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Sanatoria permesso costruire: diniego - Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 316 del 21.01.2015

Pubblico
Sabato, 31 Gennaio, 2015 - 01:00

 
Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), sentenza n. 316 del 21 gennaio 2015, sul diniego rilascio sanatoria permesso costruire
 
 
N. 00316/2015REG.PROV.COLL.
 
N. 05299/2013 REG.RIC.
 
N. 02226/2014 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Consiglio di Stato
 
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
 
ha pronunciato la presente
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 5299 del 2013, proposto dalla signora Giuseppina Ruggiero, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Lanocita e Giuseppe Lanocita, con domicilio eletto presso lo Studio legale Carlini in Roma, piazza Cola di Rienzo 92; 
contro
Comune di Pagani, rappresentato e difeso dall'avv. Raffaele Marciano, con domicilio eletto presso l’avv. Nicola Bultrini in Roma, Via Germanico 107; Responsabile P.T.Del Settore Edilizia Privata e Servizi Cimiteriali del Comune di Pagani; Commissione Straordinaria d'Amministrazione Provvisoria del Comune di Pagani, Ministero dell'Interno, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato e presso la medesima domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi, 12; 
 
 
sul ricorso numero di registro generale 2226 del 2014, proposto dal Comune di Pagani, rappresentato e difeso dall'avv. Raffaele Marciano, con domicilio eletto presso l’avv. Nicola Bultrini in Roma, Via Germanico 107; 
contro
Giuseppina Ruggiero, rappresentata e difesa dall'avv. Francesco Lanocita, con domicilio eletto presso l’avv. Leopoldo Fiorentino in Roma, piazza Cola di Rienzo, 92; Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato e presso la medesima domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, 12; 
per la riforma
quanto al ricorso n. 5299 del 2013:
della sentenza del T.a.r. Campania - Sez. Staccata Di Salerno, Sezione II, n. 01117/2013, resa tra le parti, concernente diniego di rilascio del permesso di costruire in sanatoria
quanto al ricorso n. 2226 del 2014:
della sentenza del T.a.r. Campania - Sez. Staccata Di Salerno, Sezione II, n. 00198/2014, resa tra le parti, concernente
 
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Pagani, della Commissione Straordinaria d'Amministrazione Provvisoria del Comune di Pagani, del Ministero dell'Interno e di Giuseppina Ruggiero;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2014 il Cons. Gabriella De Michele e uditi per le parti gli avvocati Stradella per delega degli avvocati Lanocita Giuseppe e Lanocita Francesco, De Curtis per delega dell’avv. Marciano e l’avvocato dello Stato Cristina Gerardis;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 
FATTO e DIRITTO
La questione sottoposta all’esame del Collegio riguarda un ordine di demolizione, seguito da istanza di permesso di costruire in sanatoria e da successivo diniego, con riferimento ad un cambio di destinazione d’uso e realizzazione di volumi residenziali nel Comune di Pagani; responsabile dell’abuso – realizzato tramite accorpamento al fabbricato principale, già adibito ad abitazione, di un manufatto pertinenziale di mq. 32 circa – risultava la signora Giuseppina Ruggiero, conduttrice del fondo rustico su cui insisteva il fabbricato. Per le opere in questione veniva emesso in data 27 maggio 2010 un ordine di demolizione, impugnato con ricorso che il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Salerno, sez. II – con sentenza n. 474/13 del 21 febbraio 2013 (che non risulta appellata) – dichiarava improcedibile, per intervenuta presentazione di istanza di sanatoria, benchè detta istanza risultasse già respinta alla data della pronuncia (diniego n. 362 del 4 gennaio 2013, cui fa riferimento l’atto di appello n. 5299/13, dopo il rigetto del relativo ricorso da parte del medesimo TAR con sentenza n. 1117/13 del 20 maggio 2013, attualmente in esame).
Al diniego in questione seguivano ordine di sgombero dell’immobile ed atto di immissione in possesso da parte del Comune: atti, questi ultimi, annullati in sede giurisdizionale, con pronuncia (n. 198/14 del 22 gennaio 2014) oggetto di appello da parte del Comune di Pagani.
Con la prima delle sentenze sopra indicate (n. 1117/13), in particolare, veniva respinto il ricorso proposto dalla citata signora Ruggiero avverso il diniego di sanatoria n. prot. 362 del 4 gennaio 2013, in quanto – pur essendo anche l’affittuario di fondi rustici abilitato a richiedere il titolo abilitativo per eventuali interventi edilizi, da effettuare o già effettuati – la relativa domanda di permesso di costruire, anche in sanatoria, sarebbe stata comunque subordinata al consenso (nella fattispecie non intervenuto) del proprietario; il provvedimento impugnato, pertanto, non avrebbe potuto avere contenuto diverso da quello, in concreto adottato.
In sede di appello (n. 5299/13, notificato il 28 giugno 2013), avverso la predetta sentenza venivano prospettati i seguenti motivi di gravame:
1)error in iudicando; violazione o falsa applicazione di legge, con riferimento agli articoli 36 e 37 del d.P.R. n. 380 del 2001 e all’art. 3 della legge n. 241 del 1990; eccesso di potere per difetto assoluto di presupposto, difetto di istruttoria, contraddittorietà, travisamento e sviamento, sia perché nell’atto impugnato non era contenuto alcuno specifico accenno alla necessità di consenso del proprietario, sia perché l’appellante, quale responsabile dell’abuso, sarebbe stata comunque legittimata a richiedere la sanatoria, quale conduttrice del fondo interessato, tenuto anche conto delle conseguenze penali, connesse sul piano personale al diniego impugnato;
2)violazione di legge, ancora con riferimento agli articoli 36 e 37 del d.P.R. n. 380 del 2001, nonché agli articoli 3 10 bis della legge n. 241 del 1990; difetto assoluto di presupposto e di istruttoria, travisamento, sviamento, non essendo stato consentito all’interessata di rappresentare le proprie ragioni a sostegno dell’istanza e non essendo stato rappresentato con chiarezza il contrasto del progetto presentato con la normativa urbanistica applicabile.
Il Comune di Pagani, costituitosi in giudizio, sottolineava come l’appellante risultasse assicurata come bracciante agricola da varie ditte e fosse stata residente presso l’immobile di cui trattasi solo dal 28 luglio 2006. Nel caso di specie, inoltre, non sarebbero state considerate la perdita della connotazione agricola del fondo e la necessità di consenso del titolare del bene, che avrebbe potuto essere estraneo all’abuso e contrario alla relativa sanatoria. La natura vincolata del diniego avrebbe reso inutili, inoltre, sia la partecipazione al procedimento, sia una specifica motivazione.
Con successiva sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sezione II di Salerno, n. 198/14 del 22 gennaio 2014, veniva invece accolto il ricorso proposto dalla medesima signora Ruggiero avverso le ordinanze nn. 147/2012 e 579/2013, con le quali era stato disposto lo sgombero dell’immobile, al fine di consentire l’abbattimento del locale abusivo e l’immissione in possesso del bene, finalizzata alla demolizione. Nella citata sentenza si affermava che la presentazione di istanza di sanatoria implicasse in ogni caso ineseguibilità dell’ordine di demolizione e, anche in caso di rigetto dell’istanza stessa, obbligo per l’Amministrazione di rinnovare l’ordine di demolizione, con concessione di nuovi termini.
Avverso detta pronuncia è stato proposto dal Comune di Pagani l’appello n. 2226/14, notificato il 6 marzo 2014, sulla base di contestazioni univocamente indirizzate a confutare l’assunto, secondo cui la presentazione di domanda di sanatoria potesse avere conseguenze ulteriori, rispetto a quelle di una mera dilazione dei termini per effettuare la demolizione. Si segnalava, inoltre, la pendenza di giudizio petitorio, pendente presso il Tribunale civile di Nocera Inferiore, con richiesta di provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c., per ottenere lo sgombero del suolo occupato senza titolo.
Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene opportuno disporre, in via preliminare, la riunione degli appelli nn. 5299/13 e 2226/14, in quanto legati da connessione soggettiva ed inerenti a questioni consequenziali; nel merito, il Collegio stesso ritiene che sussistano ragioni – di seguito rappresentate – per accogliere il primo di tali appelli e per respingere il secondo.
Per quanto riguarda l’appello n. 5299/13, in particolare, sembra opportuno riportare i passaggi sostanziali del diniego di sanatoria, impugnato in primo grado di giudizio, espressi nei seguenti termini: “…si comunica che la richiesta inerente il (recte:al)rilascio del permesso di costruire in sanatoria…è priva di titolarità, in quanto il soggetto richiedente non è in possesso di un qualsivoglia diritto reale di godimento, idoneo all’esecuzione dei lavori di manutenzione straordinaria e ristrutturazione edilizia…Inoltre dall’esame della pratica si evince che il tecnico incaricato….avrebbe indicato che l’immobile in questione ricadrebbe in zona C del PRG del Comune di Pagani, fuori dal perimetro del centro abitato e pertanto varrebbe il principio della doppia conformità. Ciò non corrisponde alla realtà documentale, in quanto via S. Anna è all’interno della perimetrazione del centro abitato, come da delibera di G.M. n. 515 del 22.5.1996. La conformità urbanistica dichiarata non appare corrispondere agli atti del Comune”.
Come risulta dal contenuto dell’atto – non integrabile in via successiva dalla difesa dell’Amministrazione in giudizio (giurisprudenza pacifica: cfr., fra le tante, Cons. St., sez. IV, 4 marzo 2014, n. 1018; e Cons. St., sez. V, 16 aprile 2014, n. 1938) – la sanatoria di cui trattasi non è dunque stata negata per mancato assenso dell’Ente proprietario, ma in primo luogo per inadeguatezza del titolo legittimante della signora Ruggiero, che secondo l’Amministrazione avrebbe potuto presentare la relativa domanda solo se titolare, quanto meno, di un “diritto reale di godimento”. Tale presupposto non è ravvisabile nel testo e nella “ratio” della normativa di riferimento, in quanto il d.P.R. n. 380 del 6 giugno 2001 (testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) dispone, nell’art. 11, comma 1, che “il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo”; quanto alla sanatoria, invece, il successivo art. 36 del medesimo T.U. prevede che l’accertamento di conformità – da rapportare sia al momento di realizzazione delle opere che a quello di presentazione della domanda – possa essere richiesto dal “responsabile dell’abuso”, o dall’” attuale proprietario dell’immobile”.
Appare dunque desumibile che – nell’ottica della necessaria conformità degli interventi edilizi alla disciplina urbanistica, nell’esclusivo interesse pubblico ad una programmata e disciplinata trasformazione del territorio – l’impulso ad effettuare tale trasformazione debba provenire da un soggetto, che si trovi in posizione di detenzione qualificata del bene, anche nell’ambito di un rapporto di locazione. Quanto alla necessità di consenso del proprietario – che pure non ha immediata rilevanza in questa sede, non trovando riscontro nella motivazione del provvedimento in esame – sembra opportuno sottolineare che il rilascio del titolo abilitativo (anche in sanatoria) fa comunque salvi i diritti dei terzi e non interferisce, pertanto, nell’assetto dei rapporti fra privati, ferma restando la possibilità per l’Amministrazione di verificare la sussistenza di limiti di matrice civilistica, per la realizzazione dell’intervento edilizio da assentire (cfr. in tal senso, per il principio, Cons. St., sez. IV, 8 giugno 2007, n. 3027, 16 marzo 2012, n. 1488 e 1513, 4 aprile 2012, n. 1990, 5 giugno 2012, n. 3300). Non appare casuale, tuttavia, che in materia di sanatoria la normativa di riferimento (art. 36 T.U. cit.) ammetta la proposizione dell’istanza da parte non solo del proprietario, ma anche del “responsabile dell’abuso”, tale dovendo intendersi lo stesso esecutore materiale, ovvero chi abbia la disponibilità del bene, al momento dell’emissione della misura repressiva (ivi compresi, evidentemente, concessionari o conduttori dell’area interessata, fatte salve le eventuali azioni di rivalsa di questi ultimi – oltre che dei proprietari – nei confronti degli esecutori materiali delle opere, sulla base dei rapporti interni intercorsi: cfr. anche, per il principio, Cons. St., sez. V, 8.6.1994, n. 614 e Consiglio Giust. Amm. Sic. 29.7.1992, n. 229). La relativamente maggiore ampiezza della legittimazione a richiedere la sanatoria, rispetto al preventivo permesso di costruire, trova d’altra parte giustificazione nella possibilità da accordare al predetto responsabile – ove coincidente con l’esecutore materiale delle opere abusive – di evitare le conseguenze penali dell’illecito commesso, ferma restando la salvezza dei diritti di terzi.
Nella fattispecie, la qualità di conduttrice dell’appellante è genericamente smentita dalla difesa comunale, ma trova riscontro negli atti, rappresentando l’interessata (per l’impugnativa n. 5299/13) di essere subentrata al coniuge – nell’ambito del rapporto di conduzione di un fondo rustico, avviato a livello familiare dal 1919 – ed essendo la stessa destinataria dei successivi atti, cui si riferisce l’appello del Comune di Pagani (n. 2226/14), quale “locataria dell’immobile”
La prima ragione preclusiva enunciata nel diniego (assenza di un diritto reale di godimento) deve pertanto ritenersi illegittima, non potendo tale requisito essere ricondotto alla normativa, dettata in materia di permesso di costruire in sanatoria.
Quanto all’ulteriore ragione di diniego, ricondotta dall’Amministrazione alla non corrispondenza con gli atti del Comune della “conformità urbanistica dichiarata” (sembra con riferimento alla perdita di connotazione agricola del fondo) il Collegio ritiene fondata ed assorbente la censura di difetto di motivazione, contenuta nel secondo motivo di gravame. Mentre, infatti, appare priva di effetto caducatorio – a norma dell’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990 – la segnalata violazione dell’istituto partecipativo, di cui all’art. 10 bis della medesima legge n. 241 (avendo il provvedimento in questione carattere vincolato), resta il fatto che, nel caso di specie, non risultano chiaramente enunciate le ragioni di contrasto con la normativa vigente dell’intervento effettuato (ristrutturazione con accorpamento di volumi, per un immobile ad uso abitativo), alla data di effettuazione dell’abuso e/o a quella della domanda di sanatoria. Non può ritenersi sufficiente ragione di diniego, infatti, la diversa configurazione nel tempo della destinazione d’uso del territorio, dovendosi indicare chiaramente, nell’atto, le ragioni di non assentibilità dello specifico intervento posto in essere, in rapporto alla disciplina urbanistica, distintamente considerata in base al criterio della “doppia conformità”, applicabile in materia di sanatoria.
Per le ragioni esposte il Collegio ritiene che l’appello n. 5299/13 debba essere accolto, con conseguente riforma della sentenza appellata ed annullamento del diniego, impugnato in primo grado.
Detto annullamento riverbera effetti sugli atti esecutivi dell’ordine di demolizione, annullati con la sentenza che è oggetto dell’appello n. 2226/14, proposto dal Comune di Pagani: con ogni evidenza, infatti, l’efficacia dei provvedimenti in questione presupponeva la legittimità del diniego di sanatoria; tale efficacia non può non venire meno quando – annullato detto diniego – il Comune si trovi a dover esercitare di nuovo, motivatamente, la propria potestà di provvedere sull’istanza del privato interessato. Nella situazione in esame, tuttavia, il Collegio non può esimersi dal rilevare d’ufficio una ragione di nullità degli atti sanzionatori di cui trattasi, a norma dell’art. 21 septies della legge n. 241 del 1990 e dell’art. 31, comma 4 c. proc.amm. (cfr. anche, per il principio, Cons. St., sez. IV, 3 marzo 2014, n. 993 e Cons. Giust. Amm. Sicilia, sez. giurisdiz., 27 luglio 2012, n. 721) Si deve infatti prescindere, nella situazione in esame, dalla fondatezza o meno della tesi, secondo cui la presentazione di istanza di sanatoria – ex art. 36 del d.P.R. 6.6.2001, n. 380 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) – priverebbe definitivamente di efficacia un ordine di demolizione, precedentemente emesso. Quanto sopra, benchè il Collegio ritenga preferibile l’indirizzo giurisprudenziale, che riconduce detta inefficacia solo alle prime domande di condono edilizio, presentate a norma della legge n. 47 del 1985 (per il nuovo quadro sanzionatorio introdotto da tale legge e da applicare in caso di diniego del titolo abilitativo), mentre si deve ritenere che le ordinarie istanze di sanatoria, ora proponibili in base alla citata norma del T.U., implichino soltanto la priorità logico-giuridica del relativo esame, rispetto all’esecutorietà del provvedimento repressivo, con conseguente arresto di efficacia dell’ordine di demolizione, fino a pronuncia espressa o tacita dell’Amministrazione (cfr.; Cons. St., sez. IV, 19.2.2008, n. 849 e Cons. St., sez. VI, 5 aprile 2013, n. 5706).
Nel caso di specie, tuttavia, non può non indurre ad opposte conclusioni il diverso indirizzo del giudice di primo grado, che con sentenza n. 474/13 del 21 febbraio 2013 – rimasta per quanto risulta inappellata – aveva dichiarato improcedibile il ricorso, proposto avverso l’ordinanza di demolizione n. 44 del 27 maggio 2010, appunto per avvenuta presentazione dell’istanza di sanatoria. L’effetto conformativo della predetta decisione – in assenza di contestazione della stessa in sede giudiziale – implicava nuovo avvio del procedimento sanzionatorio, con conseguente, radicale invalidità degli atti ora in esame, esecutivi della citata ordinanza n. 44 del 2010. Per le ragioni esposte, in conclusione, l’appello del Comune di Pagani deve, ad avviso del Collegio, essere respinto. Le spese giudiziali – da porre a carico del medesimo Comune per entrambi gli appelli riuniti – vengono liquidate nella misura complessiva di €. 4.000,00 (euro quattromila), a favore della signora Giuseppina Ruggiero.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, riunisce i ricorsi in appello nn. 5299/13 e 2226/14, indicati in epigrafe; accoglie l’appello n. 5299 e, in riforma della sentenza appellata, annulla il diniego di sanatoria n. 362 del 4 gennaio 2013; respinge l’appello n. 2226/14, nei termini di cui in motivazione.
Condanna il Comune di Pagani al pagamento delle spese giudiziali, nella misura complessiva di €. 4.000,00 (euro quattromila/00) per i due gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Filippo Patroni Griffi,Presidente
Roberto Giovagnoli,Consigliere
Claudio Contessa,Consigliere
Gabriella De Michele,Consigliere, Estensore
Roberta Vigotti,Consigliere
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/01/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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