Avvio esproprio: NO art. 21-octies - Comunicazione sempre necessaria
Pubblico
Mercoledì, 29 Novembre, 2017 - 09:38
Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), sentenza n. 5480 del 24 novembre 2017, sulla inapplicabilità dell’art. 21-octies della legge 241/90 al procedimento espropriativo
La decisione conferma che, in materia espropriativa, non può trovare applicazione la disposizione dell’art. 21-octies della legge sul procedimento e che, pertanto, occorre sempre garantire ai proprietari la partecipazione.
N. 05480/2017REG.PROV.COLL.
N. 08807/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 8807 del 2016, proposto da:
Comune di Cleto, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Achille Morcavallo, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Arno, 6;
contro
omissis rappresentato e difeso dall'avvocato Francesco Bevilacqua, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Francesco Lilli in Roma, via di Val Fiorita, 90;
nei confronti di
Regione Calabria, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Annapaola De Masi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Graziano Pungì in Roma, via Sabotino, 12;
Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per la Calabria, sede di Catanzaro, sezione seconda n.1914 del 2016, resa tra le parti, concernente la riapprovazione del progetto con dichiarazione di pubblica utilità - decreto di esproprio.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di omissis, della Regione Calabria e del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
omissis
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il signor omissis ha impugnato dinanzi al T.a.r. per la Calabria, sede di Catanzaro, i provvedimenti emessi dal comune di Cleto con i quali si è dato corso alla procedura espropriativa dei ruderi costituenti la ex Chiesa del S.S. Rosario, a lui pervenuti in proprietà dal Patrimonio ecclesiastico, in virtù di due distinti atti: il primo di compravendita del 3 luglio 2015, sottoposto alla condizione sospensiva dell’esercizio del diritto di prelazione da parte degli enti preposti, ai sensi del d.lgs. 42/2004; il secondo del 1° ottobre 2015, di ricognizione dell’avveramento della condizione sospensiva.
2. Il T.a.r. adito, con la sentenza indicata in epigrafe, ha accolto il ricorso.
3. Il comune di Cleto ha quindi proposto appello, formulando i seguenti motivi di censura.
3.1. Error in procedendo e in iudicando. Inammissibilità del ricorso introduttivo. Carenza di interesse.
Il T.a.r. nella sentenza impugnata ha erroneamente considerato non fondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso. Il Tribunale ha ritenuto che la gravata delibera della Giunta comunale n. 6 del 22 luglio 2016 sostituisse e riapprovasse una precedente delibera del 2014, che invece riguardava il rapporto tra il procedimento preliminare ed il progetto definitivo dell’opera. La delibera della Giunta comunale impugnata, secondo il Comune appellante, sarebbe stata invece di mera riapprovazione del progetto definitivo già inserito nel programma triennale dei lavori. In sostanza, non avrebbe avuto carattere lesivo rispetto all’iter espropriativo già regolarmente svolto dall’Amministrazione e concluso senza che l’appellato lo avesse impugnato.
3.2. Error in procedendo e in iudicando. Assoluta infondatezza del ricorso.
La sentenza impugnata ha erroneamente ritenuto fondato il motivo di gravame relativo alla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento. Secondo l’Amministrazione appellante, essendo già intervenuta la dichiarazione di pubblica utilità, non sussisteva l’obbligo di comunicare al ricorrente la delibera impugnata. Inoltre, la procedura espropriativa sarebbe comunque intervenuta prima che l’appellato acquistasse il bene di cui è causa.
4. La regione Calabria si è costituita in giudizio il 5 dicembre 2016, chiedendo il rigetto del ricorso.
5. Il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo si è costituito il 21 dicembre 2016.
6. Il signor omissis si è costituito in giudizio il 21 dicembre 2016 ed ha depositato una memoria di replica il 27 settembre 2017.
7. Anche il Comune appellante ha depositato ulteriori scritti difensivi, il 22 settembre 2017 e, per ultimo, una memoria di replica il 30 settembre 2017.
8. Con ordinanza cautelare n. 53 del 13 gennaio 2017 questa Sezione ha respinto l’istanza incidentale di sospensione degli effetti della sentenza impugnata, presentata contestualmente al ricorso.
9. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 12 ottobre 2017.
10. Preliminarmente, va rilevata la tardività del deposito della memoria del comune di Cleto del 22 settembre 2017 e della replica del 30 settembre 2017, nonché la tardività della memoria di replica dell’appellato signor omissis del 27 settembre 2017, per violazione dei termini di cui all’art. 73, comma 1, del codice del processo amministrativo. Tali documenti non sono quindi esaminati nel presente giudizio.
11. L’appello non è fondato, a prescindere dall’eccezione di inammissibilità dello stesso formulata dall’appellato nella sua memoria di costituzione del 21 dicembre 2016.
12. Innanzitutto, non può essere condivisa la tesi del comune di Cleto in ordine all’inammissibilità del ricorso di primo grado. Secondo parte appellante, la delibera impugnata, la n. 6 del 22 luglio 2016, non avrebbe avuto carattere lesivo essendo di mera riapprovazione del progetto definitivo dell’opera. Il procedimento di esproprio, invece, era già stato completato e non impugnato con una serie di provvedimenti assunti nell’anno 2014 e pubblicati nell’albo pretorio dello stesso Comune (non essendo intervenuto all’epoca l’acquisto del bene da parte dell’appellato non sarebbe stata fatta la comunicazione diretta allo stesso).
Dagli atti di causa emerge però che i procedimenti espropriativi precedenti alla delibera impugnata sono stati attivati sull’erroneo presupposto della proprietà comunale del bene nel frattempo passata al signor omissis con gli atti di compravendita richiamati in premessa (segnatamente i ruderi della ex chiesa del SS. Rosario venduta allo stesso dall’ente proprietario, cioè la Parrocchia Santa Maria Assunta di Cleto).
Tale cessione, in quanto relativa ad un bene vincolato, è stata poi autorizzata dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali con provvedimento prot. 3672 del 25 giugno 2015, comunicato con atto prot. 9853 del 17 settembre 2015 al comune di Cleto che non ha esercitato il diritto di prelazione. In ogni caso, i provvedimenti del 2014 non sono mai stati comunicati all’appellato.
La delibera impugnata del 2016 non è stata dunque un atto meramente ricognitivo, giacché si è resa necessaria, come evidenzia lo stesso Comune, per le “varie esigenze contrapposte pervenendo alla conclusione della necessità dell’esproprio del bene”, con una nuova valutazione dei fatti.
Tale delibera, con cui in sostanza si è approvato il progetto, si è dichiarata la pubblica utilità, si è adottato il decreto di esproprio e stabilita l’immissione nel possesso, ha superato, incorporandola e sostituendola, la precedente delibera consiliare risalente all’anno 2014, è stata poi impugnata nei termini dall’appellato.
13. Quanto all’erronea conclusione del T.a.r. sulla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento di cui alla delibera impugnata (n. 6/2016), va rilevato che l’art. 21 octies della legge n. 241/1990, richiamato dalla parte appellante, non può trovare applicazione nella materia espropriativa nella quale è necessario dar modo agli interessati di partecipare al procedimento.
Per tale ragione, il giudice di primo grado ha ritenuto manifestamente fondato il mezzo d’impugnazione nel quale si lamentava la violazione degli artt. 11 e 16 del D.P.R. 327/2001, nonché dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, avendo il signor omissis dimostrato come la comunicazione di avvio del procedimento gli fosse stata spedita tra il 20 ed il 21 luglio 2016, ossia contestualmente alla data (20-22 luglio 2016) di adozione della delibera impugnata, che, come sopra detto, ha recato la dichiarazione di pubblica utilità, la riapprovazione del progetto inerente i ruderi della chiesa del SS. Rosario di Cleto e l’assegnazione dei termini per lo svolgimento della procedura espropriativa.
14. D’altra parte, è pacifico che in tema di espropriazione per pubblica utilità l'avviso di cui all'art. 11 del d.P.R. n. 327/2001 debba contenere, per essere legittimo, l'indicazione delle particelle e dei nominativi, quali indefettibili elementi diretti ad individuare i soggetti espropriandi ed i beni oggetto del procedimento amministrativo, avendo lo scopo di essere idoneo a garantire l'effettiva conoscenza, di guisa che il proprietario inciso sia posto in grado di optare o non per la partecipazione procedimentale in chiave difensiva (cfr. ex multis, Consiglio di Stato, Sez. IV, 15 aprile 2013, n. 2070).
In sostanza, in forza di quanto previsto dagli artt. 11 e 16 del D.P.R. n. 327/2001, all’appellato andava inviato l'avviso di avvio del procedimento e del deposito degli atti volti a promuovere l'adozione dell'atto dichiarativo di pubblica utilità, con l'indicazione del nominativo del responsabile del procedimento.
Il mancato assolvimento del duplice obbligo di comunicazione ha quindi implicato l'illegittimità dell'atto dichiarativo della pubblica utilità e degli altri atti successivi, a nulla rilevando che l'interessato abbia avuto comunque conoscenza del procedimento. Peraltro, tale obbligo di comunicare l'avvio del procedimento non può considerarsi superfluo neanche se afferente ad una procedura di rinnovazione di precedente progetto di opera pubblica o di dichiarazione di pubblica utilità conosciuta da parte dei proprietari interessati (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 9 dicembre 2010, n. 8688). La mancata comunicazione ex art. 11, d.P.R. n. 327/2001 lede infatti il diritto di quest’ultimi a partecipare in chiave difensiva al procedimento, determinando l'illegittimità del provvedimento così assunto, senza potersi invocare neppure la previsione del comma 2 dell'art. 21 octies, della legge n. 241 del 1990, per prevenire la pronuncia caducatoria (cfr. T.a.r. per il Friuli-Venezia Giulia, Trieste, sez. I, 3 ottobre 2016, n. 411).
15. Per le ragioni sopra esposte, l’appello va respinto e per l’effetto va confermata la sentenza impugnata.
16. Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c.. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati, infatti, dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di segno diverso.
17. In ragione della complessità della vicenda le spese di giudizio possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 ottobre 2017 con l'intervento dei magistrati:
Oberdan Forlenza, Presidente FF
Giuseppe Castiglia, Consigliere
Daniela Di Carlo, Consigliere
Nicola D'Angelo, Consigliere, Estensore
Giovanni Sabbato, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Nicola D'Angelo Oberdan Forlenza
IL SEGRETARIO