Acquisto di beni demaniali: decide il GO - TAR Brescia, sent. n. 4 del 07.01.2015
Pubblico
Mercoledì, 7 Gennaio, 2015 - 01:00
Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), sentenza n.4 del 7 gennaio 2015, sull'acquisto di beni demaniali
N. 00004/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01852/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1852 del 2004, proposto da:
Marmi Ber-For di Bergamini Nazareno & C. Snc, rappresentato e difeso dagli avv. Eliana Todeschini, Roberto Gorio, con domicilio eletto presso Roberto Gorio in Brescia, Via Moretto, 67;
contro
Agenzia del Demanio, Ministero dell'Economia e Finanze, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura distr.le dello Stato, domiciliata in Brescia, Via S. Caterina, 6;
per l'annullamento
DEL PROVVEDIMENTO 6/8/2004, DI REIEZIONE DELL’ISTANZA DI ACQUISTO DI PORZIONE DI BENE DEMANIALE EX ART. 5-BIS DEL D.L. 143/2003 CONV. IN L. 212/2003.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Agenzia del Demanio e di Ministero dell'Economia e Finanze;
Viste le memorie difensive e tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2014 il dott. Stefano Tenca e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
FATTO e DIRITTO
I. La Società ricorrente espone di aver presentato, in data 6/2/2004, all’Agenzia del Demanio di Bergamo, istanza di acquisto di terreni (per mq. 960) siti in Comune di Ardesio (ex alveo del Fiume Serio) censiti al mappale 3535, ai sensi dell'art. 5 bis L. 1 agosto 2003, n. 212, che consente detto acquisto (in via di sanatoria) in presenza di limitati sconfinamenti nelle aree demaniali. Afferma inoltre di aver ricevuto il diniego in epigrafe, per essere le aree in questione sottoposte a tutela ai sensi del Decreto legislativo 29.10.1999, n. 490.
II. Avverso tale provvedimento, la Società deduce, mediante un unico e articolato motivo di ricorso, le censure di violazione del citato art. 5-bis, della circolare del Direttore generale Agenzia del Demanio 23.9.2003, nonché di eccesso di potere. Solleva la questione di legittimità costituzionale della norma applicata per violazione dei principi di uguaglianza e ragionevolezza di cui all’art. 3 della Costituzione e del diritto di proprietà tutelato all’art. 42 della Carta costituzionale.
III. Resiste al ricorso l’intimata Agenzia del Demanio, eccependo nella memoria conclusiva il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
IV. Indi, all’odierna udienza pubblica, la causa è passata in decisione.
V. Sulla questione della giurisdizione in subiecta materia, il Collegio richiama alcune sentenze del Consiglio di Stato (Sez. VI, 22 novembre 2013, nn. 5546, 5548, 5549 e 5550) che determinano un obiettivo spostamento del baricentro dell’attuale panorama giurisprudenziale in favore della tesi declinatoria della giurisdizione del G.A.; e che già hanno indotto il Collegio a uniformarsi a tale ultima tesi (cfr. sentenza Sezione 9/1/2014 n. 10). Quest’ultima pronuncia – nel richiamare il citato indirizzo dell’organo di appello – si è fondata sulle seguenti ragioni:
V.1. Innanzitutto, si tratta di sentenze rese in giudizi d’appello avverso le più recenti statuizioni di questa Seconda Sezione, che avevano, viceversa, ritenuto la propria giurisdizione (cfr. 15 gennaio 2013, nn. 27, 31 e 33).
In secondo luogo, si tratta di sentenze rese in forma semplificata sull’esclusivo profilo della giurisdizione, ai sensi dell’art. 60 c.p.a.: il che lascia presupporre che il Giudice amministrativo d’appello abbia reputato non poi così controversa (o controvertibile) la questione della giurisdizione.
V.2. Adottando un ragionevole criterio di prevedibilità delle decisioni giurisdizionali occorre, dunque, ipotizzare come assai probabile che eventuali sentenze di I grado, affermanti la giurisdizione del G.A. in materia, siano destinate a seguire la stessa sorte, ove appellate dall’Amministrazione (il che è altrettanto probabile).
Ciò stante, pare complessivamente rispondente ai principi, dettati in tema di processo dall’art. 111 Cost., evitare un doppio grado del giudizio solo per stabilire che la giurisdizione spetti al Giudice ordinario: il che, fra l’altro, sembra rispondere anche a un preciso interesse della parte privata ad ottenere il più celermente possibile la pronuncia nel merito delle proprie domande, da tempo proposte a questo Giudice.
V.3. Tuttavia, accanto a tali ragioni di “politica processuale”, militano a favore della tesi declinatoria della giurisdizione del G.A. le considerazioni svolte dal Consiglio di Stato nelle sentenze sopracitate e di cui vale la pena di riportare di seguito il nucleo centrale (contenuto al capo 5 delle sentenze), che il Collegio condivide:
Il citato articolo di legge (cioè l’art. 5-bis d.l. 24 giugno 2003, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 agosto 2003, n. 212: NdE) disciplina dunque gli elementi, costitutivi ed impeditivi, della fattispecie di alienazione/acquisizione di aree appartenenti al patrimonio o al demanio dello Stato, escluso il demanio marittimo, interessate dallo sconfinamento di opere eseguite entro il 31 dicembre 2002 su fondi attigui di proprietà altrui. L’alienazione deve avvenire mediante vendita diretta, ossia con un atto di natura privatistica e senza previo espletamento di procedure di evidenza pubblica, in favore del soggetto legittimato che ne faccia richiesta, e può riguardare una superficie che, oltre a quella di sconfinamento, non vada al di là di tre metri dai confini dell’opera eseguita. La disposizione detta, inoltre, le modalità della domanda di acquisto e la documentazione relativa, da prodursi a cura del soggetto richiedente.
L’intento del legislatore, fatto palese dalla norma prima ricordata, è quello di accelerare la cessione ai soggetti richiedenti di aree non più utilizzabili per le finalità pubblicistiche originarie, a causa dell’irreversibile mutamento dello stato dei luoghi derivante dall’esecuzione di opere sconfinate in terreno demaniale. Al contempo, il legislatore ha cura di escludere in modo assoluto e incondizionato dalla procedura accelerata di alienazione il demanio marittimo e le aree sottoposte a tutela ai sensi del testo unico in materia di beni culturali e ambientali (oggi, “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, ai sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137, approvato con decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42).
Dalla compiuta definizione normativa degli elementi costitutivi ed impeditivi del diritto alla cessione delle aree demaniali interessate dallo sconfinamento e di quelle limitrofe scaturisce non già l’esercizio di una potestà discrezionale della pubblica amministrazione, bensì una condotta dell’Agenzia del demanio interamente vincolata nell’an (previo accertamento della sussistenza dei delineati elementi costitutivi e dell’insussistenza di quelli impeditivi dell’acquisto) e nel quid (area oggetto dell’istanza del privato, entro i limiti legislativamente consentiti), sicché la fattispecie deve inquadrarsi nello schema tipico di un diritto soggettivo perfetto in capo al privato istante, il cui interesse è dal legislatore assunto come prevalente sulla natura pubblica del bene oggetto della pretesa acquisitiva, esercitabile senza necessità di un previo provvedimento di sdemanializzazione, essendo la relativa scelta già operata in astratto dal legislatore (subordinatamente alla presenza dei delineati requisiti, positivi e negativi), in considerazione dell’intervenuta trasformazione del bene e/o della sua natura pertinenziale al bene trasformato.
Sotto altro angolo visuale, la disposizione legislativa in esame si configura quale norma di relazione, idonea a fondare posizioni paritetiche delle parti e ad attribuire natura privatistica – e non autoritativa – all’atto di cessione, rispettivamente all’eventuale rifiuto opposto alla proposta d’acquisto formulata dall’istante.
Né le considerazioni innanzi svolte contrastano con l’esigenza – che, in determinate ipotesi, potrebbe imporsi in ragione della natura del bene (ad. es., facente parte del patrimonio idrico) o di determinati vincoli che vi insistano (ad. es., un vincolo idrogeologico) – di acquisire il provvedimento autorizzatorio o il parere di altro ente (ad es., della Regione o di un ente subdelegato) competente alla (co)gestione del bene oggetto dell’istanza di cessione o del relativo vincolo (v., al riguardo, Corte cost., sentenza 23 gennaio 2006, n. 31, richiamata dalla parte appellata). Invero, a prescindere dal rilievo che nel caso di specie una tale esigenza non viene prospettata dalle parti, siffatte ipotesi si risolvono nella presenza di un limite esterno al diritto di cessione, rispetto al quale l’eventuale mancato rilascio dell’atto favorevole funge da fatto impeditivo, in tesi oggetto di presa d’atto da parte dell’autorità destinataria (Agenzia del demanio) della proposta d’acquisto formulata con l’istanza di cessione, senza dunque immutare la sopra rilevata natura della situazione giuridica soggettiva configurabile in capo all’istante/proponente.
Conclusivamente, in difetto di una specifica disposizione, che attribuisca le controversie insorgenti attorno al diritto di cessione al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva, le stesse, in applicazione del generale criterio di riparto tra giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa, vanno ricondotte nell’alveo della giurisdizione del giudice ordinario>>.
Risaltano in definitiva quelle “posizioni paritetiche delle parti” e quella “natura privatistica – e non autoritativa – dell’atto di cessione”, evidenziate nelle citate sentenze del Consiglio di Stato.
Infine, quale ultimo argomento va segnalato che le più recenti prese di posizione di questo Tribunale (pur se della Sez. I) sono anch’esse declinatorie della giurisdizione del G.A.: si vedano le sentenze nn. 419 e 420 del 7 maggio 2013. In linea con questo indirizzo si può citare T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV – 23/1/2014 n. 222.
VI. Conclusivamente, il ricorso all’esame va dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, con contestuale declaratoria della giurisdizione del giudice ordinario, dinanzi al quale il giudizio potrà essere riassunto, nei termini e per gli effetti di cui all'art. 11 cod. proc. amm..
In considerazione delle oscillazioni giurisprudenziali sul punto e dell’assenza di indirizzi consolidati all’epoca (risalente) di proposizione del ricorso, le spese di lite vanno integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara la carenza di giurisdizione del giudice amministrativo sulla presente controversia, rientrando essa nell’ambito di giurisdizione del giudice ordinario.
Termini di legge per la riassunzione dinanzi all’A.G.O.
Spese compensate.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Calderoni,Presidente
Stefano Tenca,Consigliere, Estensore
Mara Bertagnolli,Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/01/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), sentenza n.4 del 7 gennaio 2015, sull'acquisto di beni demaniali
N. 00004/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01852/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1852 del 2004, proposto da:
Marmi Ber-For di Bergamini Nazareno & C. Snc, rappresentato e difeso dagli avv. Eliana Todeschini, Roberto Gorio, con domicilio eletto presso Roberto Gorio in Brescia, Via Moretto, 67;
contro
Agenzia del Demanio, Ministero dell'Economia e Finanze, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura distr.le dello Stato, domiciliata in Brescia, Via S. Caterina, 6;
per l'annullamento
DEL PROVVEDIMENTO 6/8/2004, DI REIEZIONE DELL’ISTANZA DI ACQUISTO DI PORZIONE DI BENE DEMANIALE EX ART. 5-BIS DEL D.L. 143/2003 CONV. IN L. 212/2003.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Agenzia del Demanio e di Ministero dell'Economia e Finanze;
Viste le memorie difensive e tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2014 il dott. Stefano Tenca e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
FATTO e DIRITTO
I. La Società ricorrente espone di aver presentato, in data 6/2/2004, all’Agenzia del Demanio di Bergamo, istanza di acquisto di terreni (per mq. 960) siti in Comune di Ardesio (ex alveo del Fiume Serio) censiti al mappale 3535, ai sensi dell'art. 5 bis L. 1 agosto 2003, n. 212, che consente detto acquisto (in via di sanatoria) in presenza di limitati sconfinamenti nelle aree demaniali. Afferma inoltre di aver ricevuto il diniego in epigrafe, per essere le aree in questione sottoposte a tutela ai sensi del Decreto legislativo 29.10.1999, n. 490.
II. Avverso tale provvedimento, la Società deduce, mediante un unico e articolato motivo di ricorso, le censure di violazione del citato art. 5-bis, della circolare del Direttore generale Agenzia del Demanio 23.9.2003, nonché di eccesso di potere. Solleva la questione di legittimità costituzionale della norma applicata per violazione dei principi di uguaglianza e ragionevolezza di cui all’art. 3 della Costituzione e del diritto di proprietà tutelato all’art. 42 della Carta costituzionale.
III. Resiste al ricorso l’intimata Agenzia del Demanio, eccependo nella memoria conclusiva il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
IV. Indi, all’odierna udienza pubblica, la causa è passata in decisione.
V. Sulla questione della giurisdizione in subiecta materia, il Collegio richiama alcune sentenze del Consiglio di Stato (Sez. VI, 22 novembre 2013, nn. 5546, 5548, 5549 e 5550) che determinano un obiettivo spostamento del baricentro dell’attuale panorama giurisprudenziale in favore della tesi declinatoria della giurisdizione del G.A.; e che già hanno indotto il Collegio a uniformarsi a tale ultima tesi (cfr. sentenza Sezione 9/1/2014 n. 10). Quest’ultima pronuncia – nel richiamare il citato indirizzo dell’organo di appello – si è fondata sulle seguenti ragioni:
V.1. Innanzitutto, si tratta di sentenze rese in giudizi d’appello avverso le più recenti statuizioni di questa Seconda Sezione, che avevano, viceversa, ritenuto la propria giurisdizione (cfr. 15 gennaio 2013, nn. 27, 31 e 33).
In secondo luogo, si tratta di sentenze rese in forma semplificata sull’esclusivo profilo della giurisdizione, ai sensi dell’art. 60 c.p.a.: il che lascia presupporre che il Giudice amministrativo d’appello abbia reputato non poi così controversa (o controvertibile) la questione della giurisdizione.
V.2. Adottando un ragionevole criterio di prevedibilità delle decisioni giurisdizionali occorre, dunque, ipotizzare come assai probabile che eventuali sentenze di I grado, affermanti la giurisdizione del G.A. in materia, siano destinate a seguire la stessa sorte, ove appellate dall’Amministrazione (il che è altrettanto probabile).
Ciò stante, pare complessivamente rispondente ai principi, dettati in tema di processo dall’art. 111 Cost., evitare un doppio grado del giudizio solo per stabilire che la giurisdizione spetti al Giudice ordinario: il che, fra l’altro, sembra rispondere anche a un preciso interesse della parte privata ad ottenere il più celermente possibile la pronuncia nel merito delle proprie domande, da tempo proposte a questo Giudice.
V.3. Tuttavia, accanto a tali ragioni di “politica processuale”, militano a favore della tesi declinatoria della giurisdizione del G.A. le considerazioni svolte dal Consiglio di Stato nelle sentenze sopracitate e di cui vale la pena di riportare di seguito il nucleo centrale (contenuto al capo 5 delle sentenze), che il Collegio condivide:
Il citato articolo di legge (cioè l’art. 5-bis d.l. 24 giugno 2003, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 agosto 2003, n. 212: NdE) disciplina dunque gli elementi, costitutivi ed impeditivi, della fattispecie di alienazione/acquisizione di aree appartenenti al patrimonio o al demanio dello Stato, escluso il demanio marittimo, interessate dallo sconfinamento di opere eseguite entro il 31 dicembre 2002 su fondi attigui di proprietà altrui. L’alienazione deve avvenire mediante vendita diretta, ossia con un atto di natura privatistica e senza previo espletamento di procedure di evidenza pubblica, in favore del soggetto legittimato che ne faccia richiesta, e può riguardare una superficie che, oltre a quella di sconfinamento, non vada al di là di tre metri dai confini dell’opera eseguita. La disposizione detta, inoltre, le modalità della domanda di acquisto e la documentazione relativa, da prodursi a cura del soggetto richiedente.
L’intento del legislatore, fatto palese dalla norma prima ricordata, è quello di accelerare la cessione ai soggetti richiedenti di aree non più utilizzabili per le finalità pubblicistiche originarie, a causa dell’irreversibile mutamento dello stato dei luoghi derivante dall’esecuzione di opere sconfinate in terreno demaniale. Al contempo, il legislatore ha cura di escludere in modo assoluto e incondizionato dalla procedura accelerata di alienazione il demanio marittimo e le aree sottoposte a tutela ai sensi del testo unico in materia di beni culturali e ambientali (oggi, “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, ai sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137, approvato con decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42).
Dalla compiuta definizione normativa degli elementi costitutivi ed impeditivi del diritto alla cessione delle aree demaniali interessate dallo sconfinamento e di quelle limitrofe scaturisce non già l’esercizio di una potestà discrezionale della pubblica amministrazione, bensì una condotta dell’Agenzia del demanio interamente vincolata nell’an (previo accertamento della sussistenza dei delineati elementi costitutivi e dell’insussistenza di quelli impeditivi dell’acquisto) e nel quid (area oggetto dell’istanza del privato, entro i limiti legislativamente consentiti), sicché la fattispecie deve inquadrarsi nello schema tipico di un diritto soggettivo perfetto in capo al privato istante, il cui interesse è dal legislatore assunto come prevalente sulla natura pubblica del bene oggetto della pretesa acquisitiva, esercitabile senza necessità di un previo provvedimento di sdemanializzazione, essendo la relativa scelta già operata in astratto dal legislatore (subordinatamente alla presenza dei delineati requisiti, positivi e negativi), in considerazione dell’intervenuta trasformazione del bene e/o della sua natura pertinenziale al bene trasformato.
Sotto altro angolo visuale, la disposizione legislativa in esame si configura quale norma di relazione, idonea a fondare posizioni paritetiche delle parti e ad attribuire natura privatistica – e non autoritativa – all’atto di cessione, rispettivamente all’eventuale rifiuto opposto alla proposta d’acquisto formulata dall’istante.
Né le considerazioni innanzi svolte contrastano con l’esigenza – che, in determinate ipotesi, potrebbe imporsi in ragione della natura del bene (ad. es., facente parte del patrimonio idrico) o di determinati vincoli che vi insistano (ad. es., un vincolo idrogeologico) – di acquisire il provvedimento autorizzatorio o il parere di altro ente (ad es., della Regione o di un ente subdelegato) competente alla (co)gestione del bene oggetto dell’istanza di cessione o del relativo vincolo (v., al riguardo, Corte cost., sentenza 23 gennaio 2006, n. 31, richiamata dalla parte appellata). Invero, a prescindere dal rilievo che nel caso di specie una tale esigenza non viene prospettata dalle parti, siffatte ipotesi si risolvono nella presenza di un limite esterno al diritto di cessione, rispetto al quale l’eventuale mancato rilascio dell’atto favorevole funge da fatto impeditivo, in tesi oggetto di presa d’atto da parte dell’autorità destinataria (Agenzia del demanio) della proposta d’acquisto formulata con l’istanza di cessione, senza dunque immutare la sopra rilevata natura della situazione giuridica soggettiva configurabile in capo all’istante/proponente.
Conclusivamente, in difetto di una specifica disposizione, che attribuisca le controversie insorgenti attorno al diritto di cessione al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva, le stesse, in applicazione del generale criterio di riparto tra giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa, vanno ricondotte nell’alveo della giurisdizione del giudice ordinario>>.
Risaltano in definitiva quelle “posizioni paritetiche delle parti” e quella “natura privatistica – e non autoritativa – dell’atto di cessione”, evidenziate nelle citate sentenze del Consiglio di Stato.
Infine, quale ultimo argomento va segnalato che le più recenti prese di posizione di questo Tribunale (pur se della Sez. I) sono anch’esse declinatorie della giurisdizione del G.A.: si vedano le sentenze nn. 419 e 420 del 7 maggio 2013. In linea con questo indirizzo si può citare T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV – 23/1/2014 n. 222.
VI. Conclusivamente, il ricorso all’esame va dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, con contestuale declaratoria della giurisdizione del giudice ordinario, dinanzi al quale il giudizio potrà essere riassunto, nei termini e per gli effetti di cui all'art. 11 cod. proc. amm..
In considerazione delle oscillazioni giurisprudenziali sul punto e dell’assenza di indirizzi consolidati all’epoca (risalente) di proposizione del ricorso, le spese di lite vanno integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara la carenza di giurisdizione del giudice amministrativo sulla presente controversia, rientrando essa nell’ambito di giurisdizione del giudice ordinario.
Termini di legge per la riassunzione dinanzi all’A.G.O.
Spese compensate.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Calderoni,Presidente
Stefano Tenca,Consigliere, Estensore
Mara Bertagnolli,Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/01/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)