Diniego di autorizzazione paesaggistica - TAR Sardegna, sent. n. 29 del 15.01.2016
Pubblico
Sabato, 16 Gennaio, 2016 - 01:00
Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna, (Sezione Seconda), sentenza n. 29 del 15 gennaio 2016, su diniego di autorizzazione paesaggistica
N. 00029/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00007/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7 del 2015, proposto da:
I. G., rappresentata e difesa dagli avv.ti Alberto Onorato e Giovanni Gerbi, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Cagliari, piazza Repubblica n. 10;
contro
- Ministero per i Beni e le attività culturali e Soprintendenza per i Beni Archeologici di Sassari e Nuoro, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distr.le dello Stato di Cagliari, domiciliata ria per legge in Cagliari, via Dante n.23;
- Comune di San Teodoro, non costituito in giudizio;
per l'annullamento, previa sospensione dell’efficacia:
- del diniego comunale di autorizzazione paesaggistica 5 novembre 2014, prot. 22567, e del presupposto parere della Soprintendenza 4 luglio 2014, prot. n. 9298, relativi ad una piscina privata pertinenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati.
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero per i Beni e le attività culturali e della Soprintendenza per i Beni archeologici di Sassari e Nuoro.
Viste le memorie difensive.
Visti tutti gli atti della causa.
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 dicembre 2015 il dott. Antonio Plaisant e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorso ha ad oggetto il diniego di nulla osta paesaggistico -nonché il presupposto parere negativo vincolante- con cui è stata riscontrata l’istanza proposta dalla sig.ra I. G. per la realizzazione di una piscina (di circa 80 mq.), quale pertinenza di un ampio immobile di sua proprietà (denominato “Villa Sire”), sito in territorio di San Teodoro -a 300 m. circa dal mare (dal quale è separato da una zona umida e da un piccolo bosco)- nell’ambito di una zona a destinazione urbanistica F, nonché sottoposta a vincolo paesaggistico relativo all’intero territorio comunale in base al d.m. 14 ottobre 1967.
Nel parere negativo della Soprintendenza si legge che “L’intervento prevede la realizzazione di una piscina che insiste nell’area di pertinenza della Villa Sire, localizzata in posizione oltre modo finitima alle delicatissime zone umide di San Teodoro, che preludono allo sbocco verso le dunose spiagge. Detto ambito di riferimento è oltre modo tutelato dal DM di vincolo, nonché dall’art. 18, comma 1, del PPR, che prevede che le zone umide, di cui all’art. 17, comma 3, lett. g), dello stesso PPR, siano oggetto di conservazione e tutela finalizzati al mantenimento delle caratteristiche degli elementi costitutivi e delle relative morfologie in modo da preservarne l’integrità ovvero lo stato di equilibrio ottimale tra habitat naturale e attività antropiche.La realizzazione della piscina e delle opere ad essa connesse comporterebbe alla rottura dell’attuale equilibrio, peraltro labile, tra habitat naturale e attività antropiche, in un ambito di riferimento di estrema delicatezza paesaggistica, realizzando una trasformazione negativa e irreversibile dello stato dei luoghi, già interessati dalla villa Sire, di rilevante impatto paesaggistico. Inoltre alla percezione negativa dell’elemento piscina che è di per sé estraneo alla naturalità de luoghi, si uniscono gli scavi e gli sbancamenti necessari per la sua realizzazione, i quali comporterebbero un sacrificio di territorio eccessivo e non più sostenibile, particolarmente in prossimità delle zone umide”.
Il ricorso è affidato a censure che saranno esaminate nella parte in diritto.
Si è costituito in giudizio il Ministero per i Beni culturali, sollecitando la reiezione del gravame.
Con ordinanza di questa Sezione 4 febbraio 2015, n. 33, l’istanza cautelare contenuta nel ricorso è stata accolta, ma con ordinanza 17 giugno 2015, n. 7, la Sesta Sezione del Consiglio di Stato ha riformato tale decisione, confermando l’efficacia degli atti impugnati.
È seguita la produzione di ulteriori memorie difensive.
Alla pubblica udienza del 2 dicembre 2015 la causa è stata trattenuta in decisione
DIRITTO
Deve, in primo luogo, osservarsi -a fini di complessiva chiarezza ricostruttiva- che il Giudice d’appello ha correttamente rilevato la non esaustività della motivazione dell’ordinanza cautelare, di questa Sezione, ai fini dell’accoglimento della domanda di sospensione proposta dai ricorrenti; difatti nella predetta ordinanza si era fatto riferimento esclusivamente alla previsione normativa di cui all’art. comma 2, lett. i), dell’art. 10 bis della l.r. n. 45/1989 -che consente la realizzazione di opere pertinenziali anche in deroga al vincolo di inedificabilità assoluta in generale gravante sulle aree distanti meno di 300 m. dalla linea di battigia- e il Consiglio di Stato, nel riformare la decisione, ha precisato che la suddetta previsione normativa non impone -ma soltanto facoltizza- la realizzazione di opere pertinenziali a meno di 300 m. dal mare, consentite purché “non alterino lo stato dei luoghi”: in sostanza la realizzazione di opere pertinenziali, non in radice preclusa, presuppone un positivo vaglio di compatibilità con la situazione esistente.
Ciò posto, resta da verificare la correttezza della valutazione operata sul punto dall’Amministrazione, la cui motivazione è contenuta negli atti impugnati e, in modo particolare, nel parere negativo della Soprintendenza.
Al riguardo, con un’unica, ma articolata, doglianza -violazione dell’art. 146 del d.lgs. n. 42/2004, eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento (anche normativo, in relazione al decreto di vincolo d.m. 14 ottobre 1967 e al PPR), difetto di logicità della motivazione- parte ricorrente evidenzia che:
- nel parere della Soprintendenza si fa riferimento alla vicinanza tra la progettata piscina e la zona umida, senza però specificare in alcun modo quale sarebbe il concreto impatto su quest’ultima, salvo richiamare genericamente “non meglio identificati rischi” connessi alle necessarie attività di preliminare sbancamento;
- la richiamata disciplina di tutela delle zone umide, contenuta nel PPR (artt. 17 e 18 delle NTA), non impedisce tout court qualunque intervento in loro prossimità, bensì impone all’Amministrazione di valutarne in concreto la compatibilità con il bene tutelato, il che nel parere impugnato non sarebbe dato rinvenire;
- il richiamo operato al vincolo paesaggistico generale di cui al d.m. 14 ottobre 1967 sarebbe del tutto generico e non riferibile al contenuto dello stesso, che protegge solo “vedute panoramiche”; sulle quali l’opera proposta non potrebbe incidere;
- stesso discorso varrebbe per il paventato rischio di “rottura dell’attuale equilibrio tra habitat e attività antropiche” e per il rilievo inerente la “estraneità della piscina rispetto alla naturalità dei luoghi”, nonché l’impatto già attualmente ricollegabile alla presenza della Villa Sire: tutti rilievi generici, oltre che in parte inesatti, dai quali non sarebbe desumere possibile desumere le ragioni di concreto impatto negativo sui valori tutelati.
Queste doglianze meritano di essere condivise.
In primo luogo si evidenzia che il parere negativo della Soprintendenza è sopraggiunto all’esito di una relazione preliminare -redatta dal Comune di San Teodoro- secondo cui l’intervento “non apporta eccessive modifiche all’attuale percezione di insieme, risulta poco visibile dai luoghi di visuale pubblicai in quanto circondato da vegetazione rigogliosa”; in sostanza il Comune aveva favorevolmente valutato l’intervento proposto e già questo avrebbe dovuto indurre la Soprintendenza a motivare il proprio parere negativo in modo particolarmente puntuale.
Viceversa l’Autorità statale ha esposto in modo assai generico e apodittico il proprio percorso logico, limitandosi a rimarcare la vicinanza tra l’intervento e la zona umida, senza però spiegare in che modo la sua realizzazione -così come quella degli scavi preliminari- possa concretamente incidere sull’integrità del bene protetto; anche sul vincolo paesaggistico di insieme la Soprintendenza si è limitata a rilievi sostanzialmente apodittici, dai quali non è dato evincere il concreto impatto sul bene protetto (“vedute panoramiche”) di un intervento che è previsto “a livello terra”, senza opere di contenimento e su area circondata da rigogliosa vegetazione (come rilevato dallo stesso Comune) che parrebbe impedirne la percepibilità dalle visuali pubbliche.
Sembra quasi che l’Amministrazione abbia ragionato come se i vincoli applicati -in particolare quello relativo alle zone umide- fossero assoluti e inderogabili, mentre così non è: si tratta, in entrambi i casi, di vincoli potenzialmente derogabili, per cui l’Amministrazione chiamata ad applicarli è tenuta a dare conto, mediante argomentazioni concrete e realmente riferibili allo stato dei luoghi, dell’effettiva incidenza negativa dell’intervento proposto sui valori tutelati (cfr, ex multis, Consiglio di Stato, Sez. VI , 15 dicembre 2014, n. 6149, secondo cui “Nell'ambito del procedimento di autorizzazione paesaggistica il parere vincolante della soprintendenza deve essere puntualmente e congruamente motivato e, in caso esso sia negativo, deve esplicitare le effettive ragioni di contrasto tra l'intervento progettato ed i valori paesaggistici dei luoghi compendiati nel decreto di vincolo. Il parere deve inoltre indicare quale tipo di accorgimento tecnico o, al limite, di modifica progettuale potrebbe fare conseguire all'interessato l'autorizzazione paesaggistica, in quanto la tutela del preminente valore del paesaggio non deve necessariamente coincidere con la sua statica salvaguardia, ma richiede interventi improntati a fattiva collaborazione delle autorità preposte alla tutela paesaggistica, funzionali a conformare le iniziative edilizie al rispetto dei valori estetici e naturalistici insiti nel bene paesaggio”).
Per quanto premesso il ricorso va accolto, con il conseguente annullamento degli atti impugnati, affinché la Soprintendenza possa nuovamente esprimere il proprio parere supportandolo con una motivazione e istruttoria più complete, nei termini sopra descritti.
Le spese di lite, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza a carico dell’Amministrazioni statale, mentre devono essere integralmente compensate nei confronti del Comune intimato, che si è limitato a rispettare il parere vincolante della Soprintendenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe proposto e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.
Condanna il Ministero per i Beni e le attività culturali alla rifusione delle spese di lite, liquidate in euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00), oltre agli accessori di legge e al contributo unificato.
Spese compensate nei confronti del Comune di San Teodoro.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 16 dicembre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Scano, Presidente
Tito Aru, Consigliere
Antonio Plaisant, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/01/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)