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PEEP e non necessità indicazione termini - CGA Sicilia, sent.n.580 del 28.10.2014

Pubblico
Mercoledì, 17 Dicembre, 2014 - 01:00

Il CGA Sicilia riafferma il noto principio per cui non è necessaria la indicazione dei 4 termini di cui alla legge 2359/1865 per i PEEP 
 
 
CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA, in sede giurisdizionale, sentenza n. 580 del 28 ottobre 2014, sui piani PEEP
 
N. 00580/2014REG.PROV.COLL.
 
N. 00566/2013 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
 
in sede giurisdizionale
 
ha pronunciato la presente
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 566 del 2013, proposto da: 
Comune di Riposto, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Mingiardi, con domicilio presso la Segreteria del Consiglio di Giustizia Amministrativa in Palermo, via F. Cordova 76; 
contro
Lucio Antonio Carbone, rappresentato e difeso dagli avvocati Angelo Cacciatore e Giancarlo Tanzarella, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Palermo, via Notarbartolo 44; Assessorato regionale alle attività produttive (già Assessorato regionale alla cooperazione, commercio, artigianato e pesca), rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliataria in Palermo, via De Gasperi, 81; 
nei confronti di
Domus Aurea Coop. Edilizia a r.l.; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. SICILIA - SEZ. STACCATA DI CATANIA: SEZIONE III n. 00979/2013, resa tra le parti, concernente esproprio - occupazione d'urgenza e immissione in possesso di aree per la realizzazione di progetto costruttivo - assegnazione aree a società coop. - richiesta risarcimento danni
 
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Lucio Antonio Carbone e di Assessorato regionale alle attività produttive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 febbraio 2014 il Cons. Silvia La Guardia e uditi per le parti gli avvocati A. Cacciatore e avv. di Stato Ciani;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO e DIRITTO
I - Il Comune di Riposto ha proposto appello avverso la sentenza, di estremi indicati in epigrafe, che ha definito due ricorsi riuniti, nn. 1106 del 2002 e 1285 del 2007, proposti dall’odierno appellato avverso gli atti della procedura espropriativa di un terreno di sua proprietà, disponendo l’annullamento della deliberazione del Consiglio comunale 30 marzo 1996 n. 60, di approvazione definitiva del PEEP, che dichiara la pubblica utilità dell’opera e dichiarando l’obbligo del Comune di avvalersi di una delle tre alternative indicate in motivazione, ossia la restituzione del bene, o la stipula di un atto negoziale di cessione, ovvero l’acquisizione del bene ai sensi dell’art. 42 bis del d.P.R. n. 327/2001, con effetto ex nunc, e corresponsione dell’indennizzo per l’ablazione nonché del risarcimento del danno per l’occupazione illegittima del bene a far data dall’immissione in possesso.
Il Tar ha ritenuto tempestiva l’impugnazione della delibera del 1996 di approvazione definitiva del PEEP, effettuata con il ricorso per motivi aggiunti passato per la notifica in data 12 ottobre 2007, in quanto “di tale delibera il ricorrente ha avuto notizia solo a seguito della notifica della determinazione d’esproprio n. 5166/2007, intervenuta in data 11 aprile 2007 e della quale ha avuto piena conoscenza a seguito di accesso agli atti autorizzato nel mese di agosto 2007” ed ha accolto la censura di “violazione e falsa applicazione dell’art. 3 L. n. 167/1962 in relazione all’art. 7 L. n. 1150/4 nonché in relazione all’art. 16 L. Reg. n. 71/78, non contenendo il PEEP impugnato la quantificazione del fabbisogno di edilizia popolare nel decennio e su tale base il concreto dimensionamento delle aree occorrenti, solo in via di indirizzo indicate nel Piano Regolatore del Comune”. Di conseguenza, ha ritenuto caducati il decreto di esproprio e gli atti ad esso prodromici impugnati con i ricorsi, adottati in esecuzione del PEEP illegittimo.
L’appellante critica la sentenza sostenendo, in sintesi, che:
-1) il Tar ha errato nel non rilevare l’inammissibilità per tardività dell’impugnazione della delibera consiliare n. 108 del 15.4.1994 di approvazione del PEEP introdotta col ricorso n. 110672002 e reiterata col ricorso n. 1285/2007;
-2) ha errato, inoltre, nel non rilevare l’inammissibilità per tardività della riproposizione con il ricorso n. 1285/2007 dell’impugnazione della predetta delibera;
-3) ha errato nel ritenere la tempestività dell’impugnazione della delibera n. 60 del 30 marzo 1996, trattandosi di atto già menzionato nella delibera della Giunta municipale 16 febbraio 2001, n. 24 impugnata col ricorso n. 1106/2002, la cui piena conoscenza è, inoltre, stata manifestata già col ricorso n. 2005/1997, dichiarato improcedibile con sentenza n. 2953/2011 sulla base di dichiarazione del ricorrente che tale atto menziona, nonché dal contenuto di molteplici atti di cessione di aree in luogo di esproprio e attraverso impugnazioni proposte con i ricorsi elencati; in ogni caso la tutela dell’amministrato non può operare oltre ogni limite temporale, qualora l’interessato non si renda parte diligente entro i limiti temporali assicuratigli dalla legge;
-4) la motivazione della sentenza contrasta con il dispositivo di accoglimento anche del ricorso n. 1106/2002 sulle cui censure però non si è pronunciato per la rinuncia alle contestazioni riferita in motivazione;
-5) la ragione di accoglimento della censura avverso il PEEP non è condivisibile, considerati gli ampi margini di discrezionalità dell’amministrazione e che questa aveva correttamente quantificato il fabbisogno abitativo richiamando nella delibera consiliare n. 108/1994 la necessità di dare attuazione alle previsioni del PRG, in applicazione dell’art. 16 l.r. 27.12.1978, n. 71;
-6) la conseguente erroneità della statuizione di annullamento del decreto di esproprio, della declaratoria dell’obbligo di adottare un formale provvedimento acquisitivo ai sensi dell’art. 42 bis DPR n. 327/2001 e risarcire i danni, della pronuncia sulle spese del giudizio.
Si è costituito in giudizio, con memoria depositata il 24 dicembre 2013, l’appellato, eccependo, al dichiarato solo fine di non incorrere nella decadenza comminata dall’art. 101, secondo comma, c.p.a., di non aver mai ricevuto alcuna notificazione dell’appello, venendo del tutto occasionalmente a conoscenza, in data 10 dicembre 2013, della circostanza che il Comune aveva impugnato la sentenza. Egli chiede la reiezione dell’appello e ripropone i motivi rimasti assorbiti in primo grado, con i quali denunciava, in sintesi:
-A) quanto al ricorso n. 1106/2002:
-a1) l’illegittimità del provvedimento dispositivo dell’occupazione temporanea e di urgenza per violazione dell’art. 23 l. r. 33/2000, in relazione all’art. 71 l. 2395/1865, che impone di procedere alla redazione dello stato di consistenza prima di procedere all’occupazione, in quanto nell’avviso di occupazione si comunica che i tecnici comunali in data 25 marzo 2002 procederanno contestualmente alla redazione del verbale di immissione in possesso ed alla compilazione dello stato di consistenza dei beni da occupare;
-a2) l’illegittimità della determinazione n. 5 del 21.2.2002 dispositiva dell’occupazione di urgenza per violazione dell’art. 13 l. n. 2395/1865 ed incompetenza nella parte in cui fissa in cinque anni dalla data di immissione in possesso il termine per adottare il provvedimento di espropriazione definitiva, a fronte della diversa decorrenza del suddetto termine quinquennale fissata nella delibera di localizzazione del programma costruttivo G.M. n. 24 del 16.2.2001 a partire dalla data di adozione della stessa;
-B) quanto al ricorso n. 1285/2007:
-b1) violazione e falsa applicazione dell’art. 13 l. n. 886/71 in relazione all’art. 13 l. n. 2359/1865 e all’art. 97 Cost.; eccesso di potere per difetto assoluto dei presupposti, illogicità e falsità della motivazione, contraddittorietà e incompetenza. Si sostiene l’intempestività dell’adozione del provvedimento ablativo, adottato in data 21 marzo 2007, quando era già scaduto il termine quinquennale prescritto nella delibera di localizzazione G.M. n. 24 del 16.2.2001 a far data dalla sua adozione, a nulla rilevando il diverso termine contenuto nel decreto di occupazione d’urgenza e neppure l’assunto esposto nel decreto di esproprio “che per l’adozione dei provvedimenti di espropriazione da adottare con riferimento a terreni ricadenti nell’ambito di piani di zona il termine è quello di efficacia dei piani medesimi e che pertanto irrilevanti devono essere ritenuti i termini eventualmente previsti con l’atto di localizzazione”, anche considerato che il dirigente ha disapplicato la specifica manifestazione di volontà contenuta nella deliberazione di Giunta n. 2472001, ciò che non rientrava nelle sue attribuzioni;
-b2) violazione degli artt. 20 l. 865/71 e 71 l. 2359/1865 in relazione all’art. 13 l. ult. cit., eccesso di potere per erroneità della motivazione e difetto dei presupposti, illegittimità derivata, sostenendo che il provvedimento di esproprio eroneamente richiami il decreto di occupazione d’urgenza, che ha finalità sue proprie e non è qualificabile quale atto iniziale del procedimento espropriativo e, comunque, risenta della relativa illegittimità;
-b3) violazione dell’art. 13 in relazione agli artt. 12, 16 e 17 l. 865/1971 ed eccesso di potere, assumendo l’illegittimità del decreto di esproprio in quanto il deposito presso la Cassa depositi e prestiti effettuato dall’amministrazione non integrerebbe i requisiti dell’indennità di espropriazione e di occupazione in quanto non determinata nell’ammontare dalla Commissione provinciale espropri, autorità terza, ma dalla stessa amministrazione procedente, con conseguente giuridica inesistenza dell’indennità provvisoria;
b4) violazione dell’art. 8.5 l. 167/1962, dell’art. 3 stessa legge, dell’art. 16.3 l.r. n. 71/1978 ed eccesso di potere per difetto assoluto dei presupposti e della motivazione, lamentando che il Comune non abbia mai dato notizia alla proprietà della deliberazione n. 108 del 1994, non avendo notificato il relativo, prescritto avviso e che l’elevata estensione territoriale, produttiva di rilevante capacità edilizia non sia motivata e proporzionata al fabbisogno abitativo.
Si è costituito, inoltre, l’Assessorato regionale alle attività produttive, rilevando la propria sostanziale estraneità alla res controversa per come delimitata nell’atto di appello.
La causa è stata posta in decisione all’udienza del 5 febbraio 2014.
II - Il Collegio ritiene che l’appello sia fondato e che i ricorsi di primo grado, i cui motivi non esaminati sono stati riproposti tempestivamente, stante il mancato ricevimento della notifica dell’appello, nonostante la corretta compilazione della relata di notifica a mezzo posta, comprovato dalla cartolina di ricevimento su cui è apposto il timbro di ricevimento Riscossione Sicilia S.p.A., debbano essere il primo respinto ed il secondo in parte dichiarato irricevibile e in parte respinto.
E’, infatti, condivisibile il rilievo dell’appellante della tardività dell’impugnazione, nel 2007, della deliberazione n. 60 del 30 marzo 1996 di approvazione definitiva del PEEP. Se pure tale deliberazione, menzionata nella delibera della Giunta municipale 16 febbraio 2001, n. 24, impugnata con il ricorso del 2002, è stata esibita dall’amministrazione all’interessato, cui non era stata notificata, a seguito di accesso agli atti nell’agosto 2007, essa poteva essere impugnata già con il ricorso n. 1106/2002, con riserva di motivi aggiunti a seguito di un’istanza di accesso sollecitamente presentata. Si condivide infatti l’avviso della giurisprudenza (cfr. Cons. stato, sez. V. 15 gennaio 2013, n. 170) secondo cui se è vero che ai fini della decorrenza del termine di impugnazione occorre la conoscenza piena del provvedimento causativo della lesione, è anche vero che la tutela dell’amministrato non può ritenersi operante oltre ogni limite temporale ed in base ad elementi puramente esteriori, formali o estemporanei, quali atti di iniziativa di parte (richieste di accesso, istanze, segnalazioni ecc.) di modo che l’attività dell’amministrazione e le iniziative dei contro interessati siano soggette indefinitamente e per periodi dilatati alla possibilità di impugnazione, anche quando l’interessato non si renda parte diligente nel far valere a pretesa entro i limiti temporali assicuratigli dalla legge.
Tenuto conto della rinuncia, di cui dà atto la sentenza gravata, alle prime quattro censure del ricorso n. 1106/2002 e così della sopravvivenza delle sole contestazioni rivolte, coi motivi 5 e 6 (sopra indicati come a1 e a2) avverso gli atti relativi all’occupazione d’urgenza, deve inoltre essere rilevata la tardività della riproposizione, col ricorso n. 1285/2007, dell’impugnazione della deliberazione n. 108 del 1994 di approvazione del PEEP, già gravata col precedente ricorso e cui sono rivolte le critiche di cui al riproposto quarto motivo del ricorso n. 1285/2007 (sopra riportate al punto b4).
In merito agli ulteriori motivi riproposti si rileva quanto segue.
La ratio sottesa all’invocato art. 71 l. n. 2359/1865, che impone di procedere alla redazione dello stato di consistenza prima di procedere all’occupazione, è quella di assicurare l’apprensione di aree esattamente individuate, esigenza, questa, che viene soddisfatta anche laddove le due operazioni avvengano contestualmente, come indicato nell’avviso comunicato.
Le critiche rivolte al decreto di occupazione, in relazione all’indicazione dei termini per il compimento dell’espropriazione, e di intempestività del decreto di esproprio (motivi a2, b1 e b2) possono essere esaminate congiuntamente e risultano infondate, atteso che, secondo giurisprudenza consolidata che questo Collegio condivide, l’apposizione dei termini di cui all’invocato art. 13 l. n. 2359/1865 non è richiesta in sede di approvazione dei piani di zona poiché sostituito dal termine ex lege, con conseguente non necessità di apposizione del termine di compimento della procedura espropriativa allorchè, come nella specie, sia dato concreto corso all’espropriazione di quota parte delle aree comprese nel piano zonale; la dichiarazione di pubblica utilità dunque permane pur in presenza, nel singolo atto di localizzazione, dell’eventuale indicazione di un diverso termine.
L’indennità provvisoria depositata presso la cassa depositi e prestiti non può fondatamente definirsi inesistente, con conseguente mancanza di una condizione di legittimità del decreto di esproprio, sul mero, sulla base della mera ipotesi che essa sia stata irritualmente determinata.
In conclusione, l’appello va accolto, con riforma della sentenza impugnata nel senso della reiezione del ricorso n. 1106 del 2002, mentre il ricorso n. 1285 del 2007 va dichiarato irricevibile quanto all’impugnazione delle deliberazioni n. 108 del 1994 e n. 60 del 1996 e respinto per il resto.
Nelle particolarità della controversia si rinvengono i presupposti per compensare tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello n. 566 del 2013, lo accoglie ed in riforma della sentenza gravata n. 979 del 2013: a) respinge il ricorso di primo grado n. 1106 del 2002; b) dichiara in parte irricevibile ed in parte respinge il ricorso di primo grado n. 1285 del 2007.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 5 febbraio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi,Presidente FF
Ermanno de Francisco,Consigliere
Silvia La Guardia,Consigliere, Estensore
Alessandro Corbino,Consigliere
Giuseppe Barone,Consigliere
 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/10/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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