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Discarica - autorizzazione integrata ambientale - TAR Lazio, sent. n. 11483 del 06.10.2015

Pubblico
Martedì, 6 Ottobre, 2015 - 02:00

 

Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, (Sezione Prima Ter), sentenza n.11483 del 6 ottobre 2015, su autorizzazione ambientale integrata per discarica
 
N. 11483/2015 REG.PROV.COLL.
 
N. 14176/2014 REG.RIC.
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
 
(Sezione Prima Ter)
 
ha pronunciato la presente
SENTENZA NON DEFINITIVA
 
sul ricorso numero di registro generale 14176 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da: 
omissis 
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali e del Turismo, Direzione Regionale Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12; Regione Lazio, rappresentata e difesa dall’avv. Teresa Chieppa, domiciliata in Roma, Via Marcantonio Colonna, 27; 
nei confronti di
Soc Bracciano Ambiente Spa, rappresentata e difesa dagli avv. Francesco Caso, Giuseppe Ciaglia, con domicilio eletto presso Studio Legale Assoc. Caso - Ciaglia in Roma, Via Savoia, 72; 
per l'annullamento, quanto al ricorso introduttivo:
della delibera del Consiglio dei Ministri adottata in data 8.08.14 concernente il parere favorevole al rinnovo dell'autorizzazione integrata ambientale per la discarica di Bracciano, Località Cupinoro, e di tutti gli atti presupposti, connessi e/o consequenziali;
per l’annullamento, quanto ai motivi aggiunti:
della determinazione della Regione Lazio G15123 del 28 ottobre 2014, pubblicata sul BURL del 9 dicembre 2014, e di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali;
 
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Presidenza del Consiglio dei Ministri e di Regione Lazio e di Soc Bracciano Ambiente Spa e di Ministero Per i Beni e Le Attività Culturali e del Turismo e di Direzione Regionale Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 luglio 2015 la dott.ssa Stefania Santoleri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Visto l'art. 36, co. 2, cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO
Nel territorio di Bracciano esiste da decenni una discarica sita in Località “Cupinoro” utilizzata per lo smaltimento di rifiuti indifferenziati che fino al 2004 è stata gestita da privati e dopo il grave pregiudizio per l’ambiente verificatosi in quell’anno, è stata gestita dalla società Bracciano Ambiente S.p.a., società in house del Comune di Bracciano.
La società Bracciano Ambiente s.p.a. ha utilizzato le proprie autorizzazioni sia per la gestione della discarica, formata da 5 invasi ormai tutti chiusi, sia per provvedere al risanamento dell’area.
Con istanza prot. n. 167 del 23 novembre 2011, detta società ha chiesto il rinnovo dell’autorizzazione integrata ambientale rilasciata con decreto commissariale n. 46/07 e successive modifiche ed integrazioni.
La Regione Lazio, in qualità di amministrazione procedente, aveva convocato una conferenza di servizi, conclusasi con il dissenso della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio e della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici delle Province di Roma, Frosinone, Rieti, Latina e Viterbo; avevano reso, invece, parere favorevole con prescrizioni la Regione Lazio, la Provincia di Roma, il Comune di Bracciano, la ASL RM F, l’Arpa Lazio, la Soprintendenza per i Beni Archeologici per l’Etruria Meridionale.
Preso atto del dissenso dell’Autorità preposta alla tutela paesaggistica, la Regione Lazio ha investito della questione la Presidenza del Consiglio dei Ministri, chiedendo – ai sensi dell’art. 14 quater della L. 241/90 – la deliberazione del Consiglio dei Ministri per la conclusione del procedimento concernente la richiesta di rinnovo dell’AIA per la discarica di Bracciano, comportante il completamento e la messa in sicurezza dell’impianto esistente e la realizzazione dell’impianto meccanico biologico (TMB) da parte della società Bracciano Ambiente s.p.a.
Si sono tenute due riunioni di coordinamento istruttorio presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il 15 ed il 18 luglio 2014, per approfondimento della problematica.
Con la deliberazione gravata con il ricorso introduttivo la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha condiviso le posizioni favorevoli espresse dalla Regione Lazio e dal Comune di Bracciano dando atto “che sussiste la possibilità di procedere al rinnovo dell’autorizzazione integrata ambientale (AIA) per la discarica di Bracciano, località Cupinoro, a condizione che siano rispettate le verifiche e le prescrizioni fornite dagli Enti coinvolti nella conferenza di servizi favorevoli”.
Avverso detto provvedimento i ricorrenti – dopo aver precitato di disporre della necessaria legittimazione attiva - hanno dedotto i seguenti motivi di gravame:
__1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 14 quater e 14 ter della L. 241/90, e dell’art. 26 c. 6 del D.Lgs. 152/06. Eccesso di potere – omessa istruttoria- omessa e/o insufficiente motivazione – Violazione degli artt. 3 e 97 Cost.
Il provvedimento impugnato sarebbe stato adottato oltre il termine perentorio di sessanta giorni: la Regione Lazio ha infatti presentato l’istanza il 6 giugno 2014 e la Presidenza del Consiglio dei Ministri si è pronunciata l’8 agosto 2014.
Il provvedimento sarebbe inoltre viziato per violazione dell’art 14 quater della L. 241/90 e per carente motivazione, non essendovi stata una nuova valutazione degli interessi coinvolti, e non essendo stato precisato perché l’interesse alla tutela paesaggistica non sarebbe stato pregiudicato dalla realizzazione dell’intervento: la Presidenza del Consiglio dei Ministri si sarebbe invece limitata a comparare gli interessi in conflitto, recependo quanto sostenuto dalla Regione Lazio e dal Comune di Bracciano con riferimento ai danni all’ambiente e alla salute pubblica in caso di mancato rinnovo dell’AIA.
Inoltre, non sarebbe stato considerato che la discarica di Cupinoro è chiusa e che la sua chiusura non ha prodotto danni, né sarebbe comprensibile perché dovrebbero costruirsi nuovi impianti proprio in quella sede, gravata da vincoli.
Deducono, poi, che il dissenso non potrebbe essere superato quando vi siano impedimenti derivanti da norme cogenti, quando – dunque – ai sensi della legislazione vigente, il parere non avrebbe potuto che essere negativo.
Inoltre, la Bracciano Ambiente avrebbe già messo in sicurezza l’impianto, mentre per quanto concerne l’impianto TMB non potrebbe procedersi ad alcun rinnovo, dovendo iniziarsi una nuova procedura di VIA, in quanto i progetti sottoposti a VIA devono essere realizzati entro 5 anni e nel caso di specie detto termine è scaduto.
Ciò non sarebbe emerso nell’ambito della conferenza di servizi, con conseguente vizio di difetto di istruttoria.
__2. Violazione dell’art. 3 quinquies del D.Lgs. 152/06. Violazione dell’art. 8 del D.Lgs. 26/03 – Illegittimità dell’art. 29 octies del D.Lgs. 152/06, dell’art. 3 della L. 241/90, dell’art. 6 c. 1, 2, 3 , 3 bis, 11,12,13,14,15,16, 17,18 del D.Lgs. 152/06. Violazione dell’art. 19,20 e ss. del D.Lgs. 152/06; violazione dell’art. 29 bis del D.Lgs. 152/06. Violazione dell’art. 3 quater del D.Lgs. 152/06 – Eccesso di potere, omessa istruttoria, omessa e/o insufficiente motivazione.
Le norme statali sarebbero state disapplicate dalla delibera del Consiglio dei Ministri, avendo assunto efficacia determinante nella scelta di rinnovare l’AIA quanto sostenuto dalla società Bracciano Ambiente, in merito alla necessità di assicurarsi le risorse necessarie per la gestione operativa trentennale dell’intero invaso della discarica, senza considerare che la tariffa per lo smaltimento dei rifiuti include anche gli accantonamenti per la sua gestione post operativa.
Il rinnovo dell’AIA non sarebbe possibile essendo la discarica esaurita, la continuazione del suo esercizio comporterebbe il suo ampliamento che richiederebbe una nuova procedura di AIA preceduta da una VAS e da una VIA.
Né potrebbe parlarsi di rinnovo dell’AIA per l’impianto TMB, che pur essendo stato autorizzato, non sarebbe stato mai costruito.
Si sarebbe progettato un polo industriale per lo smaltimento dei rifiuti in una zona ZPS che necessita la previa VAS.
__3. Violazione degli artt. 134 c. 1 lett. b), 136, 142 comma 1 lett. G), H), M), 146 c. 1, 4 e 5 del D.Lgs. 42/04. Violazione dell’allegato 1 1.1. D.Lgs. 36/03 sull’ubicazione delle discariche, art. 13 IV comma – 25 I comma- 11 comma 4 bis – 25 I comma L.R. 24/98 – Violazione PTP Ambito territoriale n. 3 Laghi Bracciano e Vico art. 145 III C.2. – Travisamento –difetto di istruttoria e di motivazione – Violazione del P.T.P.R. Tav. A Sistemi ed Ambiti del Paesaggio – Violazione dell’art. 12 della L. 1766/27 – Violazione dell’art. 9 del D.Lgs. 221/90 – Violazione e falsa applicazione degli artt. 15 e 20 della L.R. 17/04 e degli artt. 12 e 20 del Regolamento attuativo n. 5/05. Sviamento di potere ed eccesso di potere, violazione dell’art. 5 c. 1 lett. k) del D.M. Ambiente 17/10/07 e del DGR 12 del 16/12/11 All. B punto A e punto 3 A – Difetto di istruttoria, travisamento, difetto di motivazione, inconferenza delle valutazioni di incidenza.
I motivi addotti dal MIBACT sarebbero pienamente validi non essendo stata rilasciata l’autorizzazione paesaggistica prima del permesso di costruire; l’art. 18 ter comma 1 lett. c) della L.R. 24/98 sarebbe inconferente perché non si tratterebbe di adeguamento funzionale o di opera di completamento.
La zona sulla quale ricade l’intervento è classificata come “paesaggio naturale di continuità” nel quale è vietata la realizzazione di nuove discariche; l’area è vincolata anche da uso civico; l’AIA rilasciata con decreto commissariale n. 46/07 è stata emessa sull’errato presupposto dell’insussistenza di vincoli sull’area; sussiste anche il vincolo archeologico. Infine in zona ZPS, come quella in questione, è vietata la realizzazione di nuove discariche o di nuovi impianti di trattamento e smaltimento di fanghi, nonché l’ampliamento di quelli esistenti.
Con determinazione G 15123 del 28 ottobre 2014, la Regione Lazio ha rinnovato l’AIA rilasciata alla società Bracciano Ambiente.
Detto provvedimento è stato impugnato con i motivi aggiunti.
Le censure sono state suddivise in due gruppi essendo correlate a vizi relativi all’inidoneità del sito ove è collocata la discarica di Cupinoro, e dove dovrebbero essere costruiti gli impianti oggetto di rinnovo dell’AIA (motivi di cui al punto A dei motivi aggiunti), e a vizi derivanti da violazione di norme sugli impianti di gestione dei rifiuti (motivi di cui al punto B dei motivi aggiunti).
Con riferimento alla inidoneità del sito, hanno rilevato che nell’atto impugnato non viene motivata la scelta di superare i vincoli paesaggistici e quelli derivanti dall’uso civico gravanti sull’area.
Hanno poi ribadito le censure già proposte nel ricorso introduttivo con il terzo motivo relative alla inidoneità del sito per i vincoli esistenti su di esso, come rappresentato dal MIBAC.
Con riferimento, invece, ai vizi di cui alla lett. B) – Violazione di norme sugli impianti di gestione dei rifiuti i ricorrenti hanno dedotto la seguente censura:
Violazione degli artt. da 11 fino a 18 del D.Lgs. 152/06 e degli artt. da 19 a 29 del D.Lgs. 152/06. Violazione dell’art. 29 D.Lgs. 46/2014, violazione dell’art. 5 D.Lgs. 152/06. Violazione degli artt. 29 bis fino agli artt. 29 nonies del D.Lgs. 152/06. Violazione degli artt. 12 e13 del D.Lgs. 36/03, violazione dell’art. 22 direttiva 2010/75, violazione dell’art. 179 del D.Lgs. 152/06, violazione dell’art. 97 Cost., omessa o carente istruttoria, difetto di motivazione – Violazione dell’Allegato 10 Sez. II Parte VI del Codice dell’Ambiente – Violazione dell’art. 13 D.M. 10/9/2010.
Deducono i ricorrenti che il rinnovo dell’AIA attiene anche ad impianti di gestione dei rifiuti, quali l’impianto TMB e l’impianto F.O.R.S.U. che non sono stati ancora costruiti.
In entrambi i casi non avrebbe potuto essere disposto alcun rinnovo, in quanto nel caso dell’impianto TMB sarebbe scaduto il termine di 5 anni previsto dall’art. 26 c. 6 del D.Lgs. 152/06 e nel caso dell’impianto F.O.R.S.U. la procedura di VIA avrebbe dovuto essere effettuata per la prima volta.
Sarebbe stato necessario inoltre sottoporre il progetto ad un procedimento di valutazione ambientale strategica.
Inoltre, contestano le affermazioni della Regione Lazio secondo cui non sarebbero applicabili al caso di specie le disposizioni transitorie di cui all’art. 29 del D.Lgs. 46/2014.
Gli impianti TMB e FORSU sarebbero “nuovi impianti” ai sensi dell’art. 5 c. 1 lett. i) sexies del D.Lgs. 152/06. L’omessa valutazione VIA e VAS inficerebbe la legittimità del provvedimento impugnato.
Per detti impianti i progetti di costruzione sarebbero assai risalenti e non garantirebbero l’utilizzo delle migliori tecniche disponibili, come potrebbe evincersi dalla disamina dell’Allegato tecnico II dell’impianto TMB.
La domanda di rilascio dell’A.I.A. non sarebbe corredata della relazione di riferimento (art. 5 c. 1 lett. v bis del D.Lgs. 152/06, il che comporrebbe il vizio di difetto di istruttoria.
Per quanto concerne la discarica non sarebbe stata presentata la relazione di riferimento, necessaria per valutare la necessità di avviare la bonifica anziché la fase di gestione post-operativa.
Sarebbe stato violato, inoltre, l’art. 12 c. 2 del D.Lgs. 36/03 non risultando alcuna verifica da parte della Regione della morfologia della discarica e dell’idoneità dei sistemi di allontanamento delle acque meteoriche dalla discarica, verifiche che costituiscono il presupposto per avviare la procedura di chiusura della discarica.
Rilevano poi che il percolato costituisce rifiuto speciale liquido che può essere anche di natura pericolosa e che la discarica non è autorizzata a ricevere; inoltre con riferimento ai codici CER che la discarica può ricevere sarebbe violato il principio della gerarchia dei rifiuti.
Per quanto riguarda il biogas sarebbe violato l’allegato 10, Sez. II parte 6 del codice dell’Ambiente.
Sarebbe inoltre violata la normativa relativa alla prestazione delle garanzie finanziarie per il gestore dell’impianto di biogas.
Il piano di monitoraggio e controllo sarebbe scarno sia con riferimento alla discarica che agli impianti TMB e FORSU.
Per quanto concerne l’impianto TMB l’Allegato Tecnico II non conterrebbe minimamente le indicazioni in ordine alle percentuali di CDR e FOS che l’impianto dovrebbe produrre, in violazione dell’art. 29 sexies e dell’art. 29 nonies del D.Lgs. 152/06.
Risulterebbe violato l’art. 29 sexies I comma del D.Lgs. 152/06 che impone l’indicazione di tutte le misure necessarie per conseguire un elevato livello di protezione ambientale.
Concludono, quindi, i ricorrenti chiedendo l’accoglimento del ricorso e dei motivi aggiunti.
Si sono costituite in giudizio le Amministrazioni resistenti e la società controinteressata Bracciano Ambiente s.p.a. che hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva e l’inammissibilità del ricorso introduttivo in quanto proposto avverso un atto endoprocedimentale.
Hanno anche chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza.
In prossimità dell’udienza di discussione le parti hanno depositato memorie e memorie di replica.
All’udienza pubblica del 21 luglio 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione di difetto di legittimazione attiva sollevata dalla difesa delle resistenti Presidenza del Consiglio dei Ministri e Regione Lazio, oltre che dalla società Bracciano Ambiente s.p.a.
I promotori dell'odierno giudizio sono, infatti, molteplici cittadini residenti nel Comune di Bracciano e di Cerveteri, alcuni dei quali titolari di aziende agricole biologiche, site nelle vicinanze del sito ove ricade la discarica di Cupinoro per la quale è stata rinnovata l’autorizzazione integrata ambientale.
Hanno proposto ricorso, inoltre, l’Associazione di promozione sociale “Raggio Verde” ed il Sindaco di Cerveteri.
L’Associazione “Raggio Verde”, è un’associazione di promozione sociale ex L. 383/2000, e dunque non è un’associazione ambientalista riconosciuta ex L. 349/86: la legittimazione ad agire può spettare anche ad associazioni di protezione ambientale diverse da quelle riconosciute formalmente con decreto ministeriale, purché effettivamente rappresentative dell'interesse pregiudicato dall'atto impugnato. Il ricorso è cioè proponibile anche da associazioni prive di riconoscimento che perseguano statutariamente e non in maniera occasionale obiettivi di tutela ambientale, che abbiano un elevato grado di stabilità e rappresentatività nonché un'area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene che si assume leso. Nel caso di specie, non risulta adeguatamente provato, sulla base della documentazione prodotta in giudizio, il suo radicamento nel medesimo territorio, e la sussistenza di un adeguato grado di rappresentatività.
Detta associazione risulta dunque carente della legittimazione attiva.
Difetta della legittimazione attiva anche il Sindaco di Cerveteri, che non ha fornito sufficienti elementi di prova a dimostrazione del danno derivante dal provvedimento impugnato; egli, inoltre, ha proposto anteriormente al presente ricorso analoga impugnativa avverso il medesimo atto, che è stata trattenuta in decisione alla medesima udienza pubblica. E’ del tutto evidente che non può impugnare gli stessi atti con due distinti ricorsi.
Difettano di legittimazione attiva anche i ricorrenti residenti nel Comune di Cerveteri, tenuto conto che secondo la giurisprudenza “Un gruppo di cittadini non è legittimato né ha interesse ad agire in giudizio avverso gli atti che autorizzano l'ampliamento di una discarica legittimamente operante in un Comune limitrofo laddove non vengano alterate le loro condizioni di vita, ambientali ed economiche e laddove non sia dimostrato il rispettivo stabile collegamento con il luogo oggetto di intervento. Sta al Giudice valutare in concreto, sulla base dei dati disponibili, se in base al rapporto di vicinato fatto valere come condizione per l'azione si concretizzi una lesione della situazione giuridica sostanziale sottostante capace di incidere negativamente su un interesse diretto, attuale e personale dei ricorrenti” (cfr. Cons. giust. amm. Sicilia sez. giurisd. 9/03/2014 n.144).
Nel caso di specie non è stato dimostrato per ciascuno di essi lo stabile collegamento con il luogo ove insiste la discarica di Cupinoro, né è stata data specifica prova in merito alla lesione della specifica loro posizione giuridica.
Per quanto concerne, invece, i ricorrenti cittadini residenti nel Comune di Bracciano ove insiste la discarica, è possibile ricordare come parte della giurisprudenza ritenga che la mera vicinanza di un fondo ad una discarica o ad un impianto di trattamento di rifiuti non legittima di per sé il proprietario frontista ad insorgere avverso il provvedimento od il contegno autorizzativo dell'opera, essendo necessaria anche la prova del danno che egli da questa possa ricevere, che, esemplificativamente, può essere connesso al fatto che la localizzazione dell'impianto riduce il valore economico del fondo situato nelle sue vicinanze, od al fatto che le prescrizioni dettate dall'Autorità competente in ordine alle modalità di gestione dell'impianto sono inidonee a salvaguardare la salute di chi vive nelle vicinanze, od anche all'incremento del traffico veicolare (in termini, tra le tante, Cons. Stato, Sez. V, 27 aprile 2012, n. 2460; n. 1134/2010, n. 413/2010; Tar FI, n. 5144/2010; Tar NA, n. 1479/2010 e 8807/2009;Sez. V, 16 giugno 2009, n. 3849; Sez. V, 20 maggio 2002, n. 2714; T.A.R. Umbria, sez. I Perugia , 28/08/2012 n. 334).
Il mero collegamento di un fondo con il territorio sul quale è localizzata una discarica non sarebbe da solo sufficiente a legittimare il suo proprietario a provocare uti singulus il sindacato di legittimità su qualsiasi provvedimento amministrativo preordinato alla tutela di interessi generali che nel territorio trovano la loro esplicazione (cfr. C.d.S., n. 2460/2012 cit.; V, 23 aprile 2007, n. 1830).
Altra giurisprudenza ha invece ritenuto che ai fini della sussistenza della legittimazione ad agire, è sufficiente la vicinitas (intesa come vicinanza dei soggetti che si ritengono lesi dalla realizzazione del sito prescelto per l'ubicazione del nuovo impianto), non potendo addossarsi alla parte ricorrente il gravoso onere della prova dell'effettività del danno subendo. Anche perché tale prova, non potendo prescindere dall'effettiva realizzazione dell'impianto, finirebbe per svuotare di significato il principio costituzionale del diritto di difesa di cui all'articolo 24, Cost. rendendolo possibile solo allorquando il diritto alla salute e/o all'ambiente salubre fossero già definitivamente ed irrimediabilmente compromessi o esposti a pericolo (Consiglio Stato , sez. V, 18 agosto 2010 , n. 5819).
E’ stato infatti precisato in giurisprudenza che “la legittimazione a ricorrere nella materia ambientale per le peculiari caratteristiche del bene protetto, si atteggia in modo particolare: la tutela dell'ambiente infatti, lungi dal costituire un autonomo settore d'intervento dei pubblici poteri, assume il ruolo unificante e finalizzante di distinte tutele giuridiche predisposte a favore dei diversi beni della vita che nell'ambiente si collocano (assumendo un carattere per così dire trasversale rispetto alle ordinarie materie e competenze amministrative, che connotano anche le distinzioni fra ministeri); l'ambiente inoltre è un bene pubblico che non è suscettibile di appropriazione individuale, indivisibile, non attribuibile, unitario, multiforme e ciò rende problematica la sua tutela a fronte di un sistema giudiziario che non conosce, se non quale eccezione, l'azione popolare, che guarda con sfavore la legittimazione di aggregazioni di individui che si facciano portatori occasionali di interessi esistenti allo stato diffuso. Ne deriva che il soggetto singolo che intenda insorgere in sede giurisdizionale contro un provvedimento amministrativo esplicante i suoi effetti nell'ambiente in cui vive ha l'obbligo di identificare, innanzitutto, il bene della vita che dalla iniziativa dei pubblici poteri potrebbe essere pregiudicato (il paesaggio, l'acqua, l'aria, il suolo, il proprio terreno) e, successivamente, dimostrare che non si tratta di un bene che pervenga identicamente ed indivisibilmente ad una pluralità più o meno vasta di soggetti, nessuno dei quali ne ha però la totale ed esclusiva disponibilità (la quale costituisce invece il connotato essenziale dell'interesse legittimo), ma che rispetto ad esso egli si trova in una posizione differenziata tale da legittimarlo ad insorgere "uti singulus" a sua difesa - di qui il requisito della finitimità o "vicinitas" in base al quale si è riconosciuta legittimazione ad agire al proprietario del fondo o della casa finitimi, ovvero al comunista che vive e lavora in prossimità della discarica la cui autorizzazione si impugni -." (Consiglio di Stato sez. VI 13/09/2010 n. 6554; Consiglio Stato , sez. VI, 27 marzo 2003, n. 1600).
Ritiene il Collegio di condividere questo secondo orientamento, maggiormente rispettoso del diritto di difesa.
Ne consegue che nel caso di specie sussiste la legittimazione all’impugnativa per i cittadini residenti nel Comune di Bracciano la cui abitazione si trova vicino alla zona nella quale ricade la discarica di Cupinoro, come pure sussiste per i ricorrenti titolari di aziende adibite ad agricoltura biologica limitrofe agli impianti che – come dedotto nel ricorso e nelle memorie – ricevono un danno in quanto i loro terreni subiscono un diretto impatto, con conseguente pregiudizio della catena alimentare ed economico per i prodotti da vendere.
Per detti ultimi ricorrenti l’eccezione deve essere respinta.
Deve essere ora esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo sollevata dalla difesa erariale e da quella della Regione Lazio.
L’eccezione è fondata.
L’impugnazione della delibera del Consiglio dei Ministri dell’8 agosto 2014 è inammissibile in quanto rivolta avverso un atto endoprocedimentale di per sé non produttivo di effetti.
Come ha correttamente ricordato la difesa erariale, la delibera del Consiglio dei Ministri, emessa dopo lo svolgimento dell’istruttoria, non conclude il procedimento, ma viene inoltrata alle Amministrazioni intervenute alla Conferenza di servizi per i seguiti di competenza, ivi compresa l’Amministrazione procedente che, acquisita la delibera, adotta il provvedimento conclusivo del procedimento: detta tipologie di delibere, adottate ai sensi dell’art. 14 quater della L. 241/90, non sono infatti registrate dalla Corte dei Conti.
Nel caso di specie, la delibera – che costituisce atto presupposto – avrebbe dovuto essere impugnata unitamente al provvedimento della Regione Lazio che costituisce il provvedimento finale, lesivo degli interessi azionati in giudizio.
Ne consegue che il ricorso introduttivo, proposto avverso un atto endoprocedimentale, deve essere dichiarato inammissibile.
Quanto alle problematiche sollevate con il ricorso introduttivo, deve comunque rilevarsi che la declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione non comporta pregiudizi per i ricorrenti, atteso che il tenore del provvedimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri viene censurato anche nei motivi aggiunti in sede di impugnazione del provvedimento regionale che lo recepisce.
Con i motivi aggiunti, infatti, sono stati sollevati i medesimi profili di censura già dedotti nel ricorso introduttivo con riferimento alla problematica relativa alla collocazione degli impianti, ed in particolare si affronta la problematica relativa all’esistenza di vincoli paesaggistici e derivanti da uso civico sull’area che non avrebbero consentito il rilascio dell’AIA (motivi rubricati sotto la lett. A).
Preliminarmente occorre rilevare che il Consiglio dei Ministri è intervenuto per verificare la possibilità di superare il dissenso insorto tra la Regione Lazio e l’Amministrazione dei Beni Culturali sulla problematica connessa alla compatibilità paesaggistica degli impianti: il Consiglio dei Ministri – chiamato a comporre il conflitto tra le Amministrazioni, nell’ottica del contemperamento degli opposti interessi, all’esito di un’approfondita istruttoria nella quale ha acquisito tutte le posizioni sostenute dalle parti interessate - , ha adottato la delibera dell’8 agosto 2014 che ha natura di atto di alta amministrazione e come tale è sindacabile nei ristretti limiti della inadeguatezza del procedimento esperito ai fini della sua formazione e della manifesta illogicità ed irragionevolezza della scelta effettuata (cfr. T.A.R. Lazio Sez. I Ter 21/3/2012 n. 2697).
Nel caso di specie, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, dopo idonea istruttoria, con ampia motivazione non affetta da vizi di illogicità ed irragionevolezza, ha ritenuto prevalente l’interesse pubblico al rinnovo dell’AIA, imponendo nell’ottica del contemperamento degli opposti interessi, il puntuale rispetto delle prescrizioni imposte nei pareri favorevoli resi in conferenza di servizi.
Quanto alla problematica relativa alla mancata compatibilità paesaggistica degli impianti, è sufficiente rilevare che il Consiglio dei Ministri ha effettuato le proprie valutazioni sostituendosi alle Amministrazioni interessate.
La giurisprudenza ha infatti ribadito che il meccanismo di rimessione al Consiglio dei Ministri svolge una funzione semplificatoria volta a superare gli arresti procedimentali: la decisione è devoluta ad un altro e superiore livello di governo e con altre modalità procedimentali. L'effetto di un tale dissenso qualificato espresso a tutela di un interesse sensibile (cioè di particolare eco generale, di incidenza non riparabile o facilmente riparabile, e per di più qui riferito a un valore costituzionale primario) è dunque di spogliare in toto la conferenza di servizi della capacità di ulteriormente procedere - o meglio, di spogliare in termini assoluti l'amministrazione procedente della sua competenza a procedere e sulla base del modulo della conferenza di servizi - e di rendere senz'altro dovuta, ove l'amministrazione procedente stessa intenda perseguire il superamento del dissenso, la sua rimessione degli atti a diversa autorità, vale a dire al menzionato livello, a differenza del precedente, impegnativo di responsabilità di ordine costituzionale. In questi casi dunque la manifestazione del dissenso qualificato in conferenza di servizi provoca senz'altro la sostituzione della formula e del livello del confronto degli interessi, fa cessare il titolo dell'amministrazione procedente a trattare nella sostanza il procedimento salvo, in conformità al dissenso, rinunciare essa stessa allo sviluppo procedimentale e disporre negativamente sull'iniziativa che gli ha dato origine (cfr. Cons. Stato Sez. VI 23/5/2012 n. 3039; Cons. Stato Sez. VI 15/1/2013 n. 220).
Secondo la giurisprudenza, il Consiglio dei Ministri si avvale del potere conferitogli dalla legge quale organo di ultima istanza in chiave semplificatoria, svolgendo un apprezzamento che è di alta amministrazione….. il dissenso espresso dalla Soprintendenza, (…) viene superato dal riesame degli interessi in gioco svolto dall’organo di ultima istanza, il quale ha ritenuto di preminente interesse la realizzazione dell’impianto per l’economia del territorio interessato, fornendo idonea motivazione sul punto. Valutazione di fronte alla quale si arresta il sindacato del giudice amministrativo, il quale non può entrare nel merito delle scelte dell’amministrazione se non profili di palese illegittimità, contraddittorietà e irragionevolezza” (cfr. Cons. Stato Sez. IV 4/2/2014 n. 505).
Ne consegue che a seguito dell’adozione della deliberazione governativa ex art. 14 quater comma 3 della L. 241/90, viene traslata a favore del Consiglio dei Ministri, quale organo di ultima istanza, ogni definitiva determinazione sulla migliore composizione degli interessi in conflitto, con la conseguenza che non possano più opporsi avverso quella determinazione i rilievi superati dal Governo.
La censura deve essere pertanto respinta.
Per quanto concerne, invece, gli ulteriori profili di gravame dedotti con i motivi aggiunti, e relativi alla violazione delle norme sugli impianti di gestione dei rifiuti, ritiene il Collegio di dover disporre incombenti istruttori.
Ordina, pertanto alla Regione Lazio e alla società Bracciano Ambiente S.p.a. di depositare presso la Segreteria della Sezione documentati chiarimenti in ordine ai profili di censura dedotti dalla parte ricorrente entro il termine di giorni sessanta dalla data di notificazione o di comunicazione della presente sentenza.
Rinvia la causa per l’ulteriore trattazione all’udienza pubblica del 17 maggio 2016.
Il Collegio, infine, riserva alla decisione definitiva la pronuncia sulle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter)
non definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
così dispone:
-dichiara inammissibile il ricorso introduttivo;
-dichiara in parte inammissibile per difetto di legittimazione attiva, ed in parte respinge il ricorso per motivi aggiunti, nei termini indicati in motivazione;
-ordina alla Regione Lazio e alla società Bracciano Ambiente S.p.a. di dare esecuzione agli incombenti istruttori di cui in motivazione, entro il termine di giorni sessanta dalla data di notificazione o di comunicazione della presente sentenza;
-rinvia la causa per l’ulteriore trattazione all’udienza pubblica del 17 maggio 2016.
-rinvia alla decisione definitiva la pronuncia sulle spese di lite;
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 luglio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Savo Amodio,Presidente
Stefania Santoleri,Consigliere, Estensore
Roberto Proietti,Consigliere
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/10/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

Pubblicato in: Urbanistica » Giurisprudenza

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