Strade uso pubblico
Pubblico
Domenica, 13 Marzo, 2016 - 01:00
Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, (Sezione Terza), sentenza n.507 del 11 marzo 2016, su strade uso pubblico
N. 00507/2016 REG.PROV.COLL.
N. 03588/2014 REG.RIC.
N. 00868/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3588 del 2014, proposto da:
- Mauro Pedroli, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Stefano Soncini e Claudio Sironi ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Milano, Viale Elvezia n. 12;
contro
- il Comune di Teglio, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Enrico Muffatti e Luca De Censi ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in Milano, Via Vincenzo Monti n. 56;
nei confronti di
- Alessandra Pellegrini, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Manuela Mauro e Rossella Fasano e domiciliata in Milano, Via Corridoni n. 39, presso la Segreteria del T.A.R.;
sul ricorso numero di registro generale 868 del 2015, proposto da:
- Mauro Pedroli, rappresentato e difeso dall’Avv. Stefano Soncini ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello stesso in Milano, Viale Elvezia n. 12;
contro
- il Comune di Teglio, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Enrico Muffatti e Luca De Censi ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in Milano, Via Vincenzo Monti n. 56;
nei confronti di
- Provincia di Sondrio, in persona del Presidente pro-tempore, non costituita in giudizio;
- Alessia Pellegrini, non costituita in giudizio;
per l’annullamento
quanto al ricorso n. 3588 del 2014:
- dell’ordinanza n. 95 dell’11 dicembre 2014, notificata il 18 dicembre 2014, con la quale il Sindaco di Teglio ha ordinato al ricorrente di astenersi da qualsiasi comportamento che possa recare ostacolo o comunque modificare l’originaria possibilità di pubblico transito lungo il tratto di strada vicinale indicato nelle premesse, rimuovendo ogni opera o segnaletica idonee a pregiudicare la piena fruizione pubblica della strada vicinale, il tutto entro il termine perentorio di 15 giorni decorrenti dal ricevimento dell’ordinanza, avvertendo che in caso di mancata ottemperanza entro il termine di cui sopra, il ripristino sarebbe stato attuato d’ufficio, ponendo le relative spese a carico degli inadempienti;
- nonché di ogni altro atto o provvedimento alle stesse presupposto, conseguente o comunque connesso;
quanto al ricorso n. 868 del 2015:
- del provvedimento 1 aprile 2015 prot. n. 2975, concernente il divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione di una recinzione in rete metallica e paletti;
- nonché di ogni altro atto allo stesso presupposto, conseguente o comunque connesso ivi inclusa l’ordinanza 23 marzo 2015 n. 2356 e la comunicazione del Comune di Teglio 27 febbraio 2015 n. 1737, nonché ogni norma contenuta nel PGT da cui possa emergere che la recinzione sia non conforme alla previsione del PGT stesso approvato in data 24 luglio 2013 e, occorrendo, specificamente, l’art. 13 delle NTA del PdS e relativa tavola inviata in data 13 aprile 2015 in risposta all’istanza di accesso agli atti inviata il 13 aprile 2015.
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visto il decreto cautelare n. 1818/2014 con cui è stata respinta la domanda di sospensione del provvedimento impugnato con il ricorso R.G. n. 3588 del 2014 e fissata la camera di consiglio per la trattazione collegiale della predetta istanza cautelare;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Teglio, con riguardo ad entrambi i ricorsi, e di Alessandra Pellegrini;
Visto il decreto cautelare n. 428/2015 con cui è stata accolta, ai sensi dell’art. 61 cod. proc. amm., la domanda di sospensione del provvedimento, successivamente impugnato con il ricorso R.G. n. 868 del 2015;
Vista l’ordinanza n. 803/2015 con cui è stata accolta temporaneamente la domanda di sospensione del provvedimento impugnato con il ricorso R.G. n. 868 del 2015 e rimessa al Presidente la decisione in ordine alla richiesta di riunione del predetto ricorso con quello R.G. n. 3588 del 2014, in quanto pendenti in diverse Sezioni;
Vista l’ordinanza presidenziale n. 442/2015 con cui è stata accolta la richiesta di riunione e disposta la trasmissione del ricorso R.G. n. 868 del 2015 a questa Sezione;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Designato relatore il consigliere Antonio De Vita;
Uditi, all’udienza pubblica del 21 gennaio 2016, i difensori delle parti, come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso – R.G. n. 3588 del 2014 – notificato in data 29 dicembre 2014 e depositato in pari data, il ricorrente ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza n. 95 dell’11 dicembre 2014, notificata il 18 dicembre 2014, con la quale il Sindaco di Teglio gli ha ordinato di astenersi da qualsiasi comportamento che possa recare ostacolo o comunque modificare l’originaria possibilità di pubblico transito lungo il tratto di strada vicinale situato nella sua proprietà, rimuovendo ogni opera o segnaletica idonee a pregiudicare la piena fruizione pubblica della strada vicinale, il tutto entro il termine perentorio di 15 giorni decorrenti dal ricevimento dell’ordinanza, avvertendo che in caso di mancata ottemperanza entro il termine di cui sopra, il ripristino sarebbe stato attuato d’ufficio, ponendo le relative spese a carico degli inadempienti.
Va premesso che il ricorrente è proprietario di alcuni immobili siti nel Comune di Teglio, cui si accede dalla Via Carona; ritenendo necessaria per ragioni di sicurezza la realizzazione di una recinzione temporanea sul lato est e sul lato nord del mappale di n. 323 di sua proprietà, legata alla realizzazione di lavori in un immobile confinante, ha provveduto ad installarla, chiarendone le ragioni al Comune. In data 18 dicembre 2014 gli è stata notificata l’ordinanza, impugnata nel presente giudizio, con cui gli è stata imposta la rimozione della recinzione per consentire il transito nella strada vicinale, che insisterebbe sulla sua proprietà.
Assumendo l’illegittimità della predetta ordinanza, ne è stato chiesto l’annullamento per violazioni sia di carattere procedurale, quali il mancato rispetto della normativa sul procedimento amministrativo, sia sostanziale, in relazione alla asserita insussistenza dei presupposti per qualificare la strada come vicinale e per imporre la rimozione della recinzione.
Con decreto cautelare n. 1818/2014 è stata respinta la domanda di sospensione del provvedimento impugnato e fissata la camera di consiglio per la trattazione collegiale della predetta istanza cautelare.
Si è costituito in giudizio il Comune di Teglio , che ha chiesto il rigetto del ricorso; la difesa comunale ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso per mancata notifica dello stesso ad almeno un controinteressato.
Si è successivamente costituita in giudizio Alessandra Pellegrini, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
2. Con ricorso – R.G. n. 868 del 2015 – notificato in data 17 aprile 2015 e depositato il 22 aprile successivo, il ricorrente ha altresì impugnato, in via principale, il provvedimento comunale del 1 aprile 2015 prot. n. 2975, concernente il divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione di una recinzione in rete metallica e paletti.
Successivamente all’emanazione dell’ordinanza comunale n. 95 dell’11 dicembre 2014, impugnata con l’antecedente ricorso R.G. n. 3588 del 2014, il ricorrente ha chiesto l’accertamento di conformità dell’apposizione della recinzione, ma il Comune ha confermato la volontà di rimuovere il richiamato manufatto, negando l’accertamento di conformità. In conseguenza di ciò, il ricorrente ha depositato una SCIA con cui ha dichiarato di voler rimuovere la recinzione oggetto del provvedimento comunale emanato nel dicembre 2014 e di voler installare una nuova recinzione in diversa posizione, non riguardante il tratto di strada vicinale. Dopo la rimozione della originaria recinzione e la posa della nuova, il Comune ha adottato il provvedimento impugnato nelle presente sede con cui ha ritenuto la SCIA difforme dal PGT e ne ha disposto la rimozione.
Va segnalato che, prima di incardinare il predetto ricorso, con decreto cautelare n. 428/2015 è stata accolta, ai sensi dell’art. 61 cod. proc. amm., la domanda ante causam di sospensione del provvedimento impugnato.
A sostegno del ricorso sono state dedotte censure di violazione di legge e di eccesso di potere sotto differenti profili.
Si è costituito in giudizio il Comune di Teglio che, dopo aver eccepito l’inammissibilità del ricorso per violazione della normativa processuale, nel merito ne ha chiesto il rigetto; in particolare la difesa comunale ha contestato la circostanza fattuale della diversa collocazione spaziale della rete di recinzione, assumendo l’identità della stessa sia con riguardo a quella posizionata prima del mese di dicembre 2014 che a quella posizionata in data 1 aprile 2015.
Con l’ordinanza n. 803/2015 è stata accolta, temporaneamente, la domanda di sospensione del provvedimento impugnato con il ricorso R.G. n. 868 del 2015 e rimessa al Presidente la decisione in ordine alla richiesta di riunione del predetto ricorso con quello R.G. n. 3588 del 2014, in quanto pendenti in diverse Sezioni; con l’ordinanza presidenziale n. 442/2015, è stata accolta la richiesta di riunione e disposta la trasmissione del ricorso R.G. n. 868 del 2015 a questa Sezione.
3. In prossimità dell’udienza di trattazione del merito dei ricorsi, le parti hanno depositato memorie e documentazione a sostegno delle rispettive posizioni; in particolare, la difesa del ricorrente ha eccepito il tardivo deposito delle memorie da parte della difesa del Comune di Teglio.
Alla pubblica udienza del 21 gennaio 2016, su conforme richiesta dei difensori delle parti, i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.
DIRITTO
1. In via preliminare va disposta la riunione dei ricorsi, in quanto connessi oggettivamente e soggettivamente, trattandosi di una controversia relativa alla stessa questione fattuale, ovvero la posizione di una rete di recinzione a chiusura di una strada qualificata come vicinale ad uso pubblico, e intercorrente tra le stesse parti.
2. Nelle controversie de quibus sussiste certamente la giurisdizione di questo Tribunale, atteso che il giudice amministrativo può conoscere in via incidentale di diritti soggettivi quando tale sindacato è necessario per accertare la legittimità di un provvedimento amministrativo. Difatti, la verifica in ordine alla esistenza di una servitù di uso pubblico sulla strada in esame è finalizzata a stabilire se i provvedimenti comunali impugnati siano o meno legittimi (Consiglio di Stato, VI, 10 maggio 2013, n. 2544).
3. Sempre in via preliminare va esaminata l’eccezione di inammissibilità delle memorie, una per ogni ricorso, depositate dal Comune il 22 dicembre 2015, in quanto non sarebbe stato rispettato il termine di cui all’art. 73, comma 1, cod. proc. amm.
3.1. L’eccezione è fondata.
Le memorie prodotte dalla difesa comunale, in vista dell’udienza del 21 gennaio 2016, sono state depositate in data 22 dicembre, ossia non rispettando il termine di trenta giorni liberi prima dell’udienza di trattazione della controversia, come stabilito dall’art. 73, comma 1, cod. proc. amm., che consente, il deposito delle memorie fino a trenta giorni liberi prima dell’udienza e delle memorie di replica fino a venti giorni liberi antecedenti (T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 29 gennaio 2013, n. 259).
3.2. Pertanto, tali memorie non possono essere prese in considerazione.
4. Ancora in via preliminare, va esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso R.G. n. 3588 del 2014, formulata dalla difesa comunale, per mancata evocazione in giudizio di almeno un controinteressato, non risultando idonea l’integrazione successiva al termine di proposizione del ricorso.
4.1. L’eccezione è infondata.
Il provvedimento impugnato – ossia l’ordinanza sindacale n. 95 dell’11 dicembre 2014, con cui si impone al ricorrente di rimuovere qualsiasi opera in grado di impedire il pubblico transito nella strada vicinale situata nei pressi della sua abitazione – non menziona alcuno specifico soggetto beneficiario dello stesso, quindi non ci si trova al cospetto di controinteressati in senso formale.
Nemmeno si può ritenere l’esistenza di soggetti controinteressati, intesi in senso sostanziale, visto che, secondo la consolidata giurisprudenza, tale qualità va riconosciuta non già a chi abbia un interesse, anche legittimo, a mantenere in vita il provvedimento impugnato e tanto meno a chi ne subisca conseguenze soltnto indirette o riflesse, ma solo a chi dal provvedimento medesimo riceva un vantaggio diretto e immediato, ossia un positivo ampliamento della propria sfera giuridica.
Secondo tale orientamento il riconoscimento della qualità di controinteressato non opera in relazione ad esigenze processuali, ma deve essere condotto sulla scorta del combinato di due elementi: quello cosiddetto “sostanziale”, che richiede l’individuazione della titolarità di un interesse analogo e contrario alla posizione legittimante del ricorrente e quello cosiddetto “formale”, che richiede l’indicazione nominativa nel provvedimento di colui che ne abbia un interesse qualificato alla conservazione.
La trasposizione alla materia edilizia di questo principio ha condotto la giurisprudenza ad affermare che in sede di impugnazione di provvedimenti sanzionatori “non sono configurabili controinteressati nei confronti dei quali sia necessario instaurare un contraddittorio, anche nel caso in cui sia palese la posizione di vantaggio che scaturirebbe per il terzo dall’esecuzione della misura repressiva ed anche quando il terzo avesse provveduto a segnalare all’amministrazione l’illecito edilizio da altri commesso”>> (Consiglio di Stato, VI, 16 luglio 2015, n. 3553).
4.2. Ciò determina il rigetto della predetta eccezione.
5. Ulteriormente, in via preliminare, va esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso R.G. n. 868 del 2015, formulata dalla difesa comunale, per violazione della legge processuale, in quanto il ricorrente non avrebbe potuto incardinare un ricorso autonomo, ma avrebbe dovuto impugnare l’atto di rimozione della rete metallica con ricorso per motivi aggiunti rispetto a quello rubricato al n. 3588 del 2014, vista l’attinenza di quest’ultimo atto alla medesima questione fattuale già oggetto del precedente gravame.
5.1. L’eccezione è infondata.
L’art. 43, comma 1, cod. proc. amm. prevede che le parti del processo possono proporre motivi aggiunti per addurre nuove ragioni a sostegno delle domande già proposte o nuove domande se connesse a quelle già proposte. Il successivo comma 3 impone al giudice di riunire i ricorsi proposti avverso atti connessi che avrebbero potuto essere impugnati con motivi aggiunti. Sempre in tema di motivi aggiunti, il comma 7 dell’art. 120 cod. proc. amm. impone l’utilizzo dello strumento dei motivi aggiunti per impugnare gli atti della medesima procedura di gara.
Dall’esame della richiamata normativa emerge l’assenza, con riguardo alle controversie non relative agli appalti pubblici, di un obbligo di utilizzare l’istituto dei motivi aggiunti per contestare gli atti riguardanti una medesima fattispecie; seppure la finalità di garantire una ragionevole durata dei processi e l’esigenza di concentrazione processuale inducano a ritenere preferibile la trattazione, in una medesima sede, di questioni strettamente connesse o collegate, non è possibile assumere come obbligatorio un determinato comportamento processuale in assenza di una univoca indicazione normativa, anche non esplicita, tenuto conto dei principi costituzionali che tutelano il diritto di azione in giudizio (art. 24 Cost.) e avverso gli atti della pubblica Amministrazione (art. 113 Cost.).
Pertanto, laddove non emerga un evidente sviamento dello strumento giurisdizionale, al fine di porre in essere un abuso del diritto, non può essere censurata la decisione di una parte processuale di proporre un ricorso autonomo invece che motivi aggiunti, anche avuto riguardo alla opinabilità della qualificazione dei presupposti fattuali che danno origine ai diversi gravami.
5.2. Ciò determina il rigetto anche della sopraesposta eccezione.
6. Passando all’esame del merito dei ricorsi, possono essere esaminate congiuntamente le censure aventi carattere assorbente, contenute in entrambi i gravami, attraverso le quali si eccepisce l’illegittimità dei provvedimenti comunali inibitori, in ragione della non classificabilità, quale strada vicinale ad uso pubblico, della fascia di terreno prospiciente l’abitazione del ricorrente.
6.1. Va premesso che i provvedimenti impugnati con entrambi i ricorsi – ovvero l’ordinanza sindacale n. 95 dell’11 dicembre 2014, con cui si impone al ricorrente di rimuovere qualsiasi opera in grado di impedire il pubblico transito nella strada vicinale situata nel terreno di sua proprietà e il provvedimento comunale del 1 aprile 2015 prot. n. 2975, concernente il divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione di una recinzione in rete metallica e paletti – sono motivati sostanzialmente con la circostanza che la recinzione impedirebbe il transito su un’area destinata a strada di uso pubblico, non essendo state invece indicate le ragioni del contrasto della predetta recinzione con le previsioni del PGT, solo genericamente affermata nel secondo provvedimento. A ciò consegue che non assume rilievo determinate la circostanza fattuale, su cui le parti sembrano in disaccordo, in ordine alla identità o meno della recinzione originaria con quella di cui alla SCIA del 27 marzo 2015 (c.d. intervento 1 e 2) e non appare nemmeno decisiva l’assenza di un titolo idoneo per realizzare la recinzione, visto che nel primo provvedimento comunale tale aspetto non viene in rilievo.
6.2. Il Comune di Teglio, per affermare la natura di strada vicinale ad uso pubblico del terreno di proprietà del ricorrente su cui è stata apposta la recinzione, ha evidenziato come il predetto tratto stradale risulterebbe notoriamente utilizzato dalla collettività – sia a piedi che con automezzi prevalentemente ad uso agricolo – da tempo immemore, come dimostrato altresì dalle numerose dichiarazioni di cittadini e confermato dalle risultanze documentali del sistema informativo territoriale della Regione Lombardia, in particolare dalla Carta tecnica regionale del 1981 e dai coevi rilievi aerofotogrammetrici. Inoltre il tratto stradale in questione soddisferebbe esigenze di carattere generale giacché, oltre a collegare le strade comunali Via San Giacomo per Carona e Via delle Tavole, farebbe parte di un sistema di viabilità secondaria particolarmente importante per una realtà montana, avente caratteristiche morfologiche peculiari, e sarebbe destinato garantire la migliore fruizione possibile del territorio.
6.3. Come evidenziato dalla costante giurisprudenza amministrativa, che il Collegio condivide, affinché il diritto di uso pubblico della strada possa ritenersi sussistente occorre che il bene privato sia idoneo ed effettivamente destinato al servizio di una collettività indeterminata di soggetti considerati uti cives, ossia quali titolari d un pubblico interesse di carattere generale, e non uti singuli, ossia quali soggetti che si trovano in una posizione qualificata rispetto al bene gravato (Sez. V, 14 febbraio 2012 n. 728; in senso conforme: Sez. IV, 15 maggio 2012, n. 2760; Sez. V, 5 dicembre 2012, n. 6242, quest’ultima citata dall’appellante).
L’indirizzo ora citato è perfettamente conforme a quello della Cassazione, nel quale ha da ultimo ribadito che la servitù di uso pubblico è caratterizzata dall’utilizzazione da parte di una collettività indeterminata di persone del bene privato idoneo al soddisfacimento di un interesse della stessa (Sez. II, sentenza del 10 gennaio 2011, n. 333).
Caratteristiche indispensabili di questo diritto sono:
1. il passaggio esercitato iure servitutis pubblicae, da una collettività di persone qualificate dall'appartenenza ad un gruppo territoriale;
2. la concreta idoneità del bene a soddisfare esigenze di carattere generale, anche per il collegamento con la pubblica via;
3. un titolo valido a sorreggere l’affermazione del diritto di uso pubblico, che può anche identificarsi nella protrazione dell’uso da tempo immemorabile.
Va poi soggiunto che la destinazione delle strade vicinali “ad uso pubblico”, imposta dal codice della strada di cui al d.lgs. n. 285/1992 (art. 3, comma 1, n. 52) fa sì che queste debbano necessariamente interessate da un transito generalizzato, tale per cui, a fronte della proprietà privata del sedime stradale e dei relativi accessori e pertinenze (spettante ai proprietari dei fondi latistanti), l’ente pubblico comunale possa vantare su di essa, ai sensi dell’art. 825 cod. civ., un diritto reale di transito, con correlativo dovere di concorrere alle spese di manutenzione della stessa (pro quota rispetto al consorzio privato di gestione ai sensi dell’art. 3 D.lgs.lgt. n. 1446/1918, “Facoltà agli utenti delle strade vicinali di costituirsi in Consorzio per la manutenzione e la ricostruzione di esse”), onde garantire la sicurezza della circolazione che su di essa si realizza.
Non è dunque sufficiente che l’utilizzo della strada avvenga in favore di proprietari di fondi vicini, né di personale dei consorzi irrigui incaricati della gestione del canale>> (Consiglio di Stato, V, 19 aprile 2013, n. 2218).
Nel caso di specie, il Comune, pur evidenziando l’assenza di un elenco di strade ad uso pubblico, ha cercato di dimostrare la sussistenza dell’uso pubblico con le dichiarazioni rese da alcuni cittadini e con il riferimento alla documentazione ricavabile dal sistema cartografico regionale. Quanto a quest’ultimo aspetto va evidenziato come il riferimento risulti assolutamente generico e quindi inidoneo a fungere da prova dell’uso pubblico della strada.
Con riguardo invece alla dichiarazione resa da un gruppo di cittadini (all. 8 del Comune al ricorso R.G. n. 3588/2014) e prescindendo dalla loro concreta identificabilità (sul valore probatorio di tali dichiarazioni, cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, I, 28 marzo 2015, n. 473), va evidenziato come nella stessa si afferma che “tale opera (ovvero la recinzione) impedisce ai proprietari di raggiungere i propri terreni percorrendo la strada interpoderale su cui, da più di 50 anni, esiste un passaggio mappato”. Ciò non sembra concretare il presupposto dell’utilizzo generalizzato della strada, quanto piuttosto un uso da parte dei proprietari dei fondi contigui. Inoltre, il ricorrente ha allegato al ricorso delle dichiarazioni di alcuni cittadini residenti o abitanti a Teglio che smentiscono quanto affermato dal Comune (all. 6 al ricorso R.G. n. 3588/2014).
Anche dalle fotografie prodotte in giudizio dal Comune (all. 6) non si è in grado di stabilire se la strada sia effettivamente oggetto di un transito generalizzato, vista la sua collocazione tra un fabbricato e altri manufatti, da cui potrebbero scaturire problemi di sicurezza sia per coloro che transitano sia per coloro che abitano in loco o lo frequentano (in tal senso, Consiglio di Stato, VI, 10 maggio 2013, n. 2544; sul contesto in cui dovrebbero essere collocate le strade ad uso pubblico, T.A.R. Lombardia, Brescia, I, 28 marzo 2015, n. 473).
6.4. Pertanto, non può dirsi provato con certezza l’uso pubblico della strada e nemmeno l’esistenza stessa di un tratto viario idoneo a consentire il passaggio di automezzi (cfr. le fotografie allegate al ricorso R.G. n. 3588/2014; sulla necessità di una compiuta ed esauriente istruttoria in tali fattispecie, cfr. Consiglio di Stato, V, 23 settembre 2015, n. 4450; T.A.R. Lombardia, Brescia, I, 28 marzo 2015, n. 473).
6.5. In senso contrario, non appaiono dirimenti nemmeno le ulteriori considerazioni contenute nella memoria del Comune resistente, attesa la loro non decisività e comunque configurabili alla stregua di una motivazione postuma, generalmente non ammessa in sede giurisdizionale (T.A.R. Lombardia, Milano, III, 5 marzo 2015, n. 628).
6.6. Pertanto, le scrutinate censure devono ritenersi fondate.
7. La fondatezza delle predette censure, riferibili ad entrambi i gravami, previo assorbimento delle restanti doglianze, determina l’accoglimento dei predetti ricorsi e il conseguente annullamento degli atti impugnati.
8. La complessità, anche fattuale, delle fattispecie scrutinate determina la compensazione delle spese di giudizio tra tutte le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando, previa riunione dei ricorsi indicati in epigrafe, li accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti con gli stessi ricorsi impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del 21 gennaio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Alberto Di Mario,Presidente
Antonio De Vita,Consigliere, Estensore
Diego Spampinato,Primo Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/03/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)