione urbanistica; dell’inserimento che ha effetto dichiarativo della proprietà anche in assenza di precedenti trascrizioni e che produce gli effetti previsti dall’art. 2644 c.c.; della facoltà di individuare forme di valorizzazione alternative;
- nonché, di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, ivi compresa, in particolare, la delibera consiliare n. 10 del 24 aprile 2013 avente ad oggetto “Approvazione regolamento per la alienazione e la valorizzazione del patrimonio immobiliare";
 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Limatola e (vista) l’annessa produzione;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 aprile 2015 il dott. Arcangelo Monaciliuni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
 
Dato atto che, a mezzo del ricorso in esame -avviato per la notifica il giorno 27 giugno 2013, perfezionatasi in data, come appresso meglio si dirà, non ricavabile con certezza, e depositato il 26 luglio successivo- il sig. Giovanni Iannucci ha impugnato gli atti consiliari in epigrafe indicati, entrambi adottati il 24 aprile 2013 e pubblicati il 3 maggio 2013, cui tramite il Comune di Limatola (Bn) ha approvato il regolamento per la alienazione e la valorizzazione del proprio patrimonio immobiliare e, quindi, (ha approvato) il piano di dismissioni predisposto per le annualità 2013/2015;
Che il sig. Iannucci agisce nella qualità di “cittadino del Comune di Limatola” per contrastare “il provvedimento impugnato che lede fortemente l’interesse della generalità dei cittadini in relazione alla fruibilità ed all’utilizzo di beni essenziali per la crescita e la valorizzazione della comunità stessa”, all’uopo assumendo che “la costituzionalizzazione del principio di sussidiarietà orizzontale comporta il riconoscimento ai singoli cittadini di impugnare i provvedimenti che incidono negativamente sulla qualità della vita dei residenti…” e quindi di impugnare “i procedimenti che sono lesivi del diritto di fruire dei beni pubblici”;
Che, tanto premesso, il ripetuto cittadino denuncia plurimi vizi che renderebbero illegittime le gravate determinazioni (mancata contestuale approvazione del bilancio di previsione; omessa indicazione della attuale e futura destinazione dei beni; illegittima inclusione nel piano di immobili destinati all’istruzione pubblica; mancata preventiva stima);
Dato ancora atto che l’intimato Comune di Limatola si è costituito in giudizio per resistere alla pretesa attorea, della quale ha predicato l’infondatezza, previamente eccependo l’irricevibilità del ricorso per tardivo deposito e la sua inammissibilità per carenza di legittimazione attiva alla sua proposizione;
Ritenuto che non possa trovare ingresso la prima eccezione processuale secondo la quale il ricorso andrebbe dichiarato irricevibile in quanto depositato oltre il termine dimidiato, da rispettarsi, nella fattispecie data avente ad oggetto una “dismissione di beni pubblici”, ex combinato disposto comma 1, lettera c), e comma 2, art. 119 c.p.a.;
Che, infatti, ancorchè si appalesi esatta la notazione dell’eccepiente secondo cui la giurisprudenza ha ritenuto che procedimenti quali quelli qui in discorso rientrino nell’ambito applicativo del rito abbreviato normato dalla cennata previsione codicistica, tuttavia in atti non risulta la data di perfezionamento della notifica del ricorso (in quanto nella cartolina ricevuta di ritorno depositata risulta sbarrata la casella “immesso in cassetta”, ma non anche indicata la relativa data, che non appare poter essere quella del timbro postale apposto sulla stessa cartolina-ricevuta) sicchè non può dirsi comprovato il superamento del termine dei quindici giorni per il suo deposito;
Ritenuto, invece, che si appalesi fondata la seconda eccezione formulata dalla resistente civica amministrazione;
Che, infatti, per giurisprudenza consolidata e dal Collegio condivisa:
- l’azione innanzi al giudice amministrativo non rappresenta un’azione popolare che può essere esercitata dal quisque de populo. Essa, al contrario, richiede l’esistenza sia della legittimazione al ricorso (da intendersi come titolarità di una posizione giuridica differenziata rispetto alla collettività indifferenziata), sia di un interesse al ricorso (da intendersi come utilità, anche strumentale, che dall’accoglimento del ricorso può comunque derivare); in tali sensi già Cons. Stato, sezione quinta, 1 febbraio 2010 n. 413 e, omisso medio, sezione quarta, n. 6309 del 22 dicembre 2014 in una vicenda identica a quella qui al vaglio, in cui il giudice di appello, confermando la conclusione già raggiunta in prime cure (Tar Toscana, Firenze, n. 1453 del 24 ottobre 2013), ha precisato:
- che la sola qualità di residente nel Comune non vale ad attribuire il titolo ad agire contro “i piani comunali di alienazione dei propri beni, in mancanza di un’espressa previsione normativa che correli alla predetta qualità uno specifico diritto di azione e non essendo comunque ravvisabile, in capo alla parte ricorrente, una posizione differenziata rispetto alla generalità dei cittadini del Comune, idonea a costituire fondamento di un interesse qualificato e dunque suscettibile di essere fatto valere in sede giudiziaria”;
- che -si legge sempre nella cennata pronuncia- “ad esempio la legittimazione ad impugnare deliberazioni di Consiglio comunale è stata ritenuta insussistente in capo al presidente di un partito politico in quanto, sebbene il partito politico sia una associazione non riconosciuta rappresentativa degli interessi politici degli associati ed iscritti al partito e residenti nella Città di …, pur tuttavia la semplice titolarità di un interesse politico alla rimozione di un atto amministrativo non determina una situazione giuridica qualificante e differenziata che legittima all'impugnazione degli atti amministrativi (Tar Catania, sez. III, 22 dicembre 2009, n. 2194, mentre la legittimazione dei consiglieri comunali ad impugnare gli atti degli organo di cui fanno parte è limitata ai casi in cui vengono in rilievo determinazioni direttamente incidenti sul diritto all'ufficio ovvero violazioni procedurali lesive in via diretta del munus di componente dell'organo (Cons. Stato, sez. IV, 2 ottobre 2012, n. 5184)”;
- che non vi è spazio per richiami alla sussidiarietà, ossia -si legge ancora nella ripetuta ultima pronuncia del giudice di appello- alla normativa statale in materia di "federalismo demaniale" di cui all’art. 2 comma 4 del d. l.vo n. 85/2010, che non appaiono idonei ad incidere sul profilo della legittimazione ad agire, posto che ” come osservato dal Consiglio di Stato, sez. III, nella sentenza 8 settembre 2011 n. 5063, tale norma non contiene veri e propri precetti giuridici, bensì la semplice raccomandazione ad attenersi a generici e ben noti canoni di buona amministrazione: ricercare la soluzione più conveniente per gli interessi della popolazione e tenere informata la popolazione stessa delle scelte che si stanno prendendo”;
Ritenuto infine di dover far constare che a tale conclusione la ripetuta ultima pronuncia del giudice di appello (n. 6309 del 22 dicembre 2014 cit.) è giunta in una fattispecie in cui la ricorrente faceva valere una posizione (comunque) differenziata, in quanto esercitava “un’attività imprenditoriale in qualche modo connessa agli immobili della cui dismissione si tratta” -se pur solo di fatto, il che ha comportato la negazione della sussistenza della legittimazione- nel mentre nella fattispecie qui da definire non vi è cenno alcuno a situazioni/posizioni diverse da quella del cittadino residente;
Ritenuto in conclusione che, stante la posizione assunta dal giudice di appello, il ricorso vada dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione ad agire del ricorrente;
Ritenuto poi che le spese di giudizio possano essere tuttavia compensate, avuto conto della peculiarità di taluni profili della vicenda, nonché della risalenza del gravame ad epoca precedente la novellazione dell’art. 92, comma 2, c.p.c. (l’introduzione da essa recata di nuovi e più stringenti criteri per potersi far luogo a compensazioni delle spese di giudizio) ad opera dell’art. 13 del d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito in legge 10 novembre 2014, n. 162 che espressamente fissa la decorrenza della disposizione “ai procedimenti introdotti a decorrere dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima), pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Compensa le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 9 aprile 2015 con l'intervento dei magistrati:
Alessandro Pagano,Presidente
Arcangelo Monaciliuni,Consigliere, Estensore
Diana Caminiti,Primo Referendario
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/04/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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