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Necessaria impugnazione PU - Cons. Stato, sez. IV, sent. n. 3436 del 09.07.2015

Pubblico
Martedì, 28 Luglio, 2015 - 02:00

Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), sentenza n. 3436 del 9 luglio 2015, sulla necessità di impugnazone di PU
 
N. 03436/2015REG.PROV.COLL.
 
N. 09077/2014 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Consiglio di Stato
 
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
 
ha pronunciato la presente
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 9077 del 2014, proposto da: 
Faustino Sebbastiani, Franca Cianfarani, rappresentati e difesi dagli avv. Roberto Colagrande, Santi Dario Tomaselli, con domicilio eletto presso Roberto Colagrande in Roma, viale Liegi 35, B; 
contro
Comune di Artena, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Sara Piccoli, con domicilio eletto presso Sara Piccoli in Roma, viale Mazzini, 11; 
nei confronti di
Provincia di Roma, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso per legge dagli avv. Massimiliano Sieni, Giovanna Albanese, domiciliata in Roma, Via IV Novembre 119/A; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II BIS n. 06191/2014, resa tra le parti, concernente espropriazione immobile per pubblica utilità
 
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Artena e della Provincia di Roma;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 maggio 2015 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Colagrande, Piccoli e Sieni;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO
I sigg.ri Sebbastiani e Cianfarani (odierni appellanti), proprietari di un lotto di terreno di mq. 1.205, sito nel Comune di Artena ed individuato al foglio n. 11, particella mappale 187, impugnavano, dinanzi al TAR Lazio, il decreto di esproprio a loro notificato in data 11 febbraio 2013.
A supporto del gravame deducevano l’illegittimità dell’approvazione del progetto definitivo dei lavori, attinente alla realizzazione di due grandi piazzali da adibire a parcheggio nell’ambito dell’opera denominata “Nodo di scambio tra la S.P. n. 600 e via Cardinal Borghese”, a motivo, in primo luogo, dell’omessa valutazione, da parte dell’Amministrazione, della necessità di sottoporre a VIA il progetto. La carenza appena specificata, avrebbe anche determinato l’impossibilità di considerare conclusa la Conferenza dei Servizi alla data del 17 novembre 2011.
Si costituiva il Comune, eccependo in via preliminare l’inammissibilità, irricevibilità o improcedibilità del ricorso, per omessa impugnazione degli atti presupposti al decreto gravato. Nel merito, l’Amministrazione resistente contestava di aver omesso le necessarie verifiche in punto di assoggettabilità alla procedura VIA, avendo piuttosto specificamente vagliato che l’opera era esclusa dal novero di quelle soggette alla predetta verifica di impatto ambientale, in ragione della dimensione e tipologia.
Il TAR, soprassedeva dichiaratamente all’esame delle eccezioni proposte dall’Amministrazione resistente, a motivo della palese mancanza di fondamento del ricorso, talché lo respingeva, affermando che dalla lettura coordinata delle menzionate disposizioni di cui all’art. 5, d.lgs. n. 152 del 2006 ed al punto 7, lett. b) dell’Allegato IV, che ricomprende, appare evidente che la disciplina contiene di per sé una valutazione dell’elemento dimensionale dell’opera quale discrimine della rilevanza dell’impatto ambientale e dunque, ai fini della necessità di assoggettare la stessa alla preventiva procedura di VIA, con la conseguenza che l’opera per cui si controverte rimane esclusa dalla prescrizione. In virtù di quanto affermato, il TAR considerava correttamente conclusasi la Conferenza dei servizi in data 17 novembre 2011 (non essendo obbligatoria – contrariamente a quanto sostenuto da parte istante – la previa valutazione dell’assoggettabilità del progetto a VIA) con conseguente irrilevanza del parere postumo del MIBAC.
I sigg.ri Sebbastiani e Cianfarani propongono ora appello e deducono:
error in iudicando – i ricorrenti si erano lamentati in primo grado, non già di un’espressa esclusione del progetto dalla VIA, ma della diversa circostanza dell’assenza di una dichiarazione del progettista sul punto, invece chiesta dalla Regione in sede di conferenza di servizi. In ogni caso, un’interpretazione costituzionalmente e comunitariamente orientata avrebbe dovuto imporre l’esatto contrario di quanto dal giudice di prime cure affermato, ovverosia che la soglia dimensionale è solo un indice che non consente di escludere a priori l’assoggettabilità. Del resto – soggiungono gli appellanti – ove così non fosse, opere quali quelle progettate (parcheggi pubblici inferiori a 501 posti) non potrebbero mai essere sottoposte a valutazione finanche quando sia evidente il loro impatto ambientale. Conseguentemente sarebbero errate anche le conclusioni in punto di chiusura della conferenza di servizi, attesa, a tacer d’altro, l’espressa esclusione dal meccanismo acceleratorio dell’ “assenza assenso” per i procedimenti in materia di VIA.
Il Comune, costituitosi in giudizio, eccepisce l’inammissibilità per genericità dell’appello (esso si limiterebbe a riproporre sic e simpliciter le censure di primo grado); nel merito chiede la conferma della sentenza di prime cure; ripropone comunque, sia pur in via subordinata, l’eccezione di irricevibilità “assorbita” dal giudice di prime cure: a mezzo dell’impugnazione del decreto di esproprio il ricorrente in realtà contesterebbe la legittimità degli atti localizzativi mai impugnati in precedenza.
Anche la Provincia di Roma si è costituita in giudizio ed ha chiesto la reiezione del gravame.
La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 19 maggio 2015.
DIRITTO
L’appello non è fondato dovendosi accogliere l’eccezione di irricevibilità del ricorso di primo grado, già assorbita dal Giudice di prime cure ma riproposta in appello dal Comune di Artena.
E’ pacifico che la domanda di annullamento del decreto di esproprio sia, nel caso di specie, unicamente fondata su vizi attinenti ai pregressi provvedimenti localizzativi (apposizione del vincolo) e dichiarativi della pubblica utilità dell’opera (approvazione del progetto di opere pubblica), così come è pacifico che tali provvedimenti non siano mai stati impugnati se non contestualmente all’impugnazione del decreto di esproprio.
Gli appellanti si difendono in proposito evidenziando il carattere “anomalo” dei pregressi procedimenti. In particolare assumono di aver ricevuto, in data 24 maggio 2010, una comunicazione d’avvio del procedimento per la d.p.u., interessante il lotto di proprietà. Il procedimento si concludeva in data 23/12/2010 con l’approvazione del progetto definitivo comportante d.p.u. ed apposizione di vincolo preordinato all’esproprio, il cui contenuto veniva personalmente comunicato agli appellanti in data 24/2/2011. Dopo di chè nessun’altra comunicazione interveniva sino al decreto d’esproprio. Solo accedendo agli atti, gli appellanti venivano a sapere che, successivamente, il Comune aveva convocato una conferenza di servizi per l’acquisizione di autorizzazioni non acquisite prima, conferenza poi conclusasi il 17/11/2011 con la determinazione n. 838, seguita, in data 19/3/2012, dal parere di compatibilità urbanistica reso dalla Provincia e dalla definitiva approvazione della variante urbanistica con delibera n. 22 del 26/7/2012. Con tale ultimo provvedimento il Comune deliberava di “disporre l’efficacia della deliberazione di Consiglio comunale n. 80 del 23/12/2010, di approvazione del progetto definitivo che, ai sensi dell’art. 19 del dpr 327/2001 costituisce adozione di variante al vigente PRG”.
Sulla base di tale ricostruzione gli appellanti ritengono che: a) il primo provvedimento, nell’ambito del quale le garanzie partecipative erano state assicurate, è rimasto inefficace (per stessa ammissione dell’amministrazione) e quindi non lesivo; b) la successiva dichiarazione d’efficacia e contestuale variante sarebbe stata irrispettosa delle garanzie partecipative (nonostante fossero intervenute modifiche progettuali) e comunque non notificata individualmente nonostante gli appellanti fossero gli unici proprietari interessati, con conseguente non decorrenza del termine per impugnare.
L’assunto non è fondato. Non v’è dubbio che il procedimento di approvazione del progetto definitivo con contestuale dichiarazione di pubblica utilità dell’opera sia stato comunicato, sia nel suo avvio che nella sua conclusione. Il provvedimento, in quanto dichiaratamente appositivo di un vincolo preordinato all’esproprio e di contestuale adozione della variante era sicuramente lesivo per gli interessi dei proprietari, tanto che, poco dopo, l’amministrazione ha avviato il procedimento d’esproprio con rituale offerta dell’indennità provvisoria. La circostanza che, in sede di accesso, l’espropriato abbia asseritamente appreso del prosieguo del procedimento finalizzato all’approvazione della variante nell’ambito del quale si sono acquisite ulteriori autorizzazioni necessarie, non toglie che l’amministrazione avesse già chiaramente e definitivamente manifestato i suoi propositi localizzativi.
In ogni caso neanche la successiva delibera di approvazione della variante è stata impugnata. Gli appellanti deducono di non averla conosciuta in quanto di essa non sarebbe stato comunicato individualmente l’avvio, né l’emanazione. E tuttavia può osservarsi che, a mente dell’art. 19 del TU espropri, più volte richiamato nella delibera di c.c. 80/2010, il consiglio comunale dichiara non solo la pubblica utilità dell’opera nonché l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, ma anche di voler “disporre” variante al PRG (da intendersi quale adozione della variante allo strumento urbanistico, ex art. 19 comma 2). Dunque, in virtù dell’incontestata notifica della disposizione, gli appellanti sapevano anche che era stata adottata una variante e che si sarebbe avviato il procedimento di approvazione compiutamente disciplinato dall’art. 19, nell’ambito del quale proporre eventuali osservazioni (osservazioni tra l’altro formulate da altri proprietari interessati). Così come avrebbero dovuto sapere dell’approvazione della variante, in quanto pubblicata sull’albo pretorio.
Ma anche a voler ammettere che di questa variante, l’appellante nulla sapesse fino al decreto di esproprio, e che per il contenuto particolare essa avrebbe dovuto essere notificata individualmente agli appellanti, oltre che affissa all’albo pretorio, ciò non toglie che i profili localizzativi dell’opera, quelli in relazione al quale l’appellante lamenta la mancata acquisizione della VIA, erano ormai stati lesivamente (per gli interessi dell’appellante) definiti in sede di approvazione del progetto. A nulla vale sostenere che la deliberazione non fosse efficace. In realtà la riferita inefficacia deriva dalla peculiarità del procedimento di cui all’art. 19 per le ipotesi di progetti in variante, ed attiene alla materiale eseguibilità del provvedimento, non alla sua definitività ed al suo carattere immediatamente lesivo in ordine alla disposta localizzazione.
In conclusione, in accoglimento dell’eccezione formulata dal Comune in primo grado, reiterata in appello, la sentenza di prime cure è da intendersi riformata e, per l’effetto, il ricorso introduttivo è dichiarato inammissibile.
Avuto riguardo alla complessità del giudizio ed al suo esito, le spese possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, dichiara, in riforma della sentenza gravata, il ricorso di primo grado inammissibile.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 maggio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Numerico,Presidente
Raffaele Greco,Consigliere
Diego Sabatino,Consigliere
Antonio Bianchi,Consigliere
Giulio Veltri,Consigliere, Estensore
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/07/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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