Diniego permesso costruire - Cons. Stato, sez.IV, sent. n.1917 del 16.04.2015
Pubblico
Domenica, 19 Aprile, 2015 - 02:00
Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), sentenza n. 1917 del 16 aprile 2015, su diniego di permesso di costruire
N. 01957/2015REG.PROV.COLL.
N. 07143/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7143 del 2014, proposto da:
Enza Bonauguri, rappresentato e difeso dagli avv.ti Daniele Granara e Federico Tedeschini, con domicilio eletto presso Federico Tedeschini in Roma, largo Messico, 7;
contro
Comune di La Spezia, rappresentato e difeso dagli avv.ti Stefano Carrabba, Marcello Puliga, Ettore Furia e Giovanni Corbyons, con domicilio eletto presso Giovanni Corbyons in Roma, Via Cicerone, 44;
nei confronti di
- Società Ediltor Srl, rappresentata e difesa dall'avv. Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso Angelo Clarizia in Roma, Via Principessa Clotilde, .2;
- Società Ital.Co.Ge, non costituitasi in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LIGURIA - GENOVA: SEZIONE I, n. 00807/2014, resa tra le parti, concernente diniego permesso di costruire - ris.danno.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di La Spezia e di Società Ediltor Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 gennaio 2015 il Cons. Raffaele Potenza e uditi per le parti gli avvocati Granara, Furia e Clarizia;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- Con ricorso al TAR della Liguria la sig.ra Bonauguri Enza impugnava, chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell'esecuzione, il permesso in data 17 maggio 2013 n. 168, rilasciato alla società EDILTOR per la costruzione, su area prospiciente l’edificio abitato dalla ricorrente, di un edificio di civile abitazione plurifamiliare e relativo permesso di variante in corso d’opera n.1768/2013.
A sostegno del gravame la ricorrente deduceva i seguenti motivi:
1) violazione degli artt. 10 e 12 d.p.r. 380/01, artt. 142 e 146 d.lgs. 42/04, in relazione all’art. 3 l. 241/90, eccesso di potere per difetto di presupposti, di istruttoria e di motivazione, contraddittorietà intrinseca illogicità manifesta, in quanto difetterebbe l’autorizzazione paesaggistica;
2) violazione degli artt. 10, 12 e 38 d.p.r. 380/01, anche in relazione all’art. 8 del regolamento edilizio comunale, eccesso di potere per difetto di presupposti, di istruttoria e di motivazione, in quanto negli elaborati progettuali mancherebbero le tavole relative alle opere di urbanizzazione; inoltre la sede viaria sarebbe insufficiente a recepire l’aumento del carico urbanistico indotto dalla nuova edificazione per insufficienza delle opere di urbanizzazione primaria; inoltre sarebbero insufficienti i parcheggi pubblici P.2;
3) violazione degli artt. 10, 12 e 38 d.p.r. 380/01, anche in relazione all’art. 17 d.lgs. 267/00 e agli artt. 26 e 27 del regolamento comunale sui consigli di circoscrizione, eccesso di potere per difetto di presupposti, di istruttoria e di motivazione, contraddittorietà estrinseca in quanto i titoli edilizi sarebbero stati emessi nonostante il parere contrario del consiglio di circoscrizione emesso il 3 maggio 2008;
4) violazione degli artt. 10, 12 e 38 d.p.r. 380/01, eccesso di potere per difetto di presupposti, di istruttoria e di motivazione, contraddittorietà estrinseca, in quanto i titoli edilizi sarebbero stati emessi senza preventivamente acquisire il parere dell’ufficio mobilità;
5) violazione degli artt. 10, 12 e 38 d.p.r. 380/01, in relazione alla violazione dell’art. 6, lett. D) del vigente puc del Comune di La Spezia, approvato con deliberazione del Consiglio comunale 19 novembre 2002 e in relazione alla violazione dell’art. 3 d.m. 5 novembre 2001, eccesso di potere per difetto di presupposti, di istruttoria e di motivazione, contraddittorietà estrinseca, sviamento, in quanto la scarsa urbanizzazione dell’area avrebbe imposto il rilascio di uno SUA;
6) violazione degli artt. 10, 12 e 38 d.p.r. 380/01, in relazione alla violazione dell’art.41 – sexies l. 1150/1942, e dell’art 3 d.m. 2 aprile 1444/1968, e dell’art. 9 del vigente PUC, eccesso di potere per difetto di presupposti e di istruttoria, in quanto le aree di parcheggio previste a progetto non rispetterebbero gli standard previsti dalla normativa vigente;
7) violazione degli artt. 10, 12 e 38 d.p.r. 380/01, in relazione alla violazione dell’art.41 – sexies l. 1150/1942, e dell’art 3 d.m. 2 aprile 1968 n. 1444, e dell’art. 9 del vigente PUC, eccesso di potere per difetto di presupposti e di istruttoria, in quanto non potrebbero essere computati negli standard a parcheggio quelli a margine della rampa privata attesa la ripidità della stessa;
8) violazione degli artt. 10, 12 e 38 d.p.r. 380/01, in relazione alla violazione dell’art. 41 – sexies l. 1150/1942, e dell’art 3 d.m. 2 aprile 1968 n. 1444, e dell’art. 3 l. 241/90, eccesso di potere per difetto di presupposti, di istruttoria, di motivazione e per illogicità e irrazionalità manifeste, sviamento perplessità, contraddittorietà intrinseca e estrinseca, in quanto il progetto evidenzierebbe la carenza di zone a verde attesa la non fruibilità delle stesse, nonché l’insufficienza delle aree permeabili;
9) violazione degli artt. 10, 12 e 38 d.p.r. 380/01, anche in relazione all’art. 8 del regolamento edilizio comunale, eccesso di potere per difetto di presupposti, di istruttoria, sviamento in quanto non sarebbe stato depositato il progetto esecutivo;
10) violazione dell’art. 20 d.p.r. 380/01 in relazione all’art. 8 del regolamento comunale, eccesso di potere per difetto di presupposti e di istruttoria, sviamento in quanto non sarebbero stati prodotti una serie di documenti a corredo del progetto indicati dal regolamento edilizio comunale;
11) violazione degli artt. 10, 12 d.p.r. 380/01, anche in relazione all’art. 6 del PUC della Spezia, in quanto l’edificio non corrisponderebbe al parametro edilizio corrispondente alla tipologia prevista dal regolamento edilizio comunale,
2.- Con la sentenza epigrafata il TAR, disattesa l’eccezione di tardività del ricorso avanzata dall’Amministrazione e dalla società controinteressata, ha respinto tutti i motivi di ricorso;
3.- La decisione è stata impugnata dalla sig.ra Bonauguri, con dodici motivi di ricorso, nonché, con appello incidentale dai resistenti al presente gravame Comune di La Spezia (che preliminarmente ripropone l’eccezione di tardività del ricorso di primo grado) e società EDILTOR .
4.- Alla pubblica udienza del 20 gennaio 2015 , l’appello è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1.- L’appello in esame controverte della legittimità di un permesso di costruzione e relativa variante in corso d’opera (in fatto specificati), rilasciati dal Comune alla società interessata su area nelle vicinanze dell’edificio abitato dalla ricorrente, per la realizzazione di un edificio di civile abitazione plurifamiliare. Il gravame avversa la sentenza che ha respinto il ricorso dell’appellante che sosteneva, con le censure in fatto riepilogate, l’illegittimità dei predetti atti.
Il quadro contenzioso è completato da un appello incidentale che ripropone l’eccezione di tardività del ricorso di primo grado e domanda l’annullamento della sentenza unicamente per aver respinto la eccezione di tardività del ricorso dell’odierna appellante.
2.- Nel merito il gravame, articolato in dodici ordini di argomentazioni, presenta in primo luogo due profili che necessitano alcune precisazioni.
2.1.- Il primo ordine di rilievi avversa la reiezione del motivo che sosteneva la necessità di una preventiva valutazione progettuale paesaggistica in forza della presenza di un torrente a meno di 150 metri dall’area, vincolo di rispetto che richiedeva l’autorizzazione paesaggistica prevista dagli artt. 142 e 146 del decreto leg. vo n. 42/2004. Il TAR avrebbe in particolare negato la necessità dell’autorizzazione in forza dell’inapplicabilità dei vincoli generici (disposta dal citato art. 142 per gli interventi nelle zone territoriali omogenee A e B del DM n. 1444/1968 o in zone diverse ricomprese in piani pluriennali di attuazione) affermando erroneamente che:
- il sedime in questione ricadeva “nell’ambito delle zone periferiche a prevalenza residenziale esistente “REP” disciplinate dall’art. 40 nta della variante generale adottata con delibera consiglio comunale 26 luglio 1982 n. 206 (che descrive tali zone come “corrispondenti alle zone omogenee B ed in alcuni casi alle zone omogenee C (D.m. 1444)”;
- la ricorrente non ha provato che, nella fattispecie, l’area era inclusa in una zona REP che corrispondeva ad una zona omogenea C, per la quale non sussiste il vincolo de quo”.
Ad avviso della ricorrente è del tutto incomprensibile per quale ragione il TAR, dopo avere dichiarato l’applicabilità anche degli strumenti adottati, non abbia tenuto poi in alcuna considerazione che in base all’art. 5 del PRG del 1961 l’area in questione era stata classificata omogenea di tipo C. Il motivo è infondato. Ai sensi del citato art. 142, lett.b, e differentemente da quanto ritenuto dall’appellante, la deroga al vincolo è applicabile anche in zone diverse dalla A e dalla B e quindi anche nelle zone C, cui si riferisce l’invocato art. 5 del piano del 1961, se normate nella specie da disposizioni che prevedono comunque la destinazione ad edilizia residenziale.
- Va inoltre confermata la tesi del TAR, operante sul piano della successione degli strumenti urbanistici nel tempo, per cui “se la ratio dell’esenzione rispetto al vincolo apposto ex lege è quella di temperare la previsione generale del vincolo al fine di evitarne l’incidenza su aree fortemente urbanizzate e antropizzate, è evidente che, conformemente a tale “ratio”, deve essere considerata l’effettiva situazione esistente al 6 settembre 1985 e non già quella esistente alla data di approvazione dell’ultimo strumento urbanistico vigente alla stessa data, in ipotesi risalente a molti anni addietro” .
- Quanto alla questione della prova dell’esistenza del vincolo, si deduce che, al contrario, incombeva al Comune provare che non esistesse. In realtà, trattandosi non della prova di un fatto con effetti giuridici bensì di una questione ermeneutica delle norme, l’argomento risulta chiaramente assorbito dalla corretta interpretazione da parte dell’amministrazione della normativa sopra indicata.
- Aggiunge l’appellante che nel caso in cui, come nella fattispecie, per la zona C l’inapplicabilità del vincolo è dallo strumento urbanistico prevista solo per alcuni casi, che non sono però specificati, in virtù dell’orientamento della Corte costituzionale (sentenza n.66/2012) le eccezioni al vincolo debbono ritenersi applicabili solo se tassativamente previste. Il Collegio condivide il principio affermato ma deve rilevare che nella specie lo stesso avrebbe potuto avere ingresso in sede di impugnazione della norma di piano (art. 40 Variante generale al PRG), recante detta disciplina, la quale tuttavia non risulta nella specie censurata in quanto conforme applicazione di una disposizione della legge che consente una deroga generica al vincolo e per tale ragione ritenuta difforme dai principi costituzionali.
- Né infine milita a favore della conferma del vincolo lo stato dei luoghi non fortemente urbanizzato; ciò che rileva è pur sempre la già indicata situazione di urbanizzazione che, peraltro, secondo la destinazione applicabile alla fattispecie e riportata dalla stessa appellante, tende alla riqualificazione o ricomposizione urbana, quindi pur sempre nel senso di un incremento nella edificazione delle aree situate in quelle zone.
2.- Il secondo aspetto rilevante è quello riproposto nell’ambito del quinto gruppo di censure e verte sulla preventiva necessità di uno strumento urbanistico attuativo (SUA), in assenza del quale il contestato intervento edilizio non sarebbe consentito. A supporto di questo orientamento, l’appellante richiama la ponderosa giurisprudenza amministrativa che ha affermato la necessità di detto strumento in tutti i casi di scarsa urbanizzazione dell’area interessata, argomentando in particolare che l’intervento (ai sensi dell’art. 13 delle nta del PUC) non ricadrebbe tra quelli realizzabili in “tessuti pianificati recenti” (lett. c dell’art. 13) bensì in un “tessuto recente disomogeneo”, disciplinato dalla successiva lett. f della norma.
Sotto il profilo generale la giurisprudenza richiamata non pare applicabile al caso in esame essendo riferita a fattispecie territoriali di carenza di opere di urbanizzazione, mentre il tenore dell’art. 13 del PUC, destinato sin dalla rubrica alla disciplina di “interventi di riqualificazione in zone urbanizzate a prevalente funzione residenziale”, nonché la presenza di altre realizzazioni residenziali sono elementi già sufficienti ad escludere che l’area interessata possa definirsi non urbanizzata. In sostanza, e più specificamente, detto orientamento non può trovare applicazione nei casi in cui la valutazione del livello di urbanizzazione risulta già direttamente effettuata dalle norme pianificatorie ove esse definiscono già urbanizzate determinate zone, restando perciò preclusa (anche qui salva la contestazione specifica dello strumento pianificatorio) ogni diversa valutazione del livello di urbanizzazione in questione.
A questo riguardo va del resto rilevato che la lett.”f” dell’art. 13, prevede nuove costruzioni e non indica per queste la necessità di un preventivo strumento attuativo.
3.- Per le altre doglianze, in via generale, il Collegio non vede motivi per discostarsi dall’orientamento espresso dal primo giudice che risulta correttamente motivato . In particolare va comunque osservato quanto segue.
a).- Quanto alla questione dell’insufficienza delle opere costituite dai marciapiedi e dai parcheggio, l’appellante contesta (col secondo motivo) la sufficienza del riferimento alle produzioni documentali (doc. n. 20 produzioni 27 gennaio 2014, tavola all. A) “dalla quale risulta il rispetto degli standard e la superficie destinata a parcheggi P1 e P2” e relazione tecnica redatta in data 11 gennaio 2014 nella quale si dà conto dell’adeguatezza della predetta sede viaria (doc. n. 31 prod. 27 gennaio 2014)”. La censura investe argomento oggetto del sesto motivo.
b).- Secondo il terzo motivo (la questione che i titoli edilizi sarebbero stati emessi nonostante il parere contrario del consiglio di circoscrizione emesso il 3 maggio 2008) la sentenza sarebbe incorsa in un travisamento sotto un triplice profilo, anzitutto affermando che la stessa, espressasi il 16.4.2008, “non poteva deliberare su un parere pervenuto successivamente”. Il vizio risiederebbe nel non essersi il TAR avveduto che il dissenso era già stato espresso dalla Commissione in parere precedente (18.10.2007). Ma in contrario rileva che ad avviso del Collegio, la successiva affermazione sostanziale per cui il parere 18 ottobre 2007, del quale l’appellante lamenta l’obliterazione, è stato successivamente esaminato e disatteso dalla commissione edilizia in data 28 novembre 2007 (sulla base della conformità del progetto alla normativa urbanistica vigente).
- Altro profilo di travisamento risiederebbe nella mancata acquisizione del citato parere circoscrizionale 3 maggio 2008, ma considerata la sua posteriorità al parere già disatteso dalla Commissione, l’osservazione risulta irrilevante.
- Parimenti non sussiste il terzo profilo di travisamento, argomentato sul difetto di motivazione nel superamento del parere contrario, avvenuto semplicemente sulla base della conformità dell’intervento alla normativa urbanistica. Premesso che il travisamento dei fatti è vizio ben distinto dal difetto di motivazione, la sostenuta genericità può assumere rilievo concreto solo ove l’intervento si dimostri affetto dalle sostenute difformità rispetto alla normativa sostenute dal ricorso.
c).- Il quarto mezzo contrasta il rigetto del vizio che evidenziava la mancata acquisizione del parere preventivo dell’ufficio mobilità, con specifico riferimento al progetto presentato in variante, argomentando che nel giudizio di primo grado l’amministrazione non ha fornito prova del prescritto adeguamento. Il TAR ha però osservato che il parere in questione era stato reso sul precedente progetto iniziale in data 2 novembre 2007 (prot. 86119), ed aveva imposto una serie di prescrizioni alle quali il progetto è stato adeguato, evidenziando che in assenza di modifiche sostanziali del progetto iniziale, “non è possibile predicare l’illegittimità del progetto stesso per effetto del mancato rilascio di un nuovo parere dell’ufficio mobilità”. Il motivo in esame va quindi respinto perché non attiene alla motivazione della sentenza, in quanto insiste sulla mancata prova dell’adeguamento progettuale non contestando però la tesi del TAR sulla non necessità del medesimo, in ragione della ritenuta assenza di modifiche sostanziali proposte dal progetto in variante.
La censura si inoltra poi in valutazioni attinenti alla viabilità stradale che appaiono riservate alle valutazioni tecniche dell’amministrazione.
d).- Passando ad esaminare la sesta doglianza (le aree di parcheggio previste a progetto non rispetterebbero gli standard previsti dalla normativa vigente in tema di spazi di accesso e di manovra), il TAR avrebbe errato nel respingere la tesi dell’insufficienza, ritenendo che l’art. 19 l.r. Liguria n.16/08 includa gli spazi di manovra e di accesso nella superficie da conteggiare a parcheggio. Detta norma, al primo comma così dispone: “Negli edifici di nuova realizzazione aventi destinazione residenziale o ad essa assimilabile e ad uffici è prescritta ai sensi dell'articolo 41-sexies della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica) e successive modifiche e integrazioni la realizzazione di parcheggi privati, nella misura minima di 35 mq ogni 100 mq di superficie agibile (SA) come definita all'articolo 67 e comunque con obbligo di almeno un posto auto per ogni unità immobiliare”. I primi giudici hanno inoltre sottolineato che “la norma non precisa se in tale superficie debba essere computata anche quella destinata a spazio di manovra e accesso”, e successivamente hanno compiuto una esegesi di queste due norme rispetto al terzo comma, che stabilisce: “Le dimensioni dei parcheggi pertinenziali realizzabili ai sensi dell'articolo 9, comma 1, della L. 122/1989… non devono eccedere la superficie di 35 metri quadrati per ogni unità immobiliare”, qui precisando che tale misura si intende “al netto degli spazi di accesso e di manovra”. Il TAR ha quindi concluso che nel computo della superficie minima da destinare a parcheggio debbono essere comprese anche le aree destinate alla manovra e all’accesso al parcheggio stesso.
In contrario l’appellante sostiene che il progetto non rispetta la proporzione indicata dall’art. 42-sexies di un mq. per ogni dieci metri cubi di costruzione, che dal computo delle aree a standards devono essere esclusi gli spazi di manovra e di accesso e cita a supporto un orientamento di questo Consesso (sez.IV, n. 2916 del 2013). Il motivo è infondato.
In primo luogo occorre precisare il quadro normativo di riferimento che, ad avviso del Collegio, è costituito dal solo art. 19, primo comma, della citata legge ligure, atteso il suo specifico riferirsi ai parcheggio degli edifici residenziali di nuova realizzazione come quello assentito e contestato.
Nel merito il Collegio osserva che la censura lamenta infondatamente la violazione di un rapporto (applicato dalla decisione sopra richiamata) estraneo e perciò inapplicabile al caso di specie, poichè il citato art. 19 primo comma prevede il diverso rapporto di 35 metri quadrati per ogni unità immobiliare”. Pertanto già sotto questo aspetto non sussiste la censura di violazione della disposizione regionale.
In secondo luogo, e venendo alla questione specifica del computo degli spazi di accesso e manovra, va rilevato che questi sono tecnicamente e logicamente imprescindibili poiché senza di essi nessun parcheggio potrebbe essere materialmente utilizzato per la sua funzione. Pertanto, considerato anche che lo stesso art.19 comma 1 prevede “comunque” l’obbligo di almeno un posto auto per ogni unità immobiliare, ne deriva nella fattispecie che gli spazi per la funzione parcheggio sono legittimamente comprensivi di quelli di accesso e manovra, potendo condurre a spazi strettamente destinati ai posti auto di dimensioni inferiori a 35 mq. per ogni unità immobiliare, ma che conservino comunque dimensione idonea al parcheggio di un’autovettura.
e).- Il settimo mezzo di gravame attiene al motivo di primo grado sulla inutilizzabilità di una rampa di accesso con pendenza del 40%, respinto dal TAR che, dall’esame della planimetria quotata (doc. 19 prod. Comune 27 gennaio 2014) e considerata la lunghezza di 22,5 ml a fronte di un dislivello di ml.4,5, ha tratto una pendenza del 22,5 %. Il rilievo sarebbe erroneo nella misura della strada privata oggetto delle opere (che sarebbe lunga 16 ml.) con la conseguenza che in rapporto al dislivello darebbe luogo ad una pendenza del 30% “come rilevato in sede di ricorso”con la conseguenza della impossibilità di prevedere parcheggi in fregio. La censura (prescindendo dall’interesse a formularla) è inammissibile, lamentando in questa sede una misura difforme da quella dedotta in primo grado (40%, v. p. 21 del ricorso al TAR) .
Correlativamente, sul punto, non è ravvisabile alcuna violazione del potere-dovere di apprezzamento della prova indicato dall’art. 64 c.p.a.-
f).- Con l’ottavo motivo si ripropongono in realtà tre distinte questioni.
La riproposta censura di carenza di standard a verde, della quale il TAR non si sarebbe avveduto attesa la non fruibilità delle stesse (anche considerato che una parte delle stesse non sarebbe in proprietà della concessionaria) è stata respinta rilevando “come dalla tavola delle verifiche la superficie da destinare a verde sia addirittura superiore a quella richiesta, onde l’impossibilità di accedere ad una censura che si limita, genericamente, a predicare l’inutilizzabilità di parte delle aree a verde, in assenza di quantificazione e di specificazione della relativa incidenza”. Anche il motivo in esame non indica sul punto la violazione di alcun parametro di quantificazione del verde, restando quindi del tutto irrilevante esprimere o anche dimostrare la sua inutilizzabilità.
- Quanto alla assunta non proprietà di una parte dell’area ( mappale n. 865), il Collegio osserva che il deposito in giudizio di visura catastale da cui risulta la proprietà del mappale in parola (doc. n. 19 prod. controinteressata 27 gennaio 2014), sulla base del quale il TAR ha respinto la censura, pur non assurgendo a prova della proprietà ne costituisce un rilevante principio, comunque non smentito dall’esibizione un atto di proprietà e tanto meno dall’invocata Tavola progettuale, evidentemente non aggiornata, attestante una diversa risultanza catastale.
- In ordine alla superficie permeabile il motivo che lamentava come la stessa fosse venuta meno in forza dell’asfaltatura è stato rigettato dal TAR in quanto investente “non già la legittimità del progetto in sé quanto piuttosto le modalità esecutive dello stesso” e pertanto una fase successiva al rilascio del permesso gravato, afferente alla conformità delle opere al progetto assentito . Anche su questo aspetto la decisione merita conferma.
g).- La nona doglianza ribadisce la violazione della prescrizione apposta per l’inizio dei lavori e richiedente il deposito di un progetto esecutivo in conformità della normativa antisismica, lamentando come esso non sia stato depositato. Il primo giudice ha respinto il motivo constatando che “l’amministrazione e la controinteressata producono copia dell’avvenuto deposito della documentazione richiesta dalla normativa antisismica (doc.ti nn. 19 e 20 prod. controinteressata 27 gennaio 2014)”.
La censura in trattazione è infondata, in quanto:
- ignora del tutto e quindi non smentisce l’opposta affermazione del TAR;
- riguarda una fase successiva al rilascio della concessione edilizia di cui è controversia.
h).- Il decimo mezzo avversa la reiezione della censura che lamentava la mancata presentazione dei documenti richiesti dall’art. 8 del regolamento edilizio comunale, vizio escluso dal primo giudice in ragione della modifica dell’art. 20, comma 1, d.p.r. 380/01, operata con d.l. 22 giugno 2012 n. 83 (conv in l. 7 agosto 2012 n. 134) e che ha eliminato il riferimento agli elaborati richiesti dal regolamento edilizio, precedentemente contenuta nella norma in questione. Argomenta l’appellante che tale soppressione non avrebbe eliminato l’esigenza dei medesimi in quanto previsti comunque dall’art. 20, c.1, del citato d.p.r., anzi avrebbe determinato “l’estensione a tutti gli elaborati richiesti da qualsivoglia disposizione normativa o di piano esistente”. Una volta confermatasi l’abrogazione del riferimento ai documenti richiesti dal regolamento edilizio, la censura non presenta però alcun pregio, negando un fatto giuridico incontestabile dal quale si pretende per di più tranne un obbligo istruttorio.
h.1.).- Nel prosieguo della doglianza, si contesta la tesi accolta dal TAR per cui la già accertata sufficienza delle opere di urbanizzazione presenti possa legittimamente condurre ad escludere la necessità di una apposita dimostrazione grafica delle stesse. Il motivo fa riferimento alla mancanza di una tavola di progettazione delle opere di urbanizzazione e sostiene l’insufficienza delle dichiarazioni sottoscritte dal progettista, che riferisce prive di data e di numero di protocollo e per tale ragione sostiene dovrebbero considerarsi omesse. Anche queste osservazioni non possono essere accolte, in quanto incentrate su aspetti materiali dei documenti che non smentiscono la non necessità di ulteriori attestazioni. Quanto alla mancanza di data e di protocollo di assunzione delle dichiarazioni, le stesse risultano irrilevanti se le dichiarazioni sottoscritte dal progettista sono indubbiamente riferibili all’opera progettata.
i).- L’undicesima censura contrasta il rigetto dell’ultimo motivo di ricorso, che sosteneva come l’edificio non corrispondesse al parametro edilizio corrispondente alla tipologia prevista dall’art. 6 del PUC (v.pp.27 e 28 del ricorso al TAR), in quanto i fianchi dello stesso non avrebbero rilievo secondario ma lo stesso impatto del fronte principale.
Sul punto il giudice ha confermato “come i fianchi dell’edificio abbiano una lunghezza sensibilmente inferiore a quella del fronte e del retro dell’edificio (rispettivamente m. 15,84 e 18,06 contro 24,93), ma anche osservato che “in assenza di una indicazione normativa numerica precisa in ordine al rapporto tra fronte principale e fianchi, la valutazione del rilievo secondario o meno dei fianchi costituisce valutazione discrezionale il cui merito non può essere sindacato in questa sede se non nel caso di manifesta illogicità o irrazionalità, che non paiono riscontrabili nel caso di specie.”
La tesi della violazione della citata norma del PUC non ha fondamento, perché il carattere secondario delle pareti laterali (fianchi) permane fino a quando le stesse risultano di lunghezza sensibilmente inferiore al prospetti frontale e posteriore, sicchè in questa situazione (confermata dalle distanze riferite dal motivo in esame) non è oggettivamente e logicamente sostenibile che i fianchi dell’edificio abbiano lo stesso impatto dei fronti principali.
l).- Infine, secondo il dodicesimo motivo d’appello, la sentenza sarebbe erronea anche in punto spese del giudizio di prime cure, non avendole il TAR compensate ex art. 92 c.p.c., nonostante che anche le controparti della Bonauguri fossero risultate soccombenti quanto alla proposta eccezione di tardività del ricorso.
Anche questo motivo non è accoglibile. La soccombenza reciproca si realizza allorquando ciascuna delle parti veda respinta una propria domanda e nel processo di primo grado le controparti della ricorrente non hanno proposto alcuna domanda ma solo opposto eccezione al suo ricorso.
4.- Conclusivamente, l’appello principale, deve essere respinto.
5.- Gli appelli incidentali sono improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse attesa al reiezione nel merito dell’appello principale.
6.- Sussistono giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese del presente grado di giudizio, attesa la soccombenza reciproca delle parti nelle contrapposte domande.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, respinge l’appello principale.
Respinge gli appelli incidentali.
Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 gennaio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi,Presidente
Nicola Russo,Consigliere
Raffaele Greco,Consigliere
Raffaele Potenza,Consigliere, Estensore
Andrea Migliozzi,Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/04/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)