Piano attuativo scaduto ed espropri
Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, (Sezione Seconda Bis), sentenza n. 7139 dell’11 aprile 2024, sulla efficacia piani attuativi ai fini espropriativi
MASSIMA
Scaduto il termine di efficacia stabilito per l’esecuzione del piano attuativo, nella parte in cui è rimasto inattuato non possono più eseguirsi i previsti espropri, preordinati alla realizzazione delle opere pubbliche e delle opere di urbanizzazione primaria, e non si può procedere all’edificazione residenziale; dove invece il detto piano ha avuto attuazione, con la realizzazione di strade, piazze e altre opere di urbanizzazione, l’edificazione residenziale è consentita secondo un criterio di armonico inserimento del nuovo nell’edificato esistente e in base alle norme del piano attuativo scaduto ( si veda, da ultimo Consiglio di Stato Sez. IV, 19/5/2022, n. 3976 che richiama a sua volta Consiglio di Stato, sez. VI, 5 marzo 2021 n. 1871 e suoi precedenti: Consiglio di Stato, Sez. II, 18/6/2020, n. 3909 e 12/2/2020, n. 1091; Sez. IV, 10/8/2011, n. 4763; 27/10/2009, n. 6572; Sez. V, 30/4/2009, n. 2768).
SENTENZA
Pubblicato il 11/04/2024
N. 07139/2024 REG.PROV.COLL.
N. 15576/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 15576 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da
OMISSIS, rappresentati e difesi dall'avvocato Marco Morelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Trevignano Romano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Romina Raponi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Città Metropolitana di Roma Capitale, in persona del Presidente, legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Sabrina Barra, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
sia con il ricorso introduttivo che con i successivi motivi aggiunti:
- in via principale, del decreto di espropriazione n. 1 del 19.07.2023, relativo ai lavori del progetto esecutivo delle opere di urbanizzazione primaria di via S. Pietro, atto non notificato alle odierne ricorrenti ma solo pubblicato dal 3 ottobre al 2 novembre 2023 all''albo pretorio del Comune di Trevignano Romano;
- per quanto occorrer possa, della deliberazione GC n. 205 del 08.09.2022 (richiamata nel decreto come deliberazione n. 205 ma in verità atto n.206/2022), atto non notificato alle ricorrenti ma solo richiamato all''interno del decreto di espropriazione principalmente impugnato col presente atto, di approvazione del nuovo progetto esecutivo e dichiarativo della pubblica utilità;
- per quanto occorrer possa, della Deliberazione di G.C n. 19 del 31.01.2023, atto non notificato alle ricorrenti ma solo richiamato nel decreto di esproprio n. 1 del 19.07.2023, con il quale il Comune di Trevignano Romano concludeva l''iter procedurale;
- di ogni atto presupposto o connesso o consequenziale nonché ogni altro atto non conosciuto dagli odierni ricorrenti.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Trevignano Romano, del Ministero dell'Interno e della Città Metropolitana di Roma Capitale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2024 il dott. Salvatore Gatto Costantino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm. in ordine alla regolarità e completezza del contraddittorio e dell’istruttoria ai fini della decisione della causa nel merito, con sentenza in forma semplificata;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Le odierne ricorrenti dichiarano di essere le attuali ed effettive proprietarie degli immobili siti in Trevignano Romano, identificati al catasto rispettivamente al fg.5, particella 311, già intestato a OMISSIS, per averli – in parte – acquistati (nella quota di16/24) con atto a firma del Notaio OMISSIS dai Sig.ri OMISSIS ed in parte (la restante) per successione.
Riferiscono che, dalla consultazione dell’albo pretorio del Comune di Trevignano Romano (avvenuta tra il 3 ottobre ed il 2 novembre 2023) apprendevano della adozione, da parte dell’ente comunale, del decreto di esproprio n. 1 del 19 luglio 2023, col quale era stata disposta l’ablazione degli immobili siti in Trevignano Romano al fg.5, part.lla 311, di loro proprietà.
Nel presupposto di non aver mai avuto alcuna notifica del decreto di espropriazione che impugnano, in via principale, col presente ricorso, né di alcun ulteriore atto della procedura espropriativa ivi richiamato; argomentano in atti circa la sicura conoscenza da parte dell’Ente della loro qualità di proprietarie dei cespiti meglio indicati, acquisita per successione testamentaria; si dolgono non solo della mancata notifica del decreto di esproprio e degli atti prodromici, ma anche, conseguentemente, della violazione delle garanzie partecipative ex art. 11 e 16 del DPR 327/2001, nonchè del 17 comma 2 del medesimo DPR; espongono, inoltre, che il Comune di Trevignano Romano intenderebbe fondare la propria procedura ablatoria su un piano particolareggiato approvato in via definitiva con DGE n. 444 del 18.7.2006; si tratterebbe di un piano particolareggiato scaduto per la sua durata decennale, con conseguente ulteriore profilo di illegittimità sostanziale dell’esproprio; il decreto di espropriazione, mai notificato alle odierne ricorrenti, difetterebbe – ad ogni buon conto – di tutti gli elementi formali e sostanziali di cui all’art. 23 d.P.R. n.327/01.
Inoltre, avendo oggi appreso per la prima volta dell’esproprio, impugnano anche gli atti deliberativi presupposti, per le medesime ragioni di censura sin qui esposte.
Costituitosi in giudizio, il Comune intimato deposita documenti di causa ed eccepisce la tardività del ricorso e la sua infondatezza.
In particolare, deduce l’Ente che mentre le ricorrenti asseriscono di essere venute a conoscenza dei lavori che interessano la Via San Pietro solo attualmente, il progetto attuale di completamento delle opere di urbanizzazione delle Zone CI e CIII, è il naturale proseguimento del progetto iniziato nel 2001, di cui una parte delle opere già realizzate; il vincolo preordinato all’esproprio, avendo natura conformativa, non sarebbe mai venuto meno. La ripresa dei lavori sarebbe solo la naturale conseguenza dell’aver ottenuto l’Ente i finanziamenti del PNRR (Decreto Ministeriale 8.11.21) che rendono attuabile l’esecuzione dei lavori (inseriti anche nel programma triennale 2017-2019) sin ora non eseguiti, non per il venir meno dell’interesse pubblico, ma per la mancanza di risorse economiche.
Il Comune di Trevignano Romano, eccepisce quindi di aver legittimamente operato su una strada pubblica già esistente, di proprietà di un ente superiore, prevedendo la sua messa in sicurezza all’interno delle fasce di rispetto imposte e tenendo conto di quanto già edificato con titoli edilizi.
A dimostrazione della piena conoscenza delle ricorrenti dei procedimenti in corso di adeguamento della Via San Pietro e della tardività del ricorso, rileva l’Ente che con decreto del Sindaco n. 3 del 9.3.2004 avente ad oggetto le opere di urbanizzazione primaria di Via San Pietro, era stata autorizzata l’occupazione d’urgenza alcune aree, tra cui quelle delle signore Feliziani Emma e Lidia, danti causa delle odierne ricorrenti; tale decreto veniva anche pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio n. 11/2004 (atto non impugnato dalle ricorrenti) e richiama il Piano particellare di esproprio n. 4 del 15.1.2004 (anche questo mai impugnato dalle ricorrenti).
Il Comune di Trevignano disponeva, tramite messi comunali, la notifica alle signore Feliziani dell’espropriazione di pubblica utilità, che avveniva con avviso prot. 4840 del 7.5.04, con la fissazione della data del 9.6.2004 per l’immissione in possesso e la valutazione dello stato di consistenza (anche questo mai impugnato); la notifica è stata effettuata il 24.5.2004 sottoscritta dalla signora Feliziani (e a cui è seguito il sopralluogo in presenza di testimoni).
Rileva altresì il Comune che le opere di cui si discute sono finanziate dai fondi del PNRR e pertanto alle stesse si applica quanto disposto dall’art. 48 comma 4 del Decreto Legge 31/05/2021 n.77 e dall’art. 125 del D.lgs 104/2010.
Eccepisce la tardività del ricorso tenendo conto che il decreto di esproprio risultava notificato per raccomandata l’1.9.2023 agli indirizzi delle ricorrenti e tale raccomandata veniva restituita per compiuta giacenza.
Con ordinanza 00556/2024 dell’11.01.2024 si è preso atto della rinuncia alla domanda cautelare di cui al ricorso ai fini della proposizione di motivi aggiunti e si è disposta l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 12 bis del d.l. n.68 del 16.6.22, cui la ricorrente ha ritualmente provveduto.
La parte ricorrente ha replicato alle eccezioni difensive dell’Ente con propria memoria e, con motivi aggiunti, ha formulato nuove censure avverso i provvedimenti impugnati.
In particolare, si insiste nella tempestività del gravame, evidenziando come la “compiuta giacenza” produce effetti dopo trenta giorni dalla consegna (e quindi a far data dal 2 ottobre 2023), termine rispetto al quale la notifica del ricorso (avvenuta il 12 novembre 2023) è rituale; la raccomandata esibita dall’Ente riguarda una sola delle due odierne ricorrenti; in ogni caso, viene dedotta la illegittimità del decreto di esproprio per eccesso di potere sotto forma di difetto di istruttoria, ovvero per sviamento, denunciando che l’adozione della procedura espropriativa sarebbe finalizzata a “malcelare” una occupazione illegittima.
A tal proposito, dal documento prodotto dall’Ente sub 32 della propria costituzione (verbale di immissione in possesso) risulterebbe che le aree di cui al foglio 5, part. 311 venivano occupate il 9.6.2004 in presenza di due testimoni, ma non della proprietà; nel decreto di occupazione d’urgenza del 9 marzo 2003, n. 3 (art. 2) veniva dichiarato che il procedimento espropriativo avrebbe dovuto avere termine entro cinque anni dall’occupazione e quindi il decreto di esproprio del 19.7.2023 sarebbe chiaramente tardivo; per l’effetto, andrebbe dichiarata la presenza di una occupazione illegittima con conseguente condanna dell’ente alla restituzione con rimessione in pristino e pagamento danni da mancato utilizzo ovvero adozione di un provvedimento di acquisizione sanante ex art.42-bis TUE e sue conseguenze indennitarie e risarcitorie.
Il Ministero dell’Interno e la Città Metropolitana di Roma Capitale si sono costituiti in giudizio con memoria di forma.
Nella camera di consiglio del 6 marzo 2024, sentiti sul punto i procuratori delle parti come da verbale, la causa, chiamata per l’esame della domanda cautelare, è stata trattenuta per essere risolta nel merito con sentenza in forma semplificata.
Deve essere respinta l’eccezione di tardività del gravame formulata dall’Ente in rapporto alla notifica del decreto di esproprio.
Sul punto, erroneamente la difesa di parte ricorrente afferma che la consegna si sarebbe perfezionata decorso il termine di trenta giorni, perché a norma dell’art. 8 della Legge del 20/11/1982 - n. 890, il perfezionamento della raccomandata depositata presso l’ufficio postale avviene decorso il decimo giorno dalla consegna. Deve invece condividersi la replica della difesa della parte ricorrente, laddove evidenzia che la prova della consegna della raccomandata riguarda la sola OMISSIS (sono versate in atti due copie della stessa spedizione).
Ne deriva che, essendo le due ricorrenti proprietarie pro indiviso del cespite (circostanza non contestata da parte del Comune), l’azione dell’una è autonoma rispetto a quella dell’altra, con la conseguenza che ciascuna delle due agisce a difesa del diritto di proprietà sull’intero immobile.
Il ricorso andrà comunque dichiarato inammissibile per OMISSIS; ciò che implica l’irrilevanza degli ulteriori argomenti di parte ricorrente con i quali si sostiene l’inadeguatezza della notifica per posta raccomandata, in favore della ritenuta essenzialità delle forme di notificazione ordinarie (affermata, peraltro, senza particolari argomentazioni in ordine alla efficacia soggettiva effettiva della comunicazione via posta).
Quanto alla posizione di OMISSIS, rileva il Collegio che il gravame si fonda su due ordini di censure, il primo attinente la violazione delle garanzie partecipative che sono particolare oggetto della disciplina speciale delle espropriazioni ed il secondo il difetto di presupposto del procedimento stesso conseguente alla decadenza della previsione di Piano in ordine alla localizzazione dell’opera in funzione della quale l’espropriazione è finalizzata.
Il primo ordine di doglianze è infondato per le seguenti ragioni.
A tacere della conoscibilità della procedura riconoscibile – secondo ordinaria diligenza – in capo alle odierne ricorrenti quale conseguenza delle circostanze variamente dedotte dalla difesa dell’Ente (che – ai fini partecipativi – è irrilevante in quanto la partecipazione al procedimento espropriativo va assicurata ai proprietari o titolari effettivi del cespite da acquisire al demanio al momento in cui l’espropriazione viene avviata), ciò che impedisce all’azione di trovare accoglimento è l’assenza di ogni dimostrazione o deduzione circa il diverso esito che il procedimento espropriativo avrebbe potuto avere in conseguenza della partecipazione dei proprietari interessati.
Pur riconoscendosi in linea generale la essenzialità della partecipazione al procedimento in campo espropriativo, essendo connotato l’esercizio del potere da ampia discrezionalità (ex plurimis, T.A.R. , Catanzaro , sez. II , 20/02/2020 , n. 321) tuttavia anche l’applicazione ad esso della regola generale circa la “prova di resistenza” che si desume dall’art. 21 octies della l. n. 241/90 è riconosciuta in giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato , sez. IV , 20/07/2016 , n. 3248, secondo cui “se è vero che la proroga dei termini fissati dalla dichiarazione di p.u. richiede la previa comunicazione di avvio del procedimento, è altrettanto vero che occorre verificare, in concreto, quali avrebbero potuto essere gli apporti partecipativi dei privati e, dunque, un eventuale, diverso contenuto del provvedimento, con ciò evitando di validare una rilevanza meramente formale dell'omissione di comunicazione”), con orientamento che, tenuto conto della recessività, nell’Ordinamento, di vizi meramente formali quali cause di annullamento degli atti amministrativi, merita adesione da parte del Collegio nel peculiare caso di specie.
Invero, stando alle risultanze di giudizio appare ictu oculi e secondo comune esperienza che, avendo l’esproprio ad oggetto beni direttamente connessi alla tutela del tracciato stradale esistente (ed alla maggiore e migliore fruizione dello stesso e, mediatamente, della proprietà privata che da tale tracciato è servita), nessuna alternativa plausibile è dato evincersi (e neppure è dedotta) dalla (pur dovuta) partecipazione delle odierne proprietarie al procedimento espropriativo, sin dalla fase della progettazione dell’opera o, prima ancora, della fase (che è peraltro anteriore all’acquisizione del titolo di proprietà in capo alle odierne ricorrenti) della localizzazione, ossia della previsione del vincolo nel P.P.E. “Variante Sfasciacarrozze-Capocroce”.
A diverso esito conduce l’esame del secondo aspetto del gravame, laddove parte ricorrente contesta l’esser venuto meno dell’antecedente necessario al decreto di esproprio, costituito dall’apposizione del vincolo preespropriativo che discende dalla localizzazione dell’opera nell’ambito dello strumento urbanistico.
In questo caso, erroneamente il Comune afferma che quello di cui si discute rappresenta un vincolo conformativo (per sostenerne l’ultrattività) in quanto, avendo ad oggetto una localizzazione particellare ben precisa, conseguente alla individuazione del tracciato viario, la previsione del piano ha, sul punto, natura espropriativa.
Si osserva che la delibera di approvazione del progetto e di dichiarazione di pubblica utilità delle opere ai fini espropriativi (GM n° 206 del 08/09/2022) è stata pubblicata sul sito istituzionale del Comune di Trevignano in data 26.10.22 unitamente agli allegati (come meglio specificato dall’Ente nella propria memoria, cfr. gli allegati da 15 a seguire) fino al 16/11/2022 e sul sito WEB del Comune di Trevignano Romano, ma non risulta notificata alle odierne parti ricorrenti.
Sul punto, deve intanto premettersi che la giurisprudenza è pacifica nell’affermare che ai fini della decorrenza del termine di impugnazione dell'approvazione del progetto definitivo di un'opera pubblica, avente valore di dichiarazione di pubblica utilità, non è sufficiente la mera pubblicazione dell'atto ma è necessaria la notifica o, almeno, la piena conoscenza dello stesso, quante volte esso ha effetti specifici e circoscritti all'area da espropriare per l'esecuzione dell'opera e, quindi, è rivolto a soggetti determinati anche se non esplicitamente nominati, con la conseguenza che, in mancanza di comunicazione individuale, è dalla piena conoscenza che decorre il termine di proposizione del gravame (T.A.R. , Roma , sez. II , 08/04/2019 , n. 4567; cfr. anche T.A.R. , Roma , sez. III , 24/12/2021 , n. 13500; Consiglio di Stato , sez. IV , 06/06/2017 , n. 2700).
Ciò posto, in base all’art. 17 comma 1 della Legge 1150/1942 “Decorso il termine stabilito per la esecuzione del piano particolareggiato questo diventa inefficace per la parte in cui non abbia avuto attuazione, rimanendo soltanto fermo a tempo indeterminato l'obbligo di osservare nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso.”. Tale norma, “finalizzata ad evitare l’alterazione dello sviluppo urbanistico-edilizio così come armonicamente programmato e ad assicurare una edificazione omogenea” (Cons. Stato, sez. IV, n. 6661 del 2009) prevede la c.d. ultrattività residuale delle disposizioni dei piani particolareggiati decaduti per decorso del tempo. La stessa è stata intesa dalla giurisprudenza nel senso che, scaduto il termine di efficacia stabilito per l’esecuzione del piano attuativo, nella parte in cui è rimasto inattuato non possono più eseguirsi i previsti espropri, preordinati alla realizzazione delle opere pubbliche e delle opere di urbanizzazione primaria, e non si può procedere all’edificazione residenziale; dove invece il detto piano ha avuto attuazione, con la realizzazione di strade, piazze e altre opere di urbanizzazione, l’edificazione residenziale è consentita secondo un criterio di armonico inserimento del nuovo nell’edificato esistente e in base alle norme del piano attuativo scaduto ( si veda, da ultimo Consiglio di Stato Sez. IV, 19/5/2022, n. 3976 che richiama a sua volta Consiglio di Stato, sez. VI, 5 marzo 2021 n. 1871 e suoi precedenti: Consiglio di Stato, Sez. II, 18/6/2020, n. 3909 e 12/2/2020, n. 1091; Sez. IV, 10/8/2011, n. 4763; 27/10/2009, n. 6572; Sez. V, 30/4/2009, n. 2768). La disciplina contiene in sé il limite della nuova pianificazione non potendo la pianificazione attuativa decaduta vincolare la successiva potestà pianificatoria generale comunale sovraordinata. Nello stesso senso si esprimono da ultimo il TAR Lombardia Sez. IV, 26/07/2022, n. 1792, che fa riferimento all’ultrattività delle disposizioni delle convenzioni di lottizzazione, assimilate ai piani particolareggiati, “fino all’approvazione di un nuovo strumento urbanistico generale” e il T.A.R. Puglia Bari Sez. III, 07/04/2021, n. 580 laddove nel riferirsi alle prescrizioni di zona e quelle relative agli allineamenti, ritiene che le stesse restino espressamente ferme, a tempo indeterminato, “fino a nuovo intervento pianificatorio”.
Nel caso del Comune di Trevigiano, la pianificazione che viene in esame quale titolo per l’esecuzione del procedimento espropriativo è costituita dal Piano approvato in via definitiva con D.G.R. n° 444 del 18/07/2006, per come anche interessato dalla successiva variante approvata con D.G.R. n°231 del 07/04/2009 che approva il PPE in variante al PRG denominato “Zona III C” (la strada di che trattasi, risulta in delibera nr. 206/2022 si colloca al confine tra le due pianificazioni).
Sia tenendo conto della DGR 444/2006 che della successiva DGR 231/2009 il vincolo ha cessato di avere efficacia – quanto alle previsioni espropriative – nel 2016 o, a tutto concedere, nel 2019.
Sul punto, sostanzialmente, non risultano repliche tali da indurre a ritenere che la vigenza del piano sia stata prorogata o siano stati rinnovati i vincoli, salvi gli effetti delle delibere approvative dei relativi progetti (definitivo ed esecutivo), che, tuttavia, non hanno conosciuto la necessaria fase integrativa dell’efficacia che richiede la notifica individuale e che, dunque, correttamente parte ricorrente ha impugnato unitamente al decreto di esproprio (che richiama i precedenti atti deliberativi).
Ne deriva che il ricorso è fondato sul punto e va accolto con l’annullamento degli atti impugnati nei limiti di interesse della parte ricorrente.
Quanto a quest’ultimo aspetto, va osservato solo che non può trovare accoglimento l’eccezione del Comune che invoca il combinato disposto di cui all’art. 48, comma 4, del DL n. 77/2021 e dell’art. 125 del c.p.a.; tale ultima disposizione, che, invero, a mente della prima si applica a tutti i casi di “impugnazione degli atti relativi alle procedure di affidamento di cui al comma 1 e nei giudizi che riguardano le procedure di progettazione, autorizzazione, approvazione e realizzazione delle opere finanziate in tutto o in parte con le risorse previste dal PNRR e le relative attività di espropriazione, occupazione e asservimento, nonché in qualsiasi procedura amministrativa che riguardi interventi finanziati in tutto o in parte con le risorse previste dal PNRR”, esclude la tutela annullatoria (in favore di quella risarcitoria) per i soli giudizi in materia di affidamento di contratti di appalto e non anche per le cause inerenti l’impugnazione degli atti della procedura espropriativa (alle quali, invece, si applica la disciplina della fase cautelare di cui all’art. 125, comma 2).
Ne deriva che l’accoglimento del ricorso implica l’annullamento degli atti impugnati nei limiti di interesse della parte ricorrente. A tal fine si precisa che, essendo stata esclusa la rilevanza della partecipazione della proprietà interessata dall’esproprio alla fase progettuale dell’opera, l’accoglimento del ricorso comporta l’annullamento degli atti impugnati ai fini o della restituzione dell’immobile alla parte ricorrente, oppure dell’adozione di un decreto di acquisizione sanante ex art. 42 bis del DPR 327/2001, sulla base dei relativi presupposti.
La particolarità della fattispecie, unitamente alla parziale inammissibilità del gravame, comportano giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per OMISSIS, lo accoglie per OMISSIS e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati nei limiti ed ai fini di cui in parte motiva.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2024 con l'intervento dei magistrati:
Pietro Morabito, Presidente
Salvatore Gatto Costantino, Consigliere, Estensore
Giuseppe Licheri, Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Salvatore Gatto Costantino
Pietro Morabito
IL SEGRETARIO