Consenso all'uso dei cookie

Tu sei qui

Permesso costruire: silenzio assenso

Privato
Lunedì, 18 Dicembre, 2023 - 11:45

Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), sentenza n. 1383 del 30 novembre 2023, sul silenzio assenso permesso costruire

MASSIMA

Anche ove l’attività oggetto del provvedimento di cui si chiede l'adozione non sia conforme alle norme, si rende comunque configurabile la formazione del silenzio assenso.

SENTENZA

N. 10383/2023REG.PROV.COLL.

N. 03992/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3992 del 2023, proposto da
OMISSIS, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Alberto Luppi e Francesco Luppi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Regione Lombardia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Antonella Forloni e Sabrina Gallonetto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Stefano Gattamelata in Roma, via di Monte Fiore n. 22;
Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale Brescia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Comune di Lonato del Garda, non costituito in giudizio;

per la riforma

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) n. 116/2023, resa tra le parti, per l’annullamento:

- del decreto di Regione Lombardia, Direzione Generale agricoltura, alimentazione e sistemi verdi, n. 4364 del 31/03/2022, di diniego del certificato di connessione per l'avvio di attività agrituristica;

- dell'art. 6 del Reg. reg. Lombardia 24/07/2020, n. 5;

nonché, ove occorra:

- la comunicazione prot. M1.2021.0167679 del 31/8/2021, della Regione Lombardia, Direzione Generale Agricoltura, alimentazione e sistemi verdi, programmazione comunitaria e sviluppo rurale, agricoltura, foreste caccia e pesca – Brescia;

- la comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza, della Regione Lombardia, Direzione Generale Agricoltura, alimentazione e sistemi verdi, programmazione comunitaria e sviluppo rurale, agricoltura, foreste caccia e pesca – Brescia;

- il diniego di esercizio del potere sostitutivo 9/3/2022;

- la comunicazione 12.5.2022 della Regione Lombardia;

e per l’accertamento:

- della formazione di un provvedimento tacito favorevole sull'istanza di connessione presentata dalla ricorrente in data 15/7/2021, n 202101989350;

- della tardività e inefficacia del decreto di Regione Lombardia, Direzione Generale agricoltura, alimentazione e sistemi verdi, n. 4364 del 31/03/2022 e del diniego di esercizio del potere sostitutivo 9/3/2022;

in via subordinata:

- per l’accertamento della fondatezza della pretesa dedotta in giudizio, condannando l'amministrazione al rilascio del certificato di connessione richiesto;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lombardia e dell’Agenzia delle Entrate;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 novembre 2023 il Cons. Thomas Mathà e uditi per le parti gli avvocati Francesco Luppi e Antonella Forloni, anche in delega dell'avvocato Sabrina Gallonetto;

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Il 15 luglio 2021 la signora OMISSIS, imprenditrice agricola, presentava alla Regione Lombardia una domanda per il rilascio di un certificato di connessione con l’attività agricola per poter avviare nel suo immobile situato nel Comune di Lonato del Garda (censito in catasto al foglio 19 mappale 514) l’attività agrituristica.

2. La legge regionale della Lombardia n. 31 del 2008 prevede all’articolo 152 (Requisiti per lo svolgimento di attività agrituristiche) infatti che:

“1. Gli imprenditori agricoli che intendono svolgere attività agrituristiche si dotano di una certificazione comprovante la connessione dell'attività agrituristica rispetto a quella agricola che rimane prevalente e frequentano un apposito corso di formazione istituito o riconosciuto dalla Regione in esito al quale è rilasciato un attestato di partecipazione. 2. La certificazione di cui al comma 1 è rilasciata dalla Provincia di Sondrio per il relativo territorio e dalla Regione per la restante parte del territorio in base ai criteri definiti nel regolamento di cui all'articolo 163. 3. La prevalenza dell'attività agricola si realizza quando il tempo impiegato per lo svolgimento dell'attività agrituristica nel corso dell'anno solare è inferiore al tempo impiegato nell'attività agricola nel medesimo periodo.”

3. Il regolamento di attuazione della predetta legge regionale (regolamento regionale 24 luglio 2020, n. 5) dispone (ratione temporis vigente) all’art. 3 che:

“1. Il rilascio del certificato attestante il rapporto di connessione dell'attività agrituristica rispetto a quella agricola è conseguente ad un'istanza presentata dal titolare o legale rappresentante dell'azienda attraverso la piattaforma informatica SIS.CO alla competente struttura della Regione o della Provincia di Sondrio nel cui territorio è ubicato il fabbricato da destinare ad uso agrituristico. 2. L'istanza di cui al comma 1 deve contenere:

a) la dimostrazione analitica che il tempo di lavoro necessario per l'esercizio delle attività agricole è prevalente rispetto a quello necessario per l'esercizio delle attività agrituristiche calcolato applicando i parametri relativi al fabbisogno di manodopera per ciascuna delle diverse attività agricole, quali ad esempio coltivazioni ed allevamenti, e per ciascuna delle diverse attività agrituristiche, specificati in apposito decreto dirigenziale;

b) l'indicazione puntuale delle attività agrituristiche offerte dall'azienda e della capacità agrituristica massima;

c) l'indicazione puntuale dei fabbricati rurali nella disponibilità dell'azienda che si intendono destinare all'attività agrituristica, compresa l'eventuale abitazione dell'imprenditore;

d) l'indicazione puntuale delle produzioni agroalimentari in essere al momento della presentazione dell'istanza che l'azienda può destinare all'attività di somministrazione di pasti e bevande o di degustazione;

e) una relazione tecnica esplicativa dell'attività agricola svolta e dell'attività agrituristica che si intende svolgere;

f) le visure catastali da cui risulti il requisito di ruralità dei fabbricati; g) la planimetria catastale o l'estratto di mappa dei fabbricati da destinare all'attività agrituristica con la descrizione dell'uso degli spazi;

h) due marche da bollo. 3. I dati relativi all'attività agricola contenuti nella relazione tecnica di cui al comma 2, lettera e), e i dati relativi ai fabbricati rurali devono corrispondere a quanto riportato nel fascicolo aziendale registrato nel sistema informativo regionale.

4. L'istruttoria si conclude con l'adozione, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento dell'istanza, di un decreto dirigenziale che deve essere trasmesso all'azienda e al SUAP del comune in cui l'azienda stessa ha sede. I termini dell'istruttoria si riducono a quindici giorni dal ricevimento dell'istanza se il rilascio di un nuovo certificato è motivato da variazioni della superficie aziendale dovute ad esproprio per pubblica utilità o da variazioni dovute ad altre cause di forza maggiore. In caso di esito negativo, l'istruttoria si conclude con un motivato diniego.

5. Il certificato non ha limiti di durata, fatti salvi eventuali aggiornamenti dovuti a cambiamenti dell'assetto aziendale che rilevano ai fini della prevalenza dell'attività agricola su quella agrituristica o a modifiche dell'offerta agrituristica stessa. Tuttavia, perde validità nel caso in cui, entro tre anni dal rilascio, non venga presentata una SCIA per l'avvio dell'attività agrituristica. Perde inoltre validità in caso di accertamento da parte della competente struttura della Regione o della Provincia di Sondrio del venir meno dei presupposti in base ai quali è stato rilasciato. In caso di morte del titolare o di mutamento di conduzione si applica quanto previsto dall'articolo 10.

6. La Regione e la Provincia di Sondrio per il relativo territorio, ogni qualvolta lo ritengano opportuno o su segnalazione motivata, verificano la sussistenza del rapporto di connessione per ciascuna azienda agrituristica, anche avvalendosi del sistema informativo. L'esito della verifica è inviato all'interessato e al SUAP del comune competente.

7. I certificati di connessione sono raccolti nella piattaforma informatica SIS.CO.”

4. Avviata l’istruttoria in questo procedimento amministrativo, la Regione Lombardia effettuava un sopralluogo il 4 agosto 2021. Successivamente inviava il 31 agosto 2021 all’Ufficio di Territorio di Brescia dell’Agenzia delle Entrate una nota con la quale comunicava l’avvio di opere di ristrutturazione che ad avviso della Regione potevano compromettere il requisito di ruralità del bene. Seguiva da parte della Regione anche una lettera in pari data al Comune di Lonato del Garda per la verifica del titolo edilizio sotteso alle opere di ristrutturazione

5. L’Agenzia delle Entrate, previa istruttoria, condividendo i dubbi della Regione, annullava in seguito l’accatastamento precedente in autotutela con il risultato che le categorie catastali cambiavano da C/2 a F/3 e veniva quindi meno la qualifica di ruralità del bene ai fini fiscali. L’atto veniva notificato alla signora OMISSIS chi il 21.3.2022.

6. A prosieguo, previa comunicazione dei motivi ostativi ai sensi dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990, la Regione Lombardia rigettava la richiesta della signora OMISSIS con decreto del 31 marzo 2022, n. 4364, motivando che “in base alle valutazioni di competenza svolte dagli Enti interpellati, hanno determinato la modifica dei presupposti per la reclamata conclusione positiva del procedimento vanificando di conseguenza gli effetti eventualmente prodottisi. Le valutazioni tardivamente prodotte dai suddetti Enti sono di fatto risultate determinanti per Regione per definire l’esito dell’istruttoria di competenza. La sussistenza della destinazione agricola del fabbricato viene contestata in quanto, all’atto del sopralluogo effettuato, lo stesso era interessato da consistenti interventi di ristrutturazione, documentati attraverso rilievi fotografici, che il Comune di Lonato del Garda ha ritenuto anche a seguito di proprio sopralluogo difformi rispetto alla Pratica Edilizia agricola che era stata rilasciata per la realizzazione di un deposito; per il fabbricato è inoltre venuto meno anche il requisito di ruralità che è stato revocato in autotutela da Agenzia delle Entrate sulla base dei medesimi rilievi fotografici forniti e delle valutazioni di specifica competenza in capo a tale ente.”

7. Di tale provvedimento la signora OMISSIS ha chiesto l’annullamento al TAR per la Lombardia alla stregua di quattro motivi di censura.

7.1 Con il primo ha dedotto la formazione del silenzio assenso, in data anteriore ai provvedimenti dell’Agenzia delle Entrate e della Regione, di un provvedimento tacito favorevole sull’istanza presentata, con inefficacia degli atti tardivi.

7.2 Con il secondo motivo la ricorrente evidenziava il possesso di tutti i requisiti di ruralità (sia alla data della domanda del certificato di connessione sia alla data del diniego impugnato).

7.3 Con la terza doglianza veniva censurata la violazione della disciplina dell’attività agricola e dell’agriturismo, rilevando che l’avvio dell’attività sarebbe subordinato al solo requisito della prevalenza del lavoro agricolo, mentre sarebbe irrilevante l’accatastamento degli edifici. In via subordinata veniva eccepito l’illegittimità dell’art. 6 del regolamento regionale n. 5/2020.

7.4 Con l’ultima censura si lamentava la violazione della normativa liberalizzatrice di cui ai decreti legge n. 138/2011, n. 201/2011 e n. 1/2012, intervenuti in tema di concorrenza e livelli essenziali delle prestazioni.

8. La Regione Lombardia e l’Agenzia delle Entrate, costituendosi in giudizio, avevano contestato la fondatezza dei motivi di censura, insistendo per la legittimità del provvedimento di rigetto.

9. L’incidentale domanda cautelare in primo grado veniva respinto dal TAR della Lombardia con ordinanza n. 448/2022, che la Terza Sezione di questo Consiglio di Stato ha invece riformato con l’ordinanza n. 4671 del 23.9.2022, accogliendola, e ritenendo in particolare che “le questioni inerenti alla legittimità del contestato diniego meritano un necessario approfondimento nella sede di merito, avuto riguardo anche alla complessità della vicenda – ora portata alla cognizione anche del giudice tributario – inerente all’accatastamento del fabbricato, ove si sono svolti i contestati lavori di ristrutturazione, e in particolare al dibattuto requisito della ruralità, che deve necessariamente sussistere alla data di presentazione dell’accatastamento, ferma comunque rimando la destinazione dell’immobile, in prevalenza, all’attività agricola.”

10. Con la sentenza n. 116 del 7 febbraio 2023 l’adito Tribunale amministrativo regionale ha respinto il ricorso, ritenendo infondati i motivi del ricorso. Secondo il giudice di prime cure infatti erano decorsi i termini del procedimento, ma non era necessario che la Regione agisse in autotutela sul provvedimento tacito formatosi. Per il resto il TAR considerava che la ruralità avrebbe dovuto essere confermata dall’Agenzia delle Entrate ed il provvedimento di autotutela di questa avrebbe determinato il venir meno, con efficacia retroattiva, del requisito di ruralità.

11. Avverso tale sentenza ha proposto appello la signora Alessia Bedoschi, lamentandone l’erroneità alla stregua di cinque articolati motivi di gravame, con cui ha dedotto violazione e falsa applicazione di norme di diritto, travisamento dei fatti, carenza, erroneità e illogicità della motivazione. In particolare l’appellante ha sostenuto che:

i) quanto al primo motivo, che il tribunale avrebbe erroneamente deciso che l’annullamento in autotutela del provvedimento favorevole dell’Agenzia delle Entrate aveva determinato ex post uno scollamento tra quanto dichiarato e la realtà fattuale, che costituiva quindi una falsa rappresentazione ostativa al perfezionamento del titolo per silenzio assenso e che la Regione avrebbe l’onere di esercitare il potere di riesame (stante il potere di agire in autotutela ai sensi dell’art. 21-nonies, comma 2-bis della legge n. 241/1990 e il correlato principio di non aggravamento del procedimento amministrativo). L’appellante motiva tale erroneità con il diverso contenuto del provvedimento impugnato;

ii) le risultanze istruttorie successive sarebbero inidonee ed irrilevanti ad impedire la formazione del provvedimento favorevole. L’amministrazione avrebbe potuto agire in autotutela, ma solamente se un provvedimento fosse esistito e solo se fosse stato illegittimo, ma entrambi i profili non sarebbero ormai sussistenti nel caso di specie, pertanto la motivazione del TAR sarebbe contraddittoria (sia per la violazione del principio tempus regit actum, sia per l’intervenuta autotutela dell’Agenzia delle Entrate). L’appellante deduce invece che tutti i requisiti di ruralità richiesti dalla legge sarebbero stati presenti anche in tale momento. Inoltre la sentenza sul punto sarebbe contraria al principio di legalità, specialità e tassatività del potere;

iii) la sentenza sarebbe anche errata in quanto avrebbe trattato unitariamente aspetti che attengono alla disciplina catastale e a quella agrituristica, ma senza l’indicazione da quale norma discenda la decisione presa, non illustrando quali siano gli elementi di ruralità mancanti per ottenere il certificato di connessione. Ad avviso dell’appellante invece la norma prevedrebbe che l’edificio da destinare all’agriturismo possa essere dismesso e non più impiegato a condizione che l'utilizzo a fini agrituristici di tali fabbricati non comprometta l'esercizio dell'attività agricola. Il TAR sarebbe incorso nell’errore di considerare che la ruralità di un fabbricato dipende dal suo perdurante uso agricolo. Invece l’intervenuta pronuncia del Giudice Tributario con la sentenza n. 106/2023, che ha annullato il provvedimento di autotutela e la rettifica catastale dell’Agenzia delle Entrate, posti a base del provvedimento impugnato, avrebbe chiarito l’irrilevanza, sotto il profilo catastale, degli interventi avviati successivamente al deposito del modello DOCFA. Alla data di accatastamento, a quella della presentazione della domanda di connessione ed alla data di perfezionamento del provvedimento per silenzio assenso il fabbricato avrebbe posseduto sia sotto il profilo formale oltre a quello sostanziale il requisito di ruralità. Il TAR non avrebbe esaminato su tale punti l’originaria censura di primo grado, con la quale si deduceva la perdurante possibilità di utilizzo agricolo della restante parte del fabbricato;

iv) il TAR avrebbe poi esaminato solo parzialmente i motivi proposti in primo grado, senza la valutazione della legittimità della disciplina presupposta, con contestuale riproposizione in sede di appello. Secondo l’appellante il regolamento regionale sarebbe illegittimo:

- per la violazione della normativa statale e regionale in quanto farebbe dipendere il rilascio del certificato di connessione dalla conferma dell’Agenzia delle Entrate, non previsto dalla normativa (che prevedrebbe solamente il parametro del tempo del lavoro impiegato);

- qualora lo si dovesse interpretare come limitativo della possibilità di utilizzo dei fabbricati rurali per l’esercizio dell’attività agrituristica;

- qualora si ritenesse che l’esercizio dell’attività dipendesse da un requisito catastale, dettato per finalità di imposizione fiscale del reddito immobiliare (illegittimo in quanto contrasterebbe con una serie di norme europee e statali chiaramente liberalizzatrici);

v) la sentenza sarebbe infine anche erronea laddove ha rigettato il quarto motivo del gravame di primo grado, ma senza realmente esaminarlo: sarebbe evidente l’illegittimità comunitaria e costituzionale della normativa regionale che, in contrasto alle norme sui livelli essenziali delle prestazioni, sulla concorrenza e sulla libertà di iniziativa economica avrebbe introdotto un regime di autorizzazione, per l’avvio della sola attività agricola, volto ad aggirare il regime di segnalazione imposto con normativa statale, adottata in attuazione della direttiva 2006/123/CE, nonché il sistema di semplificazione delle autocertificazioni).

12. Si è costituita in giudizio la Regione Lombardia, che ha contestato la fondatezza dell’appello.

13. Anche l’Agenzia delle Entrate si è costituita nel processo per resistere all’appello, spiegando comunque il difetto di legittimazione passiva dell’Agenzia.

14. Con ordinanza cautelare n. 2358 del 9.6.2023 la Sezione ha accolto la domanda di sospensione dell’efficacia della sentenza gravata ai fini della sollecita definizione del merito della causa ai sensi dell’art. 55 co. 10 cod. proc. amm.

15. Nell’imminenza dell’udienza pubblica l’appellante e la Regione Lombardia hanno prodotto memorie, insistendo sulle proprie tesi difensive.

16. All’udienza pubblica del 23 novembre 2023 l’appello è stato trattenuto in decisione.

17. Preliminarmente va respinta l’eccezione di legittimazione passiva dell’Agenzia delle Entrate, essendo invece evidente il suo ruolo non marginale (anche se non esclusivo) negli accertamenti che ha portato la Regione all’adozione del provvedimento impugnato. In più, essendo stata l’Agenzia anche parte nel giudizio di primo grado, ad avviso del Collegio non c’è ragione per una statuizione di estromissione. Rimane fermo il ruolo dell’Agenzia, stante il suo contributo nella procedura, in più l’atto dell’ente è stato specificamente censurato in appello. La richiesta va quindi rigettata.

18. L’appello è fondato.

19. Assume rilievo dirimente ed assorbente per la risoluzione di questa controversia la questione sull’istituto del silenzio-assenso, che ad avviso del Collegio è da considerare diversamente dal primo giudice.

20. Come ricostruito supra (punti 1-5), dall’esame dell’iter procedurale emerge chiaramente che l’amministrazione regionale non ha definito nei tempi previsti dalla norma legislativa il procedimento amministrativo, ma ha rigettato la domanda oltre sei mesi dopo l’istanza del privato. Non sono condivisibili i ragionamenti del TAR laddove ha ritenuto che la formazione del silenzio-assenso non sarebbe avvenuto stante il verificarsi di false rappresentazioni da parte dell’istante. Secondo il giudice bresciano:

- a seguito del sopralluogo era chiaro che lo stato del fabbricato si presentava in condizioni diverse dalla sua dichiarata destinazione come deposito/magazzino e doveva investire l’Agenzia delle Entrate al fine di consentire di verificare la correttezza dell’accatastamento;

- in tale situazione, avendo l’amministrazione comunque il potere di agire in autotutela ai sensi dell’art. 21 nonies, comma 2-bis, della legge n. 241/1990, sarebbe contrario al principio di non aggravamento del procedimento ritenere che dovesse, effettivamente, esercitare il potere di riesame.

21. Tale conclusione non è convincente.

22. Occorre rilevare che il silenzio assenso è un principio generale posto a presidio della celerità dell’azione ammnistrativa, nonché della semplificazione e della certezza dei rapporti con i cittadini, principio che in ultima analisi risponde a quello di buon andamento previsto dall’art. 97 della Costituzione. Una volta acclarato detto principio la questione verte sul valore del silenzio. Al riguardo va richiamata quella giurisprudenza della Sezione (Cons. Stato, sez. VI, 8 luglio 2022, n. 5746), pienamente condivisa dal Collegio, la quale ritiene che anche ove l’attività oggetto del provvedimento di cui si chiede l'adozione non sia conforme alle norme, si rende comunque configurabile la formazione del silenzio assenso. Ciò, si ritiene confermato da puntuali ed univoci indici normativi con il quali il legislatore ha inteso chiaramente sconfessare la tesi secondo cui la possibilità di conseguire il silenzio-assenso sarebbe legata, non solo al decorso del termine, ma anche alla ricorrenza di tutti gli elementi richiesti dalla legge per il rilascio del titolo abilitativo: in tal senso si fa richiamo tra l’altro per la parte di interesse ai fini della questione in esame alla espressa previsione della annullabilità d'ufficio di cui all’art. 21 nonies l. 241/1990 anche nel caso in cui il “provvedimento si sia formato ai sensi dell'art. 20”, presuppone evidentemente che la violazione di legge non incide sul perfezionamento della fattispecie, bensì rileva (secondo i canoni generali) in termini di illegittimità dell'atto. Nella situazione di attuale interesse al fine di dare un senso alla previsione normativa in forza della quale opera il silenzio – come manifestazione della volontà della Amministrazione – è necessaria una sua applicazione che sia il più possibile scevra da ulteriori filtri applicativi onde evitarne una neutralizzazione nei fatti. Non si tratta quindi di valutare se la domanda, in astratto sia assentibile in quanto in possesso di tutti i requisiti ma piuttosto se la domanda possiede quel minimum di elementi essenziali per il suo esame e non rappresenti erroneamente i fatti.

In tali condizioni è l’amministrazione che deve svolgere il procedimento nei tempi prefissati dalla legge pena la formazione del silenzio. Diversamente opinando, la mancata applicazione della disciplina sul silenzio in considerazione della frapposizione per tale via di un “filtro” – non legislativamente previsto – comporterebbe la neutralizzazione della forza della disposizione sul silenzio, posta a garanzia dei cittadini, ed il conseguente spostamento in sede giurisdizionale della valutazione circa la congruità dell’istanza. Né – in una ottica di bilanciamento degli interessi in gioco – l’amministrazione rimane priva di possibilità di agire stante il potere di annullamento d’ufficio a fronte del formarsi del silenzio a causa dell’inadempimento a provvedere nei termini (ex multis Cons. Stato, sez. IV, n. 8156/2023).

23. Alla luce di questi canoni ermeneutici non è logico, nel caso di specie, ritenere che il silenzio assenso non si sarebbe formato in base alla dichiarazione “falsa”, rivelatasi per effetto di un successivo annullamento retroattivo di un provvedimento favorevole da parte di un’amministrazione (l’Agenzia delle entrate) diversa da quella procedente . Come è già stato rilevato correttamente nell’ordinanza richiamata n. 4671/2022, la ruralità ed il relativo accatastamento del fabbricato devono necessariamente sussistere alla data di presentazione dell’accatastamento, ferma la destinazione (rurale) dell’immobile, in prevalenza, all’attività agricola.

24. Orbene, non è discusso che tali requisiti erano presenti sia al momento della presentazione della domanda, ma anche, spirati i 60 giorni, successivamente. Il TAR ha ritenuto che i canoni di leale collaborazione tra enti pubblici derivanti dall’atto di variazione dell’accatastamento rurale in sé concretizzino la motivazione corretta per superare il silenzio assenso già formato e ritenere verificatosi un fatto ostativo alla sua formazione in modo retroattivo .

Tale evenienza è un mero fatto una volta maturato il silenzio assenso insufficiente per legittimare l’abbandono di tale importante istituto di semplificazione che il legislatore ha disposto.

Nè esiste alcuna previsione espressa in materia, non essendo stato per nulla previsto dalla norma, che l’annullamento in sede di autotutela da parte di diversa amministrazione o l’adozione di un atto successivo alla formazione di un silenzio assenso consenta di superarlo senza esercitare l’autotutela.

In casi come quello in discussione deve ritenersi necessario l’intervento successivo in sede di autotutela da parte dell’amministrazione nei confronti della quale si era formato il silenzio assenso.

25. Giova ricordare che l’art. 21-nonies, comma 2-bis prevede che “i provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall'amministrazione anche dopo la scadenza del termine di dodici mesi di cui al comma 1, fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.” Ciò non è possibile accertare in questo giudizio, atteso che la motivazione contenuta nel provvedimento impugnato ha un altro e diverso contenuto decisorio e la ruralità ed il relativo accatastamento non sono il risultato di rappresentazioni o autocertificazioni, ma un provvedimento da parte dell’Agenzia delle Entrate (revocato successivamente, ma tale atto veniva annullato dal Giudice tributario).

26. Come è noto, solo la radicale esorbitanza della domanda dal modello legale impedisce la formazione del silenzio assenso, ma nel caso di specie è stato dimostrato che: i) l’istante era coltivatrice diretta; ii) possedeva i requisiti dell’imprenditore agricolo; iii) l’immobile ricade in zona agricola; iv) lo strumento urbanistico consentiva sia l’attività agricola che quella agrituristica.

27. Erra il TAR laddove esclude la formazione del silenzio assenso per “fatto proprio dell’istante stesso, alla reale dimensione fenomenica” atteso che una volta accertata la mancanza di un requisito la Regione avrebbe dovuto concludere il procedimento e procedere al diniego. La sentenza è dunque contraddittoria laddove ritiene che l’amministrazione aveva riscontrato il fatto e non avrebbe potuto far altro che investire l’Agenzia delle Entrate con il riesame di esso.

28. Omette, infatti, il TAR di considerare che l’accatastamento in contestazione era frutto di un avviso di accertamento e non di un’autodichiarazione. Dall’esame dei documenti e delle fotografie depositate sia dall’Agenzia delle Entrate che dal ricorrente in primo grado, sostanzialmente coincidenti, emerge che i fatti rappresentati erano veritieri: è indubbia l’esistenza del compendio agricolo e la possibilità concreta del suo utilizzo come deposito di attrezzi agricoli. L’esecuzione di opere di riparazione o manutenzione all’attualità – dopo il ripensamento dell’Agenzia delle Entrate- non incidono neppure sul classamento. Ad avviso del Collegio in ogni caso non si può parlare di non aggravamento del procedimento nel caso dell’autotutela ex art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990: il procedimento si era già chiuso, stante l’inerzia dell’amministrazione poteva solo essere oggetto di un riesame nei tempi previsti dal medesimo in difetto dell’ipotesi di falsa rappresentazione della realtà.

29. Non rientra nella cornice tipizzata dal procedimento amministrativo la facoltà di chiedere, una volta siano trascorsi i termini, il riesame della conferma della ruralità del fabbricato, ai fini del superamento del silenzio assenso: l’amministrazione avrebbe potuto accertare prima tale criticità dell’accatastamento o agire, dopo lo spirare dei termini, in autotutela.

Fino alla data di chiusura del procedimento il requisito richiesto dalla norma è senz’altro da accertarsi. L’art. 2 comma 8-bis della legge n. 241/1990 esclude che si giunga, per tale via, a vanificare gli effetti del silenzio assenso, prevedendo l’automatica inefficacia dei “provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti”, ovvero dei poteri di inibitoria richiamati dal TAR, ricordando, invece, alle amministrazioni che, se del caso, resta fermo, “quanto previsto dall'articolo 21-nonies, ove ne ricorrano i presupposti e le condizioni”. Pertanto è evidente il perfezionamento dell’istanza presentata per silenzio assenso e l’illegittimità e inefficacia del tardivo diniego emesso ed in mancanza di esercizio dei poteri di autotutela.

30. Se l’efficacia ex tunc dell’autotutela da parte dell’Agenzia delle Entrate incidesse automaticamente sull’esito di un procedimento già chiuso, senza necessità di agire in riesame, sarebbe poi paradossale non riconoscere all’annullamento giurisdizionale, con pari effetto ex tunc, di detto provvedimento ad opera del Giudice Tributario, la capacità di ripristinare lo status quo alla data di formazione del silenzio assenso.

Basta questo a dimostrare la fondatezza dell’istanza di connessione, il possesso dell’unico requisito contestato e l’insussistenza di alcun ostacolo alla conclusione tacita del procedimento.

31. Assume rilievo dirimente anche la decisione della Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Brescia, sez. 1, n. 106/2023, che rileva che “L’esistenza dell’immobile, nonché la sua natura agricola, è avvalorata dal Comune di Lonato che con nota del 16.12.2020 ha dichiarato “dell’immobile già esistente in via Mancino” così pure che i terreni ed il fabbricato ricadevano in “zona AAS - aree agricole di salvaguardia del piano di governo del territorio vigente”, con destinazione agricola “mutamento di destinazione d’uso, senza opere, da produttivo ad agricolo di fabbricato esistente”. Conferma quanto sopra le molteplici fotografie prodotte dalla ricorrente e la relazione del Geom. Claudio Brignoli del 04.11.2022, con la quale ha dichiarato che nel “novembre del 2020, propedeutici alla presentazione della richiesta di variazione catastale dell’immobile in oggetto indicato, ho potuto constatare l’utilizzo dello stabile in oggetto come deposito per finalità agricole, in particolare come deposito di mezzi ed attrezzi agricoli (foto nr. 1-2-3), come deposito di materiale necessario all’attività agricola (concime/semenza) (foto nr. 4) e deposito di legna proveniente dal fondo agricolo (foto nr. 5). Il terreno come da me appurato (foto nr. 6) risultava in fase di lavorazione (aratura) per il successivo impianto della lavanda e la messa a dimora di piante da frutto, già presenti nell’area del compendio (foto nr. 7).” La nota e la relazione su richiamate non sono state specificatamente contestate dalla resistente, fanno stato ex art. 115 cpc, e, unitamente alle fotografie ed al preliminare d’acquisto, con precedente possesso da parte della promissaria acquirente, avvenuto prima del formale atto di compravendita, dimostrano che alla data di presentazione del Docfa, il 2.12.2020, il fabbricato aveva le caratteristiche di deposito agricolo ed era utilizzato quale magazzino e deposito di attrezzature agricole da parte della ricorrente che già svolgeva attività agricola, avendo pure i requisiti soggettivi di imprenditore agricolo. (…) Il ricorso va comunque accolto pure per difetto di motivazione, perchè l’avviso di accertamento non indica in cosa sia consistito l’errore evidente e l’errore materiale commesso dal professionista.”

32. Ad abundantiam si aggiunge che per quanto riguarda il rilievo urbanistico-edilizio della Regione, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera c), del D.P.R. 380 del 2001, sono interventi di restauro e di risanamento conservativo “gli interventi edilizi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano anche il mutamento delle destinazioni d'uso purché con tali elementi compatibili, nonché conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai relativi piani attuativi. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio”.

33. La tesi della Regione (avallata dal TAR) secondo cui l’impossibilità parziale di utilizzo del bene durante i lavori di ristrutturazione farebbe perdere i requisiti di ruralità, non può essere basata su considerazioni edilizie o urbanistiche.

34. Ma l’intervento contestato nel provvedimento gravato consentiva anche un eventuale mutamento di destinazioni d’uso. In base all’art. 154, comma 1, della legge regionale n. 31 del 2008, più volte citata, “possono essere utilizzati per attività agrituristiche tutti gli edifici in possesso del requisito di ruralità rilevante ai fini fiscali, già esistenti da almeno tre anni, a condizione che la loro destinazione all'attività agrituristica non comprometta l'esercizio dell'attività”. Il successivo comma 2 prevede: “gli edifici rurali di cui al comma 1 sono compatibili con ogni destinazione d’uso prevista dagli strumenti urbanistici comunali e sovracomunali”. Ai sensi del comma 3 “il riuso degli immobili rurali destinati ad agriturismo, anche distaccati, può avvenire attraverso interventi di ristrutturazione edilizia, di restauro e risanamento conservativo e attraverso ampliamenti necessari all'adeguamento igienico-sanitario e tecnologico”.

35. La ratio della norma era dunque proprio quella di consentire il riutilizzo di immobili originariamente destinati all’attività agricola e non solo ad abitazione rurale: ciò in linea anche con le leggi di riforma statale (legge n. 96 del 2006 e d.lgs. 18 maggio 2001, n. 228) secondo cui “l'agriturismo diviene normativamente uno dei possibili modi di pratica agricola, destinato a fruire dei medesimi benefici riservati alla stessa, purché si mantenga con essa in rapporto di correlazione” (Cons. Stato, sezione II, 13 gennaio 2022, n. 235).

36. Nella sentenza appellata – a parte la questione catastale – non vengono evidenziati quali sono i requisiti di ruralità sono mancanti, ed anche ove si accetti la conclusione che, per ottenere il certificato di connessione volto a destinare un bene ad agriturismo, l’utilizzo del fabbricato per esigenze agricole debba essere in corso non si specifica in base a quali considerazioni le opere avviate progressivamente su alcune parti del vasto compendio abbiano impedito l’utilizzo del tutto (cfr. sul punto Cons. Stato, sez. II, n. 6904/2023). Va infatti rilevato che a fronte di una ristrutturazione consistente non deve per petizione di principio ritenersi l’intervento contrario alla prassi agricola preesistente ( c.d. preuso ) ma deve accertarsi se vi sia una totale compromissione di tale pratica agricola tale da fare venire effettivamente meno la ruralità.

37. Contrariamente da quanto ritenuto dal giudice di primo grado, il potere di autotutela non può infatti ritenersi esercitato nel caso di specie, mancando qualsiasi riferimento nell’atto impugnato sia all’art. 21 nonies, sia alle ragioni di interesse pubblico che devono essere valutate per l’annullamento dell’atto, manifestandosi così come un tardivo provvedimento inibitorio per (presunta) carenza della domanda derivante da provvedimento successivo retroattivo (il più volte citato atto di annullamento dell’Agenzia delle Entrate).

38. In conclusione l’appello deve essere accolto.

39. La particolarità e la complessità della vicenda sono giustificati motivi per compensare le spese di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie ed in riforma della sentenza del TAR della Lombardia, sede di Brescia, n. 116/2023, accoglie il ricorso della signora OMISSIS ed annulla il decreto regionale n. decreto del 31 marzo 2022, n. 4364. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 novembre 2023 con l'intervento dei magistrati:

Giancarlo Montedoro, Presidente

Giordano Lamberti, Consigliere

Davide Ponte, Consigliere

Lorenzo Cordi', Consigliere

Thomas Mathà, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Thomas Mathà

Giancarlo Montedoro

IL SEGRETARIO

Pubblicato in: Edilizia » Giurisprudenza

Registrati

Registrati per accedere Gratuitamente ai contenuti riservati del portale (Massime e Commenti) e ricevere, via email, le novità in tema di Diritto delle Pubbliche Amministrazioni.

Contenuto bloccato! Poiché non avete dato il consenso alla cookie policy (nel banner a fondo pagina), questo contenuto è stato bloccato. Potete visualizzare i contenuti bloccati solo dando il consenso all'utilizzo di cookie di terze parti nel suddetto banner.