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Piano portuale: prevalenza su PRG

Privato
Lunedì, 4 Settembre, 2023 - 18:45

Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, (Sezione Prima), sentenza n. 2453 del 24 luglio 2023, sulla prevalenza del piano regolatore portuale su quello generale

MASSIMA 

Il piano regolatore portuale prevale sulla pianificazione generale, in forza del principio di prevalenza dei piani settoriali su quelli generali; tuttavia, ove il piano regolatore portuale manchi, torna ad applicarsi la pianificazione generale dell’ente locale, atteso che, altrimenti, si verificherebbe un vuoto di disciplina afferente l’uso del territorio, pur in presenza di un P.R.G. vigente.

SENTENZA

N. 02453/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01156/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1156 del 2022, integrato da motivi aggiunti, proposto da OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avvocato Massimo Blandi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Comune di Cefalù, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Anna Maria Crosta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

quanto al ricorso introduttivo

del silenzio inadempimento serbato sulla richiesta di permesso di costruire avanzata in data 28 ottobre 2021 al fine di poter realizzare un intervento diretto alla creazione di un centro velico in area del porto di Presidiana, tenuta in forza della concessione demaniale marittima n. 13 del 26.5.2021, rilasciatagli dall’Assessorato al Territorio e Ambiente della Regione Siciliana;

e per il risarcimento del danno ex art. 30 c.p.a.;

quanto al ricorso per motivi aggiunti

del provvedimento prot. n. 0043082 del 19.9.2022, con cui il Responsabile del Settore Edilizia Privata ha disposto il rigetto espresso della Richiesta di Permesso di costruire (pratica 208/21) avanzata dal ricorrente in data 20.10.2021 per la realizzazione di un Centro Velico nel porto di Presidiana, in Cefalù.

Visti il ricorso introduttivo e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Cefalù, con le relative deduzioni difensive e la documentazione;

Visto il ricorso per motivi aggiunti;

Vista la memoria del Comune di Cefalù;

Vista l’ordinanza cautelare n. 719 pubblicata il 14 dicembre 2022, e vista l’ordinanza del C.G.A. n. 94, pubblicata il 27 marzo 2023;

Viste la documentazione e le memorie depositate dalle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore all’udienza pubblica del giorno 4 luglio 2023 il consigliere Maria Cappellano, e uditi i difensori delle parti, presenti come da verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

A. – Con il ricorso introduttivo in esame, notificato il 4 luglio 2022 e depositato il giorno 11 luglio 2022, l’odierno istante ha impugnato il silenzio serbato dal Comune di Cefalù sull’istanza di permesso di costruire, del 28 ottobre 2021, presentata dal predetto per la realizzazione di un centro velico nel porto di Presidiana, su un’area oggetto della concessione demaniale marittima del 23 aprile 2021 per mq 3.000,00, valida fino al 31 dicembre 2026.

Con lo stesso mezzo ha altresì chiesto il risarcimento dai danni asseritamente cagionati: a) dal pagamento dell’ingente canone demaniale marittimo; b) dai mancati guadagni, quantificati in via equitativa in € 30.000,00; c) dall’aumento dei costi di materie prime e oneri lavorativi, per € 50.000,00; per un totale di presunto danno patrimoniale pari a € 100.000,00.

Ha, quindi, chiesto: a) la declaratoria di illegittimità del silenzio serbato dall’intimato Comune; b) di ordinare il rilascio del permesso di costruire, nominando fin d’ora un commissario ad acta ai sensi dell’art. 117, co. 3, cod. proc. amm.; con vittoria di spese.

B. – Si è costituito in giudizio il Comune di Cefalù, documentando di avere riscontrato l’istanza di permesso di costruire con provvedimento di archiviazione datato 19 settembre 2022, notificato in pari data, chiedendo di essere autorizzato al deposito tardivo di tale documento in quanto formato in una data non compatibile con il rispetto del termine per il deposito in giudizio dei documenti.

Ha, quindi, eccepito l’improcedibilità dell’azione avverso il silenzio per sopravvenuta carenza di interesse, nonché l’inammissibilità della stessa; quanto alla domanda risarcitoria, ne ha chiesto il rigetto in quanto infondata, con vittoria di spese.

C. – Alla camera di consiglio del giorno 6 ottobre 2022 il difensore di parte ricorrente, nel prendere atto del provvedimento sopravvenuto adottato dal Comune di Cefalù, ha dichiarato di rinunciare all’azione ex art.117 cod. proc. amm., insistendo nella domanda risarcitoria e riservandosi di proporre ricorso per motivi aggiunti; con conseguente cancellazione della causa dal ruolo camerale.

D. – Con ricorso per motivi aggiunti, notificato il 14 novembre 2022 e depositato il giorno successivo, l’odierno istante ha impugnato il provvedimento prot. n. 0043082 del 19 settembre 2022, con cui il Comune resistente ha rigettato la richiesta di permesso di costruire.

Ripercorso l’iter che ha portato all’adozione del provvedimento finale, ha dedotto avverso tale atto le censure di:

1) VIOLAZIONE DEL DPR 380/2001, DELLA L.R. N. 16/2016; DELLA L.N. 84/94; ECCESSO DI POTERE SOTTO VARI PROFILI;

2) VIOLAZIONE DELL’ART. 20 DPR 380/2001; ECCESSO DI POTERE SOTTO VARI PROFILI;

3) VIOLAZIONE DELL’ART. 10 BIS, L.N. 241/90 E DELL’ART. 13 l.r. N. 7/2019; ECCESSO DI POTERE SOTTOVARI PROFILI.

Ha quindi reiterato la domanda di risarcimento del danno già proposta con il ricorso introduttivo.

Ha pertanto chiesto: a) la declaratoria dell’assenza del potere del Comune di rilasciare provvedimenti abilitativi edilizi, con conseguente declaratoria del diritto alla libera realizzazione del Centro Velico; b) in via subordinata, la declaratoria di formazione del silenzio assenso ai sensi dell’art. 20, co.8, del d.P.R. n. 380/2001, sulla domanda di permesso di costruire; c) l’annullamento del diniego.

In via istruttoria, ha chiesto disporsi una verificazione o una CTU “al fine di accertare lo stato e l’esistenza di eventuali strumenti programmatori e la consistenza, i limiti e la natura dell’intervento assentibile in simmetria con la richiesta di PDC avanzata dal ricorrente”; con vittoria di spese.

E. – Il Comune di Cefalù ha chiesto il rigetto del ricorso, e della contestuale istanza cautelare, in quanto infondato, con vittoria di spese.

F. – Con ordinanza n. 719 pubblicata in data 14 dicembre 2023 – rilevata l’improcedibilità dell’azione avverso il silenzio – è stata respinta l’istanza cautelare: l’appello cautelare è stato accolto dal C.G.A., ai fini della fissazione del merito, con ordinanza n. 94 del 27 marzo 2023.

G. – In vista dell’udienza di merito le parti hanno depositato documentazione, e hanno ribadito le rispettive posizioni insistendo nelle conclusioni rassegnate.

Quindi, all’udienza pubblica del giorno 4 luglio 2023, presenti i difensori delle parti come da verbale, la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

A. – Viene in decisione il complessivo ricorso – un ricorso introduttivo e un ricorso per motivi aggiunti – promosso dall’odierno istante prima avverso il silenzio serbato dal Comune di Cefalù sull’istanza di permesso di costruire, del 28 ottobre 2021, presentata dal predetto per la realizzazione di un centro velico nel porto di Presidiana, su area oggetto della concessione demaniale marittima del 23 aprile 2021 per mq 3.000,00, valida fino al 31 dicembre 2026; successivamente, con i motivi aggiunti, avverso il provvedimento di diniego.

B. – Come indicato alle parti con l’ordinanza cautelare n. 719/2022, il ricorso introduttivo deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, per quanto attiene all’azione avverso il silenzio.

Deve, invero, darsi atto dell’intervenuta adozione, da parte del Comune di Cefalù, del provvedimento conclusivo del procedimento avviato dalla parte ricorrente con l’istanza di permesso di costruire del 28 ottobre 2021.

Pertanto, il ricorso, quanto all’azione ex art. 117 cod. proc. amm., è diventato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

C. – Persiste invece l’interesse alla decisione della domanda di risarcimento del danno proposta con lo stesso mezzo, rispetto alla quale risulta, tuttavia, preliminare l’esame del ricorso per motivi aggiunti promosso avverso il provvedimento conclusivo del procedimento, di diniego dell’istanza.

Ritiene il Collegio – nonostante l’indicazione fornita dal C.G.A. con l’ordinanza n. 94/2023, per quanto attiene alla presunta formazione del silenzio assenso – di confermare la delibazione assunta in fase cautelare, in quanto l’azione di annullamento promossa con il ricorso per motivi aggiunti non è fondata.

C.1. – Con il primo motivo il ricorrente sostiene che il Comune non avrebbe alcun potere di vigilanza e controllo sull’attività edilizia nel porto di Presidiana di Cefalù, in quanto esclusivamente di competenza dell’Assessorato Territorio e Ambiente della Regione Siciliana; con conseguente diritto, di cui chiede la declaratoria, alla libera realizzazione del centro velico.

La prospettazione non può essere accolta.

Con riferimento al rapporto tra la pianificazione urbanistica generale e il piano regolatore portuale – in atto, pacificamente non adottato dal competente Assessorato regionale – è stato rilevato che:

- “…Fino al 1967, le aree portuali − così come ogni area ricadente nel demanio marittimo appartenente allo Stato – non erano soggette alle prescrizioni del piano regolatore comunale.

Soltanto a partire dalla legge ponte n. 765 del 1967, il Comune ha assunto la competenza pianificatoria anche in relazione alle aree portuali (come si ricava dalla modifica apportata all’art. 31, comma 2, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, secondo cui: «[p]er le opere da eseguire su terreni demaniali, compreso il demanio marittimo, ad eccezione delle opere destinate alla difesa nazionale, compete all’Amministrazione dei lavori pubblici, d’intesa con le Amministrazioni interessate e sentito il Comune, accertare che le opere stesse non siano in contrasto con le prescrizioni del piano regolatore generale o del regolamento edilizio vigente nel territorio comunale in cui esse ricadono»).

(…omissis…)

Nella predetta fase storica, i piani portuali contemplati dalla legislazione di settore allora vigente ‒ in particolare la legge 20 agosto 1921, n. 1177 (recante provvedimenti contro la disoccupazione) e la legge 3 novembre 1961, n. 1246 (Norme relative ai piani regolatori dei porti di 2ª e 3ª classe della seconda categoria) ‒ costituivano soltanto strumenti di programmazione delle infrastrutture strumentali allo svolgimento delle attività del porto, erano cioè piani di “opere”.

La successiva assunzione da parte delle Regioni del potere di approvazione dei piani regolatori generali adottati dai comuni, ha fatto sorgere l’esigenza di introdurre un nuovo dispositivo di composizione degli interessi statuali e locali, esigenza alla quale ha cercato di rispondere la legge n. 84 del 1994, attraverso la creazione di Piani Regolatori Portuali di nuovo conio.

Le Autorità portuali ‒ accanto alle funzioni di regolazione dei servizi portuali, prima gestiti in forma di monopolio pubblico, e ora, con la legge del 1994, aperti all’iniziativa economica privata ‒ adottano ora un Piano Regolatore Portuale, avente lo scopo di delimitare «l’assetto complessivo del porto, ivi comprese le aree destinate alla produzione industriale, all’attività cantieristica e alle infrastrutture stradali e ferroviarie», delineandone «le caratteristiche e la destinazione funzionale», atteggiandosi a strumento di pianificazione territoriale, per quanto limitato all’area portuale…” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 28 dicembre 2020 n. 8356);

- Il PRP è definito, infatti, "piano territoriale di rilevanza statale che rappresenta l'unico strumento di pianificazione e di governo del territorio nel proprio perimetro di competenza" (art. 4, comma 1-septies, lettera b, del D.L. n. 121 del 2021 nella parte in cui riformula l'art. 5, comma 2-ter, della L. n. 84 del 1994), e nella pianificazione di tale perimetro (aree portuali e retro-portuali) ha "esclusiva competenza" l'Autorità di sistema (art. 4, comma 1-septies, lettera a, del D.L. n. 121 del 2021, come convertito, nella parte in cui riformula l'art. 5, comma 1-quinquies, della L. n. 84 del 1994 primo periodo), che come detto, acquisisce il solo parere di regione e comune sulla coerenza con la pianificazione delle aree contigue…” (v. Corte Costituzionale, sentenza 26 gennaio 2023, n. 6);

(…omissis…)

Le novellate disposizioni prevedono che "la pianificazione delle aree portuali e retro-portuali è competenza esclusiva dell'Autorità di sistema portuale" (art. 5, comma 1-quinquies), che "Il PRP è un piano territoriale di rilevanza statale e rappresenta l'unico strumento di pianificazione e di governo del territorio nel proprio perimetro di competenza" (art. 5, comma 2-ter) e che la valutazione consultiva regionale e comunale su di esso sia di mera coerenza con le previsioni degli strumenti urbanistici (per le sole aree di cerniera tra il porto e la città) (art. 5, comma 2-bis, lettera b).

Esse, tanto singolarmente quanto nel loro complesso, effettivamente, assegnano preminenza al PRP nel suo rapporto con i piani urbanistici generali.

Ciò, peraltro, non fa che riportare il piano regolatore portuale al generale principio urbanistico della prevalenza dei piani settoriali, quali piani funzionalmente finalizzati, su quelli generali. Il PRP, infatti, deve dare speciale disciplina al territorio portuale in quanto preordinato alla tutela dello specifico interesse pubblico al corretto svolgimento e allo sviluppo del traffico marittimo nazionale e internazionale.

Il legislatore con le disposizioni impugnate ha, quindi, corretto l'originaria distonia della previgente subordinazione del piano regolatore portuale al piano regolatore generale, in coerenza con quanto già ritenuto da questa Corte con la sentenza n. 408 del 1995, secondo cui la regola della prevalenza dei piani settoriali è principio fondamentale della materia urbanistica; e tale assunto va ora confermato anche con riferimento alla materia "porti ... civili"… (cfr. Corte Cost. n. 6/2023 cit.).

Emerge quindi dalla normativa statale, come da ultimo modificata, una indubbia prevalenza del Piano Regolatore Portuale, quale piano settoriale, sulla pianificazione generale, ma naturalmente se esistente; diversamente – e in assenza della pianificazione di settore – deve trovare applicazione la regolazione generale dell’ente locale.

Deve d’altro canto osservarsi che l’alternativa – alla quale parte ricorrente intenderebbe accedere – si sostanzierebbe nell’assenza di regolamentazione, in un vuoto di disciplina afferente l’uso del territorio, pur in presenza di un P.R.G. vigente, senza neppure parametri edilizi ai quali fare riferimento per l’esplicazione dell’attività privata.

Per quanto attiene, poi, all’obbligatorietà del permesso di costruire (già licenza edilizia) anche sulle aree demaniali (in genere), va richiamato l’art. 8 del d.P.R. n. 380/2001, in ordine al cui contenuto è stato osservato che “…per effetto della c.d. “legge ponte”, non solo in tutto il territorio di ogni Comune è stato introdotto l’obbligo di costruire esclusivamente in forza di un titolo edilizio all’epoca denominato “licenza edilizia” e rilasciato dal Sindaco ovvero dall’assessore da lui delegato, ma con il nuovo terzo comma di tale articolo è stato altrettanto inequivocabilmente disposto che “per le opere da costruirsi da privati su aree demaniali deve essere richiesta sempre la licenza del sindaco”.

Tale ultima disposizione è stata da ultimo inserita anche all’art. 8 del t.u. approvato con d.P.R. n. 380 del 2001, coordinandola nel suo contenuto con l’attuale contesto ordinamentale della materia.

In tal modo, quindi, anche le costruzioni realizzate nel demanio marittimo sono stato incluse nell’ambito delle funzioni amministrative in materia di edilizia esercitate dalle amministrazioni comunali, e in conseguenza di ciò chi intende ivi realizzare costruzioni deve munirsi sia del competente titolo edilizio rilasciato dall’Amministrazione comunale, sia della concomitante autorizzazione rilasciata, a’ sensi dell’art. 54 c.n., dall’Autorità preposta alla gestione del demanio marittimo, la quale valuta in tal senso la compatibilità dell’opera che il privato intende realizzare rispetto alle necessità dell’uso pubblico del mare.

(omissis)

…in dipendenza di tutto quanto sopra la giurisprudenza ha già da tempo avuto modo di evidenziare che “la necessità dell’apposito titolo edilizio per le opere da eseguirsi dai privati su aree demaniali era ed è espressamente prevista dall'art. 8, d.P.R. n. 380 del 2001 (riproducente il contenuto dell’art. 31, comma 3, della l. n. 1150 del 1942, nel testo sostituito dall’art. 10 della l. n. 765 del 1967, nonché implicitamente riconosciuta dall’art. 55, comma 4, codice della navigazione (nella parte richiamante i piani regolatori comunali in materia di nuove opere in prossimità del demanio marittimo). Per la realizzazione di opere sul demanio marittimo occorre l’autorizzazione prevista dall'art. 54, cod. nav., anche dopo la delega alle Regioni in materia di demanio marittimo ed il trasferimento ai comuni delle competenze per il rilascio di concessioni demaniali, atteso che tale trasferimento di competenze non ha fatto venir meno la necessità di apposita e specifica autorizzazione, che concorre con la concessione edilizia, sussistendo due diverse finalità di tutela: la riserva all'ente locale del governo e dello sviluppo del territorio in materia di edilizia relativamente alla concessione ad edificare, la salvaguardia degli interessi pubblici connessi al demanio marittimo per quanto attiene all’autorizzazione demaniale”…” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. II, 8 maggio 2020, n. 2906, richiamata da T.A.R. Sicilia, Sez. II, 21 marzo 2023, n. 900; Cass. pen., Sez. III, 4 febbraio 2014, n. 5461).

Applicando i su esposti principi al caso in esame, deve osservarsi che l’area in interesse è contemplata solo dal vigente P.R.G., in quanto è incontestato che per il Porto di Presidiana non vi sia un Piano Regolatore Portuale; sicché, in assenza di una pianificazione di settore dell’area, l’unica disciplina di riferimento è il P.R.G. del Comune – espressione di un permanente e concomitante potere-dovere di governo e uso del territorio – il quale non prevede in quell’area alcuna possibilità di svolgere attività edilizia.

D’altro canto, i due poteri perseguono due diverse finalità di tutela: l’uno, quello dell’ente locale, appunto di governo e uso ordinato del territorio; l’altro, quello dell’autorità portuale, di tutela di interessi pubblici connessi al demanio marittimo (portuale).

Pertanto – fermo il persistente potere-dovere dell’ente locale di esercitare un controllo sull’attività edilizia, anche in area demaniale – la prospettazione del ricorrente, secondo cui in assenza del P.R.P. l’attività del privato sarebbe completamente libera, finisce per provare troppo, e si pone in distonia con il perdurante potere generale dell’ente locale, di governo e uso del territorio, al quale è inevitabilmente connesso il potere-dovere di inibire eventuali attività non coerenti (o non previste) con la pianificazione urbanistica di livello comunale.

Peraltro, contrariamente a quanto adombrato dal ricorrente in ordine alla non irreversibile trasformazione dei luoghi, le caratteristiche costruttive della struttura da realizzare impongono la richiesta di permesso di costruire (centro velico, con annessi servizi di ristorazione, servizi igienici, docce-spogliatoi: v. relazione tecnica e la concessione demaniale); inoltre – sebbene dalla domanda di permesso di costruire si evinca la realizzazione di una costruzione precaria e smontabile – la stessa occuperebbe pur sempre mq 100, e sarebbe costituita da una struttura portante, poggiata sul battuto di terra esistente senza l’ausilio di cemento, con travi e pilastri di legno lamellare ancorati tra di loro alla sottostante base di fondazione in acciaio, con staffe metalliche, perni passanti e bulloni.

Per quanto attiene alle caratteristiche del manufatto “precario”, è stato osservato che “…tale carattere non possa ravvisarsi in quelle opere che sono destinate a soddisfare "esigenze prolungate nel tempo" (CGA sentenza 547/13), atteso che la precarietà di un opera non deriva dalla sua più o meno agevole rimovibilità, ma da un canto dalla sua destinazione oggettiva e originaria a sopperire a una necessità contingente e temporanea al cui esaurimento la costruzione debba essere rimossa e dall'altro dalle ridotte dimensioni e dalle caratteristiche costruttive del manufatto…” (cfr. C.G.A. Sez. giurisd., 4 aprile 2018, n. 195).

Pertanto, il primo motivo non può trovare accoglimento.

C.2. – Anche il secondo motivo non è fondato.

Deve premettersi che sulla tematica del silenzio assenso:

- “…Per pacifica giurisprudenza, ricordata anche dal Giudice di I grado, il silenzio assenso su una domanda di permesso di costruire richiede infatti per formarsi non solo il decorso del termine previsto dalla legge senza che la domanda sia presa in considerazione, ma anche la cd. conformità urbanistica, ovvero la contestuale presenza di tutte le condizioni, i requisiti e i presupposti richiesti dalla legge per conseguire il bene della vita richiesto, ovvero per il rilascio del titolo edilizio di interesse: così per tutte C.d.S. sez. VI 8 settembre 2021 n.6235 e sez. IV 7 gennaio 2019 n.113…” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 1° settembre 2022, n. 7631, conforme a Consiglio di Stato, Sez. VI, 8 settembre 2021, n. 6235);

- “…Il silenzio assenso, di cui all'art. 20 del d.p.r. n. 380/2001, costituisce uno strumento di semplificazione amministrativa e non di liberalizzazione, con la conseguenza che la formazione del titolo abilitativo per silentium non si perfeziona con il mero decorrere del tempo, ma richiede la contestuale presenza di tutte le condizioni, i requisiti e i presupposti richiesti dalla legge per l'attribuzione del bene della vita richiesto, di modo che esso non si configura, ad esempio, in difetto di completezza della documentazione occorrente (Consiglio di Stato, sez. VI, 08/09/2021, n. 6235).

(…omissis…)

Come ribadito anche da Consiglio di Stato, sez. VI, 14/10/2015, n. 4749, il silenzio-assenso in materia edilizia rappresenta un caso di silenzio-accoglimento e trova applicazione allorquando la domanda di concessione o di autorizzazione edilizia sia conforme alla disciplina legislativa di base, per cui il relativo provvedimento positivo costituisce atto dovuto.

Occorre che si verifichino tutte le condizioni perché si possa prefigurare la nozione di atto dovuto…” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 9 giugno 2022, n. 4690).

Applicando i su esposti principi al caso in esame, osserva il Collegio che il Consiglio di Stato nella decisione menzionata dal ricorrente (sentenza n. 5746/2022) ha comunque escluso la formazione del silenzio assenso, in quanto ha ritenuto sussistere un’ipotesi di inconfigurabilità giuridica dell’istanza.

Nel caso di specie – anche a volere aderire a tale precedente – viene comunque in rilievo un’istanza di permesso di costruire in cui manca l’asseverazione di conformità del progetto allo strumento urbanistico comunale, obbligatoriamente prevista dall’art. 20 del d.P.R. 380/2001; tanto ciò è vero che il Comune, con lo stesso provvedimento di diniego, ha invitato il ricorrente a presentare una domanda di variante ordinaria allo strumento urbanistico ai sensi dell’art. 10 della l.r. n. 19/2020, stante l’assenza di normazione urbanistica in quella porzione di area.

Pertanto, muovendo dalla premessa per cui persiste il controllo dell’ente locale sull’attività edilizia anche nell’area portuale (non regolamentata dal PRP), non sussiste alcun residuo spazio neppure per la formazione del silenzio assenso.

C.3. – Per quanto finora esposto e rilevato, non può trovare accoglimento neppure la censura di violazione dell’art. 10 bis della l. n. 241/1990 – dedotta con il terzo motivo – in quanto, a fronte di un atto vincolato, non sussiste l’onere del preavviso di rigetto.

D. – Conclusivamente, il ricorso per motivi aggiunti, per quanto attiene all’azione di annullamento e di accertamento, in quanto infondato deve essere rigettato, con salvezza del provvedimento impugnato.

E. – Resta da esaminare la domanda risarcitoria, la quale non può trovare accoglimento.

La reiezione della domanda di annullamento esclude, in primo luogo, la sussistenza di uno degli elementi costitutivi della responsabilità aquiliana (id est: il fatto illecito costituito da una condotta antigiuridica della P.A., rappresentata dall’attività amministrativa illegittima).

Per quanto attiene al danno da ritardo, secondo la consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato:

- accanto agli elementi costituiti della responsabilità aquiliana, “…la giurisprudenza richiede anche (sulla scia della nota pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione, n. 500 del 1999) la verifica della spettanza del bene della vita che il privato intende acquisire alla propria sfera giuridica attraverso l'esercizio del potere e l'emanazione del provvedimento amministrativo richiesto.

10.6. Nel caso di specie, come è emerso nell'esame delle censure sollevate nei confronti dei provvedimenti del Comune, manca l'accertamento della spettanza del bene della vita, con la conseguenza che il danno lamentato dalle appellanti non è risarcibile…” ( Cons. Stato Sez. V, 07-03-2023, n. 2366);

- “…in materia di tutela risarcitoria del danno ingiusto derivante all'interesse pretensivo del privato dal mancato (o intempestivo) esercizio dell'attività amministrativa, il risarcimento non può prescindere dalla valutazione della spettanza del bene della vita richiesto inizialmente dall'interessato, atteso che è soltanto la lesione sostanziale di quest'ultimo che qualifica in termini di ingiustizia (rendendolo conseguentemente risarcibile) il danno derivante dal provvedimento illegittimo e colpevole dell'amministrazione o dalla sua colpevole inerzia ai sensi dell'art. 2 bis della L. n. 241 del 1990; pertanto, l'ingiustizia del danno e, quindi, la sua risarcibilità per il ritardo dell'azione amministrativa sono configurabili solo ove il provvedimento favorevole sia stato legittimamente adottato, sia pure in ritardo, dall'autorità competente, ovvero avrebbe dovuto essere adottato, sulla base di un giudizio prognostico concreto (cfr. ex multis, Cons. Stato, Sezione IV, 12 luglio 2018, n. 4260)…” (Cons. Stato Sez. IV, 24-01-2023, n. 769).

Nel caso in esame, come è emerso dallo scrutinio delle censure mosse nei confronti del diniego, manca l’accertamento della spettanza del bene della vita, con la conseguenza che non è risarcibile alcun danno da ritardo.

F. – Conclusivamente, sul ricorso in esame vanno adottate le seguenti statuizioni:

- il ricorso introduttivo, quanto all’azione avverso il silenzio, è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse;

- il ricorso per motivi aggiunti, in quanto infondato, deve essere rigettato, per quanto attiene alle azioni di annullamento e di accertamento;

- la domanda risarcitoria, promossa con entrambi i gravami, in quanto complessivamente infondata, deve essere rigettata;

- le spese di giudizio possono eccezionalmente essere compensate tra le parti, tenuto conto dell’andamento della fase cautelare.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

- quanto all’azione avverso il silenzio, dichiara improcedibile il ricorso introduttivo per sopravvenuta carenza di interesse;

- per quanto attiene alle azioni di annullamento e di accertamento, rigetta il ricorso per motivi aggiunti;

- rigetta la domanda risarcitoria promossa con entrambi i ricorsi;

- compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 4 luglio 2023 con l'intervento dei magistrati:

Salvatore Veneziano, Presidente

Maria Cappellano, Consigliere, Estensore

Francesco Mulieri, Consigliere

 

 

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

Maria Cappellano

Salvatore Veneziano

IL SEGRETARIO

Pubblicato in: Urbanistica » Giurisprudenza

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