Esproprio bene gravato da uso civico
Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), sentenza n. 2186 del 15 marzo 2021, esproprio beni gravati da usi civici
MASSIMA
I beni gravati da uso civico non possono essere espropriati o asserviti coattivamente se non viene pronunciato il mutamento di destinazione d’uso, fatte salve le ipotesi in cui l’opera pubblica o di pubblica utilità sia compatibile con l’esercizio dell’uso civico.
SENTENZA
N. 02186/2021REG.PROV.COLL.
N. 08924/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8924 del 2019, proposto dal signor OMISSIS, rappresentato e difeso dall’avvocato Giannicola Scarciolla, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Teramo, via G. Galilei n. 118/A,
contro
il Comune di Crognaleto, non costituito in giudizio,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo (Sezione Prima) n. 150/2019, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2020, il Cons. Oberdan Forlenza, nessuno presente per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con l’appello in esame, il signor OMISSIS impugna la sentenza 11 marzo 2019, n. 150, con la quale il TAR per l’Abruzzo, sez. I de L’Aquila, ha respinto il ricorso proposto avverso il provvedimento 15 maggio 2017 del Sindaco del Comune di Crognaleto, avente ad oggetto “occupazione di urgenza di aree al fine di consentire l’istallazione di strutture abitative di emergenza”.
Tale provvedimento era stato emanato a valle dell’ordinanza del Capo dipartimento protezione civile 26 agosto 2016, n. 388, volta a consentire l’immediata realizzazione dei lavori per l’allocazione delle predette strutture abitative.
Il signor OMISSIS afferma di essere possessore di un terreno oggetto – unitamente ad altri - di occupazione di urgenza per la predetta finalità e per il quale ha presentato in data 22 aprile 2014 “richiesta di legittimazione dell’area demaniale civica fl. 74, part. 256, avendone il possesso ed anche per aver apportato all’area delle migliorie”.
La sentenza impugnata – esclusa la violazione dell’art. 7 l. n. 241/2000 per omesso invio della comunicazione di avvio del procedimento - afferma in particolare che “la sussistenza di una previsione derogatoria ordinaria (art. 4, co. 1 bis, DPR n. 327/2001 n.d.r.) alla non espropriabilità dei beni gravati da uso civico nelle ipotesi di pubblico interesse non rende necessaria alcuna espressa previsione derogatoria da parte dell’ordinanza contingibile e urgente emanata dal Presidente del Consiglio dei Ministri al fine di favorire l’urgente sistemazione alloggiativa provvisoria nelle aree colpite dagli eventi sismici”.
Avverso tale decisione vengono proposti i seguenti motivi di appello:
a) error in iudicando; erroneità della sentenza per intrinseca illogicità della motivazione; violazione e falsa applicazione art. 4, co. 1 bis DPR n. 327/2001; eccesso di potere; ciò in quanto la sentenza omette, innanzi tutto, di considerare la sussistenza di un vincolo di uso civico sul terreno in possesso del ricorrente e la domanda di legittimazione da questi presentata ai sensi dell’art. 9 l. n. 1766/1927 e degli artt. 2 e 3 l. reg. n. 68/1999; ed “è noto che i beni immobili soggetti ad uso civico non possono essere oggetto di occupazione di urgenza e/o espropriati e/o asserviti coattivamente se non vi è stato il previo mutamento di destinazione d’uso e se l’opera di pubblica utilità non risulti compatibile con l’esercizio dell’uso civico”. Né è dato conto della prevalenza dell’interesse alla realizzazione dell’opera pubblica;
b) error in iudicando; erroneità della sentenza per intrinseca illogicità della motivazione; violazione art. 5 OCDPC n. 388/2016; eccesso di potere; poiché non è possibile l’occupazione di urgenza sulla base della predetta ordinanza in quanto questa non comprende l’art. 4 DPR n. 327/2001 tra quelli indicati come derogabili;
c) error in iudicando; erroneità della sentenza per intrinseca illogicità della motivazione; violazione e falsa applicazione art. 14 OCDPC n. 394/2016; eccesso di potere; difetto di istruttoria; poiché non sono state effettuate le preventive indagini idrogeologiche delle aree interessate all’intervento;
d) error in iudicando; erroneità della sentenza per intrinseca illogicità della motivazione; omessa comunicazione avvio del procedimento; violazione e falsa applicazione artt. 7 e 8 l. n. 241/1990.
L’appellante ripropone, inoltre, la domanda di risarcimento del danno.
Il Comune di Crognaleto non si è costituito in giudizio.
All’udienza pubblica di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.
DIRITTO
2. L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata, integrata dalle precisazioni di motivazione di seguito esposte.
3. In disparte ogni considerazione in ordine alla sussistenza delle condizioni dell’azione in capo all’appellante, poiché tale sussistenza – in quanto “possessore” - è ritenuta espressamente dalla sentenza impugnata e non ha formato oggetto di impugnazione, giova precisare che l’appellante assume di essere “possessore” del terreno oggetto dell’occupazione e di avere presentato domanda di legittimazione in data 22 aprile 2014, domanda, tuttavia, sulla quale non si era ancora provveduto al momento dell’adozione dei provvedimenti impugnati.
Da ciò consegue che - a prescindere dall’accertamento (non ancora intervenuto) della sussistenza delle condizioni (tra le quali lo stesso possesso) per riconoscere la sussistenza di un diritto di proprietà – l’appellante non vantava, al momento dell’adozione del provvedimento impugnato, alcun titolo di proprietà sull’area occupata, né risultava titolare di altri diritti reali.
Ciò esclude, ai sensi degli artt. 3, co. 2 e 11, DPR n. 327/2001, che allo stesso andasse inviata comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 l. n. 241/1990, non essendo proprietario e non risultando tale “secondo i registri catastali”.
Peraltro, così come affermato dalla sentenza impugnata, l’art. 5 OCDPC n. 388/2016 prevede espressamente che, per la realizzazione delle attività, si proceda in deroga, tra l’altro, al citato art. 7 l. n. 241/1990.
Il che comporta il rigetto del quarto motivo di appello (sub lett. d) dell’esposizione in fatto).
4. L’art. 4, co. 1 bis, DPR n. 327/2001 prevede che “I beni gravati da uso civico non possono essere espropriati o asserviti coattivamente se non viene pronunciato il mutamento di destinazione d’uso, fatte salve le ipotesi in cui l’opera pubblica o di pubblica utilità sia compatibile con l’esercizio dell’uso civico”.
4.1. Occorre premettere come l’esame della disposizione riportata (sulla quale l’appellante fonda i primi due motivi di appello sub lett. a) e b) dell’esposizione in fatto) dimostra come il titolo di legittimazione ad agire dell’appellante medesimo si ponga proprio in conflitto con la ratio stessa della disposizione, la quale è volta a tutelare i “beni gravati da uso civico”, e non già quelli che, per essere nel possesso di un unico soggetto, risultano sì “gravati” da uso civico, ma con quest’ultimo compromesso proprio dal “possessore”.
In sostanza, l’appellante invoca a sua tutela la disciplina relativa alla compatibilità dell’esercizio del potere espropriativo con il bene gravato da uso civico, nel momento stesso in cui, onde fondare la propria legittimazione ad agire, assume di essere l’unico possessore del bene medesimo, tanto da rivendicarne in diversa sede la proprietà esclusiva.
In sostanza, delle due l’una:
- o sussiste la legittimazione ed interesse ad agire in quanto “possessore” (come affermato dalla sentenza impugnata), ma allora non può invocarsi la violazione di norme poste a tutela degli usi civici (come potrebbe ben fare chiunque – ente o singolo – risultasse compromesso nell’esercizio del diritto di uso);
- o si invoca la tutela del bene in uso civico, ma questa non può essere strumentalmente utilizzata piegandola a tutela di una “aspettativa” di proprietà esclusiva o anche solo per tutela di un possesso individuale ed escludente proprio quell’uso civico che la legge invocata intende invece tutelare.
In conclusione, una volta ammesse le condizioni dell’azione avverso il decreto di occupazione in quanto possessore (non legittimo) del bene, non può riconoscersi l’interesse ad agire con riferimento a quei motivi di ricorso che tendono ad affermare e tutelare il bene proprio in quanto destinato all’uso civico, poiché in ordine a tale tutela e conservazione l’appellante non ha alcun interesse ad agire in giudizio.
4.2. Ferme le considerazioni innanzi formulate, il Collegio ritiene comunque che, nel caso di specie, non ricorra alcuna ipotesi di violazione dell’art. 4, co. 1 bis, DPR n. 327/2001.
L’art. 6 della già citata ordinanza n. 388/2016 (richiamato, per quanto riguarda il caso in esame, dall’art. 3, co. 5, dell’OCDPC 19 settembre 2016 n. 394), nel disciplinare l’occupazione d’urgenza, prevede che “per le attività di soccorso, assistenza e ricovero delle popolazioni colpite dagli eventi di cui alla presente ordinanza, i sindaci possono provvedere all’occupazione d’urgenza ed alle eventuali espropriazioni adottando tempestivamente il decreto di occupazione d’urgenza, prescindendo da ogni altro adempimento…”.
Appare, dunque, evidente come la disposizione in esame, chiaramente applicabile all’ipotesi di individuazione di aree dove collocare strutture abitative di emergenza, consenta di derogare sia all’adozione di atti di mutamento di destinazione d’uso di terreni gravati da uso civico, sia a giudizi di compatibilità dell’esercizio di quest’ultimo con l’opera da realizzarsi.
Per le ragioni sin qui esposte, devono essere respinti, in quanto infondati, i primi due motivi di appello (sub lett. a) e b) dell’esposizione in fatto).
5. E’ altresì infondato anche il terzo motivo di appello (sub lett. c) dell’esposizione in fatto).
L’art. 14 OCDPC n. 394/2016, del quale l’appellante lamenta la violazione, non prescrive affatto il previo esperimento di indagini di tipo geofisico, geomorfologico, geologico e geotecnico quale condizione di legittimità dell’occupazione di urgenza di aree destinate alla “urgente sistemazione alloggiativa”, ma introduce norme di tipo procedimentale volte a velocizzare, in generale, lo svolgimento di tali attività.
Ne consegue che, anche in considerazione delle impellenti esigenze di ricovero della popolazione a seguito del sisma, tali indagini non devono necessariamente precedere l’occupazione d’urgenza, ma possono essere anche successivamente espletate.
Né, nel caso di specie, viene lamentata una sostanziale inidoneità dell’area per le finalità che ne hanno determinato l’occupazione.
6. Il rigetto dei motivi di appello relativi alla prospettata illegittimità degli atti impugnati determina altresì il rigetto della riproposta domanda di risarcimento del danno, peraltro genericamente formulata.
7. Per tutte le considerazioni espresse, l’appello deve essere rigettato, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
Stante la mancata costituzione del Comune di Crognaleto, non vi è da decidere in ordine alle spese ed onorari del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Mazzaferri Piero (n. 8924/2019 r.g.), lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Nulla per le spese ed onorari del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2020 con l’intervento dei magistrati:
Raffaele Greco, Presidente
Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore
Nicola D'Angelo, Consigliere
Silvia Martino, Consigliere
Giuseppa Carluccio, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Oberdan Forlenza
Raffaele Greco
IL SEGRETARIO