Vendita illegittima di immobili - TAR Reggio Calabria, sent. n. 25 del 15.01.2015
Pubblico
Mercoledì, 21 Gennaio, 2015 - 01:00
Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione Staccata di Reggio Calabria, sentenza n.25 del 15 gennaio 2015, sulla contestazione della legittimità vendita immobili
N. 00025/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00627/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
Sezione Staccata di Reggio Calabria
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 627 del 2013, proposto dal Centro Italiano Femminile Provinciale di Reggio Calabria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Alberto Panuccio, con domicilio eletto presso il suo studio in Reggio Calabria, Via P. Foti, 1;
contro
il Comune di Reggio Calabria, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Fedora Squillaci ed Emidio Morabito, con domicilio eletto presso l’Avvocatura Civica in Reggio Calabria, Via S.Anna II Tr. Palazzo Cedir ;
per l'annullamento
- dell’ “Avviso pubblico per la vendita di complesso edilizio in via Aschenez ex Asilo Genoese Zerbi” , emesso in data 5 novembre 2013 prot. n.156651 dal Dirigente del servizio Pianificazione e Valorizzazione del Territorio della Città di Reggio Calabria ;
- della determinazione dirigenziale n.2773 reg. gen. del 4 novembre 2013, richiamata nell’avviso pubblico , di indizione della vendita :
- delle determinazioni adottate dal Dirigente del servizio Pianificazione e Valorizzazione del Territorio della Città di Reggio Calabria datate 6 agosto 2013 prot. n. 113880 , e del 7 ottobre 2013 prot. n. 140453 , dirette al C.I.F. Provinciale di Reggio Calabria ;
- di ogni altro atto e provvedimento preordinato e/o consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Reggio Calabria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 novembre 2014 la dottoressa Angela Fontana e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il Centro Italiano Femminile provinciale di Reggio Calabria ha impugnato i provvedimenti con i quali il Dirigente del Settore Pianificazione e Valorizzazione del Territorio del Comune di Reggio Calabria:
- ha deliberato l’avvio della procedura di alienazione dell’immobile sito in Via Aschenez n. 52, già inserito nel piano di dismissione patrimoniale adottato con deliberazione della Commissione Straordinaria n. 39 dell’11 dicembre 2012;
- ha emesso l’avviso pubblico per la vendita del predetto immobile mediante asta pubblica, secondo le procedure di cui agli articoli 73 lett c) e 76 del regolamento di contabilità generale dello Stato, secondo il criterio dell’offerta del prezzo più alto rispetto al prezzo fissato a base d’asta in euro 2.600.510,00 senza limite minimo di aumento.
1.1 L’associazione ricorrente deduce la illegittimità dei predetti atti, che ritiene essere stati assunti in palese violazione delle norme regolamentari che disciplinano la alienazione dei beni immobili di proprietà del Comune di Reggio Calabria, con particolare riguardo:
- alla lesione del diritto di prelazione all’acquisto vantato da eventuali locatari;
- alla possibilità di procedere in via diretta qualora l’acquirente sia una associazione senza scopo di lucro;
- alla possibilità di determinare convenzionalmente il prezzo di vendita in ragione degli interventi migliorativi dell’immobile realizzati nel tempo dal locatario;
2. Si è costituito in giudizio il Comune di Reggio Calabria chiedendo preliminarmente che il ricorso venga dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse in quanto l’asta pubblica è andata deserta e dunque gli atti impugnati – che prevedevano l’aggiudicazione ad unico incanto – hanno perso efficacia. Il ricorso sarebbe peraltro inammissibile poiché la ricorrente non ha tempestivamente impugnato la delibera a monte con la quale l’ immobile in parola era stato inserito nel piano di dismissioni del Comune .
Nel merito, l’Amministrazione ha chiesto il rigetto del ricorso.
All’udienza pubblica del 20 novembre 2014, la causa è stata trattenuta per la decisione.
3. Ritiene il Collegio di poter prescindere dall’esame preliminare delle eccezioni di improcedibilità ed inammissibilità sollevate dalla difesa del Comune di Reggio Calabria, in quanto il ricorso è infondato.
3.1 Risulta invero agli atti del giudizio che l’Amministrazione abbia proceduto a dare comunicazione della volontà di avviare la dismissione dell’immobile al ricorrente prelazionario in data 6 agosto 2013 con la specifica indicazione del prezzo e delle condizioni della compravendita, assegnando un termine per l’adempimento delle formalità conclusive.
Tale comunicazione faceva seguito alla manifestazione di interesse anticipata dalla associazione ricorrente la quale – a seguito della pubblicazione dell’avviso del 16 aprile 2013 emanato ex art 58 del DL 112/2008 – aveva rappresentato con una missiva del 14 giugno 2013, la volontà di acquisire l’immobile dalla medesima condotto in locazione.
Non può dunque non rilevarsi che i contatti tra l’amministrazione ed il locatario prelazionario, scolpiti nelle riferite comunicazioni, siano antecedenti alla pubblicazione dell’avviso pubblico che è stato emanato in data 5 novembre 2013 nonché alla precedente determinazione del 4 novembre 2013 di indizione della procedura pubblica.
I riferiti dati temporali consentono, pertanto, di affermare che già prima della indizione della procedura pubblica, l’amministrazione ed il locatario abbiano convenuto le condizioni e le modalità per l’esercizio del diritto di prelazione.
3.2 Risulta altresì che successivamente, con comunicazione del 28 settembre 2013, l’associazione ricorrente abbia espresso nei confronti dell’Amministrazione riserve sul prezzo di vendita come determinato nella delibera a monte di dismissione e valorizzazione del patrimonio comunale invitando l’Amministrazione Comunale all’annullamento in autotutela del bando che non avrebbe tenuto conto del vincolo di destinazione impresso sull’immobile in virtù di un onere testamentario apposto dal dante causa, il quale avrebbe inteso destinare il bene a sede di opere di assistenza e beneficenza.
In altre parole, l’associazione ricorrente, da una parte ha inteso conseguire una riduzione del prezzo di vendita, dall’altra ha inteso dedurre la illegittimità del procedimento di dismissione che non ha mantenuto il vincolo di destinazione esistente sull’immobile.
In ogni caso, essa non pare aver agito a tutela delle prerogative del prelazionario.
Ritiene il Collegio di dover precisare che nella specie la ricorrente non può fondatamente dedurre di avere titolo a fissare convenzionalmente il prezzo della compravendita.
La prelazione consiste, infatti, in una limitazione al principio di autonomia negoziale in forza della quale il soggetto beneficiario della prelazione ha diritto di essere preferito, a parità di condizioni, a chiunque altro, quando il soggetto passivo della prelazione intenda concludere un certo contratto.
Nel sistema civilistico, ed in assenza di una compiuta disciplina legislativa, di solito il contratto di preferenza comporta che il proprietario del bene effettui la denuntiatio dopo aver concluso il contratto con la propria controparte, consentendo l’acquisto a parità di condizioni al titolare del diritto di prelazione.
Quando si tratti di prelazione legale, similmente le leggi speciali dispongono che al titolare del diritto di prelazione sia effettuata la denuntiatio del contratto che abbia determinato anche il prezzo del bene, per consentire al prelazionario l’acquisto a parità di condizioni.
Nella specie, invece, similmente a quanto è stato previsto dalle leggi di settore in tema di dismissione dei beni e di ‘privatizzazione’, vi è stata dapprima la determinazione del valore e dunque l’indicazione del prezzo del bene, così consentendo l’esercizio del diritto di prelazione prima ancora della stipula con altri soggetti interessati.
In tutte tali ipotesi, il titolare del ‘diritto di prelazione’ non può proporre qualsivoglia modificazione delle condizioni offerte nella denuntiatio.
Quando si tratti poi di alienazione di un bene di una amministrazione pubblica, l’impossibilità per il prelazionario di pretendere una riduzione del prezzo già determinato sulla base del valore del bene non solo si basa sulla essenza stessa del diritto di prelazione (che è quella di essere preferiti a parità di condizioni, non di avere una riduzione del prezzo), ma anche sulla necessità per l’amministrazione di pervenire alla realizzazione dell’interesse pubblico anche attraverso la massimizzazione degli introiti derivanti dalla gestione del proprio patrimonio disponibile.
In questi casi, al privato è consentito di impugnare nelle forme di legge l’atto di determinazione del prezzo operato dall’ amministrazione qualora ritenga che esso sia frutto di un procedimento di valutazione incongruo ed irrazionale.
Nel caso all’esame del Collegio, tuttavia, nessuna censura in tal senso è stata formulata dal prelazionario il quale ha piuttosto agito allo scopo di ottenere una riduzione del prezzo base di vendita in ragione degli interventi di manutenzione effettuati nel corso degli anni sull’immobile.
Tale richiesta di riformulazione del prezzo di vendita è espressione di un principio di autonomia negoziale che esula dal meccanismo della prelazione quale negozio preparatorio che ha come unico scopo quello di creare un vincolo all’autonomia negoziale riferibile al momento della scelta del contraente.
Le censure espresse con i primi tre motivi di ricorso vanno pertanto respinte.
3.3 Con ulteriore censura, la associazione ricorrente deduce la illegittimità del bando che non darebbe conto delle gravi limitazioni all’uso ed al godimento del bene derivanti dalla esistenza di un vincolo di destinazione imposto dal testatore, da un vincolo archeologico, dal vincolo di prelazione nei confronti del locatario.
Tali censure sono inammissibili per difetto di interesse poiché nessun pregiudizio deriva alla associazione ricorrente dalla mancata indicazione nel bando, né del vincolo di destinazione né del vincolo archeologico. Non avendo inteso esercitare il proprio diritto di prelazione, la ricorrente non può legittimamente dolersi degli eventuali oneri che possono ricadere sulle facoltà di pieno godimento del bene da parte del soggetto che all’esito del procedimento di gara sia individuato quale acquirente dell’immobile.
Il ricorso pertanto è infondato e ne va disposto il rigetto.
Le spese seguono la soccombenza e di esse viene disposta la liquidazione nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Staccata di Reggio Calabria
definitivamente pronunciando sul ricorso n. 627/2013 , come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna parte ricorrente al pagamento nei confronti del comune di Reggio Calabria delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi euro 1.500,00 (millecinquecento/00) oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Reggio Calabria nella camera di consiglio del giorno 20 novembre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Roberto Politi,Presidente
Davide Ponte,Consigliere
Angela Fontana,Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/01/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)