Concessione demaniale marittima
N. 00246/2017REG.PROV.COLL.N. 02814/2011 REG.RIC.Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), sentenza n. 246 del 19, gennaio 2017, su concessione demaniale marittima
REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Statoin sede giurisdizionale (Sezione Sesta)ha pronunciato la presenteSENTENZAsul ricorso numero di registro generale 2814 del 2011, proposto dalla s.r.l. Versilia Supply Service (in prosieguo, Versilia Supply), in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentata e difesa dall'avvocato Roberto Righi C.F. RGHRRT53S30D612B, con domicilio eletto presso lo Studio Righi in Roma, via G. Carducci, 4;controComune di Viareggio, in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentato e difeso dall'avvocato Corrado Buccheri C.F. BCCCRD42S10F158W, con domicilio eletto presso l’avv. Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;
Regione Toscana, in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentata e difesa dagli avvocati Arianna Paoletti C.F. PLTRNN74S48D612C, Vanna Console C.F. CNSVNN51L62D612H e Lucia Bora C.F. BROLCU57M59B157V, con domicilio eletto presso l’avv. Marcello Cecchetti in Roma, piazza Barberini, 12;
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e Agenzia del Demanio, in persona dei rispettivi legali rappresentanti “pro tempore”, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato e domiciliata per legge presso la sede della stessa in Roma, Via dei Portoghesi, 12;nei confronti diCantiere Navale Fratelli Bertolucci, di Bertolucci Angelo & Massimo snc, J. Service srl, 2 G Verniciature Navali di Mencaraglia e Micheli snc,, non costituitisi in giudizio;per la riformadella sentenza del T.A.R. TOSCANA -FIRENZE -SEZIONE III, n. 6440 del 2010, resa tra le parti, concernente diniego di concessione demaniale marittima, e atti connessi;
Visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Viareggio, della Regione Toscana, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e dell’Agenzia del Demanio;Viste le memorie difensive;Visti tutti gli atti della causa;Relatore nell'udienza pubblica del 17 novembre 2016 il cons. Marco Buricelli e uditi per le parti gli avvocati F. Paoletti, per delega di Righi, per l’appellante, Cecchetti per delega di Bora per la Regione Toscana e Stigliano Messuti per il Ministero e l’Agenzia del demanio;Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO1.Nel luglio del 2008 la società Versilia Supply presentò al Comune di Viareggio un’istanza per il rilascio di una concessione demaniale avente a oggetto un'area di circa 163 mq. situata nella zona del Porto, in via Savi n. 385, al fine di utilizzare il manufatto edilizio esistente di proprietà dello Stato per attività produttive (cantiere navale) e casa di guardianaggio.Dagli atti risulta che Versilia Supply, proprietaria di un capannone adiacente all’area in questione, intendeva “allargare” la propria attività utilizzando il fabbricato per svolgervi attività di riparazione di piccole imbarcazioni e, al primo piano, come casa di guardianaggio.L'istanza venne respinta con la determinazione n. 194 del 2.2.2009 del dirigente del Settore Attività portuale del Comune, in quanto non conforme alle norme tecniche di attuazione (NTA) del vigente piano regolatore del porto di Viareggio (PRP), approvato in via definitiva dalla Regione Toscana con deliberazione del Consiglio Regionale (DCR) n. 26 del 14.2.2007.In particolare, l'art. 22.3 delle suddette NTA subordinava l'uso abitativo associato al cantiere a una condizione, insussistente nel precedente PRP, stabilendo che "il cantiere navale per poter realizzare la casa di guardianaggio deve avere una superficie coperta minima di mq. 600".Nella specie il manufatto — effettivamente adibito, in origine, a cantiere navale e a casa di guardianaggio — , non raggiungendo la superficie coperta minima richiesta dalle nuove norme, risultava non più utilizzabile a scopo abitativo.Versilia Supply ha allora chiesto al Tar Toscana, oltre all'annullamento della determinazione comunale negativa suindicata anche, in subordine, l'annullamento della DCR n. 26/2007 di approvazione in via definitiva dello strumento urbanistico portuale ai sensi dell'art. 5 della l. n. 84 del 1994.L’istanza cautelare è stata respinta dal Tar con un’ordinanza riformata da questa sezione, per effetto della quale si è fatto luogo a una procedura comparativa per l’assegnazione della concessione demaniale, procedura alla quale ha partecipato anche la ricorrente e appellante odierna, e che ha visto come concessionario designato il Cantiere navale F.lli Bertolucci.Nel 2011 Versilia Supply ha impugnato dinanzi al Tar Toscana la concessione demaniale assentita al Cantiere navale anzidetto al termine della procedura.2. Con la sentenza impugnata il Tar ha respinto il ricorso e ha condannato la ricorrente a rimborsare le spese di causa a favore delle parti pubbliche costituite.In particolare la sentenza:-ha respinto l’eccezione comunale di irricevibilità per tardività del ricorso nella parte riferita alla impugnazione del PRP;-nel merito, ha considerato anzitutto che in modo legittimo e corretto il Comune aveva ritenuto ostativa all’accoglimento della domanda di rilascio della concessione demaniale la disposizione di cui all’art. 22 delle NTA del PRP, in base al quale la realizzazione di case di guardianaggio è possibile soltanto a servizio di cantieri navali aventi una superficie coperta minima pari a 600 mq. (come rilevato, il manufatto situato sull’area demaniale non raggiunge la superficie minima richiesta); e l’art. 9.7.5. delle citate NTA, il quale fa salve, per la zona in questione (sottozona C5), le destinazioni previste nelle concessioni demaniali vigenti alla data di approvazione del nuovo PRP, approvato dalla Regione nel febbraio del 2007. La sentenza rileva che “per l’immobile cui è riferita l’istanza … non esisteva, al momento dell’entrata in vigore del piano, alcuna concessione, con la conseguenza che … non sussiste una destinazione d’uso dell’edificio la cui conservazione sia fatta salva dalla citata norma urbanistica…la concessione n. 46/2002, costituente l’ultimo titolo legittimante l’utilizzo privato dell’immobile stesso, è stata dichiarata decaduta con provvedimento del 29.10.2003 (la cui impugnazione è stata respinta da questo TAR con sentenza n.1596 del 2008)…”, confermata da questa sezione di appello con la sentenza n. 2253 del 2011 –n. d. est. ; “dal che discende che la destinazione d’uso del manufatto a casa di guardianaggio non è salvaguardata dalla disciplina urbanistica applicabile”;-ha respinto, facendo richiamo ancora al disposto di cui all’art. 9.7.5. delle citate NTA, la tesi di Versilia Supply secondo la quale il PRP atterrebbe in via esclusiva alla costruzione di nuovi edifici, e non interferirebbe con le modalità d’uso dei manufatti preesistenti;-ha infine rigettato anche il terzo motivo, col quale la ricorrente aveva dedotto il vizio di incompetenza relativa, muovendo dall’assunto secondo cui il PRP avrebbe dovuto essere approvato d’intesa con i competenti organi dello Stato, e che competente all’adozione del piano era l’autorità marittima locale. Nella specie, come detto, il piano è stato dapprima approvato con la DCR n. 26 del 14.2.2007 e quindi con la DCC n. 36 del 16.5.2007.3. Versilia Supply ha appellato la sentenza con tre motivi, concernenti violazione di legge e delle NTA del PRP sotto svariati profili.In sintesi, sub 1) è dedotta l’erronea reiezione del primo motivo del ricorso di primo grado posto che, sostiene l’appellante, da un lato il Tar, per escludere gli effetti delle preesistenza della “res”, destinata a cantiere navale e a casa di guardianaggio, avrebbe fatto riferimento a un argomento ulteriore, non richiamato dal Comune nel provvedimento impugnato; dall’altro, con l’appello si sostiene che ai fini della valutazione della istanza occorreva prescindere dalla intervenuta decadenza, per non uso prolungato, alla data dell’approvazione del PRP (febbraio del 2007), della concessione demaniale assentita nel 2002 alle signore Fruzza per cantiere navale e casa di guardianaggio. Ad avviso dell’appellante nel febbraio del 2007 non ci si trovava di fronte a un immobile “neutro” e privo di destinazione, giacché l’opera era stata realizzata da privati sul demanio marittimo a seguito di assenso edilizio –estraneo alle vicende successive della concessione demaniale- e al rilascio, appunto, nel 2002, di una concessione demaniale, con la conseguenza che le NTA del PRP non potevano considerarsi ostative all’assentimento della concessione demaniale a favore della società, venendo in questione una destinazione semplicemente riproduttiva di quella originaria senza, tra l’altro, alcuna trasformazione urbanistico –edilizia dell’immobile. Tale tesi troverebbe conferma nel disposto di cui all’art. 6.3.1. delle NTA del PRP. Sotto un diverso profilo, il Tar ha omesso di esaminare l’argomento, svolto nel ricorso, in base al quale nel caso di specie il principio di leale collaborazione avrebbe imposto al Comune di non operare alcuna valutazione unilaterale, ma di concordare le fasi della procedura con l’Agenzia del demanio.Sub 2) l’appellante sostiene che con la sentenza di primo grado il Tar avrebbe omesso di considerare che le NTA del PRP e, in particolare, gli articoli 22.2. e 22.3., non potevano considerarsi ostative all’assentibilità della concessione demaniale, attenendo soltanto agli interventi di nuova realizzazione e non potendo “interferire” con i manufatti esistenti e realizzati prima della entrata in vigore dello strumento urbanistico: di qui, l’insussistenza della “incompatibilità” rilevata dal Comune e confermata dal Tar.Sub 3), si sostiene che la sentenza avrebbe errato nel respingere la censura di incompetenza che la ricorrente aveva dedotto in via cautelativa contro il PRP contestando in particolare il procedimento di formazione dello strumento urbanistico, non bastando, per dare al PRP crisma di legittimità, il protocollo di intesa del 2001 con l’Autorità marittima e le conferenze di servizi con la Capitaneria di porto di Viareggio, anteriori alla adozione del PRP, posto che l’art. 5 della l. n. 84 del 1994 riserva all’autorità marittima locale l’adozione del piano regolatore portuale. Il coinvolgimento delle amministrazioni statali interessate risulta insufficiente.Versilia Supply ha concluso chiedendo che, in accoglimento dell’appello e in riforma della sentenza impugnata, il diniego impugnato in primo grado sia annullato.Comune e Regione si sono costituiti per resistere.L’istanza cautelare di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata è stata rinunciata e all’udienza del 17 novembre 2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione.4. L’appello è infondato e va respinto.La sentenza resiste alle obiezioni mosse dalla società Versilia Supply.4.1.In via preliminare occorre dichiarare la inammissibilità della costituzione in giudizio del Comune di Viareggio, a causa della nullità della sottoscrizione della procura apposta a margine della memoria di costituzione, posto che il difensore civico non risulta iscritto all’albo speciale dei cassazionisti.Il collegio –che, nel definire la controversia, in termini favorevoli alla posizione del Comune, ha potuto comunque prendere in esame le deduzioni difensive di primo grado della parte resistente, tenendo conto delle stesse-, ha ritenuto di non assegnare all’Amministrazione civica appellata, ai sensi dell’art. 73, comma 3, del c.p.a., un termine per controdedurre sul punto, poiché l’inammissibilità della costituzione del Comune non è questione sulla quale “si fonda” la presente decisione. Del resto appare evidente l’insussistenza di qualsivoglia interesse in capo al Comune a rilevare la violazione del citato art. 73, comma 3, del c.p.a. , considerato l’esito della impugnazione, favorevole come detto al Comune (e in disparte eventuali considerazioni aggiuntive in ordine al fatto che la compensazione delle spese del grado del giudizio non avrebbe potuto non riguardare anche il Comune, come le restanti parti pubbliche: su questo punto v. “infra”, p. 4.4. ).4.2. Ciò posto, il primo e il secondo motivo di appello, che possono essere esaminati insieme, in quanto connessi, sono infondati e vanno respinti.In via preliminare va rilevato che l’art. 22.2. delle NTA del PRP prescrive che “la realizzazione di case di guadianaggio è possibile soltanto a servizio di cantieri navali…” (segue la definizione di cantiere navale); e che l’art. 22.3. delle NTA citate sancisce che “il cantiere navale, per poter realizzare la casa di guardianaggio, deve avere una superficie coperta minima di mq 600”.D’altra parte l’art. 9.7.5. delle NTA fa salve, per la zona in questione (sottozona C5), le destinazioni previste nelle concessioni demaniali vigenti alla data di approvazione del nuovo PRP (approvato dalla Regione, come detto, il 14.2.2007 con la DCR n. 26 e in via definitiva dal Comune con la DCC n. 36 del 16.5.2007): “nella sottozona C5 … valgono le destinazioni previste nei titoli di concessione demaniale in vigore alla data di approvazione del nuovo” PRP.Orbene, nel caso in esame la destinazione del manufatto per “riparazione natanti e casa di guardianaggio” risultava dalla concessione demaniale n. 46 del 2002, assentita a favore delle signore Fruzza ma dichiarata decaduta nel 2003 per non uso prolungato, con provvedimento che ha resistito alle impugnazioni in via giurisdizionale in primo grado e in appello (si vedano la sentenza del Tar Toscana n. 1596/2008, da cui risulta tra l’altro che in realtà l’immobile non era destinato ad attività imprenditoriali; e la decisione di conferma Cons. Stato, sez. VI, n. 2253/2011).Diversamente da quanto ritiene l’appellante, dovendosi tenere conto, in base alle citate NTA del PRP, delle destinazioni previste nelle concessioni demaniali vigenti alla data dell’approvazione del nuovo piano (febbraio 2007), all’atto delle verifiche in ordine all’accoglibilità della istanza il Comune non avrebbe potuto fare a meno di prendere in considerazione la decadenza già disposta, ossia il venire meno della “vigenza”, alla data suddetta, della concessione demaniale assentita nel 2002, e della destinazione d’uso a riparazione natanti e a casa di guardianaggio; decadenza, lo si è già rilevato, che dapprima il Tar di Firenze e poi questa sezione di appello hanno giudicato legittima.In questa situazione, è esatto che a nulla potevano rilevare, nel senso dell’assentibilità della concessione alla società richiedente, la destinazione originaria del fabbricato concesso ai privati nel 2002, e l’esistenza “fisica” del manufatto nel febbraio del 2007.In modo corretto è stato evidenziato in sentenza che la disposizione di “salvaguardia” di cui all’art. 9.7.5. delle NTA del PRP non poteva attagliarsi alla situazione del fabbricato demaniale visto che nel febbraio del 2007 non esisteva più alcuna concessione demaniale e di conseguenza non vi era una destinazione d’uso attuale che la disciplina urbanistica locale fosse obbligata a salvaguardare, venendo in rilievo “una modalità di utilizzo del bene prevista in concessione demaniale non più efficace al momento dell’approvazione del piano portuale” (v. sentenza impugnata, pag. 6).La sentenza appellata ha poi osservato, in modo condivisibile, che “lo scopo dell’art.9.7.5 è … quello di dare continuità solo alle soluzioni d’uso contemplate nelle concessioni demaniali efficaci alla predetta data, con la conseguenza che per gli immobili oggetto di concessioni scadute, vigenti soltanto prima dell’entrata in vigore del piano portuale, valgono esclusivamente le destinazioni previste nelle N.T.A. del piano medesimo, il cui art. 22 esclude la realizzazione di case di guardianaggio, e quindi la destinazione abitativa, per aree che, come quella in questione, sono inferiori a 600 mq.. … il fatto che, in virtù del predetto art. 9.7.5, l’utilizzo come casa di guardianaggio previsto nella concessione n. 46/2002 sia del tutto irrilevante, in quanto quest’ultima è ormai scaduta già prima dell’approvazione del piano portuale, avvalora, come disciplina ostativa all’accoglimento della domanda della società esponente, la zonizzazione introdotta dal piano portuale stesso che, per il caso in esame, prevede destinazioni dell’immobile non riconducibili all’uso abitativo…” .Occorre aggiungere che, a differenza di quanto sostenuto dall’appellante, la sentenza di primo grado, nel respingere il primo motivo di ricorso, non si è avvalsa di argomentazioni ulteriori e diverse rispetto a quelle addotte dall’autorità comunale con l’atto impugnato in primo grado, essendosi il Tar limitato a puntualizzare le ragioni per le quali l’uso abitativo della porzione di fabbricato non era conforme al –ed anzi era in contrasto con- le previsioni del PRP: pertanto, nella fattispecie non è ravvisabile nessuna integrazione postuma, in sede giurisdizionale, della motivazione del provvedimento impugnato in prime cure.S’impongono, poi, due notazioni aggiuntive:-in primo luogo, l’art 6 delle NTA del PRP va letto e applicato in modo non disgiunto ma correlato con gli articoli 22 e 9.7.5. delle NTA sicché, come detto, in punto “destinazione” assume rilievo decisivo il fatto che alla data di approvazione del PRP non vi era da tempo alcuna concessione demaniale in essere;-in secondo luogo, come correttamente osserva il Tar, e diversamente da quanto ritiene l’appellante, non vi erano ragioni per le quali non si dovesse tenere conto della disciplina del PRP in caso di rilascio di una nuova concessione demaniale anche con riferimento a manufatti esistenti alla data della approvazione del piano;-in terzo luogo, fermo il carattere risolutivo delle argomentazioni suesposte al fine di respingere i primi due motivi di gravame, considerata la competenza comunale a provvedere, appare inappropriato il riferimento di parte appellante al principio di “leale collaborazione” tale per cui il Comune avrebbe dovuto “co-gestire” il procedimento con l’Agenzia del demanio.4.3. Il terzo motivo di appello si basa sostanzialmente sulla riproposizione e puntualizzazione della censura di incompetenza relativa, con riferimento al procedimento di formazione del PRP, formulata dall’appellante muovendo dall’assunto secondo cui il piano, dapprima adottato dal Comune con la DCC n. 95/2003, poi approvato con la DCR n. 26/2007 e, infine, con la DCC n. 36/2007, avrebbe dovuto essere approvato d’intesa con i competenti organi dello Stato, e che competente all’adozione del piano era l’autorità marittima locale.Al riguardo, precisato in via preliminare che il porto di Viareggio risulta essere di categoria II, classe III, d’interesse regionale e interregionale (sulla correttezza della classificazione si veda C. cost. n. 89 del 2006 proprio in tema di riparto di attribuzioni con riferimento al porto di Viareggio), pare il caso di rammentare che l’art. 5 della l. n. 84 del 1994, nel testo vigente all’epoca della emanazione del provvedimento impugnato in primo grado, stabiliva quanto segue: (Programmazione e realizzazione delle opere portuali. Piano regolatore portuale) “1. Nei porti di cui alla categoria II, classi I, II e III, con esclusione di quelli aventi le funzioni di cui all'articolo 4, comma 3, lettera e) (si tratta dei porti turistico –ricreativi, n. d. est.),l'ambito e l'assetto complessivo del porto, ivi comprese le aree destinate alla produzione industriale, all'attivita' cantieristica e alle infrastrutture stradali e ferroviarie, sono rispettivamente delimitati e disegnati dal piano regolatore portuale che individua altresi' le caratteristiche e la destinazione funzionale delle aree interessate.2. Le previsioni del piano regolatore portuale non possono contrastare con gli strumenti urbanistici vigenti.3. Nei porti di cui al comma 1 nei quali è istituita l'autorità portuale, il piano regolatore è adottato dal comitato portuale, previa intesa con il comune o i comuni interessati. Nei porti di cui al comma 1 nei quali non è istituita l'autorità portuale, il piano regolatore è adottato dall'autorità marittima, previa intesa con il comune o i comuni interessati. Il piano è quindi inviato per il parere al Consiglio superiore dei lavori pubblici, che si esprime entro quarantacinque giorni dal ricevimento dell'atto. Decorso inutilmente tale termine, il parere si intende reso in senso favorevole.4. Il piano regolatore relativo a porti di cui alla categoria II, classi I, II e III, esaurita la procedura di cui al comma 3, è sottoposto, ai sensi della normativa vigente in materia, alla procedura per la valutazione dell'impatto ambientale ed è quindi approvato dalla regione”.Ciò posto, il motivo di gravame, basato in particolare sulla violazione della disposizione di cui al sopra trascritto art. 5, comma 3, non può trovare accoglimento.Occorre infatti considerare che, per effetto della modifica del Titolo V della seconda parte della Costituzione (l. cost. n. 3 del 2001), è stata attribuita alle regioni la competenza legislativa concorrente in materia di porti (v. art. 117, comma 3, Cost.), e ai comuni è stata demandata la generalità delle funzioni amministrative (art. 118, comma 1).Da parte propria la Regione Toscana, all’art. 9 della l. r. n. 68/1997 ("Norme sui porti e gli approdi turistici della Toscana”), oggi abrogato e sostituito dall'art. 47 ter della l. r. n. 1 del 2005 ("Piano regolatore portuale'), ha previsto che “Il piano regolatore dei porti e degli approdi turistici è approvato dal Comune interessato … previa intesa con l'Autorità Marittima o Portuale laddove istituita".Successivamente la materia è stata disciplinata dall'art. 47 ter della l. r. n. 1/2005, il quale al primo comma prevede che "Il piano regolatore portuale costituisce atto di governo del territorio ai sensi dell'art. 10, comma 1, di competenza del comune e attua le previsioni degli strumenti della pianificazione territoriale per ognuno dei porti di interesse regionale".A fronte di un sistema così articolato di competenze tra Stato, Regione e comuni (sul quale si veda anche l’art. 105 del d. lgs. n. 112 del 1998, di conferimento alle Regioni e agli enti locali di funzioni e compiti amministrativi dello Stato), occorre convenire con la Regione laddove evidenzia, da un lato, che la l. n. 84 del 1994 si riferisce a un contesto normativo che precede il citato trasferimento di funzioni a regioni ed enti locali e, dall’altro, e in ogni caso, che la “ratio” dell’art. 5 della l. n. 84 del 1994, nella parte in cui prevede l’intesa tra il Comune interessato e l’Autorità marittima, in vista dell’adozione del PRP, si traduce essenzialmente nell’esigenza di garantire l’osservanza del principio di leale collaborazione tra i due enti pubblici, il che, chiosa la Regione, nel caso in esame è certamente avvenuto, considerando il protocollo di intesa siglato nel 2001 con l’Autorità marittima, la partecipazione della stessa alle svariate conferenze di servizi svoltesi, con la presentazione di osservazioni al PRP accolte dal Consiglio comunale, e la sottoscrizione del documento di indirizzo per la revisione del piano approvato con la DCC n. 49/2001.A quest’ultimo proposito, esaminando più da vicino il procedimento di formazione e di approvazione del piano regolatore portuale, risulta in atti, in particolare, che la DCC di adozione del piano regolatore portuale, n. 95 del 2003, è stata preceduta da svariate conferenze di servizi, alle quali ha partecipato anche la Capitaneria di Porto di Viareggio, presentando osservazioni che sono state recepite dal Consiglio comunale.Risulta in atti inoltre che la DCC di adozione del piano ha assunto a presupposto sia il protocollo di intesa, sottoscritto, in data 5.3.2001, tra Comune, Regione, Provincia e Autorità marittima di Viareggio –Capitaneria di Porto, e sia la deliberazione comunale del 5.6.2001, di approvazione del documento di indirizzo (anche di carattere urbanistico) per la revisione del piano regolatore portuale sottoscritto da Regione, Provincia e Autorità Marittima di Viareggio – Capitaneria di Porto.Le conferenze di servizi, il protocollo di intesa e il documento di indirizzo sopra citati, in un contesto normativo caratterizzato, come detto, dalla sopravvenuta riforma del Titolo V della Costituzione, con la quale è stata prevista, da un lato, l'attribuzione alla Regione della competenza legislativa concorrente in materia di porti (art. 117, terzo comma, della Costituzione) e all’art. 118 comma 1 è stata attribuita la generalità delle funzioni amministrative ai Comuni, avvalorano la tesi delle parti pubbliche, accolta in sentenza, della –sufficienza, al fine di respingere il profilo di doglianza in questione, del riscontro di una -piena e leale collaborazione tra Comune e Autorità marittima, ed evidenziano la partecipazione fattiva di quest’ultima Autorità nel procedimento di formazione del PRP anche mediante la presentazione di osservazioni al (progetto di) piano, recepite dal Comune di Viareggio.Di qui, la reiezione anche del terzo motivo e dell’appello nel suo insieme.La sentenza va dunque confermata.4.4. Le oggettive peculiarità della controversia e l’andamento altalenante del procedimento cautelare giustificano tuttavia, in via eccezionale, la compensazione delle spese del grado del giudizio nei confronti della Regione e delle amministrazioni statali (le quali ultime hanno peraltro svolto una difesa di mera forma: ragione in più quindi per disporre la compensazione nei loro riguardi).Nulla per le spese nei riguardi del Comune di Viareggio, per il motivo enunciato al p. 4.1.P.Q.M.Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge confermando, per l’effetto, la sentenza impugnata.Spese compensate nei riguardi della Regione Toscana, del Ministero e dell’Agenzia del demanio.Nulla per le spese nei confronti del Comune di Viareggio, come da motivazione.Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 17 novembre 2016 con l'intervento dei magistrati:Luciano Barra Caracciolo, PresidenteRoberto Giovagnoli, ConsigliereBernhard Lageder, ConsigliereMarco Buricelli, Consigliere, EstensoreFrancesco Mele, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Marco Buricelli Luciano Barra Caracciolo
IL SEGRETARIO