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Locazioni immobili statali - Cons. Stato, sez. IV, sent. n. 753 del 12.02.2015

Pubblico
Martedì, 17 Febbraio, 2015 - 01:00

Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), sentenza n.753 del 12 febbraio 2015, sull’assegnazione in locazione di immobili statali tramite pubblico incanto 
 
L’assegnazione in locazione degli immobili statali va fatta mediante esperimento di procedure a evidenza pubblica ossia mediante “pubblico incanto”, così come stabilito dall’art. 2 del citato d.P.R. nr. 296 del 2005.
Chi si è volontariamente e liberamente astenuto dal partecipare alla selezione non è legittimato a chiederne l’annullamento ancorché vanti un interesse di fatto a che la competizione venga nuovamente bandita (cfr. Cons. Stato, sez. V, 23 ottobre 2013, nr. 5131). A tale regola si può fare eccezione solamente in tre tassative ipotesi: quando si contesti in radice l’indizione della gara; quando si contesti che una gara sia mancata; quando s’impugnino direttamente le clausole del bando assumendo che le stesse siano immediatamente escludenti.
 
N. 00753/2015 REG.PROV.COLL.
N. 09470/2014 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm. 
sul ricorso in appello nr. 9470 del 2014, proposto da AUTOMOTIVE GROUP S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Silvia Nicodemo e Cesare Montali, con domicilio eletto presso l’avv. Andrea Botti in Roma, via Monte Santo, 25,
contro
l’AGENZIA DEL DEMANIO, in persona del legale rappresentante pro tempore, e il MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12, 
nei confronti di
PARK GLOBAL S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita, 
per l’annullamento e/o la riforma e/o la declaratoria di nullità
della sentenza nr. 999/14 del 28 ottobre 2014 pronunciata dal T.A.R. dell’Emilia Romagna, Sezione Seconda, non notificata.
 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio delle Amministrazioni appellate;
Vista la memoria prodotta dall’Amministrazione in data 16 gennaio 2015 a sostegno delle proprie difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, alla camera di consiglio del giorno 20 gennaio 2015, il Consigliere Raffaele Greco;
Udita l’avv. Nicodemo per la appellante;
Sentite le parti presenti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO e DIRITTO
1. La società Automotive Group S.r.l. occupa di fatto, sulla base di un originario rapporto di sublocazione, l’area demaniale (immobile a uso non abitativo) individuata dal lotto nr. 2 in Catasto Terreni di Bologna, fg. 155, mappali 253/p, 288, 285/p, 264/p, precedentemente data in locazione all’A.C.I.
A seguito della scadenza del contratto di locazione, l’Agenzia del Demanio ha indetto, con avviso del 26 maggio 2014, una gara finalizzata alla stipula di un nuovo contratto.
Tale procedura di gara, cui la società odierna appellante non ha partecipato, ha visto come aggiudicataria la società Park Global S.r.l., individuata quale migliore offerente.
2. Con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. dell’Emilia Romagna, la società occupante ha impugnato il bando di gara, per poi censurare, con motivi aggiunti, anche l’aggiudicazione.
Il bando era censurato per aver previsto condizioni fuori mercato del contratto di locazione, per la sua breve durata e per l’ammontare eccessivo del deposito cauzionale.
Resistenti in giudizio l’Agenzia del Demanio e la società controinteressata, il ricorso è stato dichiarato inammissibile dal T.A.R. adito per carenza d’interesse, non avendo la ricorrente partecipato alla gara.
3. Avverso la predetta sentenza ha proposto appello la Automotive Group S.r.l., lamentando:
I) l’erroneità della sentenza per violazione dell’art. 4 del d.P.R. 13 settembre 2005, nr. 296; violazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, nr. 241, per carenza di motivazione; violazione degli artt. 11 e 79 della legge 27 luglio 1978, nr. 392;
II) la nullità della sentenza per omessa pronuncia ex art. 112 cod. proc. civ.
4. Si è costituita l’Agenzia del Demanio, opponendosi con diffuse argomentazioni all’accoglimento del gravame e concludendo per la conferma della sentenza impugnata.
5. Alla camera di consiglio del 20 gennaio 2015, fissata per l’esame della domanda incidentale di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata, le parti sono state rese edotte della possibilità di immediata definizione del giudizio nel merito, ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.
6. Infatti, l’appello si appalesa manifestamente infondato.
7. Al riguardo, occorre preliminarmente evidenziare che è pertinente il richiamo del giudice di prime cure ai principi elaborati in materia di appalti pubblici, dal momento che l’assegnazione in locazione degli immobili statali va fatta mediante esperimento di procedure a evidenza pubblica ossia mediante “pubblico incanto”, così come stabilito dall’art. 2 del citato d.P.R. nr. 296 del 2005.
Pertanto, è corretto ritenere che nel caso di specie si applichino le regole riguardanti le gare di appalto.
8. Ciò premesso, occorre soffermarsi sulla legittimazione dell’appellante: tale questione – come correttamente ritenuto dal primo giudice - ha carattere necessariamente pregiudiziale, inerendo ad una condizione dell’azione la cui sussistenza deve imprescindibilmente essere accertata prima dell’esame nel merito della stessa.
8.1. Nel caso dell’impugnazione degli atti di procedure di evidenza pubblica, il tema della legittimazione al ricorso è declinato nel senso che questa va correlata a una situazione giuridica meritevole di tutela, per effetto della partecipazione alla stessa procedura oggetto di contestazione; chi – come nel caso di specie – si è volontariamente e liberamente astenuto dal partecipare alla selezione non è legittimato a chiederne l’annullamento ancorché vanti un interesse di fatto a che la competizione venga nuovamente bandita (cfr. Cons. Stato, sez. V, 23 ottobre 2013, nr. 5131). A tale regola si può fare eccezione solamente in tre tassative ipotesi: quando si contesti in radice l’indizione della gara; quando si contesti che una gara sia mancata; quando s’impugnino direttamente le clausole del bando assumendo che le stesse siano immediatamente escludenti.
8.2. Con riguardo al caso di specie, se anche in capo alla appellante fosse riconosciuta la titolarità di un interesse giuridicamente rilevante – ciò che in concreto non è, giacché la tollerata occupazione del bene non radica alcuna posizione di diritto o di interesse legittimo in capo all’occupante, essendo irrilevante anche il pagamento delle somme corrispondenti all’originario canone perché queste valgono solo a compensare l’occupazionesine titulo (cfr. Cons. Stato, sez. V, 26 settembre 2013, nr. 4775; id., sez. IV, 28 aprile 2006, nr. 2395) -, non si rientrerebbe comunque nelle ipotesi in cui è eccezionalmente consentita l’immediata impugnazione del bando di gara, in quanto le prescrizioni della lex specialis non hanno carattere escludente perché attinenti al successivo rapporto contrattuale e non ai requisiti di partecipazione.
Tali clausole, peraltro, non sono oggettivamente sproporzionate, irragionevoli e/o impeditive della formulazione di una valida offerta, come dimostrato dalla avvenuta presentazione di offerte da parte di altri operatori economici: a conferma del fatto che l’asserito carattere “escludente” o impeditivo delle clausole de quibus è il frutto di una mera valutazione soggettiva della società esponente.
Di conseguenza, manca l’interesse alla impugnazione delle clausole suddette, poiché manca un’effettiva lesione di una situazione soggettiva, la quale poteva derivare solo dalla partecipazione alla procedura concorsuale.
8.3. Privo di consistenza è anche il rilievo dell’appellante secondo cui la propria eventuale partecipazione sarebbe stata intesa quale acquiescenza agli atti di gara.
Infatti, nelle gare pubbliche l’accettazione delle regole di partecipazione non comporta l’inoppugnabilità di clausole del bando regolanti la procedura di gara che fossero, in ipotesi, illegittime: diversamente opinando si perverrebbe alla paradossale e non accettabile conclusione che, per partecipare alla gara, l’operatore economico dovrebbe necessariamente prestare acquiescenza a tutte le clausole, con conseguente esclusione della relativa possibilità di tutela giurisdizionale, atteso che una siffatta irragionevole preclusione sarebbe contraria agli artt. 24, comma 1, e 113, comma 1, Cost. (cfr. Cons. Stato, sez. V, 5 novembre 2014, nr. 5479; id., sez. IV, 17 febbraio 2014, nr. 749).
Al contrario, è jus receptum che le clausole della procedura di gara di regola possono essere impugnate dall’interessato solo dopo aver dimostrato non solo la volontà di partecipare alla procedura selettiva, ma anche – come sopra evidenziato, e salve le eccezioni dianzi precisate - la lesione attuale e concreta dell’interesse legittimo azionato (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. V, 11 giugno 2013, nr. 3231; id., 10 maggio 2013, nr. 2554; id., sez. VI, 18 settembre 2009, nr. 5626; id., 23 dicembre 2008, nr. 6523).
8.4. Infine, per quanto riguarda l’asserita nullità delle clausole del provvedimento impugnato, anche questa presuppone comunque la sussistenza di un interesse ad agire, inteso ex art. 100 cod. proc. civ. quale possibilità di ottenere una qualche utilità dal giudizio (utilità – è quasi superfluo aggiungerlo – che deve corrispondere al soddisfacimento di un interesse meritevole di tutela da parte dell’ordinamento).
Poiché, come già chiarito, l’odierna appellante non risulta titolare di una posizione giuridica qualificata e differenziata, tale non essendo quella connessa alla qualità di occupante sine titulo dell’immobile per cui è causa, ne discende che non sussiste neanche un interesse processuale a far valere l’ipotizzata nullità.
9. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate equitativamente in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Condanna la appellante al pagamento, in favore dell’Amministrazione, di spese e onorari della presente fase del giudizio che liquida in complessivi euro 3000,00 oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 gennaio 2015 con l’intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere, Estensore
Raffaele Potenza, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/02/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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