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Mutamento destinazione uso: TAR Toscana, Firenze, sent. n.339 del 27.02.2015

Pubblico
Venerdì, 14 Agosto, 2015 - 02:00

Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, (Sezione Terza), sentenza n.339 del 27 febbraio 2015, sul mutamento illegittimo di destinazione d'uso
 
N. 00339/2015 REG.PROV.COLL.
 
N. 00136/2012 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
 
(Sezione Terza)
 
ha pronunciato la presente
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 136 del 2012, proposto da: 
Fingest 3 S.r.l., Xiaoli Yang, rappresentati e difesi dagli avvocati Franco Bruno Campagni e Valentina Iezzi, con domicilio eletto presso il primo in Firenze, via G. Modena, 21; 
contro
Comune di Prato, rappresentato e difeso dagli avvocati Paola Tognini, Stefania Logli e Elena Bartalesi, con domicilio eletto presso Monica Dominici in Firenze, Via Xxiv Maggio, 14; 
per l'annullamento
a) dell'ordinanza del dirigente del Servizio Edilizia del Comune di Prato del 02.11.2011 (2858-2011) di "irrogazione di sanzione amministrativa pecuniaria" per "asserito mutamento di destinazione d'uso in assenza di S.C.I.A.", con ordine di cessazione dell'utilizzazione abusiva dell'immobile e per altre opere pretese eseguite in assenza di S.C.I.A." con allegato "calcolo delle sanzioni 20.10.2011, notificata lo 08.11.2011:
b) del rapporto della polizia edilizia 10.01.2011 (n. 385/2010), non notificato, richiamato nel provvedimento sub a);
c) della relazione del Funzionario Tecnico del 13.04.201 non notificata, richiamata sub. a);
d) della determina del 20.04.2004 n. 1185, di contenuto incognito, non notificata, richiamata nell'atto sub. a);
e) degli atti preliminari, presupposti, connessi e/o conseguenti, ancorchè incogniti;
per la condanna
dell'A.C. di Prato intimata alla restituzione delle somme ingiunte pari ad euro 30.778,06, indebitamente pretese, maggiorate degli interessi legali e della rivalutazione monetaria ex art. 1224, comma 2, cod. civ., dal pagamento delle singole rate fino a rimborso di cui alla emananda sentenza;
nonchè per la condanna
al risarcimento dei danni, emergenti e da lucro cessante, conseguenti alla illegittima azione della A.C. di Prato e suo Dirigente, negli importi, quali determinati a mezzo di relazione contabile, nonchè per i danni morali patiti e patendi, il tutto con interessi legali e rivalutazione monetaria.
 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Prato in Persona del Sindaco P.T.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 febbraio 2015 il dott. Raffaello Gisondi e uditi per le parti i difensori F.B. Campagni e E. Bartalesi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO e DIRITTO
In esito ad un sopralluogo effettuato nell’immobile a destinazione artigianale sito in via Gora del Pero n. 58/3 nella zona industriale del “Macrolotto” la Polizia Municipale del comune di Prato riscontrava che la relativa superficie era stato suddivisa mediante pareti in cartongesso in due porzioni, una delle quali destinata a “show room” di capi di abbigliamento finiti e l’altra a deposito e laboratorio. In particolare quest’ultima porzione risultava a sua volta frazionata in due locali, in uno solo dei quali veniva accertata la presenza di 3 macchine per il taglio ed il cucito.
Ritenendo che tali modificazioni abbiano determinato un mutamento della destinazione d’uso dell’immobile da produttiva a commerciale, il Comune di Prato ha ordinato alla Società conduttrice ed utilizzatrice dell’immobile Pronto Moda s.a.s. di Yiang Xiaoli ed alla S.r.l. Fingest 3, proprietaria dello stesso, la rimessione in pristino ed ha contestualmente irrogato a carico delle stesse la sanzione pecuniaria di cui all’art. 136 comma 2 lett. b) pari a 120 € per mq. di superficie trasformata (per un totale di € 25.824,00) e quella di cui all’art. 135 comma 1 della medesima legge pari al doppio dell’aumento del valore dell’immobile in conseguenza delle opere non demolite (per un ammontare di ulteriori € 4.954,16).
Avverso tale provvedimento ricorrono congiuntamente la Sig.ra Yang Xaoli e la Fingest 3 S.r.l. le quali affermano che: 1) sarebbe mancatala contestazione immediata dell’illecito secondo quanto prevede l’art. 14 della L. 681/1981; 2) sussisterebbe una palese contraddittorietà fra il rapporto della P.M. del 10/01/2011 con la relazione del responsabile del procedimento in data 13/04/2011. Il primo atto avrebbe, infatti, accertato la divisione del locale con due pannelli in cartongesso nel mentre il secondo avrebbe accertato un mutamento di destinazione d’uso. Inoltre, il soggetto qualificato nella relazione del responsabile del procedimento come responsabile dell’abuso in quanto committente delle opere sarebbe stato escluso dal procedimento sanzionatorio; 3) la sanzione pecuniaria sarebbe stata irrogata anche alla proprietà dell’immobile nonostante la sua estraneità rispetto all’illecito edilizio commesso; 4) non sussisterebbe alcun mutamento di destinazione d’uso in quanto la Società conduttrice sarebbe una azienda manifatturiera e non commerciale e svolgerebbe nell’opificio un’attività solamente produttiva di capi di abbigliamento; 5) non vi sarebbe stata esecuzione di opere edilizie in quanto la parete divisoria in alluminio consisterebbe in un opera di arredo il cui posizionamento al più potrebbe essere inquadrato nella manutenzione ordinaria; 6) il mutamento di destinazione d’uso sarebbe consentito dalle N.T.A. relative alla zona del Macrolotto le quali consentono di adibire a vendita dei prodotti di propria produzione il 25% della superficie dell’immobile a destinazione produttiva fino ad un massimo di 250 mq.; 7) il calcolo dell’aumento del valore dell’immobile conseguente al posizionamento della parete attrezzata sarebbe palesemente illegittimo ed incongruo rispetto ai valori di mercato; 8) il provvedimento sanzionatorio sarebbe privo di motivazione con riguardo ai parametri utilizzati per il calcolo della sanzione; 9) l’ordine di cessazione della destinazione commerciale dell’immobile contrasterebbe con l’art. 5 comma 8 della L. 433/85 la quale esenta le imprese artigiane dalla necessità di munirsi della autorizzazione commerciale per la vendita dei propri prodotti nei locali di produzione o in quelli adiacenti.
Si è costituito il Comune di Prato per resistere al ricorso.
Vanno in primo luogo respinte le istanze istruttorie formulate dalle ricorrenti con memoria in data 30/12/2014.
E’, infatti, superfluo accertare mediante verificazione se il divisorio in alluminio fosse o meno rimovibile dato che, come si dirà, mirando a trasformare in via non occasionale la distribuzione degli spazi dell’immobile, tale manufatto costituiva in ogni caso un’opera rilevante sotto il profilo edilizio.
Nemmeno è accertabile mediante verificazione la circostanza che la porzione di immobile qualificata come show room fosse in realtà destinata a deposito per i capi di abbigliamento dato che gli elementi di fatto su cui si fonda la conclusione tratta dal comune (la cui correttezza logica deve essere vagliata nel merito) sono stati esaustivamente rilevati dalle fotografie e dalla descrizione dei luoghi effettuata dalla P.M. nel corso della ispezione il cui verbale fa fede fino a querela di falso. Per le medesime ragioni non può nemmeno essere ammessa sul punto una C.T.U.
La circostanza se il cambio di destinazione sia o meno compatibile con il piano delle funzioni attiene al diritto e non al fatto e non può, quindi, essere oggetto di mezzi istruttori.
La prova testimoniale chiesta con la medesima memoria è inammissibile in quanto non capitolata.
Venendo così al merito del ricorso, tutti i motivi, ad eccezione del 3°, che riguarda unicamente la posizione della Fingest 3 S.r.l., sono destituiti di fondamento.
Il vizio dedotto con il primo motivo, in particolare, non è invalidante atteso che, essendo stato impugnato un provvedimento a carattere vincolato, non si vede in che modo la mancata contestazione immediata dell’illecito abbia potuto influire sul suo contenuto dispositivo. Senza contare poi che nell’ambito del procedimento il contraddittorio è stato, comunque, garantito dalla puntuale applicazione degli artt. 7 e ss. della L. 241/90.
Non sussiste, poi, alcun contraddittorietà fra il verbale della P.M. e la relazione del responsabile del procedimento in quanto il primo atto si è limitato a descrivere la situazione di fatto, mentre il secondo ne ha operato una qualificazione giuridica inquadrandola nella fattispecie dell’abusivo mutamento di destinazione d’uso con opere.
Inoltre, non si vede come la mancata estensione del trattamento sanzionatorio al soggetto identificato dalla P.M. come committente ed esecutore dell’abuso possa giovare alla posizione della ricorrente Yang che, in quanto utilizzatrice delle superfici di vendita abusivamente destinate ad uso commerciale, è passibile del trattamento sanzionatorio previsto dalla legge in virtù di un autonomo titolo di responsabilità.
L’accertamento della utilizzazione dell’immobile per uso commerciale risulta fondato su elementi univoci e probanti correttamente richiamati in via diretta e per relationem nella motivazione del provvedimento impugnato (che non può, quindi, considerarsi, carente come si afferma nell’ottavo motivo di ricorso che va, quindi, rigettato).
La disposizione dei capi di abbigliamento di diverse taglie su appendini e la presenza di manichini vestiti denota in modo non equivoco l’esposizione al pubblico degli stessi a favore di una clientela privata.
La ricorrente afferma che siffatta collocazione dei vestiti sarebbe funzionale alla loro etichettatura, ma l’osservazione appare poco plausibile. Non spiega la presenza dei manichini e, in ogni caso, sembra strano che la parte assolutamente preponderante della superficie del capannone venga utilizzata per l’espletamento di una fase marginale del processo produttivo relegando la produzione vera e propria in spazi piccoli dotati di poche attrezzature.
L’offerta al pubblico della merce risulta, comunque, confermata dal fatto che Pronto Moda reclamizzi sul web la propria attività svolta in via Gora del Pero come vendita al dettaglio di capi di abbigliamento.
E sul punto le affermazioni della ricorrente secondo cui gli annunci sarebbero stati pubblicati a sua insaputa (non si capisce allora perché ed ad iniziativa di chi) appaiono ancora una volta prive di un sufficiente tasso di credibilità.
Infondata è altresì la tesi secondo cui nella specie non sarebbero state realizzate opere edilizie, tali essendo pacificamente la realizzazione di divisori destinati a suddividere in modo permanente e non occasionale gli spazi del capannone.
Non merita favorevole considerazione nemmeno il motivo con cui si afferma che la utilizzazione commerciale degli spazi sarebbe consentita dalla disciplina urbanistica, atteso che la porzione adibita a show room, nella specie, supera abbondantemente il limite del 25% entro il quale è consentita la vendita di capi di produzione propria (anche ammesso che di ciò davvero si tratti).
Inoltre, il fatto che la Pronto Moda, in quanto impresa artigiana, sia abilitata ex lege a vendere i propri prodotti nei locali di produzione o in quelli adiacenti non significa affatto che essa possa derogare alle norme urbanistiche che regolamentano le destinazioni d’uso ammissibili.
Del tutto congrua e motivata appare, poi, la quantificazione della parte della sanzione commisurata al valore dei manufatti non demoliti (muri divisori) atteso che i prezzi unitari sono stati tratti da una fonte ufficiale quale il bollettino degli ingegneri e i tempi di lavorazione appaiono proporzionati alle dimensioni dell’opera realizzata (90 mq di parete).
Fondato è, invece, il terzo motivo di ricorso che riguarda la posizione della proprietaria dello stabile Fingest 3 S.r.l.
Come la Sezione ha anche di recente riaffermato, nel caso l’abusivo mutamento di destinazione d’uso dell’immobile venga posto in essere dal conduttore senza la collaborazione o la connivenza della proprietà, questa non può essere passibile di sanzioni di natura edilizia stante la sua estraneità rispetto all’abuso commesso.
Ai sensi dell’art. 29 del D.P.R. 380/01 sono da considerare come responsabili degli illeciti edilizi il committente, il costruttore e il direttore dei lavori salvo che dimostrino di non essere responsabili dall’abuso
La irrogazione delle sanzioni edilizie segue, quindi, la regola comune della personalità della responsabilità.
Fa eccezione a tale regola la sanzione dell’ingiunzione alla demolizione prevista dall’art. 31 del t.u. (che va indirizzata al proprietario oltre che ai responsabili dell’abuso) e, secondo una parte della giurisprudenza, le sanzioni pecuniarie che devono considerarsi rispetto ad essa sostitutive, in ragione del fatto che anche esse incidono sulla sorte del manufatto abusivo (Consiglio di Stato sez. VI, 12/11/2014 n. 5550).
Nel caso di specie, tuttavia, né la sanzione di cui all’art. 136 comma 1 lett. b n. 1 della L.R. 1/2005 né quella di cui all’art. 135 comma 1 della medesima legge sono previste in sostituzione della rimessione in pristino (con cui, anzi, possono coesistere). Si tratta, quindi, di misure personali e non reali che possono essere comminate ai soggetti direttamente coinvolti nella realizzazione dell’abuso così come prevede in via generale l’art. 29 del D.P.R. 380/01 e non, invece, al proprietario dell’immobile in quanto tale.
Non vi sono, del resto, elementi che possano far ritenere che, nel caso di specie, la proprietà abbia in qualche misura partecipato all’abuso o ne abbia avuto cointeressenza essendo stato il contestato mutamento di destinazione posto in essere dal conduttore in funzione di ragioni commerciali inerenti la propria attività economica e, per giunta, in violazione di un esplicito divieto pattuito nel contratto di locazione. L’accoglimento del predetto motivo comporta la restituzione da parte del Comune di Prato (e non del dirigente che ha firmato il provvedimento, che non è stato evocato in giudizio in proprio) di quanto indebitamento corrisposto dalla Fingest 3 per la sanzione ad essa illegittimamente irrogata maggiorato di interessi dalla data di pagamento della sanzione. Va respinta, invece, la domanda attinente la rivalutazione monetaria trattandosi di un debito di valuta e non di valore per il quale non è ammesso il cumulo fra interessi e rivalutazione.
La domanda risarcitoria è stata irritualmente rinunciata nella memoria del 30/12/2014 (non notificata).
La proposizione della predetta istanza denota, tuttavia, l’insussistenza di un interesse a coltivare la domanda (art. 84 comma 4 c.p.a.) che deve, pertanto, considerarsi improcedibile.
Le spese relative alla soccombenza di Pronto Moda si liquidano come da dispositivo.
La natura delle questioni giuridiche trattate in relazione alla posizione di Fingest 3 giustifica la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione III,
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
a) annulla il provvedimento impugnato nella parte in cui ingiunge alla ricorrente Fingest 3 il pagamento della sanzione pecuniaria relativa al mutamento di destinazione d’uso dell’immobile di sua proprietà;
b) condanna il Comune di Prato alla restituzione delle somme pagate da Fingest 3 S.r.l. in esecuzione del provvedimento impugnato con gli interessi legali a far data dell’avvenuto pagamento della sanzione;
c) dichiara improcedibile la domanda risarcitoria;
d) respinge ogni altra domanda;
e) Condanna la Sig.ra Yang Xaoli al pagamento delle spese di lite che liquida in Euro 3.000,00.
f) Compensa le spese fra il Comune di Prato e la Fingest 3 S.r.l.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 3 febbraio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Maurizio Nicolosi,Presidente
Rosalia Messina,Consigliere
Raffaello Gisondi,Primo Referendario, Estensore
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/02/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

Pubblicato in: Urbanistica » Giurisprudenza

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