Impugnazione del decreto di esproprio - TAR Sardegna, sez. II, sent. n. 401 del 03.06.2014
Pubblico
Giovedì, 13 Novembre, 2014 - 01:00
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna, (Sezione Seconda), sentenza n.401 del 3 giugno 2014, sulla procedura ablativa e sul decreto di esproprio
N. 00401/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00787/2005 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 787 del 2005, proposto da:
Cossu Andrea, Cossu Maria Francesca, Cossu Antonio, Cossu Maria Luisa, Congiu Maria Sebastiana e Congiu Antonietta, tutti rappresentati e difesi dagli avv.ti Francesco Pirari, Gianfranco Mattana e Gianraimondo Fodde, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Cagliari, via Azuni n. 50;
contro
Consorzio Acquedotto sul Rio Govossai - Nuoro, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Giovanna Antonia Cossu, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Antonello Rossi in Cagliari, via Andrea Galassi n. 2;
Regione Autonoma della Sardegna, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Sonia Sau e Mattia Pani, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale della Regione Sarda in Cagliari, viale Trento, n. 69;
nei confronti di
A.T.I. Impresa Francesco Ciusa s.r.l. – Impresa Ing. G.B. Bosazza s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Antonello Angioni e Giovanna F. Dessì, con domicilio eletto presso il loro studio in Cagliari, via Tiziano n. 11;
per l'annullamento
- del decreto definitivo di espropriazione n. 5/11, adottato dal Direttore del Servizio Regionale delle Espropriazioni in data 4.4.2005 e notificato alla sola Congiu Antonietta in data 11-13.05.2005;
- della deliberazione del Consiglio di Amministrazione del Consorzio Acquedotto sul Rio Govossai n. 301 dell’11.10.2000;
- degli altri atti presupposti, non conosciuti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Consorzio Acquedotto sul Rio Govossai, dell’A.T.I. Impresa Francesco Ciusa s.r.l. – Impresa Ing. G.B. Bosazza s.r.l. e della Regione Autonoma della Sardegna;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 maggio 2014 il dott. Francesco Scano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Riferiscono i ricorrenti di essere proprietari pro quota per successione ereditaria di alcuni terreni siti in Comune di Nuoro, oggetto dell’impugnato decreto di esproprio.
In particolare, Cossu Andrea e Cossu Maria Francesca sono eredi di Cossu Basilio, Cossu Antonio e Cossu Maria Luisa sono eredi di Cossu Diego, Congiu Maria Sebastiana e Congiu Maria Antonietta sono eredi di Cossu Giovanna.
In data 11 maggio 2005, prosegue l’esposizione, la sola ricorrente Congiu Antonietta riceveva da parte dell’A.T.I. Impresa Francesco Ciusa s.r.l. e Impresa Ing. G.B. Bosazza s.r.l. – appaltatrice, nonché concessionaria per la procedura espropriativa, dei lavori di disinquinamento della diga Petra ‘e Othoni e della bassa valle del Cedrino mediante l’adeguamento delle opere esistenti e la realizzazione di opere nuove e collettori acque nere del Comune di Nuoro in seguito ad asta pubblica indetta dal Consorzio Acquedotto sul Rio Govossai – la notifica del decreto definitivo di esproprio R.A.S. n. 5/11 del 4.4.2005, privo degli allegati.
Tale decreto, unitamente alla deliberazione del Consiglio di Amministrazione del Consorzio Acquedotto sul Rio Govossai n. 301 dell’11.10.2000 in esso menzionata, è stato impugnato con ricorso notificato l’11 luglio 2005 e depositato il 21 luglio 2005, deducendo come unico motivo di censura la violazione degli artt. 7 e 8 della Legge n. 241/1990 e dell’art. 10 della Legge n. 865/1971, per la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento espropriativo e l’omessa notificazione della dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza delle opere.
I ricorrenti hanno inoltre chiesto il risarcimento del danno subito per la perdita dei terreni illegittimamente espropriati, in quanto trasformati a tal punto da precluderne la restituzione o il ripristino in caso di accoglimento del ricorso.
Il Consorzio Acquedotto sul Rio Govossai (oggi confluito in Abbanoa S.p.A.), costituitosi in giudizio con memoria depositata il 9 dicembre 2005, ha affermato di aver dato comunicazione dell’avvio del procedimento e di aver notificato il decreto di occupazione d’urgenza n. 142 del 5.4.2001, la planimetria e l’elenco dei beni espropriandi a tutti coloro che risultavano intestatari catastali, segnatamente a Cossu Anna Pina, Cossu Antonio, Cossu Basilio, Cossu Carlo, Cossu Diego, Cossu Francesco, Cossu Maria Grazia, Cossu Paola, Cossu Sebastiano e Dettori Danielina, con lettere raccomandate A/R rispettivamente del 20 marzo 2001 e del 3 maggio 2001, e ha quindi chiesto il rigetto del ricorso.
Sempre in data 9 dicembre 2005 si è costituita in giudizio l’A.T.I. Impresa Francesco Ciusa s.r.l. – Impresa Ing. G.B. Bosazza s.r.l., che ha eccepito in via pregiudiziale il proprio difetto di legittimazione passiva e ha chiesto il rigetto del ricorso.
Si è poi costituita in giudizio in data 4 aprile 2014 la Regione Autonoma della Sardegna e, con memoria difensiva depositata il 5 maggio 2014, ha chiesto in via preliminare l’estromissione dal giudizio in quanto autorità espropriativa, estranea ai rapporti tra espropriante (A.T.I. Impresa Francesco Ciusa s.r.l. – Impresa Ing. Bosazza s.r.l., in nome e per conto del Consorzio Acquedotto sul Rio Govossai) ed espropriati, mentre nel merito ha concluso per l’infondatezza del ricorso.
I ricorrenti e il Consorzio resistente hanno depositato memorie difensive e di replica in vista dell’udienza pubblica del 21 maggio 2014 dove la causa, sentiti i difensori comparsi, è stata trattenuta in decisione.
Vanno anzitutto esaminate le eccezioni sollevate in via pregiudiziale dalla Regione Sardegna e dall’A.T.I. Impresa Francesco Ciusa s.r.l. – Impresa Ing. Bosazza s.r.l.
La prima ha richiesto di essere estromessa dal giudizio poiché il decreto regionale di esproprio costituisce mera esecuzione dei provvedimenti dei soggetti delegati dai quali è stata gestita l’intera procedura espropriativa (A.T.I. Impresa Francesco Ciusa s.r.l. – Impresa Ing. Bosazza s.r.l., in nome e per conto del Consorzio Acquedotto sul Rio Govossai).
L’istanza formulata deve essere respinta, atteso che nel giudizio amministrativo la legittimazione passiva va essenzialmente riferita all’Amministrazione che ha adottato l’atto ritenuto lesivo. Sebbene la Regione non abbia la titolarità sostanziale del rapporto controverso dal lato passivo, il Collegio ritiene che, ai fini dell’estromissione, debba sussistere la totale estraneità del soggetto evocato in giudizio rispetto alla materia del contendere (cfr. T.A.R. Lazio, sez. I, 5 dicembre 2011, n. 9544). Nella specie, l’Amministrazione regionale ha emesso il decreto d’esproprio impugnato, pur non avendo direttamente curato il relativo procedimento, pertanto risulta comunque coinvolta nella vicenda e, segnatamente, ha un interesse alla difesa del proprio atto.
Sempre in via pregiudiziale, l’ A.T.I. Impresa Francesco Ciusa s.r.l. – Impresa Ing. Bosazza s.r.l. ha sostenuto di non essere legittimata passiva in relazione alle pretese fatte valere dai ricorrenti, sul rilievo che la legittimazione processuale spetterebbe soltanto alla società capogruppo mandataria, nella specie l’Impresa Francesco Ciusa s.r.l..
L’eccezione è infondata.
Secondo quanto affermato dalla difesa regionale, l’A.T.I. Impresa Francesco Ciusa s.r.l. – Impresa Ing. Bosazza s.r.l. è autorità espropriante in nome e per conto del Consorzio Acquedotto sul Rio Govossai, circostanza questa non contestata dalla controinteressata.
In tema di raggruppamento temporaneo di imprese, la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che, ai sensi del D. Lgs. n. 406/1991, art. 23, comma 9 (oggi trasfuso nell’art. 37, comma 16 del D. Lgs. n. 163/2006), come pure ai sensi della precedente disciplina di cui alla L. n. 584/1977, all’impresa mandataria o “capogruppo”, la rappresentanza anche processuale, ex lege, delle imprese mandanti spetta esclusivamente nei confronti della stazione appaltante, per le operazioni e gli atti dipendenti dall’appalto, e non anche nei confronti dei terzi estranei a quel rapporto (cfr. Cass. Civ., sez. II, 20 maggio 2010, n. 12422), quali sono nella specie i ricorrenti, e che, in ogni caso, sussiste la titolarità in astratto delle posizioni soggettive sia in capo all’A.T.I., sia in capo alla singola impresa della stessa facente parte (cfr. T.A.R. Campania, sez. I, 30 novembre 2010, n. 12795).
Nella specie, lo svolgimento della procedura espropriativa era stato affidato alla A.T.I., sicché correttamente i ricorrenti l’hanno chiamata in giudizio.
Può ora passarsi all’esame del merito del ricorso, che appare fondato nei termini di seguito precisati.
Gli artt. 11 e 16, comma 4 del D.P.R. n. 327/2001 prevedono che dell’avvio del procedimento sia dato avviso al proprietario del bene sul quale si intende apporre il vincolo preordinato all’esproprio e al proprietario dell’area ove è prevista la realizzazione dell’opera, al fine di formulare osservazioni e così garantire un adeguato bilanciamento di tutti gli interessi coinvolti.
Tali disposizioni inducono a ritenere simile obbligo assolutamente cogente ed inderogabile, in armonia con i principi affermati dalla CEDU e ben recepiti a più riprese dal Consiglio di Stato.
Invero, un indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato, dal quale il Collegio non intende discostarsi, ha affermato il principio generale per cui “al privato proprietario di un’area destinata all’espropriazione, siccome interessata dalla realizzazione di un’opera pubblica, dev’essere garantita, mediante la formale comunicazione dell’avviso di avvio del procedimento, la possibilità di interloquire con l’Amministrazione procedente sulla sua localizzazione (…) prima della dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza e, quindi, dell’approvazione del progetto definitivo” (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. 20 dicembre 2002, n. 8; Cons. Stato, sez. IV, 21 agosto 2013, n. 4229; Cons. Stato, sez. IV, 13 marzo 2014, n. 1242).
Ai fini dell’individuazione dei soggetti interessati a partecipare alla procedura espropriativa, l’art. 3, comma 2 del D.P.R. n. 327/2001 dispone che “tutti gli atti della procedura espropriativa, ivi incluse le comunicazioni ed il decreto di esproprio, sono disposti nei confronti del soggetto che risulti proprietario secondo i registri catastali, salvo che l’autorità espropriante non abbia tempestiva notizia dell’eventuale diverso proprietario effettivo”.
Per costante giurisprudenza, una volta che l’Amministrazione procedente abbia ritualmente effettuato le notifiche agli intestatari catastali, la mancata notifica ai proprietari effettivi non può assumere carattere invalidante degli atti stessi o di quelli successivi (cfr. TAR Puglia, sez. II, 2 gennaio 2012, n. 4); è, infatti, onere del privato curare la corrispondenza delle risultanze catastali alla reale situazione giuridica dei beni in sua proprietà.
Dalle visure storiche degli immobili dell’Agenzia del Territorio – Ufficio di Nuoro, prodotte in giudizio dai ricorrenti, risulta che le denunce dei passaggi di proprietà per causa di morte relative a Cossu Diego e Cossu Giovanna sono agli atti dall’anno 2004, mentre le notifiche effettuate dal Consorzio Acquedotto sul Rio Govossai con lettera raccomandata A/R risalgono all’anno 2001; pertanto le comunicazioni avrebbero dovuto essere rivolte a coloro che, a quel tempo, figuravano come intestatari catastali.
Ciò premesso, non risulta tuttavia in atti che sia stato notificato neppure agli intestatari catastali allora risultanti l’avviso di avvio del procedimento; il Consorzio resistente ha infatti depositato in giudizio delle lettere raccomandate A/R del 3.5.2001, che contengono unicamente il decreto di occupazione d’urgenza n. 142 del 5.4.2001, la planimetria e l’elenco dei beni espropriandi.
Le comunicazioni di avvio del procedimento che il Consorzio asserisce di avere notificato agli intestatari catastali il 20.03.2001, oltre a non essere state depositate in giudizio, non potrebbero comunque integrare dei validi avvisi di avvio del procedimento espropriativo; infatti la comunicazione di avvio deve essere inviata in vista dell’approvazione del progetto dell’opera pubblica, che nella specie è avvenuta con l’impugnata deliberazione del Consiglio di Amministrazione del Consorzio Acquedotto sul Rio Govossai n. 301 dell’11.10.2000, mentre le comunicazioni su indicate sono intervenute in data successiva all’approvazione del progetto.
Da ciò discende l’illegittimità della delibera di approvazione del progetto dell’opera pubblica e, in via derivata, del decreto di espropriazione; ciò implica la qualificazione in termini di illiceità dell’occupazione e della trasformazione dei terreni dei ricorrenti.
I ricorrenti hanno inoltre chiesto la condanna al risarcimento dei danni connessi alla perdita della proprietà, ritenendo che si sia verificata un’ipotesi di accessione invertita delle loro aree illegittimamente occupate.
La domanda non può essere accolta.
Come già affermato dalla Sezione con la sentenza 19 febbraio 2013 n. 145, il principio dell’occupazione acquisitiva, per effetto della realizzazione di un’opera pubblica sul terreno occupato, è stato riconsiderato dal Consiglio di Stato con le sentenze A.P., 29.4.2005 n. 2 e sez. IV, 21.5.2007 n. 2582, che il Collegio condivide, nella quale ultima è stato ribadito che tale modalità di acquisto della proprietà “non è conforme ai principi della Convenzione Europea sui diritti dell’uomo, che hanno una diretta rilevanza nell’ordinamento interno, poiché:
- per l’art. 117, primo comma, della Costituzione, le leggi devono rispettare i “vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario”;
- per l’art. 6 (F) del Trattato di Maastricht (modificato dal Trattato di Amsterdam), «l’Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ... in quanto principi generali del diritto comunitario»;
- per la pacifica giurisprudenza della CEDU (che ha più volte riaffermato i principi enunciati dalla Sez. II, 30 maggio 2000, ric. 31524/96, già segnalata in data 29 marzo 2001 dall’Adunanza Generale di questo Consiglio, con la relazione illustrativa del testo unico poi approvato con il d.P.R. n. 327 del 2001), si è posta in diretto contrasto con l’art. 1, prot. 1, della Convenzione la prassi interna sulla ‘espropriazione indiretta’, secondo cui l’Amministrazione diventerebbe proprietaria del bene, in assenza di un atto ablatorio (cfr. CEDU, Sez. IV, 17 maggio 2005; Sez. IV, 15 novembre 2005, ric. 56578/00; Sez. IV, 20 aprile 2006).
Nella sentenza si afferma anche che “dalla Convenzione europea e dal diritto comunitario già emerge il principio che preclude di ravvisare una ‘espropriazione indiretta’ o ‘sostanziale’, pur in assenza di un idoneo titolo, previsto dalla legge.”
Orbene, l’istituto, di matrice giurisprudenziale, della c.d. accessione invertita (o occupazione acquisitiva o usurpativa) è stato espunto dall’ordinamento giuridico per effetto dell’intervento della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che ha imposto un adeguamento della disciplina in materia con l’introduzione, da ultimo, dell’art. 42 bis del T.U. degli espropri, applicabile anche “ai fatti anteriori alla sua entrata in vigore”.
Alla luce del richiamato contesto normativo e giurisprudenziale, il completamento dell’opera pubblica e l’irreversibile trasformazione del bene sine titulo non determinano alcun effetto acquisitivo della proprietà in capo alla P.A.
Ne consegue che i ricorrenti sono da ritenersi tutt’ora proprietari dei terreni occupati sine titulo dal Consorzio Acquedotto sul Rio Govossai, il quale potrà essere chiamato a restituirli ed a risarcire i danni derivanti dall’occupazione illegittima.
Tuttavia, questo Giudice non può ordinare la restituzione dei beni in favore dei ricorrenti, mancando una specifica domanda in tal senso. Né può condannare il Consorzio a risarcire i danni asseritamente subiti per effetto della perdita del diritto dominicale, in quanto, come evidenziato, tale circostanza non si è mai verificata.
Giova peraltro sottolineare che il Consorzio, anche al fine di evitare un successivo contenzioso, dovrà valutare l’opportunità di avviare, sussistendone i presupposti di legge, il procedimento di cui all'art. 42 bis del D.P.R. n. 327/2001, finalizzato all’adozione di un provvedimento motivato di acquisizione dei terreni in oggetto; in questa ipotesi dovrà riconoscere ai ricorrenti, oltre al danno da mancato godimento del bene (non richiesto in questa sede), anche il danno da perdita definitiva della proprietà, da liquidarsi nel rispetto dei criteri indicati dal citato articolo.
In definitiva, per tutto quanto esposto, il ricorso va accolto con riguardo alla domanda di annullamento del decreto definitivo di espropriazione n. 5/11 del 4.4.2005 e della deliberazione del Consiglio di Amministrazione del Consorzio Acquedotto sul Rio Govossai n. 301 dell’11.10.2000, mentre va respinto con riferimento all’istanza risarcitoria così come formulata.
Le spese del giudizio seguono la parziale soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando in parte respinge ed in parte accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il ricorso come in epigrafe proposto e, per l’effetto, annulla gli impugnati atti della procedura espropriativa.
Condanna le Amministrazioni resistenti e la controinteressata ATI al pagamento in favore dei ricorrenti delle spese del giudizio, liquidandole in euro 1000,00 (mille/00) a carico di ciascuna di esse, oltre accessori di legge e rimborso da parte del Consorzio del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 21 maggio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Scano, Presidente, Estensore
Tito Aru, Consigliere
Antonio Plaisant, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/06/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)