Ordine di demolizione ed accertamento di conformità. MASSIMATA - Cons. Stato 29 ottobre 2018
Pubblico
Mercoledì, 7 Novembre, 2018 - 06:54
Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), sentenza n.6233 del 5 novembre 2018, sulla istanza di sanatoria ed ordine di demolizione.
MASSIMA
In base al principio di tipicità del provvedimento amministrativo, la legge, come determina gli effetti dell’atto, analogamente può individuare le circostanze che incidono sui suoi effetti e sulla sua idoneità ad essere posto in esecuzione materiale (CdS, VI, sentenza n. 1909/2013).
L’intervenuta presentazione della domanda di accertamento di conformità non paralizza i poteri sanzionatori comunali e non determina, pertanto, alcuna inefficacia sopravvenuta o invalidità di sorta dell’ingiunzione di demolizione, comportando che l’esecuzione della sanzione è da considerarsi solo temporaneamente sospesa (CdS, VI, sentenze nn. 341/2018, 72307/2014, 1909/2013).
Il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino.
SENTENZA
N. 06233/2018REG.PROV.COLL.
N. 04245/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4245 del 2016, proposto dal Comune di Capua, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Massimiliano Passaretti, con domicilio eletto presso lo studio Flavia Lozzi in Roma, Viale Mazzini, n. 113;
contro
S. G., rappresentata e difesa dall'avvocato Vincenzo Mirra, con domicilio eletto presso lo studio Lucio Grezzi in Roma, Via Gabi, n.24;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE VIII, n. 5061/2015, resa tra le parti, concernente ordinanza di demolizione per infrazione di norme edilizie;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Sara Granata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 ottobre 2018 il Cons. Italo Volpe e udito l’avvocato Massimiliano Passaretti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Col ricorso in epigrafe il Comune di Capua (di seguito “Comune”) ha impugnato la sentenza del Tar della Campania, Napoli, n. 5061/2015, pubblicata il 29.10.2015, che – con la sua condanna alle spese – ha accolto l’originario ricorso, proposto dalla persona fisica pure in epigrafe indicata, per l’annullamento:
- dell’ordinanza comunale di demolizione n. 10 del 9.5.2011;
- per quanto occorrente, del verbale di accertamento d’infrazione alle norme edilizie n. 5 del 28.4.2011, nonché della pedissequa nota comunale n. 7200 del 29.4.2011.
1.1. La sentenza ha premesso che:
- l’originaria ricorrente era proprietaria di un fondo sito nel territorio comunale, complessivamente di mq. 2.831, con entrostante corpo di fabbrica realizzato grazie a p.d.c. n. 16/2008;
- il 14.4.2011, essendo in corso lavori sine titulo di modifica e ampliamento del fabbricato, era stato chiesto (con istanza n. 6545/2011) un p.d.c. in sanatoria di tali opere ai sensi dell’art. 36 del TU edilizia, allegandosi il loro progetto;
- il 28.4.2011 – all’esito di sopralluogo ed accertamenti – era stata contestata l’esecuzione delle opere in totale difformità dal p.d.c. n. 16/2008 (con contestuale redazione dei predetti verbali d’infrazione e di sopralluogo tecnico prot. n. 7200 del 29.4.2011, nonché col sequestro preventivo dell’immobile);
- l’11.5.2011 il Comune aveva notificato la censurata ordinanza di demolizione.
Essa poi aggiunge, in fatto, che il Comune, costituendosi, aveva eccepito che:
- il citato p.d.c. n. 16/2008 aveva in realtà riguardato l’installazione di un container ad uso deposito, non la villetta ad uso abitativo di cui s’era constatata l’edificazione sine titulo;
- la richiesta del p.d.c. in sanatoria mai sarebbe stata assentibile, avendo ad oggetto un intervento non conforme alla strumentazione urbanistica vigente (dato che l’area interessata era classificata in PRG come “parco pubblico attrezzato e verde di nucleo”, e, pur dopo la scadenza del vincolo, le nuove costruzioni non avrebbero potuto superare il limite massimo di densità fondiaria di mc 0,003);
- peraltro il chiesto accertamento di conformità aveva avuto un esito espresso (e non tacito), con la nota di diniego n. 9434/2011.
1.2. La sentenza ha quindi deciso reputando, in sintesi, che:
- era fondata la prima censura con la quale si lamentava che il Comune di Capua aveva illegittimamente emesso l’ordinanza di demolizione senza prima vagliare l’istanza di accertamento di conformità ex art. 36 TU edilizia e senza quindi pronunciarsi al riguardo, neppure con un provvedimento implicito di rigetto (non essendo trascorsi 60 giorni dalla presentazione dell’istanza);
- in omaggio al principio per cui non si può previamente sanzionare ciò che potrebbe essere sanato, la preesistenza della domanda di sanatoria rendeva illegittima la successiva irrogazione della sanzione demolitoria;
- l’adozione del primo provvedimento impugnato non sottintendeva, neanche per implicito, il diniego dell’accertamento di conformità, dato che l’ordine di demolizione non recava motivazione circa le ragioni ostative ad un’eventuale sanatoria delle opere in questione;
- proprio la successiva nota comunale n. 9434/2011 (con cui l’amministrazione ha esposto le ragioni della non assentibilità del realizzato intervento) denotava che il precedente ordine di demolizione era stato emesso intempestivamente e illegittimamente.
2. L’appello si affida alla censura di error in iudicando giacchè, in sostanza, per quanto in presenza di una inversione temporale degli atti rilevanti (ordine di demolizione precedente la fase valutativa dell’istanza di sanatoria), da un lato, il Comune aveva poi esposto perché la sanatoria non sarebbe mai stata ab origine assentibile e, da un altro lato, “essendo l’abuso palesemente in contrasto con la strumentazione urbanistica vigente giammai l’ente avrebbe potuto concedere una sanatoria anzi, di converso, la sua attività appare vincolata alla repressione dell’abuso: l’ente non avrebbe potuto agire in maniera differente”.
3. Costituitasi, l’appella ha obiettato gli argomenti avversari.
4. Con ordinanza cautelare n. 4608/2016, pubblicata il 14.10.2016, è stata respinta la domanda di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata “Ritenuto (…) non sufficientemente comprovato il necessario requisito del fumus boni iuris a fondamento della formulata domanda cautelare, avuto riguardo all’avvenuta anteposizione dell’ordine di demolizione rispetto alla delibazione della richiesta di permesso di costruire in sanatoria, e che in ogni caso, dal punto di vista del periculum, nessun oggettivo pregiudizio può derivare dalla sentenza impugnata all’ente ricorrente, posto che è nella facoltà di quest’ultimo adottare ogni rinnovato o nuovo provvedimento fisiologicamente conseguente al denegato permesso di costruire”.
5. La causa quindi, chiamata alla pubblica udienza di discussione del 18.10.2018, è stata ivi trattenuta in decisione.
6. L’appello merita accoglimento.
6.1. In base al principio di tipicità del provvedimento amministrativo, la legge, come determina gli effetti dell’atto, analogamente può individuare le circostanze che incidono sui suoi effetti e sulla sua idoneità ad essere posto in esecuzione materiale (CdS, VI, sentenza n. 1909/2013).
Si ritiene, infatti, che l’intervenuta presentazione della domanda di accertamento di conformità non paralizza i poteri sanzionatori comunali e non determina, pertanto, alcuna inefficacia sopravvenuta o invalidità di sorta dell’ingiunzione di demolizione, comportando che l’esecuzione della sanzione è da considerarsi solo temporaneamente sospesa (CdS, VI, sentenze nn. 341/2018, 72307/2014, 1909/2013).
La giustificazione di questo orientamento sta nell’evitare che l’ente locale, in caso di rigetto dell’istanza di sanatoria, sia tenuto ad adottare un nuovo provvedimento di demolizione delle opere abusive, altrimenti finendosi per riconoscere in capo al privato, destinatario del provvedimento sanzionatorio, il potere di paralizzare, attraverso un sostanziale suo annullamento, quel medesimo provvedimento (CdS, VI, sentenza n. 446/2015).
Questi principi possono trovare applicazione nel caso di specie.
Infatti, sebbene nella vicenda in esame l’istanza di permesso di costruire in sanatoria sia stata presentata antecedentemente alla notificazione dell’ordinanza di demolizione, il Comune ha provveduto a comunicare il diniego dell’istanza stessa definendo non assentibile l'intervento proposto in quanto oggettivamente non conforme alla strumentazione urbanistica vigente (“parco pubblico attrezzato e verde di nucleo).
Vale anche qui, allora, il principio affermato da CdS, Ad. plen., n. 9/2017 “il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino”.
7. In conclusione, l’appello deve essere accolto e, in riforma della sentenza impugnata, deve essere respinto l’originario ricorso di primo grado.
8. Ricorrono giustificati motivi per compensare integralmente fra le parti le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, respinge l’originario ricorso di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2018 con l'intervento dei magistrati:
Sergio Santoro, Presidente
Diego Sabatino, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere
Vincenzo Lopilato, Consigliere
Italo Volpe, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Italo Volpe Sergio Santoro
IL SEGRETARIO