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Variante al PRG e vincoli - Cons. Stato, sez. IV, sent. n. 1317 del 12.03.2015

Pubblico
Giovedì, 19 Marzo, 2015 - 01:00

Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), sentenza n. 1317 del 12 marzo 2015, su variante al PRG ed imposizione vincoli 
 
N. 01317/2015REG.PROV.COLL.
 
N. 01126/2014 REG.RIC.
 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Consiglio di Stato
 
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
 
ha pronunciato la presente
SENTENZA
 
sul ricorso in appello n. 1126 del 2014, proposto dal 
Comune di Valdobbiadene, in persona del sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Raffaele Bucci e Paolo Fiorilli, ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma, via Cola di Rienzo n. 180, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;
contro
Maria Agostinetto, rappresentata e difesa dagli avv.ti Primo Michielan e Luigi Manzi, ed elettivamente domiciliata presso quest’ultimo in Roma, via F. Confalonieri n. 5, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione seconda, n. 1423 del 20 dicembre 2013, redatta in forma semplificata, resa tra le parti e concernente l’approvazione di variante al PRG e decreto d'occupazione temporanea d'urgenza
 
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Maria Agostinetto;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 gennaio 2015 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti gli avvocati Fiorilli e Manzi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO
Con ricorso iscritto al n. 1126 del 2014, il Comune di Valdobbiadene propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione seconda, n. 1423 del 20 dicembre 2013 con la quale è stato accolto il ricorso proposto da Maria Agostinetto per l'annullamento: della delibera consiliare del Comune di Valdobbiadene del 16/9/2013 n. 39 di approvazione Variante al P.R.G. ad oggetto: "Progetto definitivo dei lavori denominati "nuova area a parcheggio e sistemazione di viabilità di accesso al parco Settolo Basso", in Variante n. 56 al Piano Regolatore Generale - Determinazione in ordine all'osservazione pervenuta ed approvazione Variante ai sensi dell'art. 50 della L.R. 61/1985 - Approvazione definitiva"; della presupposta delibera consiliare del Comune di Valdobbiadene del 29/7/2013 n. 33 di adozione Variante al P.R.G. ad oggetto: "Progetto definitivo dei lavori denominati "nuova area a parcheggio e sistemazione di viabilità di accesso al parco Settolo Basso", in località Bigolino, in Variante al Piano Regolatore Generale vigente ai sensi dell'art. 50, comma 4, lettere e), f) e g) della L.R. 61/1985"; del decreto d'occupazione temporanea d'urgenza del 19/11/2013.
A sostegno delle doglianze proposte dinanzi al giudice di prime cure, la parte ricorrente aveva premesso di essere proprietaria di un appezzamento di terreno sito in Comune di Valdobbiadene (TV) in frazione di Bigolino, catastalmente censito al FG. 29 mapp. 250, 1034 e 1035 e costituito in parte da un’area destinata a vigneto, in parte da accesso viario all’annesso rustico.
La ricorrente affermava di essere venuta a conoscenza solo il 28/06/2013, a seguito della comunicazione ex art. 11 del Dpr 380/2001, che l’Amministrazione avrebbe reiterato il vincolo espropriativo previsto in origine nella variante n. 10 al Prg, relativa alla modifica d’individuazione di area a parcheggio pubblico in Via San Pellegrino in frazione Bigolino”.
Con la delibera n. 33 del 29/07/2013 il Comune di Valdobbiadene procedeva all’approvazione del progetto definitivo dei lavori per la “nuova area a parcheggio e sistemazione viabilità d’accesso al parco “Settolo Basso”, con reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio ai sensi dell’art. 19 comma 2 del Dpr 327/2001.
Con la successiva delibera n. 39/2013 veniva nuovamente approvato il progetto definitivo dei lavori e, ancora, la variante al Piano regolatore del Comune di Valdobbiadene.
Da ultimo, e in data 26 Novembre 2013, veniva comunicato, il decreto di occupazione d’urgenza preordinato all’esproprio, provvedimenti questi ultimi tutti impugnati nel presente ricorso.
Nel corso del giudizio si costituiva il Comune di Valdobbiadene che, preliminarmente, eccepiva l’inammissibilità e l’irricevibilità del ricorso.
All’udienza del 18 dicembre 2013 il ricorso veniva discusso e deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R., superate le eccezioni preliminari del Comune, ha ritenuto fondate le censure proposte, considerando non adempiuto l’obbligo di motivazione del provvedimento di reiterazione del vincolo.
Contestando le statuizioni del primo giudice, il Comune appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, riproponendo come motivi di appello le originarie difese.
Nel giudizio di appello, si è costituita Maria Agostinetto, riproponendo i motivi di doglianza assorbiti in prime cure dal T.A.R. e chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
All’udienza del 4 marzo 2014, l’esame dell’istanza cautelare veniva rinviato al merito.
Alla pubblica udienza del 13 gennaio 2015, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.
DIRITTO
1. - L’appello è fondato e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati.
2. - Ritiene la Sezione di poter prescindere dalla valutazione delle pur interessanti eccezioni preliminari, dedotte con i primi tre motivi di appello, in ragione del ben più rilevante infondatezza nel merito dell’originario ricorso.
3. - Con il quarto motivo di appello, viene lamentata l’erroneità della sentenza per contraddittorietà estrinseca, per travisamento dei fatti e per errata e carente lettura degli atti impugnati e dei documenti prodotti. Viene così dedotto come l’asserito difetto di motivazione, su cui unicamente si è fondata la sentenza del primo giudice, sia invece inesistente, vuoi per il contenuto più ampio della variante stessa, non meramente reiterativa di vincoli, vuoi per la possibilità di evincere le ragioni della reiterazione dall’intero complesso degli atti richiamati per relationem. La detta doglianza è poi ulteriormente ampliata con i motivi di appello quinto e sesto.
3.1. - La censura è fondata e va accolta.
Occorre evidenziare come stante la struttura della variante oggetto di impugnativa, comprensiva sia di vincoli espropriativi apposti ex novo che di reiterazione di vincoli già scaduti, e la sua valenza unitaria, in quanto mirata a realizzare un progetto per la realizzazione di una sola opera pubblica, ben doveva essere valutata globalmente nell’ottica della sua capacità di incidere sulla proprietà privata della parte appellata, e quindi correttamente il primo giudice non si è soffermato ad analizzare partitamente i singoli segmenti motivazionali, come pare pretendere la difesa del Comune, ma ha valutato l’aspetto della correttezza della reiterazione, atteso che questa era la parte che andava ad incidere sulla situazione giuridica soggettiva del privato.
Tuttavia, anche sotto il più limitato e stringente profilo della ulteriore apposizione di vincoli espropriativi, la ragione utilizzata dal T.A.R. per determinarsi nell’annullamento della variante de qua non può essere condivisa.
Infatti, se l’excursus operato dal primo giudice sulle ragioni che impongono una particolare attenzione sulle ragioni della reiterazione è del tutto condivisibile, non parimenti è corretta l’applicazione data ai principi generali travasati nel caso concreto. Infatti, va rimarcato come nel caso in specie sussistessero tutti gli elementi per ritenere lineare il procedimento adottato dal Comune.
Ricordato come la decadenza del vincolo espropriativo non esclude, quanto meno in astratto, che l'amministrazione possa reiterare lo stesso vincolo, va sottolineato come il provvedimento che procede in tal senso debba essere congruamente motivato in ordine alla persistenza delle ragioni di diritto pubblico sottese alla necessità della reiterazione, proprio per escludere una inutile perpetuazione della situazione di compressione del diritto del privato.
La giurisprudenza ha poi evidenziato come tale contenuto motivazionale si atteggi in modi diversi a seconda del tempo in cui si colloca la reiterazione, per cui se può ritenersi giustificato il richiamo alle originarie valutazioni quando vi è una prima reiterazione, una maggiore motivazione va pretesa quando il vincolo rinnovato segua a distanza di tempo la prima apposizione . (Consiglio di Stato, sez. IV, 2 ottobre 2008 n. 4765). E, ancora più in dettaglio, si è notato che, mentre nell'ipotesi ordinaria di semplice reiterazione di un vincolo espropriativo decaduto è esigibile e doverosa l'esternazione da parte dell'Amministrazione dell'attualità delle ragioni d'interesse pubblico che la sorreggono, nonché dell'assenza di eventuali soluzioni alternative, e la previsione d'indennizzo, tale da rendere concreta e tangibile la volontà dell'Amministrazione di provvedere effettivamente alla realizzazione dell'opera pubblica, nel caso che il vincolo espropriativo si ricolleghi all'approvazione di un progetto preliminare è invece evidente che l'Amministrazione intende effettivamente eseguire l'intervento, per cui è legittimo che l'indicazione dell'indennizzo sia rinviata alle successive ordinarie fasi del procedimento espropriativo, e la motivazione è sufficiente allorché il provvedimento dia conto dell'interesse all' esecuzione dell'opera (Consiglio di Stato, sez. IV, 12 maggio 2014 n. 2418).
Come si nota, l’ultima fattispecie ricalca perfettamente la vicenda de qua (dove anzi l’approvazione ha riguardato un progetto definitivo), dando conto del fatto che le ragioni della reiterazione fossero agevolmente desumibili dalla fase procedimentale che ha condotto all’approvazione del progetto stesso, rendendo quindi trasparenti le motivazioni dell’amministrazione e l’assenza di qualsiasi intento meramente emulativo nei confronti del privato.
La doglianza deve quindi essere accolta, con riforma della sentenza gravata in parte qua.
4. - L’accoglimento delle ragioni di appello impone quindi alla Sezione di procedere alla disamina delle ulteriori doglianze proposte in primo grado, dichiarate assorbite dal T.A.R. e riproposte con la memoria di costituzione e controricorso dalla parte appellata (pag. 30 – 45). Le stesse possono essere sinteticamente valutate, in quanto tutte infondate.
4.1. - Con il primo motivo, si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 4 del DM 2 aprile 1968 in quanto la delibera ha imposto degli standard a parcheggio superiori a quanto indicati nella norma regolamentare.
Tuttavia, in disparte la natura latamente discrezionale della scelta e il collegamento della realizzazione del parcheggio con le esigenze della zona limitrofa, è del tutto rilevante la circostanza che l’evocato decreto fissi le quantità minime, e non massime, di spazi da riservare alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi.
4.2. - Con il secondo motivo si denuncia l’ eccesso di potere per illogicità, carenza di istruttoria e violazione del principio di proporzionalità e dei canoni di economicità ed efficacia dell’azione amministrativa, in relazione alla distanza intercorrente tra il sito di collocazione del parcheggio e l’area cui sarebbe funzionalmente asservito, mentre sarebbe più agevole sistemare l’opera in altra area, che peraltro era offerta bonariamente in concessione gratuita.
Tuttavia il Comune ha evidenziato come non sussistessero in fatto le ragioni per l’allocazione in una sede diversa, in quanto la proprietà su cui avrebbe potuto altrimenti situarsi l’intervento era posta in una posizione notevolmente malagevole (in fondo ad una discesa piuttosto ripida non fruibile ai mezzi pesanti, come gli autobus turistici).
Per altro verso, anche i temi della proporzionalità dell’azione sono infondati, atteso che la variante de qua ha espressamente ridotto l’area di esproprio a carico della parte appellata rispetto alla previa variante del 2001, riducendo così il peso gravante sul privato.
4.3. - Il terzo motivo, con cui viene eccepita la violazione dell’art. 9 del d.P.R. n. 37 del 2001, per la mancata appostazione dei fondi necessari per l’esproprio in un’ottica di rispetto del limite è infondato sia in fatto, atteso che dalle delibere emerge la presenza di uno stanziamento ad hoc, sia in diritto, in quanto si tratta di ragione insufficiente a determinare l’illegittimità della delibera (Consiglio di Stato, ad. plen., 24 maggio 2007 n. 7)
4.4. - Con il quarto motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 16 del d.P.R. n. 327 del 2001 sia in relazione al deposito tardivo del progetto definitivo che in merito all’omessa indicazione, nella comunicazione ricevuta in data 28 giugno 2013, del mappale 1035.
La censura sulla tardività del deposito è irrilevante in fatto, atteso che la parte ha avuto contezza della planimetria della bozza di progetto, allegata alla comunicazione inviata, e poi del progetto definitivo quando ha effettuato l’accesso in data 1 agosto 2008, rendendo quindi inconsistenti le doglianze in tema di violazione delle garanzie partecipative.
4.5. - Con il quinto e sesto motivo, vengono censurati i profili che riguardano il decreto di immissione in possesso. Mentre il quinto riguarda profili d’illegittimità derivata, che quindi risultano infondati essendo a monte accertata la correttezza dell’azione amministrativa, è ragione autonoma quella che evidenzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 22 bis del d.P.R. n. 327 del 2001, in merito alla carente valutazione della situazione d’urgenza.
Tuttavia, è certamente elemento idoneo a giustificare l’urgenza anche il rispetto dei meccanismi di finanziamento, atteso che la realizzazione di ogni opera pubblica, specie quando siano stati reperiti i finanziamenti, è di per sé particolarmente urgente perché si tratta di soddisfare interessi pubblici, con la conseguenza che la motivazione sulla "particolare urgenza" di avviare i lavori, presa in considerazione dall'art. 22 bis t.u. 8 giugno 2001 n. 327, non è sostanzialmente dissimile dalla "urgenza" indicata nel precedente art. 22, per cui l'amministrazione ben può immettersi senz'altro nel possesso dell'area in esecuzione dell'ordinanza di occupazione d'urgenza, per realizzare le opere per le quali c'è stata l'approvazione del progetto e lo stanziamento delle risorse in bilancio (Consiglio di Stato, sez. IV, 27 giugno 2007 n. 3696).
4.6. - Il settimo motivo, con cui si lamenta la mancata previsione di un ulteriore incremento dell’indennità di esproprio, stante la natura di coltivatore diretto della parte proprietaria, è vicenda attratta nella giurisdizione ordinaria e quindi, se da un lato non è qui scrutinabile, dall’altro non consente di dedurre l’illegittimità del provvedimento, che ha comunque previsto e valutato, anche se eventualmente in maniera erronea, il tema della quantificazione della debenza.
5. - Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
6. - L’appello va quindi accolto. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:
1.Accoglie l’appello n. 1126 del 2014 e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione seconda, n. 1423 del 20 dicembre 2013, respinge il ricorso di primo grado;
2.Condanna Maria Agostinetto a rifondere al Comune di Valdobbiadene le spese del doppio grado di giudizio, che liquida in €. 2.000,00 (euro duemila, comprensivi di spese, diritti di procuratore e onorari di avvocato) oltre I.V.A., C.N.A.P. e rimborso spese generali, come per legge.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13 gennaio 2015, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta - con la partecipazione dei signori:
Goffredo Zaccardi,Presidente
Sandro Aureli,Consigliere
Diego Sabatino,Consigliere, Estensore
Silvestro Maria Russo,Consigliere
Leonardo Spagnoletti,Consigliere
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/03/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

Pubblicato in: Urbanistica » Giurisprudenza

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