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Ordinanza di demolizione - TAR Marche, sez. I, sent. n.4 del 09.01.2015

Pubblico
Mercoledì, 21 Gennaio, 2015 - 01:00

 
 Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche, (Sezione Prima), sentenza n. 4 del 9 gennaio 2015, sulla illegittimità di ordinanza di demolizione 
 
N. 00004/2015 REG.PROV.COLL.
 
N. 00420/2005 REG.RIC.
 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
 
(Sezione Prima)
 
ha pronunciato la presente
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 420 del 2005, proposto da: 
Ericsson Telecomunicazioni s.p.a., rappresentata e difesa dagli avv.ti Rosa Rocciola e Massimiliano De Luca, con domicilio eletto presso l’avv. Rosa Rocciola in Ancona, via Mamiani, 14; 
contro
Comune di Ancona, rappresentato e difeso dall'avv. Gianni Fraticelli, con domicilio eletto presso l’Ufficio legale dell’Ente in Ancona, piazza XXIV Maggio; 
per l'annullamento
- dell’ordinanza di demolizione di opere abusive prot. 26633/58808/19965 emessa dal Comune di Ancona in data 4 marzo 2005;
- di ogni altro atto presupposto, conseguente e connesso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Ancona;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 ottobre 2014 la dott.ssa Simona De Mattia e uditi per le parti i difensori Alessandra Ranci, su delega dell'avv. De Luca, e Gianni Fraticelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 
FATTO e DIRITTO
I. Con l’ordinanza impugnata il Comune di Ancona ha ingiunto alla società ricorrente la demolizione delle opere realizzate per la installazione di una stazione radio base per telefonia cellulare ed il ripristino dello stato dei luoghi, sul duplice presupposto che i lavori sarebbero stati effettuati in assenza di concessione edilizia (non ammettendo che la domanda presentata dalla Ericsson s.p.a. in data 21 maggio 2002 potesse valere come denuncia di inizio di attività ai sensi dell’art. 12 del D.L. n. 198 del 4/9/2002 - nelle more entrato in vigore - come richiesto dall’interessata con istanza pervenuta al Comune l’8.11.2002) e che i valori di campo stimati dall’ARPAM non fossero compatibili con i valori di cautela previsti dal D.M. n. 381/1998.
Con il presente ricorso la ricorrente lamenta l’illegittimità del suddetto provvedimento deducendo:
- eccesso di potere e illegittimità derivata, stante l’illegittimità dell’ordinanza dirigenziale prot. 26633 del 3 marzo 2003 di inammissibilità della D.I.A. e della precedente ordinanza di demolizione prot. 26633 del 25 luglio 2003, entrambe impugnate innanzi a questo Tribunale con ricorso definito con sentenza n. 1753/2004;
- eccesso di potere ed errore nei motivi e nei presupposti, sia perché l’Amministrazione non avrebbe considerato il diverso e successivo parere emesso dall’ARPAM prot. 3030 dell’11 ottobre 2002, secondo cui l’impianto sarebbe stato compatibile con il valore di cautela di 6 V/m previsto dall’art. 4 del DM n. 381/1998 ma non con l’obiettivo di qualità di 3 V/m imposto dall’art. 3, comma 6, della legge regionale n. 25/2001, sia perché tale ultima disposizione regionale è stata dichiarata incostituzionale con sentenza della Corte Costituzionale n. 307/2003;
- eccesso di potere, errore nell’iter procedimentale, sviamento di potere, violazione e falsa interpretazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990, perché il provvedimento impugnato non sarebbe stato preceduto dall’invito a produrre memorie scritte e documenti;
- violazione e falsa interpretazione dell’art. 3 della legge regionale delle Marche n. 25/2001, eccesso di potere, errore nei motivi e nei presupposti, poiché, per effetto della declaratoria di incostituzionalità della citata disposizione regionale, non occorrerebbe più la concessione edilizia per la realizzazione delle opere in questione.
Si è costituito in giudizio, per resistere al ricorso, il Comune di Ancona intimato.
A seguito dell’accoglimento dell’istanza cautelare, la causa è stata fissata per la trattazione del merito e, all’udienza pubblica del 9 ottobre 2014, è stata trattenuta per la decisione.
II. Il ricorso è fondato e da accogliere.
II.0. Preliminarmente, va disattesa l’eccezione di inammissibilità per violazione del principio del “ne bis in idem” sollevata dalla difesa del Comune di Ancona, basata sul rilievo che l’atto impugnato con il presente ricorso sarebbe sostanzialmente il medesimo, perché meramente confermativo, di una precedente ordinanza di demolizione adottata dal Comune in data 25 luglio 2003, anch’essa avente ad oggetto le opere in questione, già impugnata innanzi a questo Tribunale con ricorso conclusosi con sentenza n. 1753/2004; precisamente, con tale pronuncia veniva accolto il ricorso nella sola parte relativa all’impugnazione dell’ordinanza di demolizione per la fondatezza del motivo che censurava il mancato rispetto del termine di 30 giorni, concesso dalla stessa Amministrazione all’interessata per la presentazione di memorie scritte e documenti, prima di ingiungere la demolizione delle opere realizzate, mentre veniva respinto per la parte relativa all’impugnazione della sanzione pecuniaria e veniva dichiarata irricevibile l’impugnativa dell’ordinanza dirigenziale prot. 26633 del 3 marzo 2003 di inammissibilità della D.I.A.
Sul punto, osserva il Collegio che il presente gravame non è posto in violazione del principio del “ne bis in idem”, dato che l’ordinanza di demolizione adottata in data 4 marzo 2005 si atteggia come un provvedimento nuovo rispetto a quella adottata in data 25 luglio 2003, quest’ultima annullata perchè avrebbe dovuto essere emessa previo rispetto del contraddittorio procedimentale, come statuito nella pronuncia n. 1753/2004, secondo cui l’Amministrazione “si era espressamente autolimitata al rispetto di un termine per l’inoltro degli scritti difensivi e, ai sensi dei noti principi di correttezza ed equità dell’azione amministrativa, neppure poteva prescinderne senza indicare le sopravvenute ed eventuali ragioni”.
Il ricorso in esame, invero, oltre ad essere indirizzato avverso un diverso provvedimento, contiene differenti ed autonomi motivi di censura volti a contestare l’illegittimità dell’atto impugnato per vizi suoi propri, soprattutto avuto riguardo a talune sopravvennienze di fatto e di diritto che il Comune avrebbe omesso di considerare nell’emissione del nuovo ordine di demolizione.
II.1. Sempre in via preliminare, occorre ulteriormente precisare che, nelle more della definizione del presente giudizio, si è verificato un mutamento della situazione di fatto, dovuto all’avvenuta implementazione dell’impianto esistente con tecnologia UMTS; come da documentazione depositata dalla ricorrente in data 2 luglio 2014, infatti, a seguito di richiesta di ampliamento dell’impianto in questione da parte dell’interessata e previa acquisizione del parere tecnico radioprotezionistico dell’ARPAM emesso in data 2 luglio 2008, in data 16 dicembre 2008 è stato attivato il nuovo impianto senza che il Comune di Ancona opponesse alcunché.
L’impianto di che trattasi, pertanto, così come implementato, è ancora attivo e funzionante.
II.2. Ciò posto, l’ordinanza di demolizione impugnata è illegittima e va annullata per i seguenti motivi.
Il Comune di Ancona, partendo dal presupposto che la dichiarata irricevibilità dell’impugnazione proposta avverso l’ordinanza dirigenziale con cui veniva rifiutata la conversione dell’istanza della ricorrente del 21 maggio 2002 in una DIA aveva determinato il consolidamento degli effetti di tale provvedimento e ritenendo, quindi, di poter porre a fondamento del nuovo ordine di demolizione i medesimi presupposti di fatto e di diritto che avevano indotto all’adozione dell’ordinanza del 25 luglio 2003, con l’atto in questa sede impugnato ha nuovamente ingiunto alla Ericsson s.p.a. la demolizione delle opere realizzate, ritenute abusive.
Due sono, in sostanza, le contestazioni mosse dall’Amministrazione alla società ricorrente; la prima attiene alla realizzazione dei lavori in assenza di concessione edilizia, la seconda attiene all’inosservanza del valore di cautela di 6 V/m di cui al DM n. 381/1998, per come stimato dall’ARPAM nel parere n. 3030 del 21 maggio 2002.
II.2.a. Partendo da tale secondo aspetto, evidente è l’errore in cui è incorsa l’Amministrazione comunale nel non aver considerato che con parere n. 3030 dell’11 ottobre 2002 l’ARPAM aveva accertato il superamento del limite di 3 V/m previsto dall’art. 3, comma 6, della legge regionale n. 25/2001, ma non anche il valore di cautela di 6 V/m di cui all’art. 4 del DM n. 381/1998.
Tale secondo parere tecnico radioprotezionistico sembra non essere stato affatto preso in considerazione dal Comune di Ancona, non essendo menzionato nell’epigrafe dell’atto impugnato.
Ebbene, nell’emanazione dell’ordine di demolizione oggetto di gravame, l’Amministrazione non poteva non tener conto del fatto che, con sentenza n. 307/2003, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimi gli artt. 3, commi 4 e 6, e 7, comma 3, della legge regionale delle Marche n. 25/2001.
In particolare, l’art. 3 della suddetta legge regionale, nel prevedere che gli impianti di radiodiffusione e per telefonia mobile in ambito regionale necessitavano di essere assentiti previo rilascio di concessione edilizia, al comma 6 individuava in 3 V/m il valore limite di campo elettrico che detti impianti dovevano osservare, quale obiettivo di qualità, in corrispondenza di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore.
Conseguentemente, l’unico valore che l’impianto in questione, in condizioni di attivazione, doveva rispettare per ritenere la sua compatibilità con gli obiettivi di qualità era quello di 6 V/m fissato dal DM n. 381/1998, che, nella fattispecie, non risultava violato alla luce degli accertamenti posti in essere dall’ARPAM e sfociati nel parere del’11 ottobre 2002.
Peraltro, anche all’esito degli accertamenti successivi effettuati dall’ARPAM nel 2008 per verificare l’osservanza dei valori di attenzione dell’impianto a seguito dell’implementazione, è stata ulteriormente confermata la compatibilità di esso con il valore di 6 V/m di cui agli artt. 3 e 4 del DPCM dell’8.7.2003.
II.2.b. Quanto all’aspetto edilizio, sebbene la legge regionale n. 25/2001 non sia stata toccata dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 307/2003 nella parte in cui prevedeva la necessità che tale tipologia di impianti fossero realizzati previo rilascio di una concessione edilizia e ferma restando l’efficacia dell’ordinanza dirigenziale prot. 26633 del 3 marzo 2003 - con cui si negava che l’istanza della Ericsson del 21 maggio 2002 potesse valere come DIA ai sensi dell’art. 12 del D.L. n. 198/2002 - la cui impugnazione è stata ritenuta tardiva con sentenza di questo Tribunale n. 1753/2004, tuttavia non può non considerarsi che l’ordinanza di demolizione oggetto del presente ricorso è stata adottata sotto la vigenza del d.lgs. n. 259/2003 che, all’art. 87, prevede, quali unici titoli abilitativi per l’istallazione di stazioni radio-base per telefonia mobile la DIA o l’autorizzazione; poiché le norme di cui al Codice delle comunicazioni prevalgono, per il principio di specialità, sulle norme di cui al D.P.R. n. 380/2001, la DIA e le autorizzazioni previste per la realizzazione degli impianti di telefonia mobile costituiscono titoli edilizi a tutti gli effetti, atteso che il legislatore ha inteso far confluire nel relativo procedimento anche valutazioni di carattere urbanistico ed edilizio, con la conseguenza che detti titoli abilitativi hanno portata assorbente rispetto al permesso di costruire e risultano sufficienti a consentire l’istallazione degli impianti.
E’ evidente, pertanto, l’eccesso di potere in cui è incorsa l’Amministrazione nel reiterare sic et simpliciter l’ordine di demolizione basandosi sui medesimi presupposti in fatto ed in diritto che avevano condotto all’adozione dell’ordinanza del 25 luglio 2003, senza effettuare alcuna valutazione di opportunità alla luce delle modifiche normative nel frattempo intervenute.
Ciò tanto più se si considera che, successivamente alla proposizione del ricorso, è stata presentata al Comune una nuova DIA in data 4 giugno 2008, ai sensi dell’art.87 del d.lgs. n.259/2003, per l’implementazione dell’impianto con tecnologia UMTS e che, per effetto della stessa, stante la formazione del titolo abilitativo per silentium - non essendo stato opposto alcunché dall’Amministrazione -, i relativi lavori sono stati eseguiti e l’impianto, nel suo complesso, è attivo e funzionante.
III. Per le considerazioni che precedono, il ricorso va accolto e, conseguentemente, l’atto impugnato va annullato.
IV. Tenuto conto delle peculiarità fattuali della vicenda, le spese del giudizio possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Ancona nelle camere di consiglio dei giorni 9 ottobre 2014 e 23 ottobre 2014, con l'intervento dei magistrati:
Franco Bianchi,Presidente
Tommaso Capitanio,Consigliere
Simona De Mattia,Primo Referendario, Estensore
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/01/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 
 

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