Sull'assegnazione beni in locazione - TAR Lazio, Roma, sez. II, sent. n.7258 del 8 luglio 2014
Pubblico
Mercoledì, 29 Ottobre, 2014 - 01:00
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, (Sezione Seconda), sentenza n.7258 del 8 luglio 2014, sulla dismissione immobili e sull’assegnazione in locazione
N. 07258/2014 REG.PROV.COLL.
N. 02677/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 2677 del 2014, proposto da:
Associazione Culturale Galleria Luxardo, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dal prof. avv. Eugenio Picozza e dall’avv. Laura Cappello, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima, in Roma, via Antonio Baiamonti, 4;
contro
Roma Capitale, rappresentata e difesa dall’avv. Giorgio Pasquali, con il quale domicilia in Roma, via Tempio di Giove, 21, presso l’Avvocatura capitolina;
nei confronti di
Romeo Gestioni s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Stefania Cavallaro, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima, in in Roma, via di Santa Costanza, 13;
per l'annullamento
a) del silenzio inadempimento ai sensi della legge 241/90 e dell'art. 31 C.p.A. serbato sull'atto stragiudiziale di diffida notificato dall'Associazione Culturale Galleria Luxardo in data 15 marzo 2013;
b) per la dichiarazione dell'obbligo di Roma Capitale di stipulare i contratti di cui alla determina dirigenziale n. 32 del 5.2.2004, avente ad oggetto “Assegnazione dei locali commerciali di proprietà comunale siti in Roma, via Tor di Nona n. 39, 40, 42, 44/46, 52/52 A60, 62, 63, 65/66 – Vicolo degli Amatriciani n. 10, 32, 37”, coma da nota n. 819 del 17.2.2003 dell’Assessorato alle Politiche del Patrimonio e Promozione progetti speciali e come da nota del 2007 avente ad oggetto “Completamento progetto Tor di Nona”, a firma dell’Assessore alle politiche del patrimonio e dell’Assessore alle Politiche del Commercio e dell’Artigianato;
c) per l’annullamento, quatenus opus, ed in parte qua, della concessione – contratto in favore della Romeo Gestioni s.p.a., concernente l’affidamento del servizio di gestione amministrativa dei rapporti di utenza relativi al patrimonio di proprietà capitolina, e, comunque, per l’accertamento in via incidentale della sua illegittimità, ai sensi dell’art. 34 c.p.a.;
d) della nota del Dipartimento Patrimonio prot. n. 24876 del 13.11.2012 e di ogni altro atto presupposto, presupposto, preparatorio, connesso e conseguenziale, con particolare ma non esclusivo riferimento alla delibera del Consiglio Comunale di Roma Capitale n. 43 del 12 ottobre 2012, con la quale avrebbe deliberato nuovi criteri e modalità di vendita del patrimonio, con particolare riferimento al complesso denominato Tor di Nona;
e) quatenus opus, di tutti gli atti e le operazioni della Romeo Gestioni s.p.a., con riferimento alla nota senza data del 2010, avente ad oggetto “Corrispettivi aprile 2011” e della già citata nota del 5.12.2012, prot. US – 2012 – 18885;
nonché, in via subordinata, qualora ritenuto necessario, per l’esecuzione in forma specifica e coattiva dell’obbligo di contrarre, ai sensi dell’art. 2932 c.c., in conformità alla determinazione dirigenziale n. 32 del 2004 e nota 1719 del 17.12.2002.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e della società Romeo Gestioni;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore alla camera di consiglio del giorno 21 maggio 2014 il Cons. Silvia Martino;
Uditi gli avv.ti, come da verbale;
Visto l’art. 60 del Codice del processo amministrativo, il quale consente la definizione del giudizio in esito all’udienza cautelare, con sentenza in forma semplificata;
Accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, e, sentite, al riguardo, le parti costituite presenti in camera di consiglio;
1. Espone in fatto l’Associazione ricorrente che il Comune di Roma è proprietario della quasi totalità del complesso immobiliare di Tor di Nona, compreso tra via Tor di Nona, Via dei Marchegiani, Vicolo degli Amatriciani, via dell’Arco di Parma e Piazza San Salvatore in Lauro, zona questa ove insistono numerose unità immobiliari destinate ad uso diverso da quello abitativo.
Soggiunge che, già a partire dagli anni ’80, obiettivo primario delle Giunte comunali succedutesi nel tempo era stato quello di recuperare il decoro della zona, da molto tempo abusivamente occupata e ridotta in stato di degrado.
A tale finalità, si accompagnava poi quella, altrettanto rilevante, di trovare una collocazione alle botteghe artigianali storiche del centro di Roma, le quali, a causa del progressivo aumento degli affitti, si erano trovate nell’impossibilità di pagare somme tanto elevate, restando prive di una nuova collocazione.
Nel dicembre 2003, la Giunta Comunale stabiliva di qualificare il complesso di Tor di Nona come “Angolo delle Botteghe tradizionali” e che al fine di procedere all’assegnazione dei locali ad uso non residenziale, presenti nel complesso, avrebbe dovuto osservarsi un ordine di priorità, avendo riguardo, nell’ordine, ai vincitori del primo bando di cui alla d.d. del Dipartimento III, n. 36/2001, ai vincitori del secondo bando (d.d. n. 247 del 1° giugno 2001), ai titolari delle botteghe storiche sfrattate o espulse dal centro storico, o con procedimento di sfratto in corso, ai titolari delle botteghe di artigianato storico, parimenti espulse o sfrattate, ai titolari delle botteghe di artigianato storico che fossero state sfrattate o espulse da altre zone della città, e, comunque, consone al tessuto e alle caratteristiche del costituendo “Angolo delle botteghe tradizionali”.
Nel dicembre 2004, i menzionati immobili venivano provvisoriamente assegnati “al fine di evitare nuove occupazioni abusive nelle more del perfezionamento degli atti di assegnazione definitiva”.
L’immobile ubicato in via Tor di Nona 39 veniva assegnato alla Galleria Luxardo, uno tra i più antichi e importanti studi fotografici italiani.
Nell’aprile 2004 veniva costituita dagli assegnatari l’Associazione Internazionale Tor di Nona “Arti e Mestieri”, con l’obiettivo di sostenere il progetto di rinascita storico – artigianale della zona, sotto l’egida e con l’aiuto del Comune.
Soggiunge la ricorrente che, durante un incontro dell’Associazione con gli allora Sindaco Veltroni e Assessore Valentini, per la presentazione del progetto, si stabiliva che il canone sarebbe stato fissato e mantenuto in misura “simbolica”, sia in ragione delle finalità culturali di cui l’Associazione si faceva portatrice, sia del fatto che gli artigiani assegnatari dei locali in oggetto si erano interamente sobbarcati gli oneri di ristrutturazione ai medesimi relativi.
Mentre gli artigiani assegnatari si adoperavano per la ristrutturazione degliimmobili, di contro, il Comune non solo non avrebbe effettuato alcun intervento per il recupero del decoro della zona, ma nemmeno provvedeva (come pure si era impegnato) alla stipulazione di regolari contratti di locazione (al canone “simbolico” di cui sopra), a dispetto dei plurimi solleciti da parte degli assegnatari medesimi.
Questi ultimi, anzi, si vedevano recapitare mensilmente da parte della Romeo Gestioni s.p.a. dei bollettini relativi al pagamento dei canoni di locazione, con un importo che, oltre a non potere essere definito simbolico, faceva riferimento ai valori di borsino immobiliare relativi alla locazione commerciale invece che a quella artigianale.
A dire dei ricorrenti, sarebbe stato l’intervento della Romeo Gestioni, portatrice di interessi di natura meramente commerciale, ad avere travolto gli accordi conclusi con Roma Capitale per la misura del canone di locazione.
A fronte delle sempre più frequenti rimostranze degli artigiani, la Giunta comunale, nel 2007, dava mandato agli Uffici dipartimentali preposti di intervenire al fine di ottenere una chiusura transattiva del contenzioso sui canoni di affitto pregressi, riconoscendo le spese sostenute dai conduttori per le migliorie apportate ai locali, nonché per rideterminare i canoni di affitto e attuare gli interventi necessari a favorire la fruibilità della zona e a ripristinare il decoro.
In totale spregio alle promesse degli istanti, improvvisamente, in data 5 dicembre 2012, la Romeo Gestioni, a fronte della delibera di Assemblea Capitolina n. 43 di dicembre 2012, informava la Galleria Luxardo dell’intenzione del Comune di alienare l’immobile di via Tor di Nona n. 39, invitandola, ai fini del riconoscimento del diritto di opzione e di prelazione per l’acquisto del suddetto immobile, a saldare, entro il termine di 10 giorni, un debito pari ad euro 104.683,64, oltre interessi e conguagli per oneri accessori ancora da contabilizzare, debito questo, secondo quanto sostenuto da controparte, per l’utilizzo dell’unità immobiliare nel periodo intercorrente tra il mese di gennaio 2004 a quello di dicembre 2012.
In data 15 marzo 2013, la s.ra Tiziana Luxardo, in qualità di rappresentante legale dell’Associazione odierna ricorrente, notificava a Roma Capitale e alla Romeo Gestioni, un atto stragiudiziale di diffida, per mezzo del quale richiedeva alle medesime di provvedere alla sospensione della procedura di vendita dell’immobile di via Tor di Nona della quale la stessa era legittima assegnataria.
Richiedeva inoltre che, nel rispetto degli accordi a suo tempo presi, fosse ricalcolato il quantum dovuto per i canoni di locazione pregressi, sulla base del valore del borsino immobiliare come attività artigianale, nonché che fossero riconosciute e rimborsate le spese dalla medesima sostenute per la ristrutturazione dell’immobile; che fosse completato, infine, il procedimento di assegnazione, attraverso la stipula del contratto di locazione.
Decorsi i termini assegnati con la predetta diffida, l’Associazione propone il presente ricorso, con il quale deduce:
1) VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI BUON ANDAMENTO NELL’AGIRE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE. VIOLAZIONE DELL’ART. 97 DELLA COSTITUZIONE. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI TRASPARENZA E CERTEZZA DEL DIRITTO. VIOLAZIONE DELL’ART. 2 L. N. 241/90. DOVERE DI CONCLUSIONE DEL PROCEDIMENTO.
Roma Capitale non si è ancora adoperata per la stipula dei contratti definitivi ed ha, illegittimamente, deciso di alienare l’immobile di via Tor di Nona.
Dal canto suo, invece, la Galleria Luxardo ha portato avanti, totalmente a sue spese, i lavori di ristrutturazione dell’immobile, a fronte, invece, dell’inerzia del Comune in ordine ai lavori di rifacimento della struttura fognaria e della rete stradale.
Pure illegittima sarebbe la richiesta di canoni molto più elevati di quelli promessi.
L’illegittimità dell’agire del Comune sarebbe poi, duplice:
- da un lato, non ha mai stipulato i contratti definitivi di locazione, né provveduto a rideterminare i canoni di locazione;
- dall’altro non ha ritenuto di rispondere all’atto di diffida, in palese violazione dell’art. 2 della l. n. 241/90.
L’Associazione ricorrente domanda, in primo luogo, che venga dichiarato l’obbligo di Roma Capitale di provvedere al perfezionamento del contratto di locazione.
In secondo luogo, a mente dell’art. 31 c.p.a., chiede a questo giudice di esprimersi sulla fondatezza della pretesa, concernente, da un lato, la sussistenza del diritto ad un regolare contratto di affitto, dall’altro, al pagamento di un canone di affitto parametrato all’attività artigianale.
Sostiene poi che la fattispecie in esame non riguardi la mera debenza di quello che ritiene un canone concessorio, bensì i criteri per la sua determinazione;
2) ECCESSO DI POTERE PER AUTOLIMITAZIONE, CONTRADDITTORIETÀ DELL’AZIONE AMMINISTRATIVA E INGIUSTIZIA MANIFESTA.
Con riguardo alla delibera del Consiglio Comunale n. 43/2012, che ha inserito nel procedimento di dismissione del patrimonio immobiliare del Comune anche gliimmobili di cui trattasi, censura il fatto che l’amministrazione capitolina non abbia mai manifestato agli assegnatari la sua volontà di procedere alla vendita degli immobili assegnati da più di dieci anni.
Il contenuto della delibera – che ha escluso espressamente dalla dismissione le unità immobiliari ad uso non residenziale classificate “attività storiche e negozi storici” – disvelerebbe poi che l’amministrazione capitolina ha in realtà sempre considerato le attività che si svolgevano negli immobili di cui si verte come di tipo commerciale.
Ciò, però, sarebbe in contraddizione con l’originaria finalità che, nel 2004, aveva spinto l’amministrazione comunale ad assegnare in locazione gli immobili di cui trattasi.
La ricorrente, pertanto, chiede al TAR di accertare “in via incidentale” l’illegittimità della delibera di Roma Capitale, nella parte in cui, inserendo le botteghe di cui trattasi nel programma di dismissione, le ha sostanzialmente equiparate a mere attività commerciali, disconoscendo il loro valore storico – culturale;
3) ILLEGITTIMITÀ DEL RIFIUTO DELL’AMMINISTRAZIONE COMUNALE IN RELAZIONE ALLA STIPULA DEL CONTRATTO DEL CONTRATTO DISCENDENTE DALL’AVVENUTA AGGIUDICAZIONE DEFINITIVA DELLA PROCEDURA DI GARA.
Parte ricorrente, sull’assunto che la materia di cui trattasi ricada nella giurisdizione del g.a., chiede infine che questo giudice disponga, ai sensi dell’art. 2932 c.c., la stipulazione del contratto di locazione.
All’uopo, richiama il disciplinare di locazione allegato alla d.d. n. 1506 del 26 gennaio 2001.
Conclude chiedendo a questo Giudice:
a), in via principale, di accertare, ex art. 31 c.p.a., l’illegittimità del silenzio – inadempimento di Roma Capitale;
b), in via incidentale, accertare l’illegittimità della delibera di Roma Capitale n. 43/2012, nella parte in cui equipara gli immobili destinati ad attività artigianali a quelli destinati ad attività commerciali, con il palese intento di legittimare gli elevati canoni di locazione fissati in violazione dei precedenti accordi;
c) in via cautelare, disporre il divieto di Roma Capitale di concludere la procedura di vendita dell’immobile per cui è causa, almeno fino a quando non sarà stipulato il contratto di locazione al canone corrispondente agli impegni a suo tempo presi;
d) in via istruttoria, ordinare alla Romeo Gestioni di produrre il contratto di affidamento del servizio di riscossione dei canoni di locazione, stipulato con Roma Capitale il 30.9.2005:
e) nel merito, in via principale, accertare l’obbligo di Roma Capitale di stipulare il contratto definitivo di locazione in relazione all’immobile per cui è causa;
f) riportare i criteri per la determinazione del canone a quelli propri della locazione artigianale;
g) emanare, ai sensi dell’art. 2932 c.c., una sentenza costitutiva che produca gli effetti del contratto in questione.
Si sono costituiti, per resistere, Roma Capitale e la Romeo Gestioni s.p.a..
L’amministrazione capitolina ha in primo luogo rappresentato come sia in corso di approvazione la revoca della delibera n.43/2012, in vista dell’adozione di un nuovo provvedimento di dismissione del patrimonio di Roma Capitale.
Ha eccepito, comunque, l’irricevibilità dell’impugnativa di tale delibera, la quale, ormai da tempo, ha formato oggetto di regolare pubblicazione.
Ad ogni buon conto, evidenzia come la ricorrente ne avesse piena conoscenza, avendone fatto menzione già nell’atto di diffida del 15 marzo 2013.
Nel merito, rappresenta come gli assegnatari degli immobili di cui alla d.d. n. 36/2004, siano stati formalmente convocati, sin dal 21 luglio 2004, per la stipula dei contratti di locazione.
Tuttavia, nessuno degli utilizzatori ha mai ritenuto di sottoscrivere il contratto né di corrispondere alcunché per l’utilizzo del bene.
Tale rifiuto è stato dagli stessi giustificato sulla base della pretesa, erronea determinazione del canone di locazione da parte dell’amministrazione capitolina.
Al riguardo, quest’ultima afferma che il corrispettivo è stato determinato secondo quanto prescritto dalla delibera di G.C. n. 670/2002, all’epoca vigente, nella misura corrispondente a quella indicata nel Listino Ufficiale della Borsa Immobiliare di Roma del 2004, che non faceva alcuna distinzione tra locali destinati ad attività commerciale e locali destinati ad attività artigianale.
Il valore indicato – sostiene l’amministrazione – teneva comunque conto di tutte le problematiche inerenti alla ristrutturazione de locali.
La Galleria Luxardo pretenderebbe invece, oggi, di esercitare una sorta di rinegoziazione del canone, facendo applicazione degli importi stabiliti dalla d.d. n. 36 del 26 gennaio 2001, senza tenere conto che tale delibera fu annullata a seguito dell’inserimento del complesso de quo nel piano di alienazione disposto dal Consiglio Comunale con la delibera n. 139/2001.
La ricorrente imputa all’amministrazione capitolina di avere ostacolato la conclusione del procedimento, mentre, invece, sarebbe proprio il contegno dalla stessa tenuto nel corso degli anni ad avere impedito la stipula dei contratti di locazione.
Prova di tanto sarebbe il fatto che parte ricorrente non ha mai comunicato alcuna delle modificazioni intervenute in ordine alla propria ragione sociale (ovvero la costituzione dell’odierna Associazione), né, comunque, ha ritenuto di corrispondere alcunché per il bene che utilizza dal 2004.
La società Romeo Gestioni, dal canto suo, ha invocato il proprio difetto di legittimazione passiva nella presente controversia, in considerazione del fatto che essa non è titolare di una concessione amministrativa bensì soltanto dell’appalto di gestione amministrativa del patrimonio immobiliare del Comune di Roma, ragione per cui non dispone, nei confronti degli utenti/terzi, di alcuna potestà pubblicistica.
Parte ricorrente ha depositato una memoria, in vista della camera di consiglio del 21 maggio 2014, alla quale il ricorso è stato trattenuto per essere definito con sentenza in forma semplificata.
2. Con d.d. n. 36, del 26 gennaio 2001, il Comune di Roma - premesso di essere proprietario di un complesso immobiliare sito in Roma, località Tor di Nona “dove insistono numerose unità ad uso diverso da abitazione, attualmente non assegnate, che dovranno formare oggetto di locazione in favore di privati, onde conseguirne un reddito” - riteneva necessario procedere ad un’asta pubblica, al fine di individuare “la controparte contrattuale che presenti l’offerta più vantaggiosa tra i soggetti in grado di esercitare un’attività di gestione degli immobili con riconoscibili requisiti di professionalità”.
In relazione alla peculiarità del quartiere “che costituisce uno dei nuclei storici della città in cui fiorivano in passato attività artigianali” veniva deciso di consentire la partecipazione di “cittadini che intendano avviare nei lotti in questione delle attività commerciali o artigianali, privilegiando però, per le ragioni esposte, quest’ultima categoria merceologica”.
Per la quantificazione dei canoni di locazione (“che costituiranno la base d’asta dei lotti”), la delibera faceva riferimento al Listino Ufficiale della Borsa Immobiliare di Roma che, all’epoca, operava una distinzione tra unità destinate ad attività commerciali e unità destinate ad attività artigianali.
Correlativamente, si predisponevano per ciascun lotto “due contemporanee basi d’asta”, con la precisazione che sarebbe stato garantito un “privilegio” alle locazioni artigianali “nel senso che, in presenza di due diverse offerte, una per l’attività artigianale ed una per l’attività commerciale verrà preferita la prima indipendentemente dall’importo dell’offerta stessa”.
In esecuzione di tale delibera venivano esperite due gare mediante asta pubblica, con il metodo delle offerte segrete, in aumento, da confrontarsi con il prezzo base.
Con determina n.1 del 19 gennaio 2002, in considerazione del fatto che il complesso immobiliare Tor di Nona era stato inserito nel piano di dismissione di cui alla delibera di C.C. n. 139 del 10.12.2001, il Comune annullava le operazione di gara e le relative aggiudicazioni.
Nella successiva d.d. n. 32 del 5.2.2004 dava poi atto che, nel frattempo, alcuni degli immobili del complesso erano stati occupati abusivamente, e che, al fine di evitare la ripetizione di tale fenomeno “nelle more del perfezionamento degli atti di assegnazione definitiva, in virtù della nota prot. n. 819 del 17.12.2002 dell’Assessorato alle Politiche del Patrimonio e Promozione Progetti Speciali e della nota prot. n. 4643 del 16.12.2002 dell’Assessorato Politiche Economiche e Produttive nonché della successiva nota prot. n. 359 del 5.2.2004 dell’Assessorato alle Politiche del Commercio” si era proceduto “alla consegna provvisoria dei locali [...] a quelle imprese commerciali ed artigiane caratterizzate dalla qualità delle merci di alto livello che rischiano l’estinzione per processi di sfratto in corso o per l’essere stati espulsi da preesistenti locali situati prevalentemente nel centro storico, così come individuate nelle citate note”.
Il medesimo atto, nella parte dispositiva, disponeva l’assegnazione dei locali del complesso, tra cui quello di cui si controverte, ai “soggetti individuati dall’Assessorato alle Politiche Economiche e Produttive con nota n. 4643 del 16.12.2002 e successiva nota n. 359 del 5.2.2004, autorizzando, come da nota n. 819 del 17.12.2002, dell’Assessorato alle Politiche del Patrimonio e Progetti Speciali la stipula dei relativi contratti [...]”.
Nell’elenco in calce figura anche lo Studio Luxardo di Daniele Luxardo.
In precedenza, con delibera n. 670 del 19.11.2002, la Giunta aveva rideterminato i canoni di locazione delle unità ad uso diverso da abitazione facenti parte del patrimonio disponibile del Comune, da applicare sia per i nuovi contratti di locazione, che per il rinnovo di quelli in corso.
In data 21 luglio 2004, lo studio Luxardo veniva informato dalla Romeo Gestioni che il canone mensile di locazione era stato determinato in euro 955,50, nonché, contestualmente invitato a procedere alla stipula del contratto.
Dopo le proteste dell’Associazione Tor di Nona – che riteneva doversi fare applicazione dei canoni presi a base dell’esperimento di gara mediante asta pubblica, risalente al 2001 – la Romeo Gestioni, in data 12.1.2006, comunicava all’amministrazione capitolina di avere fatto applicazione della D.G.C. n. 670/2002, e quindi dei valori del Listino Ufficiale della Borsa Immobiliare di Roma, con particolare riguardo ai valori massimi previsti “per i locali che presentano problematiche tali da essere considerati da ‘ristrutturare’” precisando altresì che il Listino Immobiliare “non opera alcuna distinzione tra attività commerciale e attività artigianale”.
L’operato della società veniva condiviso dal Direttore del Dipartimento III (nota prot. n. 6820 del 14 marzo 2006).
In tale serie di atti, spicca poi anche una “memoria” dell’1.12.2003 della Giunta Comunale dell’epoca, esibita dalla ricorrente, che, come già evidenziato in fatto, stabiliva le seguenti “direttive”:
- individuare il complesso immobiliare di proprietà comunale Tor di Nona quale “Angolo delle botteghe tradizionali del centro storico di Roma;
- a tal fine procedere all’assegnazione dei locali ad uso non residenziale presenti nel complesso, osservando il seguente ordine di priorità:
1) vincitori del primo bando di cui alla determinazione dirigenziale del Dipartimento III, n. 36 del 26 gennaio 2001;
2) vincitori del secondo bando, di cui alla determinazione dirigenziale del Dipartimento III, n.247 del 1° giugno 2001;
3) titolari delle botteghe storiche sfrattate o espulse dal centro storico o con procedimento di sfratto in corso e individuate dal Dipartimento VIII;
4) titolari delle botteghe di artigianato artistico – tradizionale espulse dal centro storico o con procedimento di sfratto in corso individuate dal Dipartimento VIII;
5) titolari delle botteghe di artigianato artistico sfrattate o espulse da altre zone della città e, comunque, consone al tessuto e alle caratteristiche del costituendo “Angolo delle botteghe tradizionali”.
Ed è sempre nella produzione della ricorrente che figura anche una ulteriore “memoria” di Giunta, risalente al 2007, con cui la stessa, da un lato, invitava gli Uffici ad elaborare un nuovo schema di disciplinare “relativo agli impegni e obblighi reciproci”, e a rideterminare i canoni di affitto (alla luce di tale disciplinare), dall’altro autorizzava una “transazione sui canoni pregressi, riconoscendo le spese sostenute dai conduttori per le migliore apportate ai locali”.
2.1. Tale essendo il quadro fattuale, come risultante dalla documentazione in atti, reputa il Collegio che la presente controversia esuli, sotto ogni profilo, dalla giurisdizione del giudice amministrativo.
2.1.1. In primo luogo, relativamente all’azione circa il preteso silenzio serbato dal Comune sulla diffida del 15 marzo 2003, va ricordato che, secondo l’ormai consolidata giurisprudenza amministrativa “perché sia consentito il ricorso avverso il silenzio dell'Amministrazione è essenziale che esso riguardi l'esercizio di una potestà amministrativa e che la posizione del privato si configuri come interesse legittimo, con la conseguenza che il ricorso è inammissibile allorché la posizione giuridica azionata dal ricorrente consista in un diritto soggettivo; il silenzio - rifiuto può infatti formarsi esclusivamente in ordine all'inerzia dell'Amministrazione su una domanda intesa ad ottenere l'adozione di un provvedimento ad emanazione vincolata ma di contenuto discrezionale e, quindi, necessariamente incidente su posizioni di interesse legittimo, e non già nell'ipotesi in cui viene chiesto il soddisfacimento di posizioni aventi natura sostanziale di diritti.
La formazione del silenzio - rifiuto, o lo speciale procedimento giurisdizionale oggi disciplinato dall'art. 117 del c.p.a., non risulta, infatti, compatibile con le pretese che solo apparentemente abbiano per oggetto una situazione di inerzia, in quanto concernono diritti soggettivi la cui eventuale lesione è direttamente accertabile dall'autorità giurisdizionale competente [...]”(così, in termini, Cons. St., sez. V^, sentenza n. 1754 del 27.3.2013).
Nella fattispecie in esame, la “diffida” del 15 marzo 2013 riguarda, manifestamente, diritti soggettivi.
La documentazione esibita, sia dal Comune che dalle ricorrente, evidenzia infatti come si verta in ordine all’utilizzo di beni appartenenti al patrimonio disponibile dell’amministrazione capitolina.
Tale qualificazione risulta da tutti gli atti succedutisi dal 26 gennaio 2001 - epoca in cui il complesso immobiliare di Tor di Nona veniva destinato a “formare oggetto di locazione in favore di privati onde conseguirne un reddito” (delibera n. 36/2001) – venendo confermata sia in occasione dell’inserimento nel Piano didismissione di cui alla delibera di C.C. n. 139 del 10.12.2001, sia all’epoca dell’assegnazione di una delle unità del complesso all’odierna ricorrente.
La d.d. n. 32 del 5.2.2004, si pone, infatti, in evidente continuità con la delibera n. 36/2001, come reso palese sia dal richiamo alle note assessorili recanti l’individuazione dei nuovi assegnatari, sia dal contenuto della memoria di Giunta in cui si dà mandato agli Uffici di procedere all’assegnazione dei locali per le identiche finalità di tutela sottese agli esperimento di gara risalenti al 2001.
Al riguardo, è bene precisare che la dichiarata finalità di conservazione delle caratteristiche del complesso immobiliare di Tor di Nona (a cui si è successivamente aggiunta quella di tutela delle botteghe artigiane espulse dal centro storico) non vale a trasformare semplici contratti di locazione ad uso non abitativo in concessioni amministrative.
E’ infatti ius receptum quello secondo cui soltanto l'attribuzione a privati dell'utilizzazione di beni del demanio o del patrimonio indisponibile dello Stato o dei Comuni, “quale che sia la terminologia adottata nella convenzione ed ancorché presenti elementi privatistici”, è riconducibile alla figura della concessione-contratto, “atteso che il godimento dei beni pubblici, stante la loro destinazione alla diretta realizzazione di interessi pubblici, può essere legittimamente attribuito ad un soggetto diverso dall'ente titolare del bene - entro certi limiti e per alcune utilità - solo mediante concessione amministrativa. Perciò le controversie attinenti al detto godimento sono riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 5 l. 6 dicembre 1971 n. 1034 (ora art. 133, comma 1, lett. b), c. proc. amm.), quando non abbiano ad oggetto indennità, canoni ed altri corrispettivi” (Cons. St., sez. VI^, sentenza n. 3924 del 19.7.2013).
Qualora, invece, si tratti di beni del patrimonio disponibile il cui godimento sia stato concesso a terzi dietro un corrispettivo, indipendentemente dal “nomen iuris” che le parti abbiano dato al rapporto, si versa nell'oggettivo schema civilistico della locazione e le controversie da esso insorgenti spettano alla giurisdizione ordinaria (così, ancora il Cons. St., sentenza ultima cit.).
Nella fattispecie, la giurisdizione amministrativa non può nemmeno radicarsi per il fatto che l’Associazione ricorrente abbia, tra l’altro, diffidato l’amministrazione a “completare” il procedimento di assegnazione, in quanto, a ben vedere, con la più volte citata determina n. 32 del 5.2.2004, il Comune di Roma aveva già definitivamente assegnato alla Galleria Luxardo l’unità immobiliare di via Tor di Nona n. 39.
Inoltre, l’esame della documentazione in atti evidenzia come né la Galleria Luxardo né i restanti assegnatari individuati dalla determina n. 32/2004, figurino tra i vincitori delle aste indette nel 2001, di talché gli stessi non possono nemmeno vantare interessi legittimi in qualche modo ricollegabili a tale procedimento.
Vero è invece che, secondo quanto risulta dalla memoria di Giunta esibita da parte ricorrente, l’amministrazione capitolina dell’epoca si era impegnata ad assegnare i locali a soggetti in grado, in ragione dell’attività svolta, di garantire il mantenimento del pregio storico ed urbanistico del complesso.
Tuttavia, come già evidenziato, tale evenienza non è in grado di modificar il fatto che i beni in questione non sono di natura demaniale né risultano in atto destinati a finalità di carattere pubblicistico.
2.2. Quanto appena rilevato, circa la natura del complesso immobiliare di Tor di Nona, esclude che appartengano alla giurisdizione amministrativa sia la domanda tesa ad accertare l’obbligo del Comune di stipulare il contratto di locazione (ovvero a conseguire una pronuncia costitutiva, ex art. 2932 c.c.), sia quella relativa alla rideterminazione del canone.
3. Del pari inammissibile per difetto di giurisdizione appare poi la richiesta di annullamento del contratto di gestione del patrimonio immobiliare stipulato tra l’amministrazione capitolina e la Romeo Gestioni s.p.a..
Al riguardo, il Collegio conviene in primo luogo sul fatto che, come ritenuto dalla Cassazione civile (III^ Sezione, sentenza n. 16067/2012), nonché da questa stessa Sezione (cfr., da ultimo, la sentenza n. 42 del 4 gennaio 2012), la Romeo Gestioni s.p.a. è titolare di un mero appalto di servizi e non già di una concessione di servizio pubblico, di talché, rispetto alla ricorrente, il relativo contratto appare “res inter alios acta”.
Ad ogni buon conto, non venendo in rilievo interessi legittimi afferenti la presupposta serie procedimentale pubblicistica, relativa alla scelta del contraente, non vi è materia sulla quale possa esprimersi questo giudice amministrativo.
4. Infine, la giurisdizione deve essere declinata anche con riguardo alla domanda di “accertamento incidentale” di illegittimità della delibera dell’Assemblea capitolina n. 43/2012, che ha inserito il complesso di Tor di Nona in un nuovo Piano di dismissione del Patrimonio immobiliare.
Infatti, secondo l’art. 8, comma 1, c.p.a. “Il giudice amministrativo nella materie in cui non ha giurisdizione esclusiva conosce, senza efficacia di giudicato, di tutte le questioni pregiudiziali ed incidentali relative a diritti, la cui cognizione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale”.
Non essendovi giurisdizione sulla domanda principale, non ha alcun senso ritenere la giurisdizione su una domanda, espressamente ed esclusivamente proposta in quanto ritenuta strumentale alla definizione della controversia principale.
5. In definitiva, per quanto argomentato, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
La peculiarità della vicenda induce però il Collegio a compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio e gli onorari di difesa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in premessa, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
Indica, quale giudice nazionale fornito di giurisdizione, il giudice ordinario, innanzi al quale il giudizio potrà essere riassunto, nei termini e con le salvezze, di cui all’art. 11, comma 2, c.p.a..
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 maggio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Tosti, Presidente
Salvatore Mezzacapo, Consigliere
Silvia Martino, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/07/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)