Art. 42 bis - prime pronunce 2018
Pubblico
Giovedì, 11 Gennaio, 2018 - 12:56
Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, (Sezione Quinta), sentenza n. 129 del 9 gennaio 2018, sull'art.42-bis TUE
LA MASSIMA
A nulla rileva che gli atti ablativi siano delegati dall'amministrazione espropriante alla stessa impresa appaltatrice, incaricata della realizzazione dell'opera pubblica, posto che la sua attività a rilevanza esterna si esaurisce nel compimento, in nome e per conto del soggetto delegante, degli atti necessari a conseguire il provvedimento ablatorio (materiale occupazione del fondo, offerta della indennità, eventuale anticipazione delle somma) che risulta, perciò, riferibile all'ente beneficiario della espropriazione (cfr., per tutte, Cassazione civile, sez. I, 20 maggio 2016, n. 10530; Cassazione civile, sez. III, 16 ottobre 2008, n. 25268).
definitivamente espunto dall’ordinamento giuridico l’istituto dell’occupazione acquisitiva, di origine giurisprudenziale, secondo il quale si ipotizzava in caso di irreversibile trasformazione un acquisto a titolo originario della proprietà del fondo in capo all’Amministrazione occupante. La C.E.D.U., già nel 2000, ha, infatti, affermato che l'acquisto della proprietà per effetto di attività illecita viola l'art. 1 del Protocollo aggiuntivo della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo. L'ordinamento giuridico non consente, pertanto, che un’Amministrazione pubblica, mediante un atto illecito o in assenza di un atto ablatorio, acquisti a titolo originario la proprietà di un'area altrui sulla quale sia stata realizzata un'opera pubblica o d’interesse pubblico.
LA SENTENZA
N. 00126/2018 REG.PROV.COLL.
N. 06500/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6500 del 2011, proposto da:
Omissis rappresentata e difesa dall'avvocato Francesco Maria Caianiello, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso in Napoli, al viale Gramsci, 19;
contro
Provincia di Caserta, in persona del Presidente, legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Angelina Affinito, con il quale è domiciliata in Napoli, presso la Segreteria del T.A.R., in piazza Municipio, 64;
nei confronti di
Eurostrade s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Stellato e Steve Fucci, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Roberto De Fusco in Napoli, alla via dei Fiorentini, 21;
per l'accertamento
dell’illegittimità dell'occupazione dell'area di proprietà della ricorrente, sita nel Comune di Alife ed individuata in dettaglio nell’atto introduttivo del giudizio, oggetto del decreto dirigenziale di occupazione temporanea n. 6900 del 22.6.2006, utilizzata per i lavori di ammodernamento della strada provinciale Piedimonte – Ponte dei Briganti – Villa Ortensia;
e per la condanna dell’Amministrazione Provinciale di Caserta e/o del soggetto ritenuto obbligato alla restituzione del bene e/o al risarcimento del danno per equivalente monetario, ivi compreso il deprezzamento del valore del fondo residuo e l’indennità ex art. 37, comma 9, del D.P.R. n. 327/2001.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Caserta e di Eurostrade s.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 novembre 2017 il dott. Pierluigi Russo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
omissis. ha esposto di essere proprietaria di un suolo sito in Alife (CE), individuato in catasto al foglio 47, particella 124, occupato in parte (per mq. 1281 di complessivi mq. 5426) dalla Provincia di Caserta, in attuazione del decreto dirigenziale datato 22 giugno 2006 (con immissione in possesso il successivo 6 settembre 2006), per l’esecuzione di lavori di ammodernamento della strada provinciale Piedimonte – Ponte dei Briganti – Villa Ortensia.
Lamentando che il procedimento ablatorio non si è mai concluso con l’emissione di un formale decreto di esproprio (né nel previsto termine quinquennale né successivamente, fino all’attualità) o di altro atto traslativo della proprietà, l’instante ha innanzitutto chiesto la declaratoria dell’illegittimità della procedura espropriativa, con conseguente condanna della Provincia di Caserta e/o del soggetto ritenuto obbligato alla restituzione dell’immobile, ancorché sullo stesso sia ormai stata realizzata l’opera viaria. Considerato che l’occupazione del terreno – poi frazionato dalla stessa Amministrazione provinciale nelle particelle n. 5107 (di are 41,45) e n. 5108 (di are 12,81) – si sarebbe protratta oltre il termine di efficacia previsto dalla delibera del 4 febbraio 2004 con cui la Giunta provinciale ha approvato il progetto definitivo dell’opera, avente valore di dichiarazione di pubblica utilità, l’instante ha agito in giudizio per ottenere anche la condanna della stessa amministrazione alla corresponsione della indennità per il periodo di occupazione illegittima nonché al risarcimento di tutti i danni subiti per effetto dell’illegittima ablazione del bene di proprietà, ivi compreso il deprezzamento del valore del fondo residuo e l’indennità ex art. 37, comma 9, del D.P.R. n. 327/2001.
Nel costituirsi, omissis evocata in giudizio quale soggetto esecutore della procedura, ha preliminarmente eccepito sia il difetto di legittimazione attiva della ricorrente, avendo la stessa acquistato il suolo di cui è causa solo in data 3 gennaio 2008, sia il proprio difetto di legittimazione passiva, considerato che l’ente espropriante andrebbe individuato unicamente nella Provincia di Caserta. Sì è costituita in resistenza anche quest’ultima Amministrazione, rilevando anch’essa in via pregiudiziale la propria carenza di legittimazione passiva in quanto, con l’atto di affidamento dei lavori ad omissis (del 13 aprile 2006), la ditta appaltatrice sarebbe stata anche incaricata della attuazione della procedura espropriativa.
Nel merito entrambe le parti resistenti hanno concluso con richiesta di reiezione delle domande attoree.
Con successiva memoria la ricorrente ha replicato alle argomentazioni avversarie, ribadendo per il resto le censure già dedotte.
All’udienza pubblica del 21 novembre 2017 la causa è stata chiamata e quindi trattenuta per la decisione, come da verbale.
DIRITTO
1. In via preliminare va rigettata l’eccezione di carenza di legittimazione attiva in capo all’odierna ricorrente avendo la stessa esibito in giudizio l’atto di compravendita stipulato in data 3 gennaio 2008 (per notar Vincenzo Di Caprio, rep. n. 187.687, registrato il 6 gennaio 2008 al n. 111), con il quale ha acquistato la proprietà dell’immobile, subentrando così al dante causa in tutti i rapporti inerenti la procedura ablatoria, della quale è peraltro fatto espresso riferimento nel contratto (ivi è menzionato, in particolare, il decreto di occupazione temporanea d’urgenza del 22 giugno 2006).
2. Sempre in via pregiudiziale vanno esaminate le eccezioni di difetto di legittimazione passiva opposte da entrambi i soggetti evocati in giudizio ossia la Provincia di Caserta e la società Eurostrade.
Quanto alla prima, alcun dubbio sussiste in ordine alla sua individuazione quale parte necessaria del rapporto processuale instaurato con l’odierno ricorso atteso che, oltre ad aver promosso l’intervento, approvato il progetto ed emesso il decreto dirigenziale di occupazione d’urgenza, l’Amministrazione provinciale è chiaramente qualificata negli stessi atti come “Ente espropriante”, come tale competente ad adottare il provvedimento finale della procedura, ed assume anche la veste di “autorità che utilizza il bene”, venendo in rilievo lavori di ammodernamento di una strada provinciale, con conseguente titolarità anche della potestà prevista dall'art. 42 bis del d.P.R. n. 327 del 2001.
Le considerazioni che precedono, circa l’individuazione della Provincia di Caserta anche come soggetto beneficiario della procedura ablatoria, comporta l’accoglimento della speculare eccezione mossa dalla ditta appaltatrice, non emergendo dagli atti che ad Eurostrade s.n.c. sia stato conferito il potere e il compito di procedere alla acquisizione delle aree occorrenti e di promuovere e curare direttamente, agendo in nome proprio, le necessarie procedure espropriative e addossati i relativi oneri. In ogni altro caso, a nulla rileva che gli atti ablativi siano delegati dall'amministrazione espropriante alla stessa impresa appaltatrice, incaricata della realizzazione dell'opera pubblica, posto che la sua attività a rilevanza esterna si esaurisce nel compimento, in nome e per conto del soggetto delegante, degli atti necessari a conseguire il provvedimento ablatorio (materiale occupazione del fondo, offerta della indennità, eventuale anticipazione delle somma) che risulta, perciò, riferibile all'ente beneficiario della espropriazione (cfr., per tutte, Cassazione civile, sez. I, 20 maggio 2016, n. 10530; Cassazione civile, sez. III, 16 ottobre 2008, n. 25268).
Alla stregua di quanto sopra va disposta l’estromissione dal giudizio della società Eurostrade.
3. Nel merito il ricorso è fondato.
3.1. In punto di fatto non è contestato che l’immissione dell’amministrazione nel possesso del bene immobile in questione, in esecuzione del decreto dirigenziale del 22 giugno 2006, è avvenuta in data 6 settembre 2006, come da verbale di consistenza versato in giudizio. E’ poi conclamato che l’occupazione del suolo perdura nell’attualità, atteso che sullo stesso (ora identificato in catasto con la particella n. 5108 di are 12,81, derivante dal frazionamento dell’originaria particella n. 124 di maggiore estensione) è stata realizzata ed è in uso l’opera viaria programmata, come emerge peraltro dall’acclusa relazione del direttore dei lavori prodotta dalla Provincia di Caserta.
3.2. Ciò posto, può essere ora esaminata l’articolata censura con cui la ricorrente ha chiesto l'accertamento dell’illegittimità dell’occupazione del suolo di proprietà, per violazione dell’art. 13 del d.P.R. n. 327 del 2001, perché protrattasi sine titulo per la mancata adozione di un formale provvedimento di esproprio entro il termine quinquennale decorrente dall’approvazione del progetto definitivo dell’opera, con la delibera di G.P. del 4 febbraio 2004, avente valore di dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori.
La doglianza è fondata.
Al riguardo, va rammentato che, ai sensi del comma 6 dell’art. 22 bis del T.U. espropri, “Il decreto che dispone l'occupazione ai sensi del comma 1 perde efficacia qualora non venga emanato il decreto di esproprio nel termine di cui all' articolo 13”, che, ai commi 3 e 4, così testualmente recita: “Nel provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera può essere stabilito il termine entro il quale il decreto di esproprio va emanato.
Se manca l'espressa determinazione del termine di cui al comma 3, il decreto di esproprio può essere emanato entro il termine di cinque anni, decorrente dalla data in cui diventa efficace l'atto che dichiara la pubblica utilità dell'opera”.
Orbene, nel caso di specie, come si è già anticipato, l’immissione nel possesso, avvenuta in data 6 settembre 2006, perdura sine titulo fino all’attualità, atteso che la procedura ablatoria non si è mai perfezionata con l’emissione di un provvedimento formale di esproprio né si è chiusa con altro, eventuale fatto o atto idoneo a trasferire la proprietà del bene in capo all'Amministrazione, quale la cessione volontaria o il provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42 bis, d.P.R. n. 327 del 2001. Osserva il Collegio che la mancata emanazione del decreto di esproprio nel termine quinquennale ha comportato, oltre alla decadenza dell’originaria dichiarazione di pubblica utilità, anche la perdita di efficacia del decreto di occupazione d’urgenza e del vincolo preordinato all'esproprio.
4. Deve pertanto innanzitutto statuirsi che la ricorrente è restata proprietaria dell’area.
Al riguardo va, infatti, reputato come definitivamente espunto dall’ordinamento giuridico l’istituto dell’occupazione acquisitiva, di origine giurisprudenziale, secondo il quale si ipotizzava in caso di irreversibile trasformazione un acquisto a titolo originario della proprietà del fondo in capo all’Amministrazione occupante. La C.E.D.U., già nel 2000, ha, infatti, affermato che l'acquisto della proprietà per effetto di attività illecita viola l'art. 1 del Protocollo aggiuntivo della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo. L'ordinamento giuridico non consente, pertanto, che un’Amministrazione pubblica, mediante un atto illecito o in assenza di un atto ablatorio, acquisti a titolo originario la proprietà di un'area altrui sulla quale sia stata realizzata un'opera pubblica o d’interesse pubblico.
5. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, in accoglimento delle prime due domande attoree, va dichiarata la illegittimità occupazione del suindicato fondo di proprietà della ricorrente, a partire dalla data del 4 febbraio 2009 e fino all’attualità, e va conseguentemente condannata la Provincia di Caserta alla restituzione del suolo alla stessa, previa riduzione in pristino.
6. Va fatta salva, tuttavia, la facoltà della “autorità che utilizza il bene” di ripristinare la legalità avvalendosi dell'art. 42 - bis del d.P.R. n. 327 del 2001, adeguando la situazione di fatto a quella di diritto e facendo venir meno la situazione di occupazione “sine titulo” dell’immobile, mediante l’adozione di un provvedimento di acquisizione sanante, nel rispetto delle prescrizioni stabilite dalla norma (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 15 settembre 2014, n. 4696; 26 agosto 2015, n. 4014; T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 7 luglio 2015, n. 3628). Fermo restando che la valutazione comparativa degli interessi in gioco e la conseguente decisione in ordine all'acquisizione o alla restituzione del bene rimane nella sfera di discrezionalità dell'Amministrazione (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 16 marzo 2012, n. 1514), va precisato che l’esercizio della potestà pubblicistica di cui all'art. 42 - bis del d.P.R. n. 327 del 2001 deve essere condotto alla stregua delle conclusioni cui è pervenuta la più autorevole giurisprudenza (cfr. Corte Costituzionale, sentenza n. 71 del 2015, Sezioni Unite della Corte di Cassazione, n. 735 del 19 gennaio 2015 e n. 22096 del 29 ottobre 2015, Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 2 del 9 febbraio 2016), condivisa dal Collegio. In particolare, nell’ultima pronuncia appena citata, si è osservato che l’art. 42 bis configura un “procedimento ablatorio sui generis” il cui scopo non è quello di sanatoria di un precedente illecito perpetrato dall’Amministrazione (perché altrimenti integrerebbe una espropriazione indiretta per ciò solo vietata), bensì quello “autonomo, rispetto alle ragioni che hanno ispirato la pregressa occupazione contra ius, consistente nella soddisfazione di imperiose esigenze pubbliche, redimibili esclusivamente attraverso il mantenimento e la gestione di qualsiasi opera dell’infrastruttura realizzata sine titulo”. In linea con la natura eccezionale dell’istituto si è pertanto sottolineato che un tale obbiettivo istituzionale “deve emergere necessariamente da un percorso motivazionale – rafforzato, stringente e assistito da garanzie partecipativo rigorose – basato sull’emersione di ragioni attuali ed eccezionali che dimostrino in modo chiaro che l’apprensione coattiva si pone come extrema ratio (perché non sono ragionevolmente praticabili soluzioni alternative e che tale assenza di alternative non può mai consistere nella generica >) […]”.
Giova rammentare che, ai sensi del ripetuto art. 42 bis, l’acquisizione sanante comporta il passaggio del diritto di proprietà sotto condizione sospensiva del pagamento delle somme dovute a titolo di:
a) danno patrimoniale, da determinarsi nella misura del valore venale dell’area alla data di emissione del provvedimento di acquisizione sanante;
b) danno non patrimoniale (nella misura del 10% del valore venale dell’area occupata);
c) danno da occupazione illegittima (da quantificarsi nella misura del 5% annuo del valore venale delle aree occupate), dall’inizio del periodo di occupazione illegittima fino a quella di adozione del provvedimento traslativo.
7. Da quanto fin qui osservato discende l’accoglimento anche della domanda risarcitoria, con condanna dell’Amministrazione provinciale di Caserta a corrispondere il risarcimento del danno per il periodo di illegittima protrazione dell’occupazione del suolo.
7.1. Con riguardo alla liquidazione del danno spettante alla parte ricorrente, il Collegio ritiene di pronunciare sentenza di condanna ai sensi dell’art. 34, comma 4, c.p.a., a tale scopo stabilendo i seguenti criteri generali per la liquidazione:
a) l’amministrazione soccombente dovrà proporre alla parte ricorrente, entro il termine di 60 giorni dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notificazione della presente sentenza, il pagamento delle somme dovute per il periodo di occupazioneillegittima;
b) tale danno può quantificarsi, con valutazione equitativa ex artt. 2056 e 1226 c.c., nell'interesse del cinque per cento annuo sul valore venale del bene, in linea con il parametro fatto proprio dal legislatore con il cit. art. 42-bis, comma 3, d.P.R. n. 327 del 2001, suscettibile di applicazione analogica in quanto espressione di un principio generale (cfr. T.A.R. Toscana, Firenze, sez. III, 29.11.2013, n. 1655; T.A.R. Basilicata, Potenza, sez. I, 7.03.2014, n. 182);
c) una volta stabilito il valore venale del bene, l’ente resistente è dunque tenuto a computare gli interessi nella misura del 5% per ogni anno di occupazione illegittima, fino alla data del 21 novembre 2017 (ossia dell’udienza di discussione della causa in oggetto).
7.2. Non sono suscettibili di accoglimento, invece, le altre voci di danno indicate dalla ricorrente.
Quanto al presunto deprezzamento del valore del fondo residuo, trattasi di pretesa dedotta in via generica e priva di concreta prova, che pertanto non può trovare favorevole considerazione.
Quanto all’indennizzo di cui all’art. 37, comma 9, del T.U. n. 327/2001 – secondo cui “Qualora l'area edificabile sia utilizzata a scopi agricoli, spetta al proprietario coltivatore diretto anche una indennità pari al valore agricolo medio corrispondente al tipo di coltura effettivamente praticato. La stessa indennità spetta al fittavolo, al mezzadro o al compartecipante che, per effetto della procedura, sia costretto ad abbandonare in tutto o in parte il fondo direttamente coltivato, da almeno un anno, col lavoro proprio e di quello dei familiari” – osserva il Collegio che trattasi di previsione riguardante la determinazione dell’indennità di esproprio, che non può, con tutta evidenza, essere cumulata al risarcimento del danno, che va pertanto liquidato nei termini sopra precisati.
8. Le spese di giudizio, come di regola, seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Il contributo unificato segue anch’esso per legge la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, previa estromissione di Eurostrade s.r.l., lo accoglie nei limiti sopra precisati e, per l’effetto, così statuisce:
a) accerta l’illegittimità dell’occupazione del fondo di proprietà della ricorrente a partire dalla perdita di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità e fino all’attualità, nei termini precisati in motivazione;
b) fatta salva l’adozione del provvedimento di acquisizione sanante di cui all'art. 42 bis del T.U. 327/2001, ordina alla Provincia di Caserta di provvedere alla restituzione dello stesso alla parte ricorrente, previa riduzione in pristino;
c) condanna la stessa Amministrazione provinciale al risarcimento in favore della ricorrente del danno da occupazioneillegittima del predetto suolo, da quantificarsi, ai sensi dell’art. 34, comma 4, c.p.a., nella somma pari al 5% annuo del valore venale del bene illegittimamente detenuto, secondo i criteri sopra indicati;
d) condanna l’Amministrazione soccombente a rimborsare alla parte ricorrente le spese di giudizio, liquidate complessivamente in € 2.000,00 (duemila/00), oltre alla refusione del contributo unificato;
e) ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Manda alla Segreteria per la comunicazione della presente alle parti.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del 21 novembre 2017 con l'intervento dei magistrati:
Santino Scudeller, Presidente
Pierluigi Russo, Consigliere, Estensore
Gabriella Caprini, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Pierluigi Russo Santino Scudeller
IL SEGRETARIO