Dismissione immobili ospedalieri - TAR Veneto, sez. III, sent. n.23 del 16.01.2015
Pubblico
Sabato, 31 Gennaio, 2015 - 01:00
Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, (Sezione Terza), sentenza n.23 del 16 gennaio 2015, sulla dismissione imobili ospedalieri
N. 00023/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00237/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 237 del 2014, proposto da:
Comune di Zevio, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giovanni Sala e Franco Zambelli, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Venezia - Mestre, Via Cavallotti, 22;
contro
Regione Veneto, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Ezio Zanon e Luisa Londei, domiciliata in Venezia, Cannaregio, 23;
per l'annullamento
della deliberazione della Giunta Regionale del Veneto n. 2122 del 19 novembre 2013, pubblicata sul Bollettino ufficiale della Regione n. 107 del 10 dicembre 2013, di adeguamento delle schede di dotazione ospedaliera delle strutture pubbliche e private accreditate e definizione delle schede di dotazione territoriale delle unità organizzative dei servizi e delle strutture di ricovero intermedio, nella parte in cui ha previsto la dismissione dell'ospedale di Zevio.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Veneto;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2014 il dott. Stefano Mielli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in epigrafe il Comune di Zevio impugna la deliberazione della Giunta regionale n. 2122 del 19 novembre 2013, di adeguamento delle schede di dotazione ospedaliera delle strutture pubbliche e private accreditate e di definizione delle schede di dotazione ospedaliera, nella parte in cui ha previsto la dismissione dell’Ospedale Chiarenzi di Zevio.
Il Comune premette che la struttura ha assicurato i servizi di base per un ampio bacino di utenza, quantificato in 150.000 abitanti dell’Ulss 21 che diventano 250.000 aggiungendo altri Comuni al di fuori dell’Ulss (San Giovanni Lupatoto, San Martino Buon Albergo, Ronco all’Adige e Val di Illasi), e di aver avviato un’intensa interlocuzione con gli organi regionali interessati alla procedura, previa istituzione di una apposita commissione del Consiglio comunale, con il compito di formulare proposte alternative alla dismissione.
Il 26 settembre 2013, la quinta commissione del Consiglio regionale, ha espresso parere favorevole alla proposta di modifica delle schede ospedaliere, approvata definitivamente dalla Giunta regionale con la già menzionata deliberazione n. 2122 del 19 novembre 2013.
La deliberazione è impugnata per le seguenti censure:
I) violazione degli artt. 9 e 10 delle legge regionale 29 giugno 2012, n. 23, illogicità, contraddittorietà ed insufficienza della motivazione, perché è vero che in materia di programmazione sanitaria l’Amministrazione gode di un’ampia discrezionalità, ma è necessario che le scelte che comportano la disattivazione di una struttura, debbano essere motivate, mentre nel caso di specie difetta una giustificazione della scelta di penalizzare l’Ospedale Chiarenzi di Zevio;
II) illogicità, contraddittorietà ed insufficienza della motivazione, nonché violazione degli stessi indirizzi del piano socio sanitario regionale 2012 – 2016, di cui all’allegato A alla deliberazione della Giunta regionale n. 68 del 18 giugno 2013, perché la scelta di dismettere l’Ospedale Chiarenzi risulta irragionevole in sé, in quanto comporta una riduzione di posti letto post acuti nelle strutture di Zevio e Bovolone di oltre il 50%, senza tener conto che delle proposte che avevano indicato la possibilità di individuare la struttura come polo riabilitativo provinciale o a valenza regionale;
III) illogicità, contraddittorietà ed insufficienza della motivazione perché l’Amministrazione non ha tenuto conto della contraddittorietà tra le determinazioni assunte con la deliberazione impugnata che ha disposto la dismissione dell’ospedale, ed il recente riconoscimento dell’accreditamento istituzionale effettuato con deliberazione di Giunta n. 2711 del 24 dicembre 2012, che implica l’accertamento della coerenza della struttura rispetto agli obiettivi della programmazione socio sanitaria;
IV) illogicità, contraddittorietà ed insufficienza della motivazione perché, nonostante le strutture riabilitative richiedano una equilibrata presenza e distribuzione sul territorio, in modo da rendere agli utenti più agevole l’accesso a questo tipo di prestazioni, si viene invece a creare uno squilibrio nella distribuzione dei posti letto di recupero e riabilitazione funzionale (all’Ulss 21 vengono riconosciuti 42 posti letto, 1 ogni 3715 abitanti, contro i 209 posti, 1 ogni 2275 abitanti dell’Ulss 20, e contro i 182, 1 ogni 1609 abitanti, dell’Ulss 22);
V) violazione delle linee guida adottate dalla Regione con deliberazione n. 1181 del 23 marzo 2010, illogicità, contraddittorietà ed insufficienza della motivazione, perché i posti letto dell’area della riabilitazione per effetto della deliberazione impugnata, vengono polverizzati tra vari ospedali (27 all’Ospedale di Bovolone, 25 all’Ospedale San Bonifacio, 18 alla Clinica Pederzoli, 15 all’Ospedale di Legnago e 10 alla Clinica San Francesco) in contrasto con le linee guida indicate dalla citata deliberazione della Giunta n. 1181 del 2010, che affermano la necessità di privilegiare la concentrazione dei posti letto dell’area riabilitativa in poche sedi di media e grande dimensione.
Si è costituita in giudizio la Regione Veneto replicando alle censure proposte e concludendo per la reiezione del ricorso.
Alla pubblica udienza del 17 dicembre 2014, in prossimità della quale le parti hanno depositato memorie e sostegno delle rispettive difese, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
Con il primo motivo il Comune ricorrente afferma l’illegittimità della dismissione dell’Ospedale Chiarenzi di Zevio perché la deliberazione di approvazione delle schede di dotazione ospedaliera che l’ha disposta è priva di motivazione, con il secondo motivo lamenta che la scelta deve ritenersi di per sé irragionevole in quanto comporta una riduzione di posti letto post acuti nelle strutture di Zevio e Bovolone di oltre il 50%, lasciando privo dei servizi di base un ampio bacino di utenza quantificato in 150.000 abitanti dell’Ulss 21, che diventano 250.000 aggiungendo altri Comuni al di fuori dell’Ulss, con il quarto motivo lamenta che, a causa della dismissione, si viene a creare un irragionevole squilibrio tra le Ulss nella distribuzione dei posti letto di recupero e riabilitazione funzionale, che invece, a causa della tipologia di servizio erogato, devono essere suddivisi in modo equilibrato sul territorio.
Tali censure, che possono essere esaminate congiuntamente, non sono condivisibili.
Quanto al dedotto difetto di motivazione, va osservato che la deliberazione impugnata reca in realtà un’articolata motivazione posta a corredo delle scelte effettuate con le schede ospedaliere, che costituiscono i criteri generali cui si è riferita la Regione nell’assumere le singole determinazioni.
Riferendosi a tali indicazioni e a quelle che emergono dalle note di accompagnamento delle singole schede, è possibile ricostruire l’iter logico seguito nella scelta di operare la dismissione dell’Ospedale Chiarenzi di Zevio.
Infatti nella deliberazione viene precisato che le determinazioni assunte costituiscono attuazione di quanto previsto dal piano socio sanitario regionale 2012 – 2016, approvato con legge 29 giugno 2012, n. 23, e dai vincoli previsti dal decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 35 (c.d. spending review) che ha stabilito come standard nazionale una dotazione di posti letto ospedalieri pari a 3,7 per mille abitanti, di cui 0,7 per la riabilitazione, e dal decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito in legge 14 settembre 2011, n. 148 (recante disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria per lo sviluppo) che ha significativamente modificato il quadro economico finanziario della Regione, imponendo una maggiore razionalizzazione delle risorse.
Riguardo all’assistenza ospedaliera nell’allegato A della deliberazione impugnata viene affermato che “il modello di rete identificato dal PSSR è quello denominato hub and spoke che prevede la concentrazione della casistica più complessa, o che richiede più complessi sistemi produttivi, in un numero limitato di centri (hub) che trattino volumi di attività tali da garantire la miglior qualità dell’assistenza erogata e il miglior utilizzo delle risorse organizzative disponibili. L’attività di tali centri è fortemente integrata attraverso connessioni funzionali con quella dei centri periferici (spoke) che assicurano l’assistenza per la casistica residua” e, più specificatamente per l’area riabilitativa, in coerenza con tali premesse,nella deliberazione viene precisato che “tenendo conto della presenza di strutture specializzate pubbliche o private e dell’integrazione con la rete riabilitativa territoriale delineata nelle schede di dotazione territoriale, l’attribuzione dei posti letto viene effettuata con l’obiettivo di sostenere la realizzazione di poli riabilitativi a valenza sovra aziendale, collegati alla rete ospedaliera e territoriale, superando quindi, attraverso l’istituzione dei Dipartimenti funzionali di riabilitazione ospedale-territorio, l’attuale eccessiva parcellizzazione. Questo modello organizzativo mira ad unificare, infatti, le differenti modalità erogative (assistenza ospedaliera in ricovero ordinario o diurno, day service, assistenza extraospedaliera a carattere residenziale a ciclo continuativo, semiresidenziale o diurno, assistenza ambulatoriale e domiciliare), consentendo l’erogazione nel setting assistenziale maggiormente appropriato alle prestazioni riabilitative richieste”.
In tale contesto la Regione ha deciso di individuare, per maggior grado di specializzazione e maggiore idoneità strutturale del complesso (relativamente all’Ospedale Chiarenzi sono emerse problematiche di adeguamento alla normativa antisismica), nell’Ospedale di Marzana il nodo di rete monospecialistico riabilitativo sovraziendale di riferimento per le aziende Ulss nn. 20, 21 e 22 (cfr. le schede relative all’Ulss n. 20 di cui alle pagg. 105 e 108 dell’allegato C della deliberazione impugnata) e nell’Ospedale di Bovolone l’Ospedale di rete monospecialistico riabilitativo dell’Ulss n. 21.
Peraltro la Regione nelle proprie difese (cfr. pag. 8 della memoria del 28 febbraio 2014), fornisce ulteriori elementi idonei a chiarire l’affermazione, contenuta nella deliberaizne, secondo la quale è necessario pervenire ad un’organizzazione che assicuri maggiore appropriatezza delle prestazioni erogate nell’area riabilitativa.
Da questi dati emerge (con riferimento ai rilievi del 2011) un tasso di sottoccupazione dei posti letto per l’area riabilitativa (77% contro uno standard del 90% previsto dalla programmazione), una percentuale del 30% di giornate di degenza oltre la soglia di riferimento ministeriale, ed un 57,48% delle dismissioni afferenti al DRG 256 “altre diagnosi sistema muscolo scheletrico e tessuto connettivo” che, secondo la programmazione sanitaria, devono essere considerate ad alto rischio di inappropriatezza se erogate in regime di degenza ordinaria oltre il valore soglia di ammissibilità.
Orbene, da quanto esposto emergono quali siano gli elementi considerati dalla Regione nella scelta di dismettere la struttura dell’Ospedale Chiarenzi di Zevio, e pertanto la censura di difetto di motivazione si rivela infondata.
E’ parimenti da respingere anche la seconda censura, con la quale il Comune ricorrente sostiene l’irragionevolezza in sé della decisione di dismettere l’Ospedale Chiarenzi di Zevio.
Infatti va premesso che per giurisprudenza consolidata è vero che gli atti di programmazione, pur essendo ampiamente discrezionali, non si sottraggono al sindacato del giudice amministrativo, ma tale sindacato non può impingere nel merito delle scelte effettuate dall’Amministrazione, e può riguardare solo vizi che ictu oculi appaiano di eccesso di potere in alcune figure sintomatiche, quali l'illogicità, la contraddittorietà, l'ingiustizia manifesta, l'arbitrarietà o l'irragionevolezza della determinazione (ex pluribus cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 13 settembre 2012, n. 4880).
Nel caso all’esame appaiono prive di profili di manifesta illogicità o irragionevolezza e legittimo esercizio degli ampi margini di discrezionalità di cui gode la Regione in materia di programmazione sanitaria, sia la scelta di pervenire ad un’organizzazione del settore ospedaliero e di quello riabilitativo secondo il modello hub and spoke, sia la scelta di dismettere, attuando tali obiettivi mediante le schede di dotazione ospedaliera, l’Ospedale Chiarenzi di Zevio anziché un’altra struttura, con la conseguenza che ogni valutazione circa l’opportunità della scelta effettuata che, come nel caso di specie, risulti non incoerente con i criteri e gli obiettivi programmatici, non è sindacabile dal giudice amministrativo.
La censura di cui al terzo motivo deve pertanto essere respinta.
Per le medesime considerazioni deve essere respinta anche la censura di cui al quarto motivo, con la quale il Comune ricorrente lamenta l’illogicità dello squilibrio che si viene a creare nella distribuzione dei posti letto di recupero e riabilitazione funzionale tra le diverse Ulss (all’Ulss 21 vengono riconosciuti 42 posti letto, 1 ogni 3715 abitanti, contro i 209 posti, 1 ogni 2275 abitanti, dell’Ulss 20, e contro i 182, 1 ogni 1609 abitanti, dell’Ulss 22).
Infatti, come emerge da quanto sopra esposto, un tale assetto consegue all’esigenza di ovviare ai dati statistici che attestano una sottoutilizzazione dei posti letto dell’area riabilitativa con una significativa presenza di dimissioni relative a prestazioni a rischio di in appropriatezza e alla scelta di individuare un centro monospecialistico riabilitativo sovraziendale di riferimento per le aziende Ulss nn. 20, 21 e 22.
Pertanto, contrariamente a quanto dedotto, la scelta effettuata appare priva di profili di manifesta illogicità e in quanto tale non censurabile in sede di legittimità.
Con il terzo motivo il Comune lamenta la contraddittorietà tra la scelta di dismettere l’Ospedale effettuata dalla deliberazione di approvazione delle schede ospedaliere oggetto di impugnazione, e il recente riconoscimento dell’accreditamento istituzionale, effettuato con deliberazione di Giunta n. 2711 del 24 dicembre 2012, che ha ad oggetto anche la coerenza della struttura rispetto agli obiettivi della programmazione socio sanitaria.
La censura non può essere condivisa perché l’accreditamento costituisce il provvedimento finale di un procedimento amministrativo che, essendosi interamente svolto prima della deliberazione impugnata, ha necessariamente tenuto conto della programmazione allora vigente (di cui alla deliberazione della Giunta regionale n. 3223 dell’8 novembre 2002), rispetto alla quale l’Ospedale Chiarenzi non evidenziava allora alcuna incongruità.
Ciò premesso, è evidente che il riconoscimento dell’accreditamento non può condizionare la successiva attività programmatoria della Regione che si è espressa con il nuovo piano socio sanitario e con la modifica delle schede ospedaliere, dato che è l’accreditamento a dover tener conto della programmazione, ai sensi dell’art. 16, comma 1, lett. b), della legge regionale 16 agosto 2002, n. 22, e non viceversa.
Con il quinto motivo il Comune lamenta la contraddittorietà insita nel polverizzare tra diverse strutture i posti letto dell’area della riabilitazione, in contraddizione con le linee guida indicate dalla deliberazione della Giunta n. 1181 del 2010, che affermano la necessità di privilegiare la concentrazione dei posti letto dell’area riabilitativa in poche sedi di media e grande dimensione.
La doglianza non può essere accolta perché, come sopra esposto, dalla documentazione versata in atti, emerge che il modello organizzativo adottato prevede la concentrazione della casistica più complessa o che necessita di più complesse e specialistiche modalità di intervento in un numero limitato di centri (hub – per la riabilitazione individuato nell’Ospedale di Marzana) e una forte integrazione attraverso connessioni funzionali con la rete ospedaliera e territoriale dei centri periferici (spoke), e pertanto il mantenimento di un numero limitato di posti letto dell’area della riabilitazione per i centri periferici (quali l’Ospedale di Bovolone, l’Ospedale San Bonifacio, la Clinica Pederzoli, l’Ospedale di Legnago e la Clinica San Francesco), contrariamente a quanto dedotto, non appare incoerente con gli obiettivi programmatici perseguiti.
In definitiva il ricorso deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Condanna il Comune di Zevio alla refusione delle spese di lite in favore della Regione Veneto, liquidandole, nella somma complessiva di € 3.000,00, per compensi e spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Di Nunzio,Presidente
Stefano Mielli,Consigliere, Estensore
Marco Morgantini,Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/01/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)