Alienare il patrimonio pubblico necessita di evidenza pubblica
Pubblico
Venerdì, 27 Novembre, 2015 - 01:00
Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, (Sezione Settima), sentenza n. 5456 del 24 novembre 2015, afferma la necessità di evidenza pubblica per la alienazione di immobili dalla PA
Afferma il TAR Campania che in base al principio posto dall’art. 41 del RD 827/1924 la trattativa privata costituisce modalità di alienazione ammissibile solo nei casi ivi espressamente previsti, casi tutti cui certamente non può ascriversi quello in esame nel quale si è alienato un terreno di proprietà comunale (cfr. Tar Liguria n. 380/2008).
In base all’art. 12, comma 2, della l. n. 127/1997 i Comuni e le Province possono procedere alle alienazioni del proprio patrimonio immobiliare anche in deroga alle norme sulla contabilità generale degli enti locali, fermi restando i principi generali dell'ordinamento giuridico-contabile e sempre che siano assicurati criteri di trasparenza e adeguate forme di pubblicità per acquisire e valutare concorrenti proposte di acquisto, da definire con regolamento dell'ente interessato.
N. 05456/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00915/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 915 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da: C.a,
rappresentato e difeso dall'avv. Alberto Vitale, con domicilio eletto presso l’avv. Messina in Napoli, viale Gramsci n. 19;
contro
Comune di Pimonte in persona del Sindaco p.t.,
rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Armenante, con domicilio eletto presso l’avv. Cervelli in Napoli, via M. Stanzione n.18;
per l'annullamento
della nota prot. 9497 del 22.11.10, recante comunicazione di indisponibilità alla stipula dell'atto di permuta di suoli di cui alla delibera consiliare n. 5/07;
della nota n. 10011 del 14.12.2010, recante comunicazione di avvio del procedimento finalizzato all’annullamento della prefata delibera consiliare.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pimonte;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2015 il dott. Luca De Gennaro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Con delibera consiliare n. 5 del 13.3.2007 il Comune di Pimonte ha deciso di procedere, tra l’altro, alla permuta di alcune aree di proprietà comunale, nella specie un’area di mq. 103 con altra di mq 80 di proprietà del sig., previa corresponsione di un conguaglio di 1.186,50 euro da parte del medesimo.
2.- A fronte della successiva richiesta del sig. Chierchia di dare seguito a tale delibera, il Comune - con nota del 22.11.2010 prot. del responsabile dell’ufficio Patrimonio - comunicava l’indisponibilità alla permuta rilevando sia profili di illegittimità della citata delibera n. 5/2007 che di inalienabilità del bene attesa la sua vicinanza al depuratore pubblico.
3.- Avverso la nota il sig. ha svolto con il ricorso in epigrafe le seguenti doglianze:
- violazione art. 97 Costituzione, art. 1 e 3 L. 241/1990, violazione art. 41 RD n. 827/1924, eccesso di potere, omessa valutazione, travisamento, difetto di motivazione e istruttoria.
4.- Con nota n. 10011 del 14.12.2010, recante comunicazione di avvio finalizzato all’annullamento della richiamata delibera consiliare n. 5/2007, gli Uffici comunali ha ribadito e sviluppato le ragioni che impediscono la cessione della detta area.
5.- 6.- Con motivi aggiunti, depositati il 7.4.2011, il sig. Chierchia ha esteso le censure proposte in via principale alla suddetta nota.
Si è costituito il Comune di Pimonte chiedendo che il ricorso sia rigettato.
7.- Con delibera consiliare n. 5 del 6.5.2011 la richiamata delibera n. 5/2007 è stata sospesa in attesa della definizione del presente giudizio.
8.- All’udienza del 22 ottobre 2015 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
9.- Il ricorso non merita accoglimento.
Dalla richiamata delibera consiliare 5/2011, che ha sospeso la delibera con cui era stata decisa la cessione dell’area comunale, risultano – non essendo oggetto di specifica contestazione da parte del ricorrente – le seguenti circostanze:
- il regolamento comunale sui contratti (art. 54) prevede che l’alienazione dei beni comunali avvenga con il sistema dell’asta pubblica;
- antecedentemente alla citata delibera 5/2007, è stata presentata per la stessa particella una proposta di acquisto da parte di altro soggetto “ad un prezzo uguale o maggiore”.
Fatte queste premesse, il Collegio rileva che in base al principio posto dall’art. 41 del RD 827/1924 la trattativa privata costituisce modalità di alienazione ammissibile solo nei casi ivi espressamente previsti, casi tutti cui certamente non può ascriversi quello in esame nel quale si è alienato un terreno di proprietà comunale (cfr. Tar Liguria n. 380/2008).
Nel caso di specie pertanto l'amministrazione avrebbe dovuto correttamente ricorrere ad un procedimento di evidenza pubblica tanto più che, come riferisce lo stesso Comune, alla stessa amministrazione comunale erano pervenute relativamente al terreno di cui trattasi altre istanze di acquisto da parte di diverso soggetto, istanze che avrebbero richiesto un confronto concorrenziale (cfr. per analogo indirizzo cfr. ex multis Cons. Stato 338/2012).
Lo stesso Regolamento comunale (art. 58 surrichiamato) del resto conferma la necessità dell’asta pubblica mentre l’art. 192 D.lgs. 267/2000 prescrive che la determina a contrarre sia preceduta dall’indicazione delle modalità di scelta del contraente ammesse dalle disposizioni vigenti in materia di contratti delle pubbliche amministrazioni.
A ciò si aggiunga che, in base all’art. 12, comma 2, della l. n. 127/1997 i Comuni e le Province possono procedere alle alienazioni del proprio patrimonio immobiliare anche in deroga alle norme sulla contabilità generale degli enti locali, fermi restando i principi generali dell'ordinamento giuridico-contabile e sempre che siano assicurati criteri di trasparenza e adeguate forme di pubblicità per acquisire e valutare concorrenti proposte di acquisto, da definire con regolamento dell'ente interessato.
Nella presente vicenda quindi la decisione di alienazione non appare in linea con i principi richiamati, stabiliti sia dalla legislazione nazionale che dalla regolamentazione locale, in quanto non risulta essere stata avviata alcuna procedura di evidenza pubblica con adeguata pubblicità da dare alla vendita del bene, al fine di garantire la massima trasparenza e imparzialità nella cessione del bene comunale.
Ne consegue che il diniego espresso dall’ufficio Patrimonio risulta giustificato dall’applicazione della normativa sopra richiamata.
Nel caso di specie, in presenza di atto plurimotivato, la fondatezza di una delle motivazioni è da sola idonea a sorreggerlo, con la conseguenza che alcun rilievo avrebbero le ulteriori censure volte a contestare gli ulteriori profili della motivazione in quanto il rigetto della doglianza volta a contestare una delle sue ragioni giustificatrici comporta la carenza di interesse della parte ricorrente all'esame delle ulteriori doglianze volte a contestare le altre ragioni giustificatrici.
In conclusione il ricorso viene respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima) pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio in favore dell'amministrazione intimata, liquidate in euro 1.500,00= oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Alessandro Pagano, Presidente
Arcangelo Monaciliuni, Consigliere
Luca De Gennaro, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/11/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)