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Sui vincoli espropriativi - Cons. Stato, sez.IV, sent. n. 3157 del 23.06.2015

Pubblico
Martedì, 28 Luglio, 2015 - 02:00

Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), sentenza n. 3157 del 23 giugno 2015, sui vincoli espropriativi
 
N. 03157/2015REG.PROV.COLL.
 
N. 07823/2013 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Consiglio di Stato
 
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
 
ha pronunciato la presente
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 7823 del 2013, proposto da: 
Altair S.p.A., rappresentata e difesa dall'avv. Umberto Grella, con domicilio eletto presso Guido Francesco Romanelli in Roma, Via Cosseria, 5; 
contro
- Comune di Milano, rappresentato e difeso dagli avv.ti Raffaele Izzo, Antonello Mandarano e Paola Cozzi, con domicilio eletto presso Raffaele Izzo in Roma, Lungotevere Marzio, 3; 
- Ministero Infrastrutture, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE IV, n. 02061/2013, resa tra le parti, concernente l’approvazione della realizzazione del parco agricolo urbano - vincolo preordinato all'esproprio - dichiarazione di pubblica utilità.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Milano e di Ministero Infrastrutture;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 aprile 2015 il Cons. Raffaele Potenza e uditi per le parti gli avvocati Guido Francesco Romanelli su delega dell'avvocato Umberto Grella, l'Avvocato dello Stato Giustina Noviello e Alvise Vergerio di Cesana su delega dell'avvocato Raffaele Izzo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO
1.- La s.p.a ALTAIR, titolare di un ampio complesso immobiliare sito in Comune di Milano (e comprendente un edificio denominato “Cascina Campazzo”), impugnava innanzi al TAR Lombardia una serie di provvedimenti emessi dall’amministrazione comunale (nell’arco di tempo 2000-2012) finalizzati alla realizzazione del Parco Agricolo del Ticinello, ubicato nella zona sud della città ed interessante il citato complesso immobiliare. L’edificio risultava già ricompreso in zona agricola e destinato a verde comunale nel 1984, e successivamente interessato dalla realizzazione di un parco agricolo urbano nel 1986. A seguito dell’entrata in vigore della L.R. Lombardia 24/1990 il predetto compendio immobiliare era stato poi inserito nel perimetro del “Parco Agricolo Sud di Milano” e nel corso del 1993 vincolato ai sensi della legge 1497/1939. Al tal fine il Comune attivava la sequenza procedimentale di cui sopra, contestata tuttavia dalla società ALTAIR, la quale in particolare chiedeva al TAR, con distinti ricorsi, l’annullamento dei seguenti atti:
- delibera del Consiglio comunale 23.7.1998, n. 75, avente ad oggetto l’approvazione di un terzo programma di opere pubbliche per l’anno 1998 e dei relativi progetti preliminari; delibera della Giunta 23.12.1998, n. 3961 recante l’approvazione delle opere urgenti per la realizzazione del Parco Agricolo;
- delibera consiliare 9.10.2000, n. 114 di approvazione della variante del 23.12.1998 con cui veniva approvato il progetto esecutivo delle opere urgenti del Parco, il piano di esproprio di tutte le aree, tra cui quella della ricorrente e la conseguente acquisizione delle stesse (ricorso n. 851 del 2001);
- delibera consiliare n. 88/2006, di adozione di variante al PRG finalizzata alla realizzazione del predetto Parco agricolo (ricorso n. 22 del 2007);
- delibera consiliare n. 26 del 23.4.2007, recante approvazione della variante al PRG (ricorso n. 1606 del 2007);
- delibera della Giunta comunale n. 1374 del 12.6.2007, approvativa del progetto preliminare del Parco agricolo (ricorso n. 2165 del 2007);
- delibera consiliare n. 52/07, recante modificazione ed integrazione del piano triennale (2007/2009) delle opere pubbliche (ricorso n. 81 del 2008);
- delibera giuntale n. 1089 del 18 maggio 2012, notificata in data 1 agosto 2012, recante la dichiarazione di pubblica utilità con destinazione ad uso pubblico ed esproprio della porzione immobiliare denominata “Cascina Campazzo” (ricorso n.2423/2012);
- nota prot. 329866/2012 del 16 maggio 2012 del Comune di Milano recante l’avvio del procedimento relativo all’acquisizione del compendio costituito dalla Cascina Campazzo e relative pertinenze (ricorso n. 2423 del 2012).
1.2.- Con la sentenza in epigrafe specificata, il TAR, riuniti i ricorsi, ha:
- dichiarato improcedibile il ricorso n. 851/2001;
- rigettato i ricorsi n. 22/07 e n. 1606/07;
- dichiarato in parte inammissibili e in parte rigettato i ricorsi n. 2165/07 e n. 2423/2012;
- dichiarato inammissibile il ricorso 81/08;
- dichiarato il difetto di giurisdizione in favore del giudice ordinario in relazione alla contestata misura dell’indennità di esproprio.
2.- La decisione è stata appellata dalla società ALTAIR col ricorso in esame, a sostegno del quale la ricorrente ha dedotto censure trattate nella parte in diritto della presente decisione. Al ricorso resistono il Comune di Milano ed il Ministero delle infrastrutture, il primo precisando le proprie difese a sostegno dell’infondatezza del gravame.
2.1.- Con memoria in data 26.6.2014 , il Comune di Milano ha reso noto che in pendenza del giudizio d’appello è stato emesso il decreto di espropriazione delle aree interessate dal procedimento in controversia, evento che presenta implicazioni di carattere processuale rispetto al ricorso all’esame. Pertanto il Collegio, al fine di decidere in ordine all’appello, ha ritenuto necessario (sent. istr. n.215/2015):
a) acquisire agli atti di causa il menzionato Decreto, con estremi di notifica al soggetto espropriato;
b) conoscere se il medesimo sia stato o meno oggetto di impugnazione innanzi al TAR da parte della società odierna ricorrente.
2.2.- Detti incombenti sono stati eseguiti, risultando sia l’emissione del decreto ablativo che la sua impugnazione innanzi al TAR Lombardia. Alla pubblica udienza del 14.4.2015, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
- Preliminarmente deve rilevarsi che l’appello si conferma procedibile poiché, come risulta dall’esito dell’istruttoria disposta, agli atti della procedura ablativa in questa sede contestati è seguito il decreto di esproprio ma anche la sua impugnazione innanzi al TAR Lombardia.
- Ancora preliminarmente, la Sezione ritiene di evidenziare che la ricostruzione in fatto, come sopra riportata ed emergente dalla sentenza impugnata, non sia stata contestata dalle parti costituite per cui, vigendo la preclusione di cui all’art. 64 comma 2 del codice del processo amministrativo, deve considerarsi idonea alla prova dei fatti oggetto di giudizio.
1.- L’appello è infondato e deve essere respinto.
1.1.- Il primo motivo di gravame avversa la sentenza ove ha dichiarato improcedibile il ricorso (n.851/2001) contro l’imposizione del vincolo, attesa l’intervenuta decadenza del medesimo; in proposito l’appellante evidenzia che, ai sensi dell’art. 34 del c.p.a., il venir meno dell’interesse all’azione di annullamento non investe quello che sostiene l’azione risarcitoria. Il Comune ribatte l’insussistenza dell’interesse risarcitorio poiché il provvedimento impugnato, cui la prospettiva risarcitoria si ricollega, è stato superato dai successivi provvedimenti di rinnovazione del vincolo e parimenti impugnati, con conseguente preclusione di ogni utilità per la ricorrente derivante dal ricorso dichiarato improcedibile. Il Collegio condivide tale rilievo e pertanto la censura in esame si palesa infondata.
1.2.- Il secondo motivo sostiene l’erroneità della reiezione dei ricorsi (n.22/07 e n.1606/07) proposti contro gli atti rinnovativi del vincolo espropriativo e non ritenuti dal primo giudice inficiati da difetto di motivazione. Secondo la ricorrente, in base all’art. 3,c.4, del dpr n. 327/2001, il vincolo espropriativo poteva essere reiterato solo rinnovando i procedimenti previsti dal primo comma della disposizione, i quali però hanno una natura tipicamente pianificatoria, che non sarebbe invece riconoscibile nella variante di PRG (censurata col ricorso n.1606), limitandosi la stessa all’introduzione di un vincolo conformativo (la destinazione a parco). La tesi non può essere accolta. La destinazione di una zona a parco (come ad attrezzature o a verde pubblico ecc.), allorchè la sua realizzazione da parte dello strumento urbanistico sia prevista mediante attività ablativa, conferma in tutta evidenza la natura espropriativa del vincolo e conseguentemente la possibilità giuridica del suo rinnovo mediante atti di natura pianificatoria. Quanto al profilo sostanziale della questione ed inerente la censura di difetto di motivazione, il Collegio deve confermare che le motivazioni delle due delibere di pianificazione (adozione ed approvazione dello strumento) sono sufficientemente articolate e risultano peraltro fondate sulla base del permanere di un evidente interesse pubblico ad acquisire immobili che continuano a presentare un ampio interesse ambientale e paesaggistico.
1.3.- Infondata è anche la censura (punto 2.3. a p.20 del ricorso) che nega il principio, affermato dal primo giudice, per cui il non aver percorso altre strade pianificatorie (quali la cessione delle aree o l’attuazione dell’impegno assunto dal privato a realizzare il parco) costituisca espressione di discrezionalità amministrativa, non soggetta a particolare onere di motivazione. In particolare ci si duole che il TAR non abbia dato rilievo al fatto che il Comune, con l’approvazione dello strumento in variante, ha interrotto un ben avviato procedimento per l’esame della proposta di realizzazione del parco presentata dalla proprietà, e che su tale specifico punto il provvedimento si mostrava del tutto carente di motivazione. Al riguardo osserva tuttavia il Collegio che il TAR ha condivisibilmente dato atto all’Amministrazione di aver compiuto una valutazione complessiva, comprendente anche i profili inerenti il tipo di procedimento prescelto (ivi comprese, “ratione materiae”, le difficoltà riscontrate a percorrere la strada dell’accordo col proprietario).
1.4.- La doglianza di cui al punto 2.4 reputa non convincenti le ragioni del rigetto, pronunziato sulla base di sentenza di questo Consesso (a.p. n. 7/2007), del motivo che sosteneva l’illegittimità della reiterazione del vincolo per mancata previsione della sua scadenza. Ma in contrario il primo giudice ha posto in rilievo che, anche secondo il citato orientamento, tale mancata previsione non integra una profilo patologico dell’atto amministrativo se non in presenza di una proroga “sine die” o di un limite temporale comunque indeterminato, operando in tal caso sempre il limite quinquennale previsto dalla legge per il vincolo preordinato all’espropriazione.
1.5.- Con altra censura viene ripresa la questione del mancato invio degli atti all’ente provinciale per il parere, richiesto (secondo l’appellante) ai sensi dell’art. 3, c. 18, l.r. lomb. n. 1/2000; tale norma è stata ritenuta invece inapplicabile dal TAR atteso che la variante in discussione è stata adottata ed approvata ai sensi della legge regionale n. 23/1997 e della procedura semplificata da essa prevista. Sul punto deve ritenersi corretto l’orientamento accolto dal TAR ove ha affermato che “la L. r. 1/2005, elenca i provvedimenti che devono essere sottoposti al parere provinciale e all’art. 14 richiama genericamente i piani attuativi e le loro varianti, ma non fa menzione delle varianti di cui alla legge regionale del 1997, tra cui rientrano quelle del presente giudizio”. Peraltro la legge n.1/2000 sembra avere carattere generale (proprio perché non distingue tra varianti con procedimento ordinario o semplificato), essendo quindi suscettibile di essere derogata da norme semplificatrici di natura speciale, e comunque non ha abrogato sul punto la legge n. 97.
In base a quanto sopra, del tutto priva di rilievo risulta poi la problematica sollevata a carico della delibera di giunta provinciale n. 826/2003 (che conferma la procedura semplificata); essa infatti, come indicato dalla stessa appellante, ha la valenza di circolare, sicchè senza fondamento si palesa anche la ulteriore questione se essa fosse o meno in vigore al momento procedimentale di cui si tratta. Pertanto la percorribilità della procedura semplificata, senza necessità di parere provinciale, sulla base delle leggi regionali sopra richiamate si conferma legittima.
1.6.- Secondo altro motivo, la sentenza risulterebbe erronea ove ha negato che la necessità di sottoporre la variante alla Provincia derivasse comunque dall’orientamento espresso dal TAR Lombardia n. 499/2011. Anche questa tesi non può trovare accoglimento. Va premesso che la variante in discussione, attuando una precedente e già vagliata previsione (il piano agricolo generale), non si colloca tra quelle da sottoporre alla Provincia, non introducendo alcuna novità sostanziale nel regime di tutela ambientale e per la stessa ragione non doveva trovare preventiva collocazione del PTC provinciale. L’orientamento espresso dalla citata sentenza, al contrario, si riferisce all’opposto caso i cui la variante non abbia visto alcun vaglio precedente sui profili ambientali, sicchè per tale ragione, potendo recare profili di contrasto col PTC, debba essere sottoposta a valutazione in quella sede. Correttamente perciò il TAR non ha correlato la necessità della variante alla fattispecie della cennata decisione.
1.7.- La sentenza risulterebbe errata (secondo il motivo sub. 2.6.) anche dove ha respinto la censura che specificamente lamentava l’omessa acquisizione del parere contabile sugli atti programmatori alla delibera di variante; si argomenta a supporto della tesi che la stessa delibera ne dichiara la necessità. Tale circostanza, tuttavia, è irrilevante al fine di determinare il superamento della fonte normativa di riferimento già sopra richiamata, come correttamente interpretata dalla giurisprudenza (cfr. questa Sezione, n.251/2012, citata dal TAR).
1.8.- Errato sarebbe inoltre il rigetto della censura di violazione dell’art. 3 della legge regionale n. 23/97, per aver inviato la variante (ai fini della pubblicazione sul BURL) genericamente alla Regione Lombardia anziché ai competenti uffici della Giunta regionale, i quali si ipotizza perciò che non avrebbero potuto compiere le necessarie verifiche di legge. Si tratta tuttavia di un irregolarità di tipo comunicativo che, oltre a non attenere all’esercizio di una volontà amministrativa, non ha comunque impedito il raggiungimento del fine sotteso all’adempimento. Quanto alla ipotizzata carenza dei presupposti per la pubblicazione, incombeva all’appellante dimostrare che la stessa fosse avvenuta in violazione delle norme di legge in materia.
1.9.- Vanno quindi esaminate le doglianza attinenti al rigetto del ricorso n. 2165/2007 (rivolto contro il progetto preliminare del Parco, delib. n. 1374/2007), che viene avversato sotto tre aspetti.
a).- Il primo investe la questione della mancata allegazione di taluni documenti, ritenuti invece necessari dalla ricorrente ai sensi dell’art. 18 d.p.r. 554/1999 (relazione geologica, geotecnica, idrologica, idraulica e sismica, studio di prefattibilità ambientale, indicazioni in tema di piano di sicurezza e le relazioni specialistiche). Osserva l’appellante che dagli atti emerge la mancata esposizione delle ragioni della mancata acquisizione di detti documenti, che l’espropriato non poteva autonomamente ricostruire né quindi sindacare. Al riguardo il Collegio osserva che la carenza di allegazione documentale, integrando un comportamento, non costituisce in sé esercizio di potere sindacabile per un vizio di motivazione in specifico ordine alla scelta di non acquisire i documenti in questione. Diversa è la questione sostanziale (su cui si è soffermato il TAR), inerente la completezza istruttoria dell’iter amministrativo, se i cennati documenti dovevano o meno essere acquisiti rispetto al modello procedimentale di riferimento. In merito, il primo giudice, dopo aver analiticamente motivato le ragioni per cui la mancata acquisizione doveva ritenersi legittima, ha concluso affermando che “la società ricorrente si duole dell’assenza dei citati documenti, ma non evidenzia quale sarebbe l’illegittimità della delibera; in altri termini, la doglianza mossa dalla società ricorrente ha carattere meramente formale, perché non è in grado di precisare quale sarebbe l’errore progettuale causato dall’assenza di tali documenti o come avrebbe dovuto essere in concreto il progetto”. A fronte di ciò, anche in questa sede, l’appellante contrasta queste ragioni in maniera meramente dichiarativo-formale, senza però dimostrare sotto quale aspetto il progetto impugnato risulti inficiato nella sua sostanza giuridica dalle lamentate omissioni. Il TAR ha invece analiticamente motivato il rigetto del ricorso sul punto, osservando che: “l’art. 18 d.p.r. 554/1999 precisa che tali documenti debbano essere allegati “salvo diversa determinazione del responsabile del procedimento”; in data 12.6.2007 il Responsabile del Procedimento ha espressamente evidenziato che i documenti richiamati dalla società ricorrente nel ricorso non sono necessari in relazione alla tipologie delle opere previste. Tale valutazione, di matrice intimamente discrezionale, appare logica, in relazione alle opere da realizzare e, quindi, immune da censure”.
b)- Quanto alla specifica contestazione avente ad oggetto l’assenza della relazione illustrativa, il TAR ha evidenziato che “la relazione tecnica in atti espone compiutamente il progetto e gli interventi da realizzare”. L’assenza della relazione illustrativa non è, quindi, in grado di inficiare il provvedimento impugnato, essendo incontestato che la “relazione tecnica, per l’ampiezza dei contenuti, comprende in sé la relazione illustrativa”.
L’appellante insiste nella lamentata carenza, ignorando però le ragioni (sopra richiamate) per le quali, in razionale esercizio della facoltà di cui all’art. 18 d.p.r. 554/1999, il responsabile del procedimento l’ha ritenuta compresa nella più ampia portata della relazione tecnica.
c)- Infondato è infine il terzo aspetto della censura, inerente la pronunzia di improcedibilità per difetto di interesse del motivo di ricorso contro il progetto nella parte in cui prevedeva determinati interventi; la doglianza è motivata con il disposto dell’art. 34 del c.p.a, in base al quale l’improcedibilità dell’azione di annullamento non determina l’improcedibilità della contestuale azione proposta per il risarcimento del danno. Il motivo è fuori centro, trascurando che l’improcedibilità è stata dichiarata dal TAR non per ragione riferita all’interesse sostanziale azionato, bensì perché sul punto il provvedimento è stato superato da un atto successivo (delib. n.1089/2012), impugnato con altro ed autonomo ricorso di primo grado (n.2423/2012), parimenti deciso dalla sentenza gravata.
1.10.- Anche la pronunzia di inammissibilità del ricorso n. 81/2008 ( volto contro la modifica integrativa del programma triennale delle opere pubbliche) e resa in ragione della non lesività di un atto di natura programmatica, sarebbe erronea, poiché la lesività emergerebbe dal fatto che il provvedimento risulta inserito in “una sequenza procedimentale in cui sono stati inseriti atti già impugnati con precedenti ricorsi connessi” e dal rilievo che la realizzazione del Parco era stata già anticipata nel 2007.
Nessuna di tale circostanze, tuttavia, elide la natura del programma triennale, da verificare in ragione della sua effettiva lesività, e che, potendo essere realizzato solo attraverso una specifica procedura di attuazione (che inizia con l’approvazione progettuale dell’opera) , non è in grado quindi di determinare una immediata lesione della posizione interessata.
1.10.1.- Non possono quindi essere esaminati i motivi qui riprodotti, proposti a sostegno del ricorso n. 81/2008 che si conferma inammissibile.
1.11.- Altro ordine di motivi riguarda la sentenza resa sul ricorso n. 2423/2012, contro la deliberazione giuntale (n. 1089/2012), recante la dichiarazione di pubblica utilità finalizzata all’esproprio della Cascina inserita nel complesso immobiliare; la decisione è qui contestata per il rigetto dei quattro motivi che sostenevano l’impugnazione e qui riproposti dall’appellante.
a)- In ordine alla sostenuta violazione delle regole sull’avvio del procedimento, la società ricorrente, in particolare, si doleva di aver ricevuto comunicazione di avvio del procedimento in data 16.5.2012 via fax e di non aver avuto tempo di partecipare al procedimento amministrativo perché la delibera impugnata è intervenuta due giorni dopo, in data 18.5.2012. Sul punto il Tribunale ha evidenziato che:
- “le norme in tema di partecipazione al procedimento amministrativo vanno interpretate in senso sostanziale, evitando di affidarsi a letture formalistiche che possono sottendere fini meramente speculativi e non in linea con il principio di effettività. Del resto, la giurisprudenza amministrativa consolidata, cui questo giudice intende dare continuità, ha chiarito che la comunicazione di avvio del procedimento non è necessaria laddove l’interessato sia già a conoscenza dell’esistenza di un procedimento amministrativo”;
- dall’avviso di avvio del procedimento comunicato in data 9.6.2006, inerente l’imposizione del vincolo, e come risulta dalla presentazione di memorie scritte si ricava che la società ricorrente fosse a conoscenza dell’instaurazione di un procedimento amministrativo teso all’espropriazione dell’immobile.
In contrario l’appellante argomenta che il riferimento a detto avviso non supplisce alla carenza del medesimo con riguardo al diverso atto della dichiarazione di pubblica utilità, che costituisce un atto autonomo del procedimento deve essere preceduto da uno specifico avviso, come posto in luce da ampi riferimenti giurisprudenziali. Nella fattispecie, tuttavia, la censura non smentisce che la società ricorrente avesse conoscenza del procedimento di esproprio sin dal suo inizio, mentre l’esigenza di interpretare in maniera non formalistica l’istituto in esame palesa che la necessità di un avviso che preceda la dichiarazione di p.u. deve ritenersi assoluta per quei procedimenti ablativi che vedano nella stessa il loro inizio, ma può essere evitata se si tratta di procedura ablatoria la cui portata è stata posta a conoscenza in uno o più atti che l’hanno preceduta ed idonei allo scopo come, nel caso che ne occupa, il provvedimento di imposizione del vincolo o quello di approvazione del progetto avente valore di dichiarazione di pubblica utilità implicita. In questo senso, con decisione che quindi smentisce la tesi della ricorrente, la Sezione ha affermato che l’istituto di cui all’art. 7 non può corrispondere ad un mero formalismo e che a tale fine detta norma deve ritenersi inapplicabile quando la partecipazione al procedimento sia ricavabile da altri elementi idonei a soddisfare le finalità cui si ispira la disposizione (sent. n.4421/2011).
b).- Infondato si conferma anche il motivo di ricorso teso a contestare i presupposti per la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera (delib. giuntale n. 1089 del 18.5.2012) in ragione della decadenza del vincolo preordinato all’esproprio, imposto con la deliberazione consiliare 23.4.2007. Il TAR ha rilevato il rispetto del termine in quanto:
- l’art. 3 della legge regionale n. 23/1997, sulla cui base è stato imposto il vincolo in questione, dispone che le varianti assumono efficacia alla data di pubblicazione sul BURL dell’avviso di deposito, nella specie pubblicato il 23.5.2007 dell’amministrazione resistente);
- pertanto al momento dell’emanazione del provvedimento amministrativo (18.5.2012) non erano ancora decorsi i cinque anni di vigenza del vincolo.
L’appellante contrasta questo computo affermando che il termine del quinquennio di efficacia del vincolo decorrerebbe dalla data di esecutività della delibera impositiva che, ai sensi dell’art. 134 del TUEL dichiarata immediatamente esecutiva, va individuata nello stesso 23.4.2007; rispetto a questa data il quinquennio era quindi decorso. La tesi si conferma infondata, operando l’indebita sovrapposizione di nozioni giuridiche (esecutività ed efficacia) che non sono, come si afferma, sinonimi, bensì istituti di contenuto ed effetti diversi. La immediata esecutività della delibera consiliare realizza il perfezionamento dell’atto nella sua idoneità ad produrre ed imporre effetti giuridici; l’efficacia derivante da una pubblicazione prevista dalla legge, quindi in funzione non meramente pubblicitaria, determina invece il momento di effettiva produzione degli effetti della deliberazione consiliare. Pertanto anche sotto questo aspetto l’operato del TAR, che ha verificato la sussistenza del vincolo alla data di pubblicazione del provvedimento, merita di essere condiviso.
c).- Quanto alla sostenuta carenza dei presupposti per addivenire alla dichiarazione di pubblica utilità, si sostiene che la sentenza avrebbe tralasciato di esaminare le censure di carenza di motivazione in ordine all’effettiva e perdurante necessità di procedere all’esproprio per conseguire un uso collettivo del bene. Anche questo motivo, comunque, non ha consistenza, poiché la procedura ablativa che attua il vincolo espropriativo per realizzare un Parco trova la propria ragione in quest’ultimo, tendendo ad acquisire il bene poiché sul piano dei principi non v’è dubbio che in tal modo meglio si persegue da parte dell’Amministrazione la finalità di utilizzo nel pubblico interesse cui tende il vincolo stesso. Le rimanenti quanto diffuse argomentazioni esposte dal punto in esame, non sollevano a carico della sentenza alcun profilo di difformità della condotta dell’amministrazione rispetto alle norme di legge e sono pertanto irrilevanti.
1.12.- Ulteriore ordine di rilievi critica il rigetto della censura (formulata col quinto motivo di ricorso) di violazione dell’art. 22 del TU espropri in tema di occupazione d’urgenza, motivato con la sua consequenzialità rispetto alla dichiarazione di p.u. . Secondo la ricorrente l’obbligo motivazionale deve essere osservato, ma il rilievo trascura che l’ordinanza occupativa è stata emessa non ai sensi dell’art.22 bis (che prevede l’occupazione particolarmente urgente e conseguentemente il decreto motivato) ma ai sensi dell’art. 22, in base al quale la giurisprudenza ha più volte posto in rilievo che ogni opera pubblica presenta per definizione un sufficiente carattere di urgenza , non postulando quindi un particolare onere di motivazione (cfr. per questo principio Cons. di Stato, sez. IV, n. 3696/2007, dal quale la Sezione non ravvisa ragioni per discostarsi).
1.13.- Infine viene censurato anche il capo della pronunzia che ha declinato la giurisdizione in tema di corretta individuazione dei parametri per determinare l’indennizzo espropriativo, poiché il TAR avrebbe equivocato sulla reale natura del provvedimento gravato. Anche l’individuazione dei criteri a tale scopo necessari, come le ipotesi di carenza degli stessi integrano questioni rientranti nella giurisdizione ordinaria.
2.- Conclusivamente l’appello deve essere respinto.
3.- Le questioni testè vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
4.- Sussistono giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, respinge l’appello.
Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 aprile 2015 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi,Presidente
Diego Sabatino,Consigliere
Raffaele Potenza,Consigliere, Estensore
Andrea Migliozzi,Consigliere
Antonio Bianchi,Consigliere
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/06/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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