Sdemanializzazione beni pubblici
Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Settima), Sez. VII, sentenza n. 1712 del 21/02/2024, sulla sdemanializzazione
MASSIMA
Mentre l'art. 829 del codice civile prevede che la sdemanializzazione sia "dichiarata" dall'Autorità amministrativa, l'art. 35 del codice della navigazione precisa testualmente che l'esclusione di zone dal demanio marittimo deve avvenire con decreto del Ministro dei trasporti e della Navigazione, "di concerto", con il Ministro delle Finanze (oggi, come detto, sostituito in dette funzioni dall'Agenzia del Demanio), così sottolineandone il carattere di atto complesso ad elevato tasso di discrezionalità. I procedimenti ai quali partecipino più autorità, come quelli di sdemanializzazione richiedono, ai fini di un corretto contemperamento degli interessi coinvolti, la partecipazione di tutti gli enti pubblici che ne sono portatori, che esercitano, nell'occasione, le attribuzioni conferitegli dalla legge.
SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3642 del 2022, proposto da Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, Capitaneria di Porto di Vibo Valentia, Agenzia del Demanio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
A.G., rappresentata e difesa dall'avvocato Maria Ida Leonardo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Principessa Clotilde n.2;
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 11181/2021
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di A.G.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 novembre 2023 il Cons. Sergio Zeuli e udito l'avvocato Paolo Clarizia, in sostituzione dell'avvocato Maria Ida Leonardo, per la parte appellata.
Svolgimento del processo
1. La sentenza impugnata ha accolto il ricorso con cui la parte appellata aveva chiesto l'annullamento della nota prot. (...) del 5 ottobre del 2020 con la quale il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) aveva comunicato di non poter revocare il provvedimento contenuto in altra e precedente nota trasmessa dello stesso Ministero del 29 luglio del 2020 che comunicava la conclusione negativa del procedimento di sdemanializzazione, ex art.35 del R.D. n. 327 del 1942 (cd. "Codice della navigazione") dell'area in concessione, nonché di quest'ultimo atto e di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti agli stessi.
Sono dedotti i seguenti motivi di appello avverso la decisione impugnata:
1. Violazione e falsa applicazione dell'art. 35 del Codice della navigazione - Legittimazione dell'Agenzia del Demanio
2. Violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della L. 7 agosto 1990, n. 241 - motivazione per relationem.
2. Si è costituita in giudizio la parte appellata privata, A.G., contestando l'avverso dedotto e chiedendo il rigetto del gravame.
Motivi della decisione
3. La presente controversia ha avuto origini nelle circostanze sintetizzate, nei loro tratti salienti, nelle righe che seguono, per come è dato ricostruirle dalle esposizioni delle due parti del processo reciprocamente integrantisi.
3.1. L'odierna parte appellata privata, A.G., è concessionaria dell'area demaniale marittima sita nel Comune di P. a M. (CS), Località M., via F. Acri (...), identificata al fg. di mappa n.(...), particella (...), in virtù di concessione demaniale n.1/2010 rilasciata dal Comune di P. a M. l'8 gennaio del 2010, prorogata ex L. n. 179 del 2012 fino al 31 dicembre del 2020, allo scopo di mantenere un'attività turistico-ricreativa.
Il titolo è stato rilasciato in ragione della licenza di subingresso n.31/00 afferente la concessione demaniale 108/00 in ditta S.S., marito della appellata, iniziata nel 1958 e trasferita, con quanto realizzato, ossia la casa di abitazione familiare, all'attuale concessionaria il 18 luglio del 2000.
Con l'istanza del 7 maggio del 2012 protocollata il 29 maggio successivo, la G., unitamente alle proprie figlie, reiterava una richiesta, già presentata il 15 marzo del 2005, avente ad oggetto la sdemanializzazione dell'area di 5200 mq. comprensiva delle opere ivi esistenti.
Nell'agosto del 2012 la Capitaneria di Porto -Ufficio Locale di Maratea - effettuava un sopralluogo, quindi, il successivo 16 ottobre del 2012 trasmetteva al MIT la documentazione relativa esprimendo parere favorevole all'avvio dell'istruttoria per la richiesta di sclassifica.
Dopo ripetuti solleciti inviati dalla parte appellata, il 17 gennaio del 2014 il MIT comunicava di aver fornito indicazioni alla Capitaneria di Porto di Vibo Valentia sulla possibilità di procedere ad una revisione della cd. "dividente demaniale", anche tenuto conto che a nord ed a sud della zona segnalata erano già state eseguite due precedenti procedure di sclassifica.
L'1 luglio del 2015 veniva convocata una conferenza di servizi che disponeva l'effettuazione di un sopralluogo, per il successivo 14 luglio 2015, in presenza del legale dell'interessata, al quale partecipavano rappresentanti della Capitaneria di Porto di Vibo Valentia, dell'Ufficio Locale Marittimo di Praia a Mare, dell'Agenzia del Demanio, del Provveditorato Interregionale alle OO.PP. Sicilia e Calabria - che successivamente, per come emerge dai provvedimenti impugnati esprimeva parere positivo per quanto di sua competenza - nonché alla presenza del Responsabile dell'Area Urbanistica del Comune di Praia a Mare, per verificare lo stato dei luoghi e l'andamento della dividente demaniale.
Il 15 dicembre del 2015, dopo un sollecito del MIT, a sua volta compulsato dalle interessate, la Capitaneria di Porto di Vibo Valentia chiariva che non vi era incertezza riguardo al confine tra proprietà privata e demanio marittimo rappresentando di non ritenere opportuno ampliare l'area oggetto di sclassifica, come richiesto dal MIT, in quanto alcune delle aree limitrofe alla zona interessata sembravano prive di titolo concessorio ed in parte già destinate a pubblico uso, e dunque avviava un'interlocuzione con il Comune di Praia a Mare volto ad acclarare quanto segnalato.
L'1 aprile del 2016 il MIT comunicava che la sdemanializzazione avrebbe dovuto riferirsi ad una zona più ampia di quella segnalata e che avrebbe potuto essere presa in considerazione solo dopo la definizione, a cura del Comune, dei profili amministrativi connessi alle occupazioni abusive rilevate e previo ripristino dello stato dei luoghi e rilascio di idonei titoli in sanatoria.
In sostanza, con questa nota, il MIT rappresentava la necessità di approfondimenti istruttori da parte dell'ente locale e sospendeva, di conseguenza, il procedimento.
Sicché il 14 aprile del 2016 la Capitaneria chiedeva al Comune di Praia a Mare di provvedere agli incombenti indicati dal MIT.
A fronte di tale stallo le parti private adivano il TAR competente con il rito sul silenzio-rifiuto che, con la sentenza n. 3675 del 2020, ordinava al MIT di adottare un provvedimento espresso sull'istanza entro il termine di sessanta giorni, disponendo, in caso di ulteriore inadempimento, la nomina di un commissario ad acta.
Una volta riavviato il procedimento in ottemperanza alla suddetta decisione del TAR, veniva disposto un ulteriore sopralluogo congiunto eseguito il 22 luglio del 2020, da cui emergevano diversi elementi di criticità con riferimento alla conformità dell'utilizzo dell'area, rispetto al titolo concessorio; il bene risultava infatti destinato ad abitazione privata, invece che a finalità turistico-ricettive.
L'Agenzia del Demanio, oltre a quanto emerso in sede di sopralluogo, rilevava altresì che: 1. vi erano problemi sulla sdemanializzazione; 2. pendeva un giudizio tra la stessa Agenzia ed il dante causa della richiedente, nonché di lei marito, S.S.. Sicché, con nota del 23 luglio del 2020, esprimeva parere negativo sulla sclassificazione.
Uniformandosi al ridetto parere, la Direzione Governo del Patrimonio dell'Agenzia, con la nota del 28 luglio 2020, esprimeva parere negativo.
La Direzione Centrale del MIT, con la nota prot. (...) del 29 luglio del 2020, deliberava conseguentemente la conclusione negativa del procedimento.
Nelle more anche il Comune di Praia a Mare emetteva un'ordinanza di sgombero delle opere ritenute abusive realizzate sull'area in concessione, eseguita dall'appellata che provvedeva a rimuovere le opere abusive realizzate.
Quest'ultima il 23 settembre del 2020 invitava comunque le amministrazioni competenti ad annullare in autotutela il diniego.
Con la successiva comunicazione del 28 settembre del 2020 la Direzione Regionale del Demanio comunicava il rigetto anche di questa ulteriore richiesta, confermando il parere negativo già emesso.
Con altra nota del 5 ottobre del 2020 il MIT, evidenziando che il provvedimento di sclassifica viene definito con decreto del MIT, di concerto con l'Agenzia del Demanio, precisava che in assenza del parere favorevole di quest'ultima, la procedura di sclassifica non poteva essere portata a termine;
3.2. La sentenza gravata ha accolto il ricorso proposto dalla parte appellata avverso questi atti, ritenendo che l'Agenzia del Demanio non fosse titolare di una funzione consultiva vincolante nell'ambito del procedimento di sdemanializzazione di un'area, non avendo le necessarie competenze tecnica e amministrativa.
Il giudice di prime cure ha ritenuto che l'Agenzia, in quanto mera depositaria dei beni immobili pubblici, svolge compiti meramente ricognitivi e censitari delle consistenze patrimoniali erariali, senza poter interloquire in ordine alle vicende che li riguardano. Al contrario, secondo il giudice di prime cure, ruolo decisivo nel processo di sdemanializzazione sarebbe rivestito dalle Capitanerie di Porto, quali articolazioni decentrate del MIT, composte da personale qualificato dal punto di vista amministrativo e tecnico.
Conseguentemente, non potendo il Ministero fondare il suo diniego sul solo parere negativo dell'Agenzia del Demanio e considerato che i pareri espressi dal Provveditorato alle opere pubbliche e dalla Capitaneria di porto di Vibo Valentia (soprattutto da quest'ultima), non erano negativi, non avrebbe potuto discostarsi da essi senza un'adeguata motivazione sulle ragioni a sostegno della decisione di non sdemanializzazione.
La sentenza gravata aggiunge che la Circolare dell'Agenzia n.4706 del 2013 prevedeva, per semplificare il procedimento di sdemanializzazione, una serie di condizioni in presenza delle quali il parere positivo non avrebbe potuto essere negato, condizioni che ricorrevano nell'occorso.
4. Il primo motivo d'appello contesta la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che, nell'ambito del procedimento di sdemanializzazione di un bene pubblico, in generale e con riferimento alla specifica situazione controversa, l'Agenzia del Demanio non fosse titolare della rilevante funzione consultiva che le è stata riconosciuta dal Dipartimento per i trasporti e la navigazione del Ministero delle Infrastrutture che, sulla base del parere negativo da questa espresso, ha negato la sclassificazione del bene richiestagli dalla parte appellata.
Secondo il motivo in esame, l'assetto del riparto di funzioni disegnato dal giudice di prime cure, che assegna un ruolo marginale e subalterno a detto ente, non corrisponde alla dimensione istituzionale né dell'agenzia del Demanio né delle sue Direzioni Regionali che, nella procedura di sdemanializzazione, sono tenute ad esprimere un parere vincolante, che, pur avendo valenza endoprocedimentale, condiziona fortemente la decisione finale, non a caso definita dalla legge quale "atto di concerto".
Il che sarebbe giustificato, nella valutazione dell'appellante, dai compiti assegnati all'Agenzia che consistono nel valorizzare, da un punto di vista giuridico ed economico, il rapporto dominicale esistente tra l'Erario ed il bene interessato dalla decisione di dismissione.
Oltre che dalle leggi istitutive dell'Agenzia del Demanio - che ha ereditato grazie ad esse, le funzioni già attribuite al soppresso Ministero delle Finanze in materia - il ruolo determinante dell'Agenzia nel processo decisionale de quo sarebbe confermato, secondo il motivo in esame, dalla natura costitutiva attribuita al provvedimento di sdemanializzazione dall'art.35 del cod. della navigazione che, soprattutto se raffrontato alla valenza meramente dichiarativa dell'omologo atto previsto dall'art.829 c.c. per la sclassificazione dei beni demaniali non appartenenti al demanio marittimo, ne evidenzierebbe l'accentuata natura discrezionale.
Nel caso di specie - aggiunge la parte appellante- il parere del Demanio giammai avrebbe potuto essere positivo alla luce dei numerosi e consistenti fattori ostativi emersi nel corso dell'istruttoria.
In sintesi l'appellante sostiene che le valutazioni espresse dall'Agenzia sarebbero legittime, in diritto, opportune quanto al merito delle conclusioni raggiunti e vincolanti rispetto alla decisione finale del MIT.
4.1. Il motivo è fondato perché il rilievo che il giudice di prime cure ha inteso assegnare all'Agenzia del Demanio, nell'ambito del procedimento pluri-strutturato della sclassificazione, risulta eccessivamente ridotto se comparato alla dimensione istituzionale di detto ente, istituito in base all'art.8 del D.Lgs. n. 300 del 1999 ed interessato dal D.Lgs. n. 173 del 2003 che l'ha trasformato in ente pubblico economico.
L'art.1 dello Statuto dell'Agenzia del Demanio, approvato, sulla base della previsione dell'art. 8 D.Lgs. n. 300 del 1999 citato, con Decreto del Ministro dell'Economia e Finanze, prevede, in tema di finalità e compiti, che l'Agenzia svolge tutte le funzioni e i compiti ad essa attribuiti dalla legge relativamente ai beni immobili dello Stato, e provvede, tra l'altro, a:
a) definire la loro ottimale composizione nel tempo e tutelarne l'integrità e la corretta utilizzazione, assicurando il soddisfacimento delle esigenze statali, anche attraverso le occorrenti acquisizioni, dismissioni e sdemanializzazioni;
b) assicurare le conoscenze complete ed aggiornate delle loro caratteristiche fisiche e giuridiche;
c) garantire i più alti livelli di redditività e definire e realizzare, anche in collaborazione con gli enti
locali, gli interventi finalizzati alla loro valorizzazione;
d) coordinare la programmazione dei loro usi ed impieghi nonché degli interventi edilizi sugli stessi, monitorandone lo stato di attuazione;
e) svolgere tutte le attività connesse e strumentali rispetto a quelle di cui alle precedenti lettere.
Da questo quadro emerge l'attribuzione di un vasto raggio di attribuzioni, che, come si desume in particolare dalla lett. e) dell'art. 1 sopra riportato, comprende tutte le attività connesse al rapporto domenicale erariale sui beni immobili. In altre parole emerge un quadro funzionale che contrasta con la dimensione angusta nella quale la sentenza di primo grado ha inteso inscrivere il ruolo dell'ente in questione. Quadro a maggior ragione distonico con la parte della sentenza in cui l'Agenzia non è stata ritenuta in possesso di professionalità specifiche, professionalità che al contrario possiede per ciò che concerne le funzioni ricognitive e valutative aventi ad oggetto i beni pubblici.
4.2. Venendo in particolare al procedimento di sdemanializzazione, è corretta la deduzione che parte appellante trae dall'esito del raffronto tra l'articolo 35 del codice della navigazione e l'art.829 del codice civile. Mentre quest'ultima disposizione, infatti, prevede che la sdemanializzazione sia "dichiarata" dall'Autorità amministrativa, il primo articolo precisa testualmente che l'esclusione di zone dal demanio marittimo deve avvenire con decreto del Ministro dei trasporti e della Navigazione, "di concerto", con il Ministro delle Finanze (oggi, come detto, sostituito in dette funzioni dall'Agenzia del Demanio), così sottolineandone il carattere di atto complesso ad elevato tasso di discrezionalità.
4.3. Sempre in tema di procedimento di sdemanializzazione si osserva che la sentenza gravata non ha esattamente individuato funzione e struttura dei procedimenti ai quali partecipino più autorità. Si tratta di procedimenti che richiedono, ai fini di un corretto contemperamento degli interessi coinvolti, la partecipazione di tutti gli enti pubblici che ne sono portatori, che esercitano, nell'occasione, le attribuzioni conferitegli dalla legge.
Tuttavia ciò non implica - in questo come in qualsiasi altro procedimento amministrativo complesso, pena lo smarrimento della stessa nozione funzionale - che le singole partecipazioni si risolvano in contributi chiusi nella propria sfera di attribuzione e non aperti al confronto dialogico fra gli intervenienti.
Al contrario, il procedimento che veda coinvolti più enti si caratterizza appunto per le particolari interazione e interdipendenza che si stabiliscono fra gli enti partecipanti i quali, osservando il principio di leale cooperazione, possono (e forse devono) portare il proprio contributo con riferimento al complessivo futuro contenuto dell'atto, foss'anche in parte utilizzando, nell'esprimere il loro giudizio, elementi che non rientrino stricto iure nell'ambito dei confini delle loro attribuzioni. Purché beninteso, a queste ultime consentano di riportarsi.
Per contro, ritenere che il procedimento pluri-strutturato, piuttosto che rappresentare una sintesi delle posizioni espresse, conserva e non supera la parcellizzazione delle competenze con l'effetto di formalizzare l'isolamento di ciascuno dei partecipanti in ragione delle rispettive specializzazioni, rendendoli statici su posizioni tra loro non dialettiche, significherebbe negare la stessa ratio essendi di questo istituto, peraltro sempre più diffuso in numerose legislazioni di settore.
E poiché la negazione di interazione è l'effetto che rischia di essere prodotto dal criterio adottato dal giudice di primo grado - che ha recisamente escluso, si direbbe in senso metodologico, la possibilità, per l'Agenzia, di intervenire sul più ampio piano del processo decisionale, confinandone la competenza in ambiti (oltretutto eccessivamente) ridotti - anche per questo motivo non possono essere condivisi i risultati cui detta decisione è pervenuta.
4.4. Tornando alla questione controversa, si è osservato che l'Agenzia del Demanio ha funzioni rendicontali e di registrazione dei beni, inclusa quindi la scelta in ordine alla presa in carico o il discarico di beni pubblici, ha poi compiti di coordinamento e di programmazione in merito agli usi dei beni, oltre a svolgere tutte le attività connesse e strumentali rispetto a quelle specificamente descritte afferenti detti beni.
Come si vede, pertanto, l'ente ha un ruolo e dei poteri, in materia di beni immobili pubblici, estesi e, in un certo senso impliciti, attesa la natura di clausola aperta e riassuntiva della lett. e) dell'art.2 dello Statuto. Di tal che non è seriamente dubitabile che, fra i poteri attribuiti, vi sia quello di valutare l'opportunità o meno della loro dismissione. Valutazione che, a sua volta, va necessariamente fondata sulla ricognizione dello stato di consistenza del bene così come delle vicende giuridiche che lo hanno interessato.
Né - avuto riguardo specificamente a quest'ultimo giudizio - può fondatamente sostenersi che l'Agenzia non abbia, al suo interno, le competenze specialistiche per esperirlo in condizioni ottimali, anzi, come si è anticipato, rappresentando questa una delle sue finalità istituzionali, è pressoché certo che dispone delle professionalità adeguate allo svolgimento di detti compiti.
4.5. Venendo alle valutazioni esperite nel caso di specie, si osserva, innanzitutto, che nessuna di esse ha esondato dai limiti giuridici e concettuali sopra-descritti e, in secondo luogo, che le stesse si rivelano corrette e congruenti con gli esiti dell'istruttoria procedimentale.
Più precisamente, l'Agenzia ha individuato tre elementi che ostavano alla chiesta sclassificazione.
4.4.1. Il primo elemento ritenuto ostativo è rappresentato da quanto emerso dal sopralluogo eseguito sull'area, il 22 luglio del 2020, che ha evidenziato la presenza di ben sei immobili costruiti abusivamente, perché difformi rispetto alla concessione in sanatoria, chiesta e ottenuta dal dante causa della parte appellata, nel 2000.
Di quanto repertato e dell'assenza di un titolo edilizio, il parere emesso il successivo giorno 29 luglio 2020 dall'Agenzia del Demanio dà puntualmente atto, così come della inopportunità del fatto che, in presenza di siffatte difformità urbanistiche, peraltro costituenti illecito permanente, l'Erario potesse dismettere la relativa area, considerato che era la concessione originariamente rilasciata che aveva propiziato dette illiceità.
D'altro canto, oltre a rilevare di per sé, le opere abusive dimostravano anche l'indebito uso che, della concessione, avevano fatto, prima, l'originario concessionario, quindi, i suoi aventi causa nonché familiari, compresa l'odierna concessionaria, di lui moglie.
Ed anche questo rileva, evidentemente, in termini negativi sull'accoglibilità dell'istanza laddove si consideri che, ad un provvedimento di sclassificazione, può aspirare (ed è interessato e meritevole di ottenerlo) il solo concessionario che abbia rettamente amministrato il bene consegnatogli e non, come constatato nel caso di specie, colui che, di quel bene, abbia abusato.
Infine, neppure può rilevare più di tanto l'obiezione della parte appellata che ha ripristinato lo stato dei luoghi, eliminando gli abusi. Infatti, a parte che lo ha fatto solo dopo che gli è stato intimato lo sgombero da parte del Comune, la circostanza non incide sulla contestazione di aver fatto un uso distorto del bene concesso, addebito che rimane anche dopo la riduzione in pristino.
D'altronde la valutazione del parere dell'Agenzia e la sua legittimità vanno riferite al momento in cui fu emesso e, in quel momento, le opere abusive erano presenti sull'area e rappresentavano, pacificamente, un elemento ostativo per procedere alla sclassificazione.
4.4.2. Rimanendo sulla constatata presenza di abusi edilizi, che, come detto rappresenta il primo dei tre elementi ostativi riscontrati dall'Agenzia, non è revocabile in dubbio che la valutazione conseguente spettasse a quest'ultima, che, come già detto, svolge, tra gli altri suoi ruoli, anche quello di custode dei rapporti dominicali dello Stato. Ed è quasi superfluo aggiungere che, oltre ad essere fondata su dati veri, si trattava di una valutazione conseguente all'accertamento di un abuso che non era né incongrua né illogica e tanto meno sproporzionata.
Anche a voler ritenere - ma così non è - che si trattasse di una valutazione che fuoriusciva dalle competenze dell'Agenzia, stante la riscontrata situazione di obiettivo contrasto con la normativa urbanistica, non avrebbe senso rimarcare il vizio o comunque attribuirgli efficacia invalidante.
In altre parole se anche, accedendo alla prospettazione della parte appellata, si volesse ritenere che detto accertamento spettava alla sola Capitaneria di Porto o, al più al Comune di Praia a Mare, e se si volesse conseguentemente far discendere da ciò l'illegittimità per incompetenza del parere in analisi, ciò rischierebbe solo di produrre un indebito ostacolo all'accertamento ed alla conseguente repressione di un illecito, il che, a sua volta, renderebbe palesemente iniquo, perché contrario all'interesse pubblico, l'annullamento dell'atto. Oltre ad essere contrario alle considerazioni, sopra rassegnate, in ordine alle necessarie interazione ed interferenza che, nei procedimenti complessi, devono ricorrere tra le valutazioni esperite dai titolari dei singoli interessi pubblici che vi partecipano.
Tanto più ove si consideri che, se l'Agenzia, pur resasi conto dell'esistenza di un abuso, non l'avesse rilevato, sarebbe incorsa nella violazione del principio di leale cooperazione nei confronti degli altri enti e, verosimilmente, anche in un'omissione giuridicamente rilevante, trovandosi di fronte ad un illecito permanente.
4.4.3. Il secondo elemento ritenuto ostativo alla sdemanializzazione dall'Agenzia del demanio è stata anche la constatazione -emersa, come la precedente, dal sopralluogo del 22 luglio del 2020 - che la particella in esame, di mq. 5200, ricadeva in una più vasta area demaniale, già concessa al dante causa, a sua volta cadente in mezzo a due aree, rispettivamente a nord ed a sud, entrambe sclassificate.
Di conseguenza se concessa, la sdemanializzazione dei soli mq. 5200 avrebbe creato un'indebita frammentazione della dividente demaniale che - seguendo le linee-guida dettate dal Compartimento marittimo del MIT - parimenti sconsigliava di accogliere la richiesta.
E poiché anche questa valutazione rientra pienamente nella gestione del rapporto domenicale, neppure in questo caso può fondatamente sostenersi che l'Agenzia, nell'allegarla quale ulteriore elemento ostativo, abbia esorbitato dai propri poteri istituzionali.
4.4.4. Infine, ma non da ultimo, il parere negativo dell'Agenzia del Demanio si è fondato sulla presenza di un pregresso contenzioso, di valore economico tutt'altro che esiguo, intercorso con il dante causa della parte appellata, e di lei marito, S.S., occasionato proprio dalla costruzione di opere abusive sull'area in concessione.
Il contenzioso, conclusosi con una condanna di quest'ultimo in sede civile, era proseguito con l'impugnazione da parte di questi dell'ingiunzione di pagamento che gli era stata notificata dalla stessa Agenzia, dinanzi al Tribunale civile di Paola, nonché con un contenzioso tributario, ancora pendente, in Cassazione, al momento dell'espressione del parere.
Sempre in tema di competenza a rilevare il relativo elemento ostativo, è evidente che tale atto era conosciuto dalla sola Agenzia del Demanio che quindi, unica, avrebbe potuto rilevarlo, essendo controparte dei suddetti processi. Nessun altro ente, in tesi, ne poteva essere a conoscenza, dunque non si vede chi altri avrebbe potuto (e dovuto) sollevare la relativa questione.
Infine, anche a prescindere dall'esito di quei contenziosi, non pare esorbitare dalle competenze di quest'ultima una valutazione che, nel decidere se potesse o meno essere rilasciato alla richiedente un atto obiettivamente di favore, quale quello consistente nella sdemanializzazione di un bene già concessogli, sul quale, per di più, insiste una sua proprietà, ritenga essere ulteriore elemento ostativo la pendenza di più controversie, tutte relative a quell'area, occasionate da un comportamento illecito del dante causa della richiedente, legato a quest'ultima da un rapporto di stretta parentela.
A tacer d'altro, l'accoglimento della istanza, ripetesi atto favorevole alla medesima, le avrebbe dato un vantaggio, frutto di un comportamento illecito del quale, seppur ascrivibile ad altri, ella era pienamente consapevole e da cui aveva già tratto profitto, avendo abitato nella costruzione realizzata in contrasto con la causa della concessione.
Anche in questo caso - aggiungasi - difficilmente potrebbe sostenersi che la ponderazione del suddetto elemento fuoriuscisse dalle competenze istituzionali di un ente che, come più volte ricordato ha, quale mission, la presa in carico, intesa in senso complessivo, dei beni immobili in proprietà pubblica.
Quanto precede esclude, conclusivamente, che l'Agenzia, nell'esprimere detto parere, abbia esorbitato dall'ambito delle sue competenze.
4.4.5. Né vale obiettare che, in presenza delle condizioni di cui alla Circolare dell'Agenzia n.4706 del 2013, dettata in tema di semplificazione del procedimento di sdemanializzazione, quest'ultima sarebbe stata obbligata ad esprimere parere favorevole,
Innanzitutto si osserva che non tutte le condizioni previste dalla circolare erano presenti: certamente mancava la piena prova della perdita nell'area delle caratteristiche del demanio marittimo, né era accertata, per quanto osservato, la regolarità della linea dividente demaniale, e tanto meno è vero che mancassero azioni giudiziarie da parte dell'utilizzatore, che invece erano pendenti, come visto.
In secondo luogo e comunque, perché, almeno la prima condizione ostativa- con tutti gli annessi e le considerazioni esperite in proposito nei paragrafi che precedono- consentivano alla valutazione discrezionale dell'Agenzia di discostarsi da quei parametri, e dunque di esprimere, a prescindere da questi, un parere negativo sulla sdemanializzazione.
In altre parole, l'eccezionale gravità della situazione, per come sopra ricostruita, consentiva all'Agenzia di non procedere ad una meccanica applicazione delle linee-guida, discostandosene per quanto necessario.
4.4.5. La parte appellata obietta ancora, a confutazione della correttezza, nel merito, del parere espresso dall'Agenzia, che gli altri enti intervenuti dal procedimento, con argomenti ben più significativi di quelli addotti da questa, avevano espresso parere favorevole alla sdemanializzazione, in particolare si sarebbero positivamente pronunciati la Capitaneria di Porto di Vibo Valentia, il Provveditorato alle Opere pubbliche della Sicilia e della Calabria e lo stesso Comune di Praia a Mare.
Anche questa obiezione è infondata.
Sin dagli inizi della sua partecipazione al procedimento, la Capitaneria di Porto ha tenuto una posizione interlocutoria, essendosi favorevolmente espresso per l'avvio della procedura di sdemanializzazione, ma non dichiaratamente per l'accoglimento della richiesta. D'altro canto lo stesso ente ha chiesto al Comune di Praia di ricostruire la situazione urbanistica dell'area, recuperando la necessaria documentazione per consentirgli di esercitare le dovute valutazioni, il che dimostra che residuavano ancora delle incertezze.
Per il resto, la Capitaneria si è limitata a precisare, che, a suo avviso, non sarebbe stato necessario estendere la sdemanializzazione anche ad altre aree, diverse da quelle oggetto in concessione.
Quanto al Provveditorato alle Opere Pubbliche vi è effettivamente traccia, negli atti impugnati, di un parere favorevole alla sdemanializzazione, tuttavia, considerate le sue limitate competenze in subiecta materia, non sembra aver svolto un intervento significativo, considerato anche che la posizione assenziente non risulta particolarmente motivata.
Quanto, infine, al Comune di Praia a Mare, questo ente ha addirittura ordinato alla parte appellata di sgomberare l'area, dunque ha tenuto un comportamento contrario, e non favorevole, alla sdemanializzazione.
4.4.6. A tutto concedere, gli elementi opposti all'accoglimento della richiesta da parte dell'Agenzia, per come passati in rassegna, erano certamente più probanti, in termini sfavorevoli alla parte appellata, di quelli emergenti dai suddetti pareri favorevoli o parzialmente favorevoli, il che induce comunque a ritenere la fondatezza della posizione espressa da quest'ultima.
5. Quanto precede fa conseguentemente ritenere che i provvedimenti finali impugnati, emessi dal MIT, riportandosi per relationem al parere reso da quest'autorità e così negando la sdemanializzazione, si devono ritenere correttamente e congruamente motivati, e dunque immuni dai vizi di illegittimità dedotti con il ricorso introduttivo del giudizio.
6. Va ancora ricordato che la parte appellata, al III paragrafo della memoria versata nel presente giudizio, ha richiamato il motivo, da lei formalmente dedotto in primo grado, col quale faceva valere la violazione, da parte dell'amministrazione appellante, dell'art.10 bis della L. n. 241 del 1990, perché il diniego della sdemanializzazione non sarebbe stato preceduto dal preavviso di rigetto. Motivo che è stato ritenuto assorbito dal giudice di prime cure che ha accolto il primo motivo di ricorso.
La doglianza non è stata tuttavia oggetto di una specifica impugnazione mediante la proposizione di apposito motivo contenuto in formale appello incidentale, ma neppure riproposto, con memoria, nei termini di legge di sessanta giorni dalla notifica dell'appello (l'appellata si è costituita con atto di mero stile, ed ha poi depositato la propria memoria soltanto nel 2023) e pertanto, ai sensi del comma 2 dell'art. 101 c.p.a. - come da avviso reso all'odierna udienza alle parti, ai sensi dell'art. 73 c.p.a. - deve intendersi rinunciata e comunque tardiva, con conseguente preclusione per il Collegio a valutarla, e declaratoria di inammissibilità;
7. Conclusivamente questi motivi inducono all'accoglimento dell'appello. Le spese del doppio grado conseguono alla soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto in riforma della sentenza di primo grado, respinge il ricorso di prime cure, con salvezza degli atti impugnati.
Condanna la parte appellata al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio in favore della parte appellata, che si liquidano in complessivi euro 5000,00 (eurocinquemila,00), di cui euro 1500,00 (euromillecinquecento,00) per il primo grado, ed euro 3500,00 (eurotremilacinquecento,00) per il secondo grado, oltre oneri accessori, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Conclusione
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2023 con l'intervento dei magistrati:
Fabio Taormina, Presidente
Massimiliano Noccelli, Consigliere
Daniela Di Carlo, Consigliere
Sergio Zeuli, Consigliere, Estensore
Pietro De Berardinis, Consigliere