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Conguaglio diritto di superficie - TAR Lazio, Roma, sez. II, sent.n. 5893 del 22.04.2015

Pubblico
Sabato, 25 Aprile, 2015 - 02:00

Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, (Sezione Seconda), sentenza n.5893 del 22 aprile 2015, conguaglio diritto di superficie 
 
N. 05893/2015 REG.PROV.COLL.
 
N. 01006/2005 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
 
(Sezione Seconda)
 
ha pronunciato la presente
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 1006 del 2005, proposto da: 
Claudio Cicerchia e Maria Paola Licheri, rappresentati e difesi dagli avvocati Angelo Tuzza e Marco Feroci, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Angelo Tuzza in Roma, Piazza Mazzini, 27; 
contro
Comune di Roma (ora Roma Capitale), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Umberto Garofoli, domiciliato presso l’Avvocatura Capitolina in Roma, Via del Tempio di Giove, 21;
nei confronti di
Gemma Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Alessandro Saldutti e Andrea Saldutti, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, Via Cesare Beccaria, 18; 
per l'annullamento
del provvedimento comunicato con nota in data 22 novembre 2004, con il quale veniva richiesto al ricorrente l’importo di € 5.213,74 a titolo di conguaglio per il diritto di superficie sul terreno ove insiste il fabbricato di Via Guido da Verona n. 130, a suo tempo concesso dal Comune di Roma alla ATLAS – Scarl per la realizzazione dell’edificio medesimo ai sensi della legge 18 aprile 1962 n. 167 e dell’art. 35 della legge 22 ottobre 1971 n. 865 e di tutti gli atti annessi, connessi, presupposti e consequenziali, con particolare riguardo, per quanto possa occorrere, della delibera C.C. n. 54 del 31 marzo 2003 e della determinazione dirigenziale del Dipartimento IX – III U.O. n. 84 del 22 aprile 2002
nonché per l’accertamento
dell’insussistenza di ogni diritto del Comune di Roma a richiedere al ricorrente la somma di cui sopra ovvero, in subordine sul punto, della esatta determinazione dell’ammontare della somma medesima.
 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e di Gemma Spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 aprile 2015 il dott. Roberto Caponigro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 
FATTO e DIRITTO
1. La parte ricorrente espone che, con convenzione in data 23 giugno 1978, il Comune di Roma ha concesso alla Atlas Scarl – ai sensi della legge n. 167 del 1962 e dell’art. 35 della legge n. 865 del 1971 per la realizzazione del programma costruttivo di edilizia popolare ed economica previsto dal progetto esclusivo planivolumetrico della zona - il diritto di superficie sulle aree ivi specificate, facenti parte del piano di zona n. 38 (Laurentino).
Soggiunge che detta convenzione di concessione, all’art. 3, ha determinato, in base agli elementi di stima dei costi globali di attuazione del piano, il corrispettivo della concessione in complessive lire 295.920.000, già interamente versato dalla Atlas.
Rappresenta altresì che la Cooperativa ha provveduto regolarmente all’attuazione del piano ed all’assegnazione degli alloggi secondo la normativa prevista per l’edilizia economica e popolare.
L’amministrazione comunale, con nota del 22 novembre 2004 - nel far presente che il costo effettivamente sostenuto per gli espropri delle aree facenti parte del piano di zona 38-Laurentino, sulle quali sono stati realizzati gli interventi edilizi previsti dalla legge 18 aprile 1962, n. 167, è pari ad euro 12,89/mc – ha stabilito che, ai sensi dell’art. 35, comma 12, della legge n. 865 del 1971, per la Cooperativa Atlas la differenza dovuta per il diritto di superficie ammonta ad € 9,99/mc, pari ad € 589.292,00 totali, per cui ha informato la parte ricorrente che la quota millesimale di spettanza ammonta ad € 5.213,74 da versare entro e non oltre sessanta giorni.
Il ricorso è articolato nei seguenti motivi:
Eccesso di potere in tutte le sue forme sintomatiche, con particolare riguardo al difetto di istruttoria, falso presupposto, travisamento del fatto, contraddittorietà, ingiustizia manifesta, illogicità. Violazione e falsa applicazione della convenzione di concessione rep. 1195 del 23 giugno 1978 e degli artt. 1362 e ss. codice civile. Violazione dei principi di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost. e di cui alla legge 241/1990 e s.m.i. Violazione e falsa applicazione dell’art. 35, comma 12, legge n. 865 del 1971 e s.m.i
Il corrispettivo per la concessione sarebbe stato versato in un’unica soluzione a saldo, senza alcuna riserva di rideterminazione o conguaglio del prezzo, sicché la unilaterale rideterminazione del canone effettuata dal Comune, in assenza di qualunque presupposto fondato sull’atto che regola il rapporto concessorio a suo tempo assentito, integrerebbe anche ingiustizia manifesta, contraddittorietà ed illogicità.
Eventuali errori dell’amministrazione non potrebbero ricadere sul privato concessionario, del tutto estraneo sia alle procedure di esproprio che a quelle di determinazione del canone di concessione.
Eccesso di potere, sotto ulteriore profilo, per difetto di istruttoria e falso presupposto, travisamento del fatto ed illogicità.
Non sarebbe comprensibile come sia stato stimato l’importo posto a base della richiesta del Comune, né come sia stata ripartita e tra chi tale somma.
L’importo di € 12,89/mc indicato dal Comune non potrebbe specificamente riferirsi alla Cooperativa Atlas o ad alcuni edifici della stessa.
Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 legge 241/1990 e s.m.i., dei principi del giusto procedimento e del buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa. Omessa comunicazione di avvio del procedimento.
La partecipazione del ricorrente alla determinazione della somma richiestagli a titolo di conguaglio sarebbe stata necessaria.
Violazione e falsa applicazione dell’art. 2946 cod. civ.
Il diritto vantato dal Comune sarebbe in ogni caso prescritto.
Roma Capitale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse in quanto, successivamente alla determinazione dirigenziale n. 84 del 22 aprile 2002, impugnata con il presente ricorso, sono intervenute altre due determinazioni dirigenziali, n. 1118 del 1° ottobre 2009 e n. 620 del 28 giugno 2011, le quali, nel rideterminare i corrispettivi di concessione in diritto di superficie delle aree del Piano di Zona “Laurentino 38”, relativamente al costo di acquisizione delle aree, hanno previsto un valore maggiore rispetto a quello oggi in contestazione.
Nel merito, unitamente a Gemma Spa, ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso.
La parte ricorrente ha depositato ulteriore memoria a sostegno delle proprie ragioni chiedendo, in via principale, l’accoglimento del ricorso e, in via subordinata, la declaratoria di improcedibilità dello stesso per sopravvenuta carenza di interesse, qualora sia accertato e dichiarato che la determinazione dirigenziale n. 84 del 2002 è stata sostanzialmente modificata nel suo contenuto in sede di autotutela, per cui gli atti impugnati hanno perduto i loro effetti.
All’udienza pubblica del 1° aprile 2015, la causa è stata trattenuta per la decisione.
2. Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
La possibile declaratoria di inammissibilità per difetto di giurisdizione, in quanto non eccepita dalle controparti, ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a., è stata indicata in udienza e di tale circostanza è stato dato atto a verbale.
La Sezione, con precedenti pronunce (cfr. sentenze nn. 4866 e 4872 del 12 maggio 2014), ha dichiarato l’improcedibilità di ricorsi analoghi per sopravvenuta carenza di interesse.
In particolare, è stato posto in rilievo che “la determinazione dirigenziale n. 84 del 2002 è stata sostanzialmente modificata nel suo contenuto in sede di autotutela da parte della stessa amministrazione procedente e, conseguentemente, i provvedimenti impugnati, che sulla predetta poggiano ai fini della determinazione del prezzo dovuto e, quindi, del relativo conguaglio, sono stati in concreto superati ed hanno, pertanto, perduto i loro effetti”.
Il Collegio, melius re perpensa, ritiene che, nel caso di specie, la posizione dedotta in giudizio sia di diritto soggettivo, per cui gli atti in contestazione hanno natura di meri atti e non di provvedimenti amministrativi e, afferendo la controversia ad “indennità, canoni ed altri corrispettivi”, la controversia non rientra nella giurisdizione esclusiva ai sensi dell’art. 133, lett. b), c.p.a.
In altri termini, la parte ricorrente, a prescindere dagli atti con cui l’amministrazione ha rideterminato gli importi e chiesto il relativo conguaglio, agisce per chiedere l’accertamento del proprio diritto soggettivo a non dover versare alcun importo a titolo di conguaglio per la concessione del diritto di superficie ovvero, in subordine, per l’esatta determinazione di tale importo.
Pertanto, l’azione impugnatoria di atti è tamquam non esset, mentre la parte ricorrente ha in concreto proposto un’azione di accertamento di un diritto soggettivo, a non essere obbligata al versamento di ulteriori somme all’amministrazione comunale per il titolo in discorso, con conseguente attribuzione della controversia alla giurisdizione del giudice ordinario.
L’attività posta in essere dall’amministrazione per la determinazione dei corrispettivi della concessione in superficie, infatti, è del tutto vincolata ai sensi dell’art. 35 l. n. 865 del 1971, per cui l’accertamento del quantum dovuto avviene oggettivamente e senza margini di opinabilità, in assenza di qualunque profilo di discrezionalità.
La posizione di interesse legittimo si collega all’esercizio di una potestà amministrativa rivolta, secondo il suo modello legale, alla cura diretta ed immediata di un interesse della collettività, mentre il diritto soggettivo nei confronti della pubblica amministrazione trova fondamento in norme che, nella prospettiva di regolazione di interessi sostanziali contrapposti, aventi di regola natura patrimoniale, pongono a carico dell’amministrazione obblighi a garanzia diretta ed immediata di un interesse individuale.
Nel caso di specie - al di là della finalità pubblicistica, che ogni norma di legge è ontologicamente chiamata a perseguire - la norma che prevede la determinazione del corrispettivo della concessione del diritto di superficie è volta anche alla tutela diretta dell’interesse privato degli assegnatari, i quali possono essere chiamati al pagamento entro il limite imposto dalla legge e dalla convenzione e non oltre, sicché la posizione giuridica deve essere qualificata di diritto soggettivo, con conseguente giurisdizione ordinaria sulle relative controversie.
In relazione ad una fattispecie analoga, il Consiglio di Stato (Sezione IV, 7 novembre 2014, n. 5499) ha richiamato la propria giurisprudenza (Cons. Stato, IV, 13 dicembre 2012, n. 6411 ) secondo cui “la controversia avente ad oggetto la determinazione del corrispettivo dovuto dal privato per il trasferimento del diritto di proprietà e la cessione del diritto di superficie, nell'ambito di convenzione stipulata ai sensi della normativa che regola le espropriazioni e la successiva assegnazione delle aree da destinare ad edilizia economica e popolare (art. 10 della legge 18 aprile 1962, n.167, come sostituito dall'art. 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e succ. modificazioni e innovazioni), spetta alla giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo laddove sia messa in discussione la legittimità delle autoritative manifestazioni di volontà della P.A. nell'adozione del provvedimento concessorio cui la convenzione accede, della quale sia contestato "ex ante" il contenuto con riguardo alla determinazione del corrispettivo dovuto dal concessionario, e non siano messe in discussione "ex post" solo la misura del corrispettivo (da stabilirsi in base alle pattuizioni ivi contenute) o l'effettività dell'obbligazione di pagamento”.
Ne consegue che rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la domanda avente ad oggetto la determinazione e il pagamento del corrispettivo della concessione del diritto di superficie in relazione ad aree comprese nei piani per l'edilizia economica e popolare e, in particolare, la quantificazione di tale corrispettivo che si assuma inferiore a quello determinato dal Comune, atteso che in siffatte ipotesi non vengono in contestazione questioni relative al rapporto di concessione e che, fra l'altro, in ordine alla quantificazione del predetto corrispettivo non sussiste alcun potere discrezionale dell’amministrazione.
Allo stesso modo, la Corte di Cassazione ha rappresentato che “rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la domanda avente ad oggetto il pagamento del corrispettivo della concessione del diritto di superficie, ai sensi dell'art. 10, della legge 18 aprile 1962, n. 167, come sostituito dall'art. 35, della legge 22 ottobre 1971, n. 865, su aree comprese nei piani per l'edilizia economica e popolare e, in particolare, la quantificazione di tale corrispettivo nonché l'individuazione del soggetto debitore, allorché non siano in contestazione questioni relative al rapporto di concessione e in ordine alla determinazione del predetto corrispettivo non sussista alcun potere discrezionale della P.A.” (Cass. Civ. Sez. Unite, 10 agosto 2011, n. 17142 ).
Sulla base di quanto sopra esposto, non sussiste alcun dubbio, con riferimento agli atti “a valle”, con cui l’amministrazione comunale ha chiesto ai singoli interessati il conguaglio per il diritto di superficie sul terreno ove insiste il fabbricato, che la controversia rientri nella giurisdizione del giudice ordinario.
Con riferimento alla questione “a monte”, relativa all’impugnazione della presupposta determinazione dirigenziale n. 84 del 22 aprile 2002, con cui è stato fissato il costo unitario di corrispettivo delle aree per la cubatura residenziale e non residenziale, peraltro superata dalle determinazioni dirigenziali n. 1118 del 2009 e n. 620 del 2011, il Collegio ugualmente ritiene che la controversia esuli dalla giurisdizione amministrativa.
Infatti - nonostante la giurisprudenza della Quinta Sezione del Consiglio di Stato (sentenze nn. 1863, 1864 e 1865 del 28 marzo 2012) abbia ritenuto che, qualora “oggetto della controversia non è soltanto la sussistenza o meno del diritto dell’amministrazione comunale di pretendere il pagamento del conguaglio delle somme, indicate nella originaria convenzione, occorse per l’acquisizione delle aree da utilizzare dai soggetti interessati per la realizzazione degli alloggi di edilizia economica e popolare, ma anche e soprattutto il potere/dovere dell’amministrazione di provvedere alla quantificazione delle spese effettivamente sostenute, facendole rientrare tra quelle di cui alla originaria convenzione e riversandole sull’originario concessionario e sui successivi assegnatari/acquirenti di quegli alloggi”, la controversia appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - non può ugualmente ritenersi che l’amministrazione abbia esercitato un potere autoritativo, dovendo essa procedere alla rigorosa e vincolata applicazione di norme poste a disciplina di contrapposti interessi patrimoniali, con conseguente sussistenza di posizioni di diritto soggettivo ed esclusione della giurisdizione esclusiva, rientrandosi anche in tal caso nelle controversie relative ad “indennità, canoni ed altri corrispettivi”.
In sostanza, anche con riferimento agli atti “a monte” non è rinvenibile alcun esercizio di potere incidente sul rapporto concessorio, trattandosi invece di applicare la disciplina posta dalla convenzione di concessione e dalla normativa di riferimento che non lascia spazio ad alcuna attività discrezionale dell’amministrazione.
3. Le spese del giudizio, in relazione alla complessità giuridica della questione ed al carattere non sempre univoco della giurisprudenza in materia, possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda, dichiara inammissibile il ricorso in epigrafe per difetto di giurisdizione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 aprile 2015 con l'intervento dei magistrati:
Filoreto D'Agostino,Presidente
Elena Stanizzi,Consigliere
Roberto Caponigro,Consigliere, Estensore
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/04/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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