TAR Veneto, sez. I, sent. n.1329 del 13.10.2014 - sul procedimento espropriativo
Pubblico
Venerdì, 5 Dicembre, 2014 - 01:00
Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, (Sezione Prima), sentenza n. 1329 del 23 ottobre 2014, sul procedimento ablativo
N. 01329/2014 REG.PROV.COLL.
N. 02032/2001 REG.RIC.
N. 00543/2002 REG.RIC.
N. 02080/2002 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2032 del 2001, proposto da:
Fiorini Luigi, rappresentato e difeso dagli avv. Domenico Carponi Schittar e Pietro Trabucchi, con domicilio eletto presso il primo in Venezia-Mestre, via Filiasi, 57;
contro
Comune di Colognola ai Colli, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giovanni Sala e Franco Zambelli, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Venezia-Mestre, via Cavallotti, 22;
sul ricorso numero di registro generale 543 del 2002, proposto da:
Fiorini Luigi, rappresentato e difeso dagli avv. Pietro Trabucchi e Luigi Carponi Schittar, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Venezia-Mestre, via Filiasi, 57;
contro
Comune di Colognola ai Colli, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giovanni Sala e Franco Zambelli, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Venezia-Mestre, via Cavallotti, 22
sul ricorso numero di registro generale 2080 del 2002, proposto da:
Fiorini Giovanni, Fiorini Luigi e Fiorini Maurizio, rappresentati e difesi dagli avv.ti Luigi Carponi Schittar e Pietro Trabucchi, con domicilio eletto presso il primo in Venezia-Mestre, via Filiasi, 57;
contro
Regione Veneto, rappresentata e difesa dall'avv. Ezio Zanon, con domicilio eletto presso il medesimo in Venezia - Regione Veneto - Cannaregio, 23;
Comune di Colognola ai Colli, rappresentato e difeso dall'avv.ti Giovanni Sala e Franco Zambelli, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Venezia-Mestre, via Cavallotti, 22;
per l'annullamento
quanto al ricorso n. 2032 del 2001:
della deliberazione del Consiglio Comunale n. 33 del 19.7.2001 di approvazione del progetto preliminare per la costruzione di una palestra e conseguente adozione di variante parziale al PRG e della deliberazione del Consiglio Comunale n. 37 del 5.9.2001 di rigetto alle osservazioni presentate alla variante n. 7 al PRG.
quanto al ricorso n. 543 del 2002:
della deliberazione della Giunta Comunale n. 205 del 10.12.2001 di approvazione del progetto definitivo per la costruzione di una palestra e della deliberazione della Giunta Comunale n. 4 del 14.1.2002 di approvazione del progetto esecutivo della stessa palestra;
quanto al ricorso n. 2080 del 2002:
del decreto della Giunta Regionale Veneto di approvazione della variante al PRG del Comune di Colognola ai Colli n. 1263 del 17.5.2002 e del decreto di occupazione d’urgenza notificato in data 30.8.2002, nonché di tutti gli atti presupposti.
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visto gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Colognola ai Colli e della Regione Veneto;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 ottobre 2014 il dott. Alessio Falferi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso sub R.G. n. 2032/2001, il ricorrente Fiorini Luigi, dopo aver richiamato la sentenza n. 1215/2001 di questo Tribunale, esponeva:
-che il Comune di Colognola ai Colli inviava nota di data 29.6.2001 (notificata il 3.7.2001) ex artt. 7 e 8 legge n. 241/90, di avviso avvio procedura per la costruzione della nuova palestra scolastica ed adozione di variante a PRG, precisando che era possibile prendere visione dei documenti e controdedurre entro 15 giorni;
-di essersi recato presso la sede municipale, ottenendo solo copia di una lettera inviata dal Sindaco allo Studio Professionale Arco, circostanza che confermerebbe che tutti i documenti relativi al procedimento erano stati redatti dopo l’invio della comunicazione di avvio del procedimento;
-che il Consiglio Comunale, con la deliberazione n. 33/2001, approvava il progetto preliminare per la realizzazione della palestra scolastica e dava corso alla procedura per la modifica del PRG, rinnovando il vincolo solo su una parte dell’area Fiorini, lasciando la rimanente, già oggetto di destinazione a servizi, zona “bianca”
-di aver presentato osservazioni, a fronte della deliberazione n. 33/2001, evidenziando l’impossibilità di lasciare un’area “bianca”, dovendosi prevedere una destinazione urbanistica per tutte le aree;
-che le osservazioni presentate erano respinte con la deliberazione n. 37/2001 del Consiglio Comunale.
A fronte degli esposti presupposti di fatto, il ricorrente impugnava le deliberazioni nn. 33/2001 e 37/2001, denunciando i seguenti vizi: “1) Eccesso di potere per violazione di legge, per non aver dato informazioni del procedimento ex art. 7-8 della legge 241/90; 2) Eccesso di potere per violazione di legge per aver approvato un progetto preliminare redatto da un professionista senza uno specifico incarico e per violazione della legge e regolamento della legge sulle opere pubbliche; carenza, in parte, di potere del Consiglio Comunale; 3)Eccesso di potere per violazione di legge per aver approvato un progetto in contrasto con l’incarico affidato; 4) Eccesso di potere per violazione di legge per non aver acquisito il parere della Commissione Edilizia integrata; 5) Eccesso di potere per violazione di legge per non aver indicato la destinazione urbanistica sull’area Fiorini il cui vincolo è stato annullato dal TAR Veneto (delibera 33); 6) Eccesso di potere per violazione di legge per confusione per contraddittorietà e comunque insufficiente motivazione (del n. 37); 7) Eccesso di potere per violazione di legge in relazione alla nuova legge sugli espropri; 8) Nullità del provvedimento per incompatibilità di alcuni consiglieri che hanno preso parte alla discussione della delibera e votato favorevolmente e conseguente violazione di legge; 9) Eccesso di potere per violazione di legge in relazione alla copertura finanziaria dell’indennità per la reiterazione del vincolo”. In sintesi, con il primo motivo, il ricorrente non riteneva sufficiente la comunicazione di avvio del procedimento di data 29.6.2001, con conseguente violazione dei richiamati articoli della legge sul procedimento, in quanto agli atti del Comune non era presente alcun documento utile per l’esame della proposta di progetto, a parte una comunicazione diretta alla Studio Arco di Bologna del 25.6.2001 con la quale era richiesto di verificare la congruità del progetto preliminare presentato a suo tempo e di integrare lo stesso in base alle necessità, nonché di ridurre gli elaborati grafici relativi alla variante al PRG per riconfermare il vincolo solo per le aree necessarie all’edificio; il ricorrente, lamentava, dunque, l’impossibilità di collaborare e di fare osservazioni nel termine assegnato, con conseguente inutilità della comunicazione di avvio procedimento; con il secondo motivo di ricorso, si denunciava la mancanza di un incarico regolarmente assegnato allo Studio professionale Arco per la redazione del progetto preliminare oggetto della deliberazione impugnata o, almeno, di un rinnovo di quello che era stato assegnato al medesimo Studio professionale nel 1998 e che si era esaurito con la redazione del progetto successivamente annullato dalla ricordata sentenza n.1215/2001, con conseguente violazione della normativa nel frattempo intervenuta; ancora, si censurava la mancanza dello studio di fattibilità (economica ed ambientale), dei decreti e dei documenti preliminari all’avvio della progettazione, degli elaborati e relazioni tecniche, del parere del Coni; con il terzo motivo, parte ricorrente evidenziava una contraddittorietà ed un contrasto tra quanto richiesto dal Comune con la nota del 25.6.2001 allo Studio Arco -ove era richiesta la “disponibilità a ridurre gli elaborati grafici relativi alla variante al PRG che sarà adottata contestualmente al progetto della palestra per la riconferma del vincolo solo per le aree necessarie per l’edifico” -e il progetto presentato dal medesimo Studio professionale, che non terrebbe conto di quanto richiesto, prevedendo numerosi interventi diversi all’esterno dell’area destinata al solo fabbricato, come piastre polivalenti, campo da calcio ed ampio parcheggio; il progettista, dunque, anziché ridurre l’intervento, avrebbe ripreso il precedente progetto, già annullato con la sentenza n. 1215/2001, riducendo le aree da vincolare, ma senza alcuna rielaborazione, con conseguente sostanziale violazione di quanto disposto dalla citata sentenza; con il quarto motivo di ricorso, si denunciava la mancata approvazione dell’opera da parte della Commissione Edilizia, integrata da esperti in beni ambientali, trattandosi di area soggetta a vincolo; con il quinto motivo, il ricorrente evidenziava che, con la sentenza più volte citata, il TAR aveva annullato il vincolo ventennale insistente sul proprio terreno e tutta l’area era diventata “zona bianca”, con la conseguenza che il Comune avrebbe avuto l’obbligo di prevedere una nuova destinazione; illegittimamente, invece, l’atto impugnato nulla disponeva per la zona rimasta libera dall’esproprio programmato per la scuola e dal vincolo rinnovato e poi annullato, mentre la relazione del progettista precisava che la zona non interessata dal progetto sarebbe rimasta “zona bianca”; con il sesto motivo, il ricorrente evidenziava una contraddizione, in ordine alla destinazione impressa all’area in discussione, tra la motivazione utilizzata per respingere le osservazioni presentate nella deliberazione n. 37/2001 -laddove si affermava che “con la variante si è provveduto a ridisciplinare l’intera area oggetto del vincolo scaduto, destinandola in parte in zona F ed in parte in zona E1B in coerenza con la destinazione urbanistica delle zone limitrofe” - e quanto riportato nella precedente deliberazione n. 33/2001, la quale faceva propria la relazione del progettista, che, a sua volta, stabiliva che una parte dell’area era destinata a palestra e la rimanente doveva essere considerata “zona bianca”; il ricorrente denunciava, altresì, un difetto di motivazione in ordine alla destinazione “agricola” dell’area; con il settimo motivo, parte ricorrente censurava la deliberazione n. 33/2001 nella parte in cui dichiarava l’opera urgente ed indifferibile e di pubblica utilità, ai sensi della legge n. 1/1978, con ogni conseguenza in termini di efficacia, per violazione della nuova legge sulle espropriazioni, immediatamente applicabile per le fasi procedimentali non ancora concluse; parte ricorrente precisava che solo con l’approvazione del progetto definitivo si sarebbe potuto dichiarare la pubblica utilità dell’opera; con l’ottavo motivo di ricorso, era denunciata l’incompatibilità di alcuni consiglieri comunali, i quali vantavano interessi specifici nelle vicinanze delle aree oggetto del provvedimento impugnato, essendo proprietari di immobili o titolari di attività, ovvero parenti di proprietari di immobili nelle adiacenze; con il nono ed ultimo motivo di ricorso, era evidenziato che il Consiglio Comunale aveva approvato la determinazione dell’indennità da corrispondere per al reiterazione del vincolo, ma non indicava dove e in quale capitolo sarebbero stati reperiti i fondi necessari, con la conseguenza che la deliberazione era da ritenersi priva di copertura.
Parte ricorrente formulava, altresì, domanda di risarcimento del danno ed istanza di sospensione cautelare degli atti impugnati.
Resisteva in giudizio il Comune di Colognola ai Colli, il quale, puntualmente contestati i motivi di ricorso, ne chiedeva il rigetto.
Con ordinanza n. 789/2001 era respinta l’istanza di sospensione cautelare.
Con il ricorso rubricato sub R.G. n. 543/2002, Fiorini Luigi impugnava la deliberazione della Giunta Comunale di Colognola ai Colli n. 205 del 10.12.2001, con la quale era approvato il progetto definitivo per la costruzione della palestra polivalente e la deliberazione di Giunta n. 4 del 14.1.2002 di approvazione del progetto esecutivo.
Il ricorrente, richiamata l’esposizione dei fatti svolta nel ricorso sub R.G. n. 2013/2001 e chiesta la riunione dei due ricorsi, denunciava i seguenti ulteriori vizi: “1) Violazione di legge per eccesso di potere in relazione all’art. 7 (della 241, per mancata messa a disposizione dei documenti per la collaborazione); 2) Eccesso di potere per violazione di legge per mancanza dei presupposti per aver approvato un progetto definitivo ed esecutivo già annullato dal TAR Veneto; contraddittorietà e carenza istruttoria; 3) Sulla dichiarazione di urgenza indifferibilità dell’opera e sui termini fissati”. Con il primo motivo, il ricorrente rilevava che il Comune di Colognola ai Colli aveva inviato una prima nota del 20.11.2001 per comunicare l’avvio della procedura, avvisando che la documentazione era a disposizione per eventuali osservazioni, ma, a seguito di accesso, non era rinvenibile nessun altro documento oltre a quanto disponibile in relazione alla precedente deliberazione n. 33/2001: infatti, i documenti relativi alla deliberazione erano tutti successivi alla data di invio della comunicazione di avvio del procedimento e, conseguentemente, la detta comunicazione non avrebbe potuto svolgere la funzione ad essa attribuita dalla legge; si evidenziava, altresì, che era inviata una seconda nota di avviso avvio procedimento per l’approvazione del progetto esecutivo, ma anche in questo caso la stessa era da ritenersi inutile, perché tutti gli atti erano già stati assunti e qualsiasi osservazione sarebbe stata disattesa; con il secondo motivo di ricorso, si rilevava che tutti gli atti e documenti relativi alla procedura in questione erano stati annullati dal TAR con la sentenza n. 1215/2001, con la conseguenza che il Comune avrebbe dovuto ripartire da zero con l’affidamento dell’incarico, la redazione di un nuovo progetto e la predisposizione di tutti gli ulteriori atti previsti dalla legge, non potendosi –come invece fatto dall’Amministrazione Comunale –utilizzare i documenti che erano stati approvati con la deliberazione n. 204/1999 poi annullata in sede giurisdizionale; era, altresì, denunciata carenza istruttoria e genericità degli elaborati tecnici, oltre che un comportamento dell’Amministrazione contraddittorio ed elusivo della decisione del TAR; quanto, infine, alla dichiarazione di urgenza ed indifferibilità, parte ricorrente ne denunciava l’inefficacia in carenza di conformità con il PRG.
Si costituiva in giudizio il Comune di Colognola ai Colli, il quale chiedeva il rigetto del ricorso per infondatezza.
Con ricorso sub R.G. n. 2080/2002, Fiorini Giovanni, Fiorini Luigi e Fiorini Maurizio impugnavano il decreto della Giunta Regionale di approvazione della variante al PRG del Comune di Colognola ai Colli n. 1263 del 17.5.2002 e il decreto di occupazione d’urgenza notificato in data 30.8.2002.
I ricorrenti, richiamati i precedenti ricorsi – dei quali era chiesta la riunione al presente –e trascritti, nei soli titoli, i motivi ivi formulati, denunciavano, con riferimento al provvedimento regionale, i seguenti vizi:” Eccesso di potere per mancata valutazione dei presupposti e falsa rappresentazione della realtà in relazione ai luoghi- “Eccesso di potere per illegittimità derivata per essere stati annullati i presupposti della richiesta variante. Sviamento di potere per utilizzo dell’area per altri fini”; in buona sostanza, si evidenziava che l’Amministrazione regionale, nell’assumere l’atto impugnato, illegittimamente si era basata unicamente sulla documentazione inviata dal Comune di Colognola ai Colli, il quale aveva omesso di trasmettere tutte le informazioni utili per un corretto esame della pratica e per un corretto inquadramento della situazione; in particolare, in allegato alla relazione tecnica erano presenti mappe catastali dalle quali non risultavano i fabbricati esistenti, mentre nella seconda planimetria era inserita la palestra ma senza i restanti fabbricati; inoltre, non era specificato che l’area relativa alla scuola media era di provenienza espropriativa e che l’esproprio eseguito per tale fine non poteva avere diversa destinazione; la Regione, inoltre, non era stata avvisata della pendenza dei ricorsi e, quindi, dell’eventualità dell’annullamento dell’esproprio; in definitiva, vi era una difformità tra lo stato reale e quello rappresentato graficamente; sotto altro profilo, parte ricorrente rilevava che dall’esame della cartografia non era dato comprendere quale fosse l’area soggetta a vincolo espropriativo, con la conseguenza che la Regione non avrebbe potuto provvedere sulla variante, anche considerando l’evidente contraddittorietà e confusione presente nella documentazione; con il secondo motivo, parte ricorrente, evidenziando ancora confusione nella documentazione, denunciava sviamento di potere in quanto l’esproprio, come emergeva dai progetti, era utilizzato per realizzare anche un parcheggio non a servizio della palestra ma da destinare alla cittadinanza in generale. Con riferimento al provvedimento comunale di occupazione, i ricorrenti si affidavano alle seguenti censure: ” Eccesso di potere per violazione di legge per non essere stata data comunicazione a tutte le parti del deposito e dell’avvio del procedimento – Eccesso di potere per violazione di legge in ordine a termini fissati per l’inizio dei lavori e per l’occupazione e per l’emissione del decreto di esproprio” ; con il primo motivo, si rilevava che il Comune di Colognola ai Colli aveva inviato comunicazione ex legge 241/1990 –relativa all’approvazione regionale - ai signori Fiorini ad eccezione di Fiorini Maurizio; nemmeno era dato avviso del deposito degli atti ex art. 865 legge del 197; con il secondo motivo, si rilevava che i termini per tutte le operazioni di espropriazione indicati nella deliberazione di Giunta 205/2001 e confermati nella deliberazione n. 4/2002 (impugnate con ricorso sub R.G. n. 543/2002) non avrebbero potuto avere alcuna efficacia in mancanza dell’approvazione regionale, con la conseguenza che si sarebbe dovuto assumere nuove deliberazioni con nuova fissazione dei termini; si precisava che di tale errore si era avveduto il responsabile del procedimento che nel proprio decreto individuava nuove scadenze, diverse da quelle in precedenza fissate; quanto alla immissione in possesso prevista per il 25.9.2002, i ricorrenti ne lamentavano la mancata notificazione nei confronti di Almarosa Fiorini.
Parte ricorrente formulava, altresì, richiesta di risarcimento del danno.
Resisteva in giudizio la Regione Veneto, la quale, contestati gli argomenti avversari, chiedeva il rigetto del ricorso.
Anche il Comune di Colognola ai Colli si costituiva in giudizio, contestando puntualmente le argomentazioni avversarie e chiedendo il rigetto del ricorso per infondatezza.
In vista della discussione di merito, la parte ricorrente e l’Amministrazione comunale hanno depositato memorie difensive (identiche per i tre ricorsi per quanto riguarda l’Amministrazione); in particolare, parte ricorrente, ribadendo le censure già formulate, ha evidenziato che, in forze delle pronunce n. 258/2008 e n. 306/2008 del Consiglio di Stato, è stata annullata tutta la procedura espropriativa relativa alla scuola, con conseguente illegittimità derivata anche degli atti di adozione e approvazione variante urbanistica finalizzata alla costruzione dell’opera in discussione, che costituisce completamento di un’opera del tutto illegittima. Il Comune resistente ha, invece, precisato che con decreto di esproprio n. 42 del 30.5.2006, è stata disposta l’espropriazione definitiva dei beni di proprietà della parte ricorrente, previa determinazione dell’indennità, accettata dai ricorrenti, e che l’opera è stata realizzata, collaudata ed utilizzata dalla scuola ormai da molti anni; nel merito, ha ribadito le argomentazioni svolte nei precedenti atti difensivi.
Alla Pubblica Udienza del 2 ottobre 2014, i citati ricorsi sono passati in decisione.
Preliminarmente, è necessario prendere atto del regime di connessione soggettiva e oggettiva che avvince i ricorsi in epigrafe indicati, connessione che giustifica la loro trattazione congiunta mediante riunione processuale.
La vicenda, invero alquanto complessa, attiene a procedimenti espropriativi posti in essere dal Comune odierno resistente. Per quanto in questa sede rileva, occorre ricordare che con sentenza n. 1215/2001, questo Tribunale annullava le deliberazioni del Comune oggi resistente di approvazione del progetto definitivo (n. 204/99) e di approvazione del progetto esecutivo (n. 126/2000) di una palestra polivalente, nonché i relativi atti della procedura di occupazione per violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990; erano, altresì, annullate, le deliberazioni di variante urbanistica e di successiva approvazione della variante (rispettivamente n. 23/2000 e n. 30/2000) per carenza di motivazione in ordine alla reiterazione del vincolo e, in particolare, per la mancanza di una qualsiasi previsione di indennizzo.
Con le sentenze n. 258/2008 e n. 306/2008, richiamate dalla parte ricorrente nelle memorie da ultimo depositate, il Consiglio di Stato ha annullato gli atti relativi all’espropriazione intrapresa dal Comune resistente per la realizzazione di un plesso scolastico (tra gli altri, le deliberazioni di approvazione del progetto definitivo e dichiarazione di pubblica utilità, del progetto esecutivo, i decreti di occupazione) per violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990 e, con riferimento al decreto di esproprio, per mancato rispetto del termine finale indicato nella dichiarazione di pubblica utilità, nonché per l’annullamento della stessa dichiarazione di PU.
Giova, altresì, precisare che, in relazione al procedimento di cui alla deliberazione della Giunta Comunale del Comune resistente n. 205/2001 di approvazione del progetto definitivo per la realizzazione della palestra scolastica polivalente –impugnata con il ricorso sub R.G. n. 543/2002 –, è stato assunto il decreto di esproprio n. 42 del 30.5.2006.
Infine, è opportuno ricordare che con decreto di data 19.4.2012, il Comune di Colognola ai Colli ha assunto provvedimento ex art. 42 bis del TU 327/2001, in relazione alla aree di cui alla procedura espropriativa oggetto delle ricordate pronunce del Consiglio di Stato n. 258/2008 e n. 306/2008, in considerazione della avvenuta realizzazione delle opere pubbliche previste e per le ragioni di interesse pubblico indicate nel provvedimento medesimo.
Sia il decreto di esproprio n. 42/2006 che il provvedimento ex art. 42 bis TU 327/2001 non risultano essere stati impugnati dalla parte ricorrente.
Tanto premesso ai fini dell’inquadramento dei contenziosi qui in oggetto nella complessiva vicenda relativa alle procedure espropriative avviate dal Comune di Colognola ai Colli, si osserva, passando all’esame del merito, che il ricorso sub R.G. n. 2032/2001 è infondato.
Invero, destituito di fondamento è il primo motivo di ricorso, atteso che il Comune resistente ha adempiuto all’onere procedimentale di cui alla legge n. 241/90 con comunicazione di data 29.6.2001, nella quale, richiamata espressamente la sentenza n. 1215/2001 di questo Tribunale, si notiziava la parte ricorrente dell’avvio del procedimento relativo al progetto preliminare per la costruzione della palestra polivalente, con conseguente adozione di variante parziale al PRG, ai sensi dell’art. 1 della legge n. 1/1978, avvertendo della facoltà di prendere visione degli atti del procedimento e di formulare osservazioni, con indicazione, altresì, del nominativo del responsabile del procedimento. Orbene, proprio perché, come evidenziato dai ricorrenti, la previsione normativa qui in esame riveste carattere sostanziale, essendo diretta a consentire all’interessato di partecipare al procedimento che l’Amministrazione intende avviare, fornendo il proprio apporto collaborativo, è fuor di dubbio che parte ricorrente, già ben consapevole del progetto dell’Amministrazione relativamente alla realizzazione della palestra scolastica visto il precedente contenzioso concluso con la pronuncia n. 1215/2001, richiamata nella stessa comunicazione di avvio procedimento, è stata messa nelle condizioni non solo di partecipare al rinnovato procedimento, ma soprattutto, di formulare osservazioni e adeguate proposte per tutelare la propria posizione e, eventualmente, migliorare l’intervento proposto, attività che qualifica il momento partecipativo e che dà corpo alla previsione normativa invocata in questa sede. Al contrario, non risulta che parte ricorrente abbia formulato alcuna osservazione – anche al solo fine di lamentare la asserita mancanza di documentazione -, con la conseguenza che non è ora condivisibile la doglianza con cui ci si lamenta dell’impossibilità di effettuare osservazioni e di prestare una effettiva collaborazione.
Con il secondo motivo, il ricorrente, in buona sostanza, lamenta la mancanza dell’affidamento dell’incarico relativo alla progettazione in questione allo Studio Arco di Bologna. La censura non ha pregio.
Come emerge dalla deliberazione impugnata (n. 33/2001), l’incarico allo Studio Arco –circostanza, peraltro, ricordata dallo stesso ricorrente - era stato affidato con provvedimento n. 191 del 1998 in relazione alla prima procedura avviata dal Comune; a seguito della sentenza di annullamento n. 1215/2001 di questo Tribunale, annullamento che, come risulta dalla stessa decisione, non ha interessato l’affidamento dell’incarico allo Studio Professionale, l’Amministrazione comunale, considerato che l’oggetto, il contenuto e la finalità dell’incarico restavano immutati, ha ritenuto di richiedere al medesimo Studio Professionale nuovamente la redazione degli elaborati progettuali, tenendo anche conto di quanto stabilito nella ricordata decisione: infatti, nella nota del 25.6.2001 inviata allo Studio Professionale, il Comune, richiamata la sentenza n. 1215/2001, evidenzia la necessità di “…ripartire con l’approvazione da parte del Consiglio Comunale del progetto preliminare redatto in variante al PRG ai sensi della legge 1/78”, e richiede di “….verificare la congruità del progetto preliminare presentato a suo tempo e di integrare lo stesso in base alle necessità.”, chiedendo, altresì, “la disponibilità a ridurre gli elaborati grafici relativi alla variante al PRG che sarà adottata contestualmente al progetto della palestra per la riconferma del vincolo solo per le aree necessarie per l’edifico”. Le censure di parte ricorrete, pertanto, non possono essere condivise.
Del tutto infondato, oltre che strumentale, è il terzo motivo di ricorso, ove si denuncia contraddittorietà tra l’incarico affidato allo Studio Professionale ed il progetto approvato, che illegittimamente avrebbe previsto interventi esterni all’area destinata al solo fabbricato, come piastre polivalenti e ampio parcheggio. Secondo parte ricorrente, infatti, vi sarebbe contraddittorietà tra un inciso contenuto nella nota del Comune di data 25.6.2001, ove si richiede allo Studio Professionale la “disponibilità a ridurre gli elaborati grafici relativi alla variante al PRG che sarà adottata contestualmente al progetto della palestra per la riconferma del vincolo solo per le aree necessarie per l’edificio” e la previsione, nel progetto approvato, di una piastra polivalente e di parcheggi relativi alla palestra: ebbene, non è dato comprendere in che cosa si sostanzierebbe tale contraddittorietà, atteso che, a prescindere dal rilievo che pare quanto meno opportuna la previsione di parcheggi al servizio di una palestra, la progettazione di quest’ultima ha implicato –come riconosciuto dalla stesso ricorrente - una notevole riduzione del vincolo rispetto a quanto previsto in precedenza, in coerenza, quindi, con quanto richiesto dal Comune nella sopracitata nota. Nemmeno può essere condivisa la censura relativa ad una pretesa elusione della pronuncia di questo Tribunale, atteso che la sentenza n. 1215/2001, come sopra ricordato, ha annullato i provvedimenti impugnati, da un lato, per violazioni procedimentali (art. 7 legge 241/1990) e, dall’altro, in riferimento alla variante al PRG, per mancata previsione dell’indennizzo e per difetto di motivazione per la reiterazione del vincolo.
Parimenti infondato è il quarto motivo di ricorso, con il quale si censura il provvedimento impugnato per mancata approvazione della Commissione edilizia integrata da esperti di beni ambientali, trattandosi di area soggetta a vincolo. A prescindere dalla genericità della censura, nella quale si omette di indicare quale sarebbe il precetto violato, si osserva che dagli atti di causa non risulta –ne parte ricorrente fornisce prova in tal senso –che l’area interessata dall’intervento sia sottoposta ad alcun vincolo. La doglianza, quindi, non ha fondamento.
Il quinto ed il sesto motivo di ricorso possono essere trattati unitamente essendo connessi sotto il profilo logico-giuridico.
Con il quinto motivo, il ricorrente, premesso che dopo l’annullamento operato dalla più volte citata decisione n. 1215/2001 tutto il terreno era diventato zona bianca, lamenta che il Comune, in violazione dei propri obblighi, non aveva disciplinato la zona rimasta libera dall’esproprio programmato per la scuola e dal vincolo, in quanto la deliberazione n. 33/2001 faceva espresso riferimento alla relazione del progettista il quale definiva l’area in questione “zona bianca”; con il sesto motivo, si denuncia contraddittorietà tra la suddetta deliberazione n. 33/2001 e la successiva n. 37/2001 –entrambe impugnate -, in quanto quest’ultima, nel respingere le osservazioni del ricorrente, precisava che “con la variante si è provveduto a ridisciplinare l’intera area oggetto del vincolo scaduto, destinandola in parte in zona F ed in parte in zona E1B in coerenza con la destinazione urbanistica delle zone limitrofe”, mentre la deliberazione n.33, richiamando la relazione del progettista, avrebbe destinato una parte dell’area alla palestra e la rimanente area a “zona bianca”.
Le censure sono del tutto prive di fondamento. Invero, dal semplice esame degli elaborati allegati alla deliberazione n. 33 del 2001 (recante approvazione del progetto preliminare e adozione variante n. 7 al PRG) e, in particolare, dell’elaborato “C”, risulta chiaramente che, contrariamente a quanto sostenuto in ricorso, all’area non interessata dal vincolo è stata impressa la destinazione agricola E1B; pertanto, non sussiste la doglianza relativa alla mancata destinazione dell’area e, di conseguenza, nemmeno sussiste il preteso contrasto con la successiva deliberazione del Comune resistente, che, nel respingere le osservazioni presentate dal ricorrente, ha ulteriormente precisato che si era provveduto a ridisciplnare l’intera area oggetto del vincolo scaduto, in parte destinandola a zona F ed in parte a zona E1B, in coerenza con la destinazione urbanistica delle zone limitrofe.
Con il settimo motivo, parte ricorrente censura, peraltro in modo non del tutto chiaro e comunque generico, la mancata applicazione della disciplina introdotta dal testo unico in materia di espropriazioni: la censura non è condivisibile, atteso che al momento dell’adozione degli atti impugnati, la normativa invocata dal ricorrente, ex art. 59 T.U., non era ancora entrata in vigore.
Con l’ottavo motivo di ricorso, si censura la deliberazione di reiterazione del vincolo per asserita incompatibilità di alcuni consiglieri comunali, portatori di interessi specifici: in particolare, il ricorrente afferma che alcuni consiglieri, ovvero parenti ed affini di consiglieri, risultavano proprietari di immobili o titolari di attività nelle vicinanze dell’area in questione, con la conseguenza che gli stessi non avrebbero potuto partecipare alla deliberazione relativa alla variante al PRG con reiterazione del vincolo, potendo trarre un indubbio vantaggio dalla realizzazione delle opere in questione.
La censura non è condivisibile, atteso che parte ricorrente formula delle mere ipotesi in ordine ad eventuali ed ipotetici vantaggi che i proprietari limitrofi potrebbero ottenere dalla variante; peraltro, lo stesso art. 19 della legge n. 265/1999, applicabile al caso in esame ratione temporis (sostanzialmente trasfuso nell’art. 78, comma 2, D.Lgs. n. 267/2000), contemplava l’obbligo di astensione in relazione ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, solo nei casi in cui fosse sussistente una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell’amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado, circostanza questa di cui non si fornisce alcuna prova nel caso di cui si tratta.
Anche tale motivo di ricorso, dunque, non merita accoglimento.
Con il nono ed ultimo motivo, parte ricorrente censura la deliberazione impugnata laddove, nel prevedere l’indennizzo spettante per la reiterazione del vincolo, non indica “dove reperirà questi fondi e se c’è un capitolo speciale a bilancio”.
Il motivo di ricorso non ha pregio. Pur volendo prescindere dalla genericità della censura, che omette di specificare i parametri normativi che si affermano violati, e dal rilievo che non risulta ben chiaro di che cosa il ricorrente effettivamente si dolga, si osserva che la deliberazione impugnata ha correttamente previsto l’indennizzo per la reiterazione del vincolo, indennizzo che, come precisato dal Comune resistente nella memoria depositata in vista dell’udienza di merito e non smentito o contestato dalla parte ricorrente, è stato corrisposto nelle more del giudizio.
Da ultimo e con riferimento alle memorie difensive depositate dal ricorrente per l’udienza di merito, è opportuno precisare che le pronunce n. 258/2008 e n. 306/2008 del Consiglio di Stato, come sopra ricordato, hanno ad oggetto una diversa (per quanto connessa) procedura espropriativa e, anche in considerazione del provvedimento ex art. 42 bis TU 327/2001, di cui si è detto sopra, non incidono nella vicenda oggetto del presente giudizio.
In considerazione di tutto quanto sopra esposto, anche la domanda di risarcimento del danno, peraltro del tutto sfornita di qualunque elemento di prova, deve essere rigettata.
In conclusione, il ricorso rubricato sub R.G. n. 2032/2001 è infondato e va, dunque, respinto.
Del pari infondato è il ricorso sub R.G. n. 543/2002, con il quale sono state impugnate la deliberazione della Giunta Comunale n. 205 del 10.12.2001 di approvazione del progetto definitivo per la costruzione della palestra e la deliberazione della Giunta Comunale n. 4 del 14.1.2002 di approvazione del progetto esecutivo.
Con il primo motivo, parte ricorrente contesta, ancora, la violazione dell’art. 7 della legge n. 241/90; in particolare, dopo aver precisato che il Comune resistente aveva inviato diverse comunicazioni di avviso di inizio della procedura, afferma che a seguito della prima lettera del 20.11.2001 relativa al progetto definitivo, era effettuato un accesso agli uffici comunali ma non si era trovato alcun documento oltre a quanto rinvenuto in riferimento alla deliberazione n. 33/2001, con la conseguenza che non era necessario formulare osservazioni, visto che la deliberazione n. 33 era stata impugnata in sede giurisdizionale; i documenti relativi alla deliberazione erano tutti successivi alla data di invio della nota di avviso, in quanto trasmessi dal progettista in data successiva e, pertanto, la comunicazione di avvio procedimento era da considerarsi del tutto inutile; parte ricorrente lamenta che anche la seconda lettera di avviso avvio procedimento –relativa al progetto esecutivo –era del tutto inutile perché era “evidente che ormai tutto era stato fatto e qualsiasi osservazione sarebbe stata disattesa”.
La censura, che appare strumentale, è destituita di fondamento.
Invero, pur prescindendo dalla constatazione che parte ricorrente, da un lato, si duole del fatto che dopo la prima comunicazione di avvio del procedimento non era rinvenibile alcun documento, per cui non era possibile formulare alcuna osservazione, e, dall’altro, che dopo la seconda comunicazione di avvio del procedimento “ormai tutto era stato fatto”, rendendo inutile qualsiasi osservazione, per cui non è dato capire quando, secondo il ricorrente, doveva essere inviato l’avviso di avvio procedimento per avere una qualche utilità, non può che ribadirsi quanto esposto in precedenza, in relazione al primo motivo del ricorso sub R.G. n. 2032/2001, in ordine alla funzione sostanziale svolta dalla comunicazione di avvio procedimento.
Nel caso in esame, il Comune resistente ha provveduto –ed il dato non è contestato – ad inviare la comunicazione di avvio procedimento di data 20.11.2001, con riferimento all’approvazione del progetto definitivo e comunicazione di avvio procedimento di data 20.12.2001 in relazione all’approvazione del progetto esecutivo, dando, pertanto, la possibilità al ricorrente di partecipare attivamente al procedimento, formulando le osservazioni ritenute più opportune, anche con riferimento all’eventuale mancanza di documentazione. Al contrario, il ricorrente, pur a fronte di tre comunicazioni di avvio del procedimento –la prima di data 29.6.2001, relativa al progetto preliminare, la seconda di data 20.11.2001, relativa al progetto definitivo e la terza, di data 20.12.2001, in ordine al progetto esecutivo - non ha mostrato interesse ad una effettiva partecipazione procedimentale, per cui non può ora censurare l’inefficacia degli avvisi trasmessi dall’Amministrazione comunale, sostenendo la mancanza di documentazione, ovvero la tardività della comunicazione rispetto alla formazione della documentazione medesima.
Con il secondo motivo, il ricorrente rileva che tutti gli atti e documenti relativi alla procedura in questione erano stati annullati dal TAR con la sentenza n. 1215/2001; di conseguenza, a detta del ricorrente, il Comune avrebbe dovuto ripartire da zero con l’affidamento dell’incarico, la redazione di un nuovo progetto e la predisposizione di tutti gli ulteriori atti previsti dalla legge; inoltre, parte ricorrente denuncia carenza istruttoria e genericità degli elaborati tecnici, oltre che un comportamento dell’Amministrazione contraddittorio ed elusivo della decisione del TAR.
Le censure non sono condivisibili.
Come già precisato, la sentenza citata ha disposto l’annullamento degli atti ivi indicati per mancata comunicazione di avvio del procedimento e per difetto di motivazione e mancata previsione di indennizzo con riferimento alla reiterazione del vincolo; è, però, evidente che gli elaborati tecnici, in quanto tali, non possono essere considerati illegittimi ed annullati, con la conseguenza che, in sede di rinnovazione del procedimento, non ne è precluso l’utilizzo ove congruente con le finalità perseguite dall’Ente procedente e coerente con l’adozione dei relativi atti. Del resto, è noto che l’annullamento in sede giurisdizionale di un atto amministrativo per vizi procedimentali non impedisce all’Amministrazione di procedere alla rinnovazione del provvedimento giudicato illegittimo, purché emendato dal vizio riscontrato e, nel caso di procedimento contraddistinto da vari segmenti procedimentali –come nel caso in esame - il vincolo derivante dalla statuizione di annullamento consiste nella riedizione della fase procedimentale colpita dall’annullamento; pertanto, la facoltà di rinnovazione del procedimento circoscritta alle sole fasi viziate permette di conciliare l’esigenza di ripristinare la legalità amministrativa con il principio di conservazione degli atti giuridici, di economicità dell’azione amministrativa e di divieto di aggravamento del procedimento. (esprimo questi principi Consiglio di Stato, sez. III, 17 giugno 2014, n. 3055; id., 20 maggio 2014, n. 2603; id., sez. IV, 1 luglio 2013, n. 3542; Tar Abruzzo, sez. I, 24 aprile 2014, n. 183).
Destituita di fondamento è, dunque, la censura con la quale si denuncia l’elusione del giudicato, né può essere condivisa la doglianza relativa alla carenza istruttoria e genericità degli elaborati tecnici, atteso che parte ricorrente non fornisce un contenuto concreto alla censura formulata, omettendo di allegare elementi di prova idonei a fondare l’asserita genericità.
Quanto, infine, alla censura relativa alla dichiarazione di urgenza ed indifferibilità delle opere –terzo motivo di ricorso -, parte ricorrente rileva che sia la dichiarazione di pubblica utilità sia i termini relativi alle operazioni sono inefficaci non essendovi la conformità con il PRG; è lo stesso ricorrente, peraltro che riconosce che la censura formulata non costituisce motivo di illegittimità degli atti impugnati, ma solo di inefficacia.
In conclusione, anche il ricorso rubricato sub R.G. n. 543/2002 è infondato e va respinto.
Con il ricorso sub R.G. n. 2080/2002, i ricorrenti hanno impugnato
il decreto della Giunta Regionale di approvazione della variante al PRG del Comune di Colognola ai Colli n. 1263 del 17.5.2002 e il decreto di occupazione d’urgenza notificato in data 30.8.2002.
Con riferimento al provvedimento regionale, i ricorrenti denunciano che l’Amministrazione si era basata unicamente sulla documentazione inviata dal Comune di Colognola ai Colli, il quale aveva omesso di trasmettere tutte le informazioni utili per un corretto esame della pratica e per un corretto inquadramento della situazione; in particolare, in allegato alla relazione tecnica erano presenti mappe catastali dalle quali non risultavano i fabbricati esistenti, mentre nella seconda planimetria era inserita la palestra ma senza i restanti fabbricati; inoltre, non era specificato che l’area relativa alla scuola media era di provenienza espropriativa e che l’esproprio eseguito per tale fine non poteva avere diversa destinazione; la Regione, inoltre, non era stata avvisata della pendenza dei ricorsi e, quindi, dell’eventualità dell’annullamento dell’esproprio; in definitiva, vi era una difformità tra lo stato reale e quello rappresentato graficamente; ancora, i ricorrenti rilevano che dall’esame della cartografia non era dato comprendere quale fosse l’area soggetta a vincolo espropriativo, con la conseguenza che la Regione non avrebbe potuto provvedere sulla variante; con il secondo motivo, parte ricorrente, evidenziando ancora confusione nella documentazione, denuncia sviamento di potere in quanto l’esproprio era utilizzato per realizzare anche un parcheggio non a servizio della palestra ma da destinare alla cittadinanza in generale. Quanto al provvedimento comunale di occupazione, i ricorrenti rilevano che il Comune di Colognola ai Colli aveva inviato comunicazione ex legge 241/1990 –relativa all’approvazione regionale - ai signori Fiorini ad eccezione di Fiorini Maurizio; nemmeno era dato avviso del deposito degli atti ex art. 865 legge del 197; con il secondo motivo, si ribadisce che i termini per tutte le operazioni di espropriazione indicati nella deliberazione di Giunta 205/2001 e confermati nella deliberazione n. 4/2002 (impugnate con ricorso sub R.G. n. 543/2002) non avrebbero potuto avere alcuna efficacia in mancanza dell’approvazione regionale, con la conseguenza che si sarebbe dovuto assumere nuove deliberazioni con nuova fissazione dei termini; quanto alla immissione in possesso prevista per il 25.9.2002, i ricorrenti ne lamentano la mancata notificazione nei confronti di Almarosa Fiorini. Anche in questo caso è formulata richiesta di risarcimento del danno.
La prima censura, riferita al provvedimento regionale, non ha pregio.
Dal parere emesso dal Comitato Tecnico Regionale, allegato al provvedimento impugnato, emerge chiaramente che l’Ente Regionale ha esaminato la documentazione trasmessa dal Comune, le osservazioni pervenute ed ha preso atto dei ricorsi pendenti, cosi come della sentenza n. 1215/2001 di questo Tribunale. Da un tanto deriva l’insussistenza del difetto istruttorio denunciato dai ricorrenti, anche alla luce ed in considerazione dei compiti spettanti alla Regione nell’ambito della formazione ed approvazione del PRG: invero, dagli atti risulta che l’Amministrazione Regionale ha valutato gli elementi rilevati nella vicenda per cui è causa, tenendo anche conto dei ricorsi pendenti, come è agevole desumere dal parere del Comitato Tecnico Regionale, ove è precisato che “Non essendo comunque stato emesso alcun provvedimento di sospensiva, si ritiene inoltre che tali ricorsi non impediscano il regolare svolgimento dell’iter di approvazione”. Del resto, e sotto un diverso profilo, la censura di travisamento dei fatti e falsità dei presupposti formulata in ricorso non trova concreto riscontro, atteso che parte ricorrente si limita a predicare una erroneità nella rappresentazione grafica dell’area di cui si discute senza allegare una prova certa di tale errore, ovvero senza dimostrare che un tale errore –vedasi la mancata rappresentazione grafica nelle mappe allegate alla reazione tecnica dei fabbricati esistenti – sia idoneo ad incidere in modo determinante sul contenuto del provvedimento regionale di approvazione della variante al PRG. Nemmeno è ravvisabile la “confusione” asserita dai ricorrenti in relazione all’individuazione delle aree interessate dal vincolo.
La doglianza, quindi, non è fondata.
Quanto al secondo motivo, con il quale si denuncia un vizio di sviamento di potere in relazione alla previsione di parcheggi, si osserva, ribadendo quanto già esposto a tale proposito con riferimento al ricorso R.G. n. 2032/2001, che la previsione di un parcheggio nell’ambito della progettazione di una palestra polivalente scolastica non pare in contrasto con la richiesta fatta dal Comune al progettista di ridurre l’area interessata alla variante a quella strettamente necessaria per la realizzazione della palestra, atteso che un parcheggio ben può essere ricompreso, quale accessorio, nella progettazione dell’opera principale.
Con riferimento al provvedimento comunale di occupazione di urgenza, i ricorrenti lamentano la mancata comunicazione ex legge 241/90 a Maurizio Fiorini.
La censura non è fondata: invero, il Comune resistente ha provveduto a trasmettere a tutti i ricorrenti nota di data 7.8.2002 con la quale si comunicava l’approvazione regionale della variante al PRG avvenuta con provvedimento n. 1263 del 17.5.2002 e si comunicava, ex legge 241/90, l’intenzione di dar corso al procedimento espropriativo, dando facoltà di presentare memorie scritte; per quanto riguarda la notifica dell’avviso di deposito degli atti per l’esproprio, dalla documentazione prodotta agli atti di causa emerge che, stante l’irreperibilità di Fiorini Maurizio –come attestato dal Messo Comunale in data 12.8.2002 - si era provveduto alla notificazione ex art 140 c.p.c., depositando copia dell’atto presso la Casa Comunale.
Con il secondo motivo, i ricorrenti censurano la fissazione dei termini per l’inizio dei lavori e per la definizione dell’esproprio, nonché quelli per l’occupazione, denunciando l’inefficacia dei termini fissati nella deliberazione n. 205/2001 del Comune resistente, essendo necessaria l’approvazione regionale e rilevando che il decreto comunale di occupazione, accertato l’errore, fissava termini diversi, precisando che l’occupazione sarebbe potuta durare 5 anni.
La doglianza non è fondata, atteso che i termini indicati nel decreto di occupazione d’urgenza qui impugnato –a differenza di quelli indicati nella deliberazione n. 205/2001 che riguardano i termini di inizio e definizione del procedimento espropriativo e quelli di inizio e ultimazione lavori - riguardano la durata massima dell’occupazione e la data entro cui la stessa deve intervenire con decorrenza dalla data del decreto medesimo.
Con l’ultimo motivo, i ricorrenti censurano la “presa di possesso”, denunciando la mancata notificazione ad Almarosa Fiorini, con conseguente illegittimità della stessa.
Pur volendo prescindere dal rilievo che Almarosa Fiorini non è ricorrente in questa sede e che la asserita mancata notificazione dell’avviso di redazione dello stato di consistenza delle aree da occupare, con indicazione della data di accesso, non può essere fatta valere da soggetti non legittimati, si osserva che la notificazione, come emerge dagli atti di causa, è avvenuta ex art. 140 c.c., per irreperibilità della destinataria.
La censura, dunque, è insussistente.
In considerazione di tutto quanto esposto, anche la domanda di risarcimento dei danni formulata in ricorso non può trovare accoglimento.
In definitiva, anche il ricorso R.G. n. 2080/2002 non ha fondamento.
In conclusione, per tutte le ragioni esposte, i ricorsi in epigrafe indicati e qui riuniti sono infondati e vanno, dunque, respinti.
Le spese di causa seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando:
-sul ricorso R.G. n. 2032/2001, come in epigrafe proposto, lo rigetta;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese di causa che liquida in euro 1.500, oltre IVA, CPA ed accessori come per legge;
-sul ricorso R.G. n. 543/2002, come in epigrafe proposto, lo rigetta;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese di causa che liquida in euro 1.500, oltre IVA, CPA ed accessori come per legge;
-sul ricorso R.G. n. 2080/2002, come in epigrafe proposto, lo rigetta;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese di causa che liquida in euro 1.500, oltre IVA, CPA ed accessori come per legge in favore di ciascuna delle parti resistenti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 2 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Bruno Amoroso,Presidente
Alessio Falferi,Primo Referendario, Estensore
Roberto Vitanza,Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/10/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)