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Ordine di demolizione - motivazione - TAR Catanzaro, sent. n.15 del 14.01.2015

Pubblico
Mercoledì, 14 Gennaio, 2015 - 01:00

Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, (Sezione Seconda), sentenza n.15 del 14 gennaio 2015, sulla motivazione ordinanza demolizione
 
N. 00015/2015 REG.PROV.COLL.
 
N. 00160/2014 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
 
(Sezione Seconda)
 
ha pronunciato la presente
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 160 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
Maria Dolore Perrone, rappresentata e difesa dall'avv. Italo Guagliano, con domicilio eletto presso Tar Segreteria in Catanzaro, Via De Gasperi, 76/B; 
contro
Comune di Buonvicino, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Ivon Posteraro, con domicilio per legge presso Tar Segreteria in Catanzaro, via De Gasperi, 76/B; 
per l'annullamento
dell’ordinanza di demolizione di opere edilizie eseguite in assenza di permesso di costruire n.43/13 del 20.11.2013, notificato in data 21.11.2013 dal Comune di Buonvicino – Ufficio tecnico, settore urbanistica – e di tutti gli atti preparatori, presupposti, connessi e collegati;
e con motivi aggiunti per l’annullamento
del diniego di sanatoria e rigetto istanza di accertamento di conformità ex art.37, comma 4, d.p.r. n.380/2001 e di tutti gli atti preparatori, presupposti, connessi e collegati.
 
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Buonvicino;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2014 la dott.ssa Giuseppina Alessandra Sidoti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO
La ricorrente, Perrone Maria Dolore, è proprietaria del terreno ubicato in Buonvicino c.da Manche, su cui insiste il fabbricato oggetto del provvedimento in questione, in virtù di successione a seguito della morte del sig. Valente Alessandro, suo coniuge.
Ha esposto che il marito era titolare del diritto di proprietà dell’immobile per effetto di un contratto stipulato, in data 20.07.1964, con Valente Fedele, con cui quest’ultimo “cede vende e aliena a Valente Alessandro che accetta appezzamento di terreno agricolo con fabbricato in pessimo stato di conservazione in Buonvicino, c.da Manche, della superficie di 250,00 metri quadrati circa”.
Ha riferito che, a seguito dell’acquisto, il sig. Valente Alessandro avrebbe provveduto a migliorare, con opere edilizie, il fabbricato preesistente sul terreno per renderlo utile e funzionale all’attività agricola e all’allevamento prima, e successivamente a fini abitativi.
La ricorrente ha, inoltre, evidenziato di avere provveduto a ristrutturare l’immobile dopo la morte del coniuge, avvenuta in data 30.08.1997, commissionando solo opere edilizie igienico-funzionali, rientranti nell’attività edilizia libera ex art.6 d.p.r. n.380/2001 e ss.mm.ii.
Ha comunicato, altresì, di avere sottoscritto, in data 25.02.2013, un contratto di comodato d’uso gratuito del fabbricato in oggetto con suo figlio Valente Ciriaco, il quale abiterebbe nello stesso con il suo nucleo familiare; ha, quindi, riferito che con il provvedimento impugnato, emesso, in data 20.11.2013, sulla base di verbale di accertamento ed a seguito di comunicazione di avvio del procedimento, è stata ingiunta la demolizione del fabbricato in questione e che, in data 15.01.2014, ha presentato al Comune la D.I.A. postuma, ai sensi dell’art.37, comma 4, d.p.r. n.380/2001 e ss.mm.ii., per le opere edilizie di completamento igienico funzionali eseguite sul fabbricato.
Con il ricorso in epigrafe ha, quindi, impugnato l’ordinanza di demolizione in questione, deducendo i seguenti vizi:
1) “Violazione di legge per errata e falsa applicazione delle norme sul giusto procedimento – Viol. Art.97 Cost., artt. 1,7, 8 e 10 L.n.241/1990 – Eccesso di potere per difetto di istruttoria – Mancata valutazione di circostanze di fatto dedotte e determinanti”: il provvedimento sarebbe stato emesso in violazione del principio collaborativo e in carenza di istruttoria;
2) “Eccesso di potere – mancata motivazione e/o motivazione insufficiente - Violazione e falsa applicazione dell’art.3, 6 e 10 della legge n.241/90 – sviamento di potere”: il provvedimento sarebbe carente di motivazione; mancherebbe, peraltro, la ragione del mancato adeguamento dell’azione amministrativa alle deduzione difensive rese al riguardo dal privato;
3) “Violazione e falsa applicazione dell’art.27 D.P.R. n.380/2001 – travisamento e mancata valutazione dei fatti – eccesso di potere”: il Comune non avrebbe tenuto conto dell’atto di compravendita tra il Valente Fedele e il Valente Alessandro, da cui risulterebbe la prova che il fabbricato in contestazione sarebbe stato realizzato precedentemente all’anno 1964; laddove vi fosse un abuso rispetto alle opere effettuate dai precedenti titolari del diritto di proprietà sul fabbricato, comunque, si sarebbe ingenerata una posizione di legittimo affidamento in capo alla ricorrente, tale da rendere ravvisabile un onere di congrua motivazione in capo all’amministrazione.
Alla Camera di Consiglio del 6 marzo 2014, il Collegio, con ordinanza n.137/2014, all’esito di un sommario esame, ha accolto l’istanza cautelare ai fini del riesame.
In data 21 marzo 2014, si è costituito il Comune di Buonvicino per resistere al gravame, controdeducendo che: a) l’ordine di demolizione di opera edilizia abusiva, atto vincolato, sarebbe sufficientemente motivato con l’accertata abusività del manufatto, specie quando, come nel caso, incida su area sottoposta a vincoli; il Comune, contrariamente a quanto asserito da parte ricorrente, avrebbe svolto una compiuta istruttoria, dalla quale sarebbe emerso che il fabbricato in questione sarebbe stato realizzato successivamente al gennaio 2011; b) l’amministrazione, ai fini dell’ordine di demolizione di un’opera edilizia abusiva, non è tenuta ad accertare e dimostrare l’epoca in cui la stessa è stata realizzata, essendo sufficiente l’accertamento della permanenza dell’opera abusiva nel momento in cui è stato adottato, spettando, di contro, agli interessati fornire specifici elementi probatori che inducano a diversa determinazione; vi sarebbero dubbi sul contratto di compravendita e sul contratto di comodato; quest’ultimo è stato stipulato tra la ricorrente e il figlio, il quale è, però, residente in altro immobile e la cui famiglia è composta da un unico componente, contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente; c) la DIA postuma non è pendente, come affermato da parte ricorrente, ma è stata definita con provvedimento notificato in data 21 gennaio 2014.
Con motivi aggiunti, depositati in data 4 aprile 2014, la sig.ra Perrone ha impugnato il diniego di sanatoria e rigetto di istanza e accertamento di conformità ex art.37, c.4, d.p.r. n.380/2001.
Avverso tale atto ha dedotto che: a) l’amministrazione non avrebbe svolto un’adeguata istruttoria, emettendo il provvedimento di diniego a soli 7 giorni dalla presentazione della d.i.a. postuma, senza tenere conto delle circostanze dichiarate dalla ricorrente ed in particolare della preesistenza del fabbricato al 1964, anno in cui venne stipulata la scrittura privata di compravendita tra il marito e il suo dante causa; il provvedimento non sarebbe stato preceduto dalla comunicazione di preavviso di rigetto di cui all’art.10 bis L.n.241/90; b) vi sarebbe un uso distorto del potere amministrativo, essendo stata rigettata l’istanza di sanatoria e l’accertamento di conformità ex art.37, c.4, dpr 380/2001, ignorando i dati e le circostanze addotte dalla ricorrente e dal tecnico progettista; in particolare, preesistendo il fabbricato al 1964, non vi era alcuna necessità di chiedere una licenza o concessione, posto che, antecedentemente al 1967, il Comune di Buonvicino era sprovvisto di strumento urbanistico; c) carenza motivazionale.
In riscontro ai motivi aggiunti, in data 22 maggio 2014, il Comune ha prodotto memoria.
In vista della pubblica udienza, la ricorrente ha depositato memoria, lamentando l’inerzia del Comune a fronte dell’ordinanza propulsiva di questo Tribunale e insistendo per l’accoglimento del ricorso principale e di quello per motivi aggiunti.
Alla pubblica udienza del 5 dicembre 2014, il ricorso è stato posto in decisione.
DIRITTO
1. Con l’odierna controversia, la ricorrente, proprietaria dell’immobile in questione, contesta la legittimità dell’ordinanza di ingiunzione in epigrafe (impugnata con il ricorso introduttivo) e del successivo diniego di sanatoria e rigetto di istanza di accertamento di conformità ex art.37 c.4, dpr n.380/2001 (impugnato con i motivi aggiunti), sostenendo che il fabbricato sarebbe anteriore al 1963 (anno in cui sarebbe avvenuto il trasferimento di proprietà in capo al marito oggi defunto) e che comunque eventuali abusi non le sarebbero imputabili, avendo la stessa provveduto solo a far posizionare pavimentazioni, intonaci, impianti sanitari, per i quali ha presentato D.I.A. postuma.
2. Ritiene il Collegio che, a seguito dell’approfondito esame della vicenda in sede di merito, il ricorso sia infondato.
2.1. Con i tre motivi del ricorso introduttivo, parte ricorrente deduce carenza di istruttoria, lesione del diritto partecipativo, carenza motivazionale e mancata valutazione delle circostanze di fatto dedotte e determinanti.
3. Con riferimento al primo motivo, relativo alla ritenuta lesione del diritto partecipativo e alla carenza istruttoria, lo stesso non merita accoglimento.
In particolare, la ricorrente ritiene che l’amministrazione non avrebbe tenuto conto della memoria difensiva presentata dalla stessa in data 18.11.2013, dalla quale si evincerebbe che l’opera in questione sarebbe antecedente al 1963 e, pertanto, non necessitante di titolo abilitativo; il Comune, peraltro, avrebbe omesso qualsiasi richiesta di chiarimenti rispetto alle deduzioni poste a fondamento della memoria ed emesso, in violazione del principio collaborativo, il provvedimento di demolizione a soli due giorni dal deposito della detta memoria.
3.1. Preliminarmente, occorre ricordare che la granitica giurisprudenza sul tema afferma che per gli atti sanzionatori di abusi edilizi, qual è l’ordinanza di demolizione, l’amministrazione non è tenuta a comunicare l’avvio del procedimento, trattandosi di atto vincolato e dovuto (Consiglio di Stato, sez. VI, 4 marzo 2013, n.1268).
Ciò nonostante, nel caso, risulta che l’amministrazione abbia comunicato l’avvio del procedimento, con nota prot.n.4305 del 30.10.2013, a cui ha fatto seguito la produzione di scritti difensivi da parte della ricorrente, con documentazione allegata.
La ricorrente, pertanto, nella fattispecie, ha avuto la possibilità di articolare le proprie difese in ambito procedimentale ed esporre le proprie ragioni, producendo, altresì, i documenti che, a suo dire, proverebbero l’inesistenza dell’abuso contestato.
3.2. Priva di pregio è, poi, la doglianza della mancata richiesta di integrazione o chiarimenti e dell’emanazione del provvedimento impugnato in soli due giorni dalla produzione della memoria.
Intanto, occorre evidenziare che il potere istruttorio integrativo, di cui dispone il responsabile del procedimento e a cui fa riferimento la ricorrente, non costituisce un dovere assoluto per l’amministrazione ma espressione del potere discrezionale della stessa di chiedere chiarimenti o integrazioni ove ritenuti necessari ai fini di un adeguato e sollecito svolgimento dell’istruttoria.
Tale potere va coordinato con il principio di buon andamento di cui all’art.97 Cost., dimodochè la richiesta di integrazioni e chiarimenti alla documentazione già in atti subentra solo nel caso di documentazione incompleta e quindi in assenza di tutti gli elementi necessari ai fini della determinazione finale da assumere.
Nel caso, va evidenziato che l’adozione dell’atto è avvenuta nei termini di legge e sulla scorta degli atti già in possesso del Comune (alcuni dei quali prodotti proprio dalla parte nel corso del procedimento amministrativo), atti che sono stati valutati dal responsabile, il quale non ha ritenuto necessaria ulteriore integrazione ai fini dell’adozione della determinazione finale impugnata.
Nel caso, pertanto, l’atto impugnato non risulta essere stato emesso in carenza di istruttoria, bensì a seguito di un procedimento amministrativo, all’interno del quale è stata data la possibilità alla ricorrente di fornire il proprio apporto collaborativo e sulla base di un verbale con cui è stata accertata, fino a querela di falso, l’abusività del manufatto oggetto di contestazione.
4. Quanto alla censura secondo cui la motivazione sarebbe carente, strettamente correlata alla prima, anch’essa è infondata.
Secondo consolidata giurisprudenza, infatti, i provvedimenti sanzionatori di abusi edilizi non hanno bisogno di particolare motivazione, essendo sufficiente la descrizione e la rappresentazione delle opere abusivamente realizzate, nel caso presenti (Consiglio di Stato , sez. V, 8 aprile 2014, n.1650).
4.1. Infondata è, in particolare, la doglianza secondo cui il provvedimento impugnato sarebbe carente della ragione del mancato adeguamento dell’azione dell’amministrazione alle deduzioni difensive del privato, di cui non vi sarebbe traccia.
Infatti, fermo restando che i provvedimenti di repressione degli abusi edilizi costituiscono atti dovuti, in generale il diritto del privato alla partecipazione del procedimento amministrativo e il correlato dovere dell’amministrazione di esaminare le memorie e la documentazione prodotta dallo stesso non impongono che ogni singolo argomento venga analiticamente confutato nella motivazione del provvedimento, essendo sufficiente che l’amministrazione, nel corpo dell’atto, abbia dato conto degli atti prodotti ed esaminati, nonostante i quali si sia determinato nel senso di cui alla comunicazione di avvio del procedimento (T.A.R. Salerno (Campania), sez. I, 03 settembre 2014, n.1502).
Nel caso, nel provvedimento si dà atto che la sig.ra Perrone Dolore Maria, con atto stragiudiziale, ha presentato scritti difensivi e che, a seguito di un ulteriore approfondito esame della pratica, è stato confermato che le opere di cui trattasi sono abusive.
Risulta, pertanto, sufficientemente motivato il provvedimento di demolizione di opere abusive che, esponendo i presupposti di fatto e le motivazioni giuridiche dello stesso, fondate sull’accertata abusività, rende, nella sostanza, evincibili le ragioni che hanno condotto il Comune a non accogliere le deduzioni difensive (sussistenti evidentemente, nel caso, nel fatto che la documentazione prodotta non è stata ritenuta comprovante la non abusività del fabbricato).
4.2. Quanto al richiamo all’orientamento giurisprudenziale secondo cui, sia ravvisabile un onere di congrua motivazione dell’ordine di demolizione nell’ipotesi in cui, per il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell’abuso ed il protrarsi dell’inerzia dell’Amministrazione preposta alla vigilanza, si sia ingenerata una posizione di affidamento nel privato, va preliminarmente dato atto che lo stesso non è pacifico, restando dominante l’orientamento sull’inesistenza di un obbligo “ulteriore” rispetto a quello dell’accertata abusività dell’opera contestata (cfr. Consiglio di Stato, 17 febbraio 2014, n. 734).
Nel caso, peraltro, il manufatto in questione sorge su area sottoposta a vincoli, come da documentazione prodotta dal Comune, ed a maggior ragione, in tali casi, sia l’entità e la tipologia dell’abuso sia l’intervallo di tempo tra l’accertamento e l’irrogazione della sanzione non possono essere idonei a sovvertire il principio di prevalenza dell’interesse pubblico alla rimozione dell’illecito (Consiglio di Stato, sez. IV, 12 aprile 2011, n.2266; sez. IV, 25 giugno 2013 n.3471).
5. Con il terzo motivo, la ricorrente si duole dell’eccesso di potere per travisamento e mancata valutazione dei fatti.
5.1. Le censure sono infondate.
È principio consolidato quello per cui l’amministrazione, nell’esercizio del potere repressivo dell’abuso edilizio, non è tenuta ad accertare e dimostrare l’epoca in cui lo stesso è stato realizzato, ma semplicemente ad accertare la permanenza abusiva al momento dell’adozione del provvedimento, essendo piuttosto onere del privato fornire elementi probatori che consentano di pervenire a diversa determinazione circa la data di commissione dell’abuso (T.A.R. Campania, Napoli, 7 marzo 2013, n.1349).
In particolare, è pacifico che l’onere della prova circa la data di realizzazione dell’opera abusiva incomba su chi ha commesso l’abuso (Consiglio di Stato, sez. V, 7 luglio 2014, n.3414; sez VI, 6 maggio 2008 n.2010), il quale deve allegare concreti elementi a supporto della propria affermazione.
Ebbene, nel caso, la ricorrente ha prodotto, nell’ambito del procedimento amministrativo, una scrittura privata di compravendita del terreno e una scrittura privata di comodato, atti sulla cui veridicità l’amministrazione pone dubbi.
Prescindendo da questi ultimi, il Collegio ritiene che la scrittura privata, priva di data certa e nella quale si fa generico riferimento all’esistenza sul terreno in questione di un fabbricato in pessimo stato di conservazione, non costituisce di per sé prova che il manufatto sia anteriore al 1967.
Infatti, con la scrittura di compravendita, datata 20.07.1964 e non registrata, stipulata tra Valente Alessandro (marito e dante causa) e Valente Fedele, veniva venduto al sig. Valente Alessandro un terreno agricolo con fabbricato in pessimo stato di conservazione.
Ma tanto non prova che l’odierno fabbricato, quale accertato con verbale di constatazione d’irregolarità urbanistico-edilizia prodotto dal Comune, coincida con quel fabbricato in pessimo stato di conservazione di cui al detto contratto di compravendita.
Anzi, per come emerge dal verbale, gli accertatori hanno constatato la realizzazione, in assenza di permesso di costruire, delle seguenti opere: “1. manufatto ad uso abitativo, di forma irregolare e di superficie in pianta di circa mq. 91,00, avente altezza max (al colmo) di circa mt. 3,10 e min. (alla gronda) di circa mt. 2,40, con struttura in muratura di blocchi di calcestruzzo e copertura in legno a due falde inclinate e soprastante manto in lamiera zincata coibentata, La pavimentazione interna risulta eseguita in piastrelle tipo cotto, risulta suddiviso internamente in ingresso angolo cottura, soggiorno/pranzo, ripostiglio e bagno. 2. Sistemazione area esterna mediante sopraelevazione in blocchi di calcestruzzo dell’esistente muretto in calcestruzzo di sostegno della strada, realizzazione dei muretti di contenimento in blocchi di calcestruzzo, recinzioni metalliche e realizzazione di barbecue e pavimentazione in calcestruzzo”.
Nel verbale si legge, altresì, che “dal riscontro effettuato mediante la consultazione di aerofotogrammetrie ed ortofoto succedutesi nel tempo, nonché dalla stipula dei contratti di erogazione di acqua ed energia elettrica, la data di commissione dell’abuso è da collocare tra il 2012 e il 2013”.
Ebbene, quanto esposto nel verbale e nell’ordinanza, frutto dell’accertamento degli agenti comunali ed avente efficacia probante fino a querela di falso, è di per sé sufficiente a fondare la legittimità dell’atto impugnato, atteso che non è stato dimostrato che il fabbricato abusivo preesistesse al 1967, non essendo stata fornita, per le ragioni esposte, la prova della data certa della sua realizzazione.
6. Con ricorso per motivi aggiunti, la ricorrente ha, poi, impugnato il diniego di sanatoria e il rigetto di istanza di accertamento di conformità ex art.37 c.4, d.p.r., n.380/2001, a seguito di presentazione di d.i.a. postuma, per avere realizzato, di recente, opere consistenti in mere installazioni di impianti igienico-sanitari.
6.1. I motivi aggiunti sono parimenti infondati.
6.2. Con il primo motivo, la sig.ra Perrone ripropone le censure già mosse avverso l’ordinanza di demolizione di carenza di istruttoria e di mancata valutazione di circostanze di fatto determinanti.
In particolare, nel caso, la contestata esiguità del tempo impiegato per definire il procedimento (7 giorni dalla presentazione della “d.i.a. postuma”) non dimostra la carenza di istruttoria né la mancata valutazione delle circostanze addotte dalla ricorrente.
Come affermato dalla difesa del Comune, venendo in questione un’attività di controllo sulla rispondenza tra quanto realizzato e dedotto dall’istante e la normativa urbanistica, nonché gli strumenti urbanistici comunali vigenti, l’amministrazione aveva tutta la documentazione necessaria (verbale di contestazione, memoria difensiva corredata dal contratto di compravendita e dal contratto di comodato, istanza per d.i.a. postuma e relativi allegati) per procedere celermente all’accertamento richiesto.
Sulla base della documentazione agli atti, il responsabile del procedimento non ha ritenuto di acquisire ulteriori atti o elementi, rispetto a quelli già acquisiti, che, peraltro, la ricorrente non ha prodotto nemmeno in questa sede.
Ne consegue che le dette censure non meritano accoglimento, avendo l’amministrazione comunale, sulla base della documentazione già in suo possesso (in parte fornita dalla stessa ricorrente), ritenuto l’insussistenza dei presupposti necessari alla sanatoria, nonostante la produzione di parte ricorrente mirante a dimostrare la non abusività del manufatto.
6.3. Quanto alla censura relativa alla ritenuta violazione dell’art.10 bis della L.n.241/90, per non avere comunicato i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di sanatoria, essa è infondata.
Premesso che l’istituto dei cui all’art.10 bis cit. persegue finalità di potenziamento del contraddittorio tra l’amministrazione e i privati, al fine di tutelare le ragioni di chi è soggetto all’azione amministrativa, consolidata giurisprudenza ha chiarito che le norme in materia di partecipazione – e quindi anche il preavviso di rigetto ex art.10 bis L.n.241 del 1990 assimilabile alla comunicazione di avvio del procedimento - non vanno applicate meccanicamente e acriticamente, ma prediligendo un approccio sostanzialistico, in base al quale viene esclusa l’illegittimità del provvedimento finale nel caso in cui il privato abbia avuto, comunque, modo di conoscere i motivi ostativi e di esercitare le proprie facoltà partecipative, in omaggio al principio del raggiungimento dello scopo (T.A.R. Campania Napoli, sez. VII 7 gennaio 2014, n.1).
Nel caso, la richiesta di sanatoria, ai sensi dell’art.37, comma 4, cit., è stata presentata successivamente all’ordinanza di demolizione, al cui procedimento la ricorrente ha avuto la possibilità di partecipare, producendo le scritture private ritenute probanti la non abusività del manufatto, né nell’odierna sede ha indicato eventuali ulteriori elementi che avrebbe potuto fornire.
Pertanto il mancato preavviso, non essendosi concretizzato in un deficit istruttorio, non incide sulla validità dell’atto, non avendo scalfito la legittimità sostanziale del provvedimento impugnato. (T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 7 febbraio 2014, n.883).
Peraltro, l’attività conseguente ad una istanza di cui all’art.37 comma 4 d.p.r. n.380/2001 costituisce attività vincolata, in quanto l’amministrazione si limita ad effettuare una valutazione della conformità dell’intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente, senza svolgere apprezzamenti discrezionali.
Nel caso, il diniego di sanatoria si fonda sul menzionato abusivismo a causa del quale, secondo quanto affermato dal Comune nella difesa, “l’eventuale annullamento lascerebbe intatta la facoltà di adottare comunque un provvedimento con lo stesso contenuto”, dimochè l’annullamento del diniego di sanatoria avverrebbe solo per ragioni formali.
Alla fattispecie, pertanto, è applicabile l’art.21 octies della L. n.241/1990 che statuisce la non annullabilità del provvedimento per violazione delle norme sul procedimento amministrativo qualora per la natura vincolata dell’atto sia palese che il suo contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello concretamente adottato (T.A.R. Napoli, n.3066/2014).
7. Con il secondo motivo del ricorso per motivi aggiunti, la ricorrente ripropone la censura relativa al travisamento e mancata valutazione dei fatti e degli atti, per essere stata rigettata l’istanza di sanatoria senza la valutazione degli elementi dalla stessa già forniti che dimostrerebbero l’anteriorità della costruzione al 1963.
Tale motivo va rigettato per le stesse motivazioni già contenute nei superiori punti 5 e 5.1, atteso che, come detto, una scrittura privata, priva di data certa ed in cui si faccia generico riferimento a un manufatto in pessimo stato di conservazione, non è idonea a fornire la prova della data di realizzazione del manufatto di cui viene contestata con verbale, valevole sino a querela di falso, l’abusività.
8. Con il terzo motivo, si lamenta la mancanza di motivazione sufficiente, anche in considerazione della notevole permanenza del fabbricato sul terreno in questione.
Il motivo è infondato.
Sussiste difetto di motivazione quando non è possibile ricostruire il percorso logico giuridico seguito dall’autorità emanante ed appaiono indecifrabili le ragioni sottese alla determinazione assunta (Consiglio di Stato, sez. I, n.5257/2012).
Ebbene, nel caso, il provvedimento impugnato è adeguatamente motivato.
In esso si riferisce che il fabbricato di che trattasi è interessato da ordinanza di demolizione emessa a seguito del verbale di accertamento di costruzione abusiva e si dà atto della non accoglibilità della richiesta di sanatoria in quanto l’immobile non risulta realizzato in data antecedente all’1.9.1967.
Il destinatario, pertanto, è stato reso edotto della circostanza che il rigetto si fonda sulla “non … suscettibilità di DIA postuma per esecuzione lavori di completamento”, posto che il fabbricato è abusivo e, pertanto, oggetto dell’ordinanza di demolizione impugnata.
Peraltro, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la stessa non ha fornito la prova dell’esistenza del fabbricato, oggetto dell’ordinanza di demolizione, in data anteriore all’1.9.1967, tale non essendo, per le ragioni già spiegate, il contratto di compravendita del 1964, né l’ulteriore documentazione prodotta al Comune e in questa sede.
9. Conclusivamente, il ricorso introduttivo e per motivi aggiunti vanno rigettati e le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso introduttivo e su quello per motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.
Condanna parte ricorrente al pagamento in favore dell’amministrazione resistente delle spese di lite ammontanti complessivamente a € 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre accessori di legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Salvatore Schillaci,Presidente
Concetta Anastasi,Consigliere
Giuseppina Alessandra Sidoti,Referendario, Estensore
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/01/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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