Interventi abusivi: è obbligatorio motivare non per relationem su sanzioni pecuniarie - Cons. Stato, sez. VI, sent. n.8 del 05.01.2015
N. 00008/2015REG.PROV.COLL.
N. 08238/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8238 del 2013, proposto da:
Angelo Cintia, rappresentato e difeso dall'avvocato Carlo Chiattelli, con domicilio eletto presso Elettra Bianchi in Roma, via Savoia, n.80;
contro
Comune di Morro Reatino, in persona del sindaco e legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'avvocato Maurizio Esposito Acciarini, con domicilio eletto presso Walter Guerrera in Roma, via Furio Camillo 99;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I QUATER n. 5737/2013, resa tra le parti, concernente applicazione sanzione pecuniaria per interventi abusivi di ristrutturazione edilizia di edificio destinato ad uso abitazione
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Morro Reatino;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 ottobre 2014 il consigliere di Stato Giulio Castriota Scanderbeg e uditi per le parti gli avvocati Chiattelli ed Esposito;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Il Signor Cintia Angelo impugna la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio 6 giugno 2013 n. 5737, resa in forma semplificata, che ha respinto il ricorso dallo stesso proposto per l’annullamento della determinazione del responsabile del servizio del Comune di Morro Reatino n. 118 del 17 novembre 2012 con il quale, in relazione ad interventi abusivi di ristrutturazione edilizia di un edificio destinato a civile abitazione sito nell’omonimo Comune e di altri fabbricati a destinazione agricola di proprietà dell’odierno appellante, gli è stata applicata la sanzione pecuniaria complessiva di euro ottantottomila.
L’appellante insiste nel sostenere la illegittimità del provvedimento sanzionatorio oggetto del ricorso di primo grado e si duole della erroneità della sentenza impugnata che ha disatteso i motivi di gravame sull’assunto della piena comprensibilità delle modalità di calcolo della sanzione pecuniaria applicatagli in relazione ai distinti abusi, desumendosi dette modalità da un documento interno dell’Amministrazione cui l’odierno appellante avrebbe avuto accesso ed in cui i calcoli determinativi della sanzione pecuniaria risulterebbero ben esplicitati.
Si è costituito in giudizio il Comune appellato per resistere all’appello e per chiederne la reiezione.
All’udienza pubblica del 28 ottobre 2014 la causa è stata trattenuta per la sentenza.
2.- L’appello è fondato ed è meritevole di accoglimento nei sensi di cui appresso.
3.- La materia del contendere riguarda la legittimità del provvedimento, dianzi meglio indicato, col quale il Comune di Morro Reatino ha applicato al ricorrente una consistente sanzione pecuniaria “ per interventi abusivi di ristrutturazione edilizia di edificio destinato ad uso abitazione” ( in realtà, ndr, gli abusi contestati hanno riguardato anche altri manufatti a destinazione agricola).
Il giudice di primo grado ha disatteso le doglianze del ricorrente, incentrate essenzialmente sul difetto di motivazione dell’atto gravato, assumendo che, sebbene dal tenore del provvedimento non si evincesse la sanzione applicata per ogni singolo abuso ( e, soprattutto, non si desumessero le sue modalità di calcolo), nondimeno tali dati potevano essere tratti sulla scorta dei parametri normativi evocati dall’amministrazione nonchè da un documento contabile interno, non richiamato nell’atto conclusivo, ma di cui il ricorrente aveva avuto la disponibilità a seguito di accesso agli atti del Comune di Morro Reatino.
4.- Il Collegio è del parere, al contrario di quanto opinato dal giudice di primo grado, che le doglianze del ricorrente meritino condivisione.
Anzitutto, la vicenda riguarda abusi edilizi consistenti in opere realizzate in parziale difformità dal titolo nell’ambito delle quali, a giudizio del Comune, non era possibile far luogo al ripristino dello stato dei luoghi senza pregiudizio per la parte costruita legittimamente.
Per tale ipotesi, l’art. 18, comma 3, della legge regionale del Lazio n. 15 dell’11 agosto 2008 (recante vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia) dispone che “ qualora, sulla base di un motivato accertamento dell'ufficio tecnico comunale, la demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi non possa avvenire senza pregiudizio della parte dell'immobile eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile della struttura comunale competente applica una sanzione pecuniaria pari al doppio dell'incremento del valore di mercato dell'immobile conseguente alla esecuzione delle opere abusive, determinato con riferimento alla data di applicazione della sanzione. In tale caso è comunque dovuto il contributo di costruzione di cui alla legge regionale 12 settembre 1977, n. 35 (Tabelle parametriche regionali e norme di applicazione della legge 28 gennaio 1977, n. 10, per la determinazione del contributo per le spese di urbanizzazione gravante le concessioni edilizie) e successive modifiche.”Infine, il quarto comma stabilisce che “qualora, in relazione alla tipologia di abuso accertato, non sia possibile determinare il valore di mercato di cui al comma 3, si applica una sanzione pecuniaria da un minimo di 3 mila euro ad un massimo di 30 mila euro, in relazione alla gravità dell'abuso”.
L’art. 34 del d.P.R. n. 380 del 2001 , per il caso di difformità parziale dell’opera dal titolo, dispone che la sanzione sia ragguagliata al doppio del costo di costruzione se ad uso residenziale ed al doppio del valore venale stabilito dall’Agenzia del territorio se ad uso agricolo.
Poiché nel caso in esame sono stati contestati agli odierni appellanti una pluralità di abusi ( sempre sono forma di difformità parziale dal titolo) l’atto impugnato in primo grado si limita ad elencare, in relazione a ciascun fabbricato o opera oggetto di intervento abusivo ( si tratta in particolare, del fabbricato adibito a civile abitazione, del fabbricato adibito a deposito di granaglie, del fabbricato adibito a rimessa attrezzi, del fabbricato adibito a stalla, di altro fabbricato adibito a rimessa attrezzi, ad un manufatto adibito a concimaia ed ad altro fabbricato adibito a stalla) la difformità di quanto realizzato rispetto a quanto previsto dal titolo edilizio. Il provvedimento esibisce una motivazione diffusa, in relazione a ciascun abuso, in ordine a tali difformità, profondendosi in una descrizione puntuale di ciascun intervento e dei suoi profili di abusività ( i.e. di non conformità rispetto a quanto espressamente autorizzato). Il provvedimento sanzionatorio impugnato in primo grado conclude affermando testualmente che “ Visto il d.PR n. 380/2001; vista la L.R. 15/2008 e le relative sanzioni del caso; l’ufficio comunale in applicazione dei criteri di cui alle leggi su menzionate, determina la sanzione in complessivi euro 88.000,00”. La motivazione in ordine ai criteri determinativi della sanzione, punto focale di ogni provvedimento irrogativo di una sanzione pecuniaria, è quindi sostanzialmente rimessa, per relationem, ai testi delle leggi ( nazionale e regionale) espressamente richiamate nel testo, senza altra aggiunta
5. Il Collegio ritiene che l’atto impugnato in primo grado sia effettivamente gravemente deficitario sul piano della motivazione perché, come dedotto diffusamente in appello, non indica in base a quali corretti parametri valutativi la sanzione è stata partitamente ( e cioè in relazione ad ogni singolo abuso) e, quindi, complessivamente, determinata dal responsabile del competente servizio comunale.
Lo stesso Comune di Morro Reatino, nelle proprie difese, non ha contestato il dato, evincibile senza equivoci dal corpo del provvedimento impugnato, secondo cui dallo stesso provvedimento non potesse desumersi il conteggio delle somme calcolate a titolo di sanzione pecuniaria in relazione a ciascun abuso, sostenendo tuttavia che a tale determinazione il ricorrente avrebbe potuto pervenire obliquo modo, e cioè per il tramite di un documento interno, esibito in giudizio, ma mai notificato all’interessato (neanche successivamente all’atto sanzionatorio), di cui l’odierno appellante avrebbe acquisito copia a seguito di accesso agli atti.
A parer del Collegio è proprio dal tenore di tali argomenti difensivi che si desume la chiara fondatezza dell’appello. Se una pretesa sanzionatoria della amministrazione non è ex se intellegibile (anche soltanto in parte, come nella specie, in punto di criteri determinativi della sanzione in relazione a ciascun abuso contestato), non appare coerente con le regole di buona amministrazione e di trasparenza (desumibili, in particolare,dalla legge fondamentale sul procedimento) pretendere che sia il cittadino a doversi attivare, acquisendo presso l’ufficio competente la documentazione necessaria per comprendere i criteri di calcolo utilizzati dalla Amministrazione ( nella specie, come la stessa ha valutato, ad esempio, il costo di fabbricazione delle aree edificabili ed il valore di quelle agricole in base alle stime dell’agenzia del territorio).
Al fine di improntare il proprio agire al rispetto del principio di trasparenza, deve essere l’Amministrazione, soprattutto quando fa valere una pretesa sanzionatoria, a dover chiarire ogni passaggio utile a far comprendere al destinatario di un atto che si riveli limitativo della sua sfera giuridica, le ragioni sottese all’adozione della sanzione applicata, nonché il suo contenuto negli sviluppi logici funzionali alla sua determinazione conclusiva.
Nel caso in esame, trattandosi peraltro di pretesa sanzionatoria pecuniaria, non è immaginabile che sia rimesso al cittadino l’onere di ricostruire a posteriori, mediante richiesta di ulteriore documentazione all’amministrazione che quella pretesa sanzionatoria, faccia valere, quali siano state le modalità di calcolo della sanzione; è ciò è tanto più vero nei casi in cui, per la pluralità degli abusi commessi ed in ragione dei non omogenei criteri di calcolo delle distinte sanzioni pecuniarie relative ai singoli abusi ( per le aree edificabili valgono regole di determinazione della sanzione parzialmente differenti rispetto alle aree a vocazione agricola ed ai relativi manufatti), il computo della sanzione appare di non intuitiva determinazione.
Da ultimo, vale evidenziare che anche il documento interno esibito in giudizio dalla Amministrazione (dal quale si dovrebbe desumere per relationem la motivazione dell’atto impugnato in primo grado) non aiuta a comprendere l’iter determinativo della sanzione per ciascun abuso, posto che lo stesso correla a ciascun abuso le singole sanzioni pecuniarie, senza tuttavia soffermarsi sulle modalità di calcolo di ciascuna sanzione.
6.- In definitiva, l’appello va accolto e, per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza, va accolto il ricorso di primo grado con consequenziale annullamento degli atti in primo grado impugnati.
Le spese e gli onorari del doppio grado di giudizio seguono la regola della soccombenza e sono liquidati come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello ( RG n. 8238/13), come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza, annulla gli atti in primo grado impugnati.
Condanna il Comune di Morro Reatino al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese e degli onorari del doppio grado di giudizio, che liquida in complessivi euro 10.000,00 ( diecimila/00), oltre iva e cpa se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Luciano Barra Caracciolo, Presidente
Sergio De Felice, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere, Estensore
Roberta Vigotti, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/01/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)